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InsightAgency

Stai pensando di usare TikTok Ads per il tuo brand o la tua azienda?

 


È ora di cominciare! Con più di 800 milioni di utenti al mese, Tik tok è una delle app più scaricate del 2020. Che tu voglia aumentare le vendite, incrementare il traffico sul tuo sito o lanciare un nuovo prodotto, potrai ottenere grandi risultati con una campagna pubblicitaria originale e mirata. Scopri tutto quello che ti serve sapere sugli annunci di Tik Tok in questo articolo! 

Introduzione su Tik Tok

Con milioni di utenti in tutto il mondo Tik Tok offre una piattaforma potente e di facile utilizzo per aiutare le aziende a farsi pubblicità. 

 


Un’ampia gamma di strumenti permette di impostare i target, creare annunci e consultare i report.
Gli annunci su TikTok sono un’incredibile  opportunità per chi vuole estendere il proprio raggio di utenza, sebbene non siano ancora popolari come quelli di Instagram e Facebook. Infatti solo in pochi ne hanno intuito il grande potenziale e per questo è il momento perfetto per iniziare a utilizzarli. Che si tratti di sponsorizzare a budget ridotto una piccola attività o di portare avanti una grossa campagna, TikTok offre strumenti efficaci  per aiutare i brand ad avere successo.

 


Così come Instagram, anche TikTok ha una pannello di sponsorizzazione che automatizza il processo di creazione, ottimizzazione e distribuzione degli annunci. Si può investire il budget su base giornaliera o permanente, ad ogni modo la scelta non è definitiva e potrà essere modificata a piacimento durante tutta la campagna. È possibile segmentare il pubblico secondo parametri di genere, età, area geografica, interessi e altre variabili specifiche. Anche Tiktok, così come  Facebook e Instagram, permette di creare pubblici su misura e lookalike per raggiungere audience simili a quelli di riferimento.

Vediamo meglio come sono fatti gli annunci. TikTok offre un’ampia gamma di modelli per le aziende e i brand. La maggior parte sono visibili quotidianamente sullo scroll.

 

Ci sono 5 tipi di annunci su TikTok:

  • In- feed
  • Brand Takeover 
  • Topview
  • Branded Hashtag Challenge
  • Branded Effects


Con tante opzioni tra cui scegliere può essere difficile individuare la più adatta. Di seguito un approfondimento su ognuna, per capire quale può funzionare meglio per la propria azienda.

Tik Tok in Feed Ads

Gli annunci in-feed sono gli spot pubblicitari che appaiono tra i video degli utenti quando scorri la Home nella sezione “Per te”. Se ancora non conosci bene TikTok e la sezione “Per Te”, gli annunci In-feed sono come gli spot che compaiono scorrendo le stories di Instagram.

 


Puoi ottenere risultati molto creativi con gli annunci video In-feed, infatti grazie alla durata tra i 9 e i 15 secondi si possono inserire molteplici call to action. Ad esempio puoi invitare i tuoi utenti ad acquistare online e a scaricare la tua app o farli arrivare sul tuo sito con click, direttamente da TikTok.

Guarda come appare la call to action di Adobe per sponsorizzare Lightroom:

 


Come per ogni altro video che appare sulla Tua Pagina, bisogna tenere a mente che gli annunci In-feed si possono scorrere e saltare rapidamente: i primi secondi sono essenziali per catturare l’attenzione. Gli annunci devono essere a schermo intero e abbastanza accattivanti da convincere le persone a non passare oltre.

Quando si tratta di fermare lo scroll, Sawyer Hartmann , il Ceo di Cameras su TikTok ci dà qualche saggio consiglio:

“Nei video di TikTok i testi  dovrebbero porre un problema o catturare subito l’attenzione. Immagina il tuo spettatore ideale seduto mentre guarda il tuo video senza audio: quale parole potresti aggiungere e quale storia potresti raccontargli per convincerlo ad alzare il volume?” Sawyer Hartman      

Un altro vantaggio degli annunci In -Feed? Gli utenti TikTok possono mettere dei like, commentare, condividere e interagire con i tuoi video come per ogni altro video della sezione Per Te.

CONSIGLIO: lavora con gli influencer per i tuoi annunci In-Feed! Vedi Levi’s per esempio

Levi’s ha collaborato con alcuni creators di TokTok, rendendo  disponibile la  tecnologia Future Finish 3D denim lasciando loro completa libertà per personalizzare i jeans.

 

collaborazione con creators tik tok

 

Ogni creator appariva su TikTok in un annuncio In-Feed, dal quale gli utenti cliccando sul bottone “Shop now”  potevano acquistare lo stesso capo direttamente online sul sito Levi’s.

Tik Tok Brand Takeover

Ti è mai capitato di aprire TikTok e veder comparire subito un annuncio? Se sì, questi erano annunci Brand Takeover.

Gli annunci Brand Takeover appaiono appena aperta la app – come video a schermo intero per un pubblico mirato.

Elimina i commenti offensivi

Se preferisci non vedere parole inappropriate nei commenti su Instagram Live, puoi nascondere automaticamente i commenti offensivi e filtrare manualmente i commenti che contengono parole o frasi specifiche. Questo è qualcosa che consigliamo vivamente di fare, soprattutto se sei un grande brand con molto seguito.

Apri le impostazioni di Instagram, scorri verso il basso fino a “Privacy”, seleziona “Commenti”, quindi attiva “Nascondi commenti offensivi” da “Off” a “On”.

Per filtrare i commenti che contengono frasi specifiche, attivare “Filtro manuale” da “Off” a “On”, quindi digitare le parole o le frasi che si desidera filtrare separate da virgole.

 


È una delle migliori tipologie di annuncio per creare awareness e gestire vendite dirette, dal momento che si può comunicare il messaggio a persone interessate.

Questi annunci non soltanto compaiono all’apertura di TikTok, ma possono essere mostrati sulla pagina Per Te nel formato immagine, Gif o video – con dentro un link che re-indirizzi gli utenti su una Landing Page o  una Hashtag Challenge all’interno di TikTok. 

Guarda come Guess Jeans ha sponsorizzato la propria #InMyDenim Challenge attraverso TikTok. La prima foto a sinistra è un di Brand Takeover.

Gli annunci Brand Takeover sono unici nella loro categoria, ovvero TikTok garantisce che gli utenti non ne vedano più di uno al giorno. In questo modo il contenuto avrà molta più visibilità e meno concorrenza.

Questa tipologia potrebbe non essere la più adatta se hai appena iniziato a farti pubblicità su TikTok: la sua efficacia la rende infatti molto costosa. Per brand più grandi con un grosso budget è invece un’ottima opportunità per crescere velocemente e raggiungere una buona fetta di utenti di TikTok.

 



TIKTOK ADS: Topview

Gli annunci Top View sono una nuova opzione simile al Brand Takeover. Questo formato di Ads lo troviamo all’interno dei “Per Te” insieme ad altri video, solitamente con la presenza di una call to action.

Appare in cima alla pagina Per Te, la migliore vetrina di tutto TikTok, con video a schermo intero fino a 60 secondi di durata  con riproduzione e suono in automatico.

 


TIKTOK ADS: challenge con # personalizzato

Le challenge con # personalizzato sono un’opportunità unica in esclusiva per TikTok, visibili sulla discovery page.  Simili ai normali hashtag di tendenza e alle challenge su TikTok, questo tipo di annunci sono perfetti per stimolare gli utenti a creare contenuti e creare brand awareness, che siano sponsorizzati o meno.

La parte migliore delle challenge con # personalizzato? Sono molto divertenti! Sono un’ottima possibilità di collaborare tra brand e integrarsi perfettamente nella community di TikTok. 

Per creare una Challenge con # personalizzato è fondamentale avere obiettivi concreti : si vuole creare awareness? Generare contatti? Lanciare un nuovo prodotto?

Quando un utente clicca su un hashtag sponsorizzato viene re-indirizzato su una landing page su TikTok con il logo dell’azienda, il link per il sito ufficiale, una breve descrizione della challenge e i video popolari collegati allo stesso hashtag.



Per un’esposizione massiva come l’esposizione sul banner di ricerca di TikTok si toccano cifre fino a 150’000$ al giorno. questa è una vetrina enorme ma non è l’unica via per coinvolgere le persone con i propri hashtag.

CONSIGLIO: se cerchi un’alternativa meno costosa per far decollare la tua challenge puoi collaborare con i creators più popolari su TikTok, come Houseparty e Freal Milkshakes.

Guarda come Houseparty in collaborazione con Gen-Z heartthrob Chase Stokes (meglio conosciuto come  “John B” from Outer Banks) è riuscito a portare i loro hashtag ad un livello superiore.

 


TIKTOK ADS: effetti personalizzati

TikTok ha introdotto adesivi personalizzabili da condividere, filtri e lenti AR nel pacchetto pubblicitario. Queste lenti personalizzabili, simili a quelle di Snapchat,permettono ai brand di creare su misura filtri sulla app.

 

Gli effetti personalizzati restano disponibili fino a dieci giorni per volta e sono un’ottima iniziativa per stimolare gli utenti a interagire con il tuo brand divertendosi!

Quanto costa la pubblicità su Tik Tok Ads?

Gli annunci di TikTok sono una novità – brand e aziende stanno ancora sperimentando la piattaforma – quindi non è immediato capire i costi medi o il return of investment (ROI).

E ora arriviamo alla parte dolente della nostra guida dedicata a come sponsorizzare su TikTok: il budget. In linea di massima, poiché gli annunci su questa piattaforma hanno maggior efficacia, soprattutto perché meno “intasata” rispetto a Facebook e Instagram, il costo riscontrato è in media più alto rispetto ai suoi “fratelli maggiori”.

Il valore minimo spendibile su TikTok è pari a 20 dollari al giorno, molto diverso da Facebook o Instagram dove si può partire anche con un 1 euro al giorno per gruppo di inserzioni. Considerato di lanciare una campagna per 10 giorni, quindi, la spesa da considerare sarà di almeno 200 dollari.

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Conversational Marketing: l’importanza di costruire un dialogo

Il Conversational Marketing è sicuramente una tendenza importante verso la quale i brand e le aziende devono guardare. Vediamo come!

Ti sei mai chiesto perché gli esseri umani dialogano costantemente tra di loro? Sia in forma scritta che orale o con i gesti? Il filosofo greco Aristotele definiva l’uomo un “animale sociale” per spiegare la sua tendenza alla socialità. Per questo motivo non c’è da stupirsi se uno dei trend 2021 per implementare una strategia efficace è il conversational marketing, ovvero il marketing basato sulla conversazione.

Il dialogo è stato, infatti, fin da subito uno dei mezzi di comunicazione che ha permesso all’uomo di cooperare, trasmettere la sua cultura e sopravvivere rispetto alle altre specie. Rinunciare, dunque, allo scambio comunicativo significherebbe per l’essere umano estinguersi. La stessa pandemia ci ha mostrato come ridurre la socialità abbia generato non pochi problemi psicologici, economici e sociali.

La parola è praticamente alla base della maggior parte delle cose che ci circondano, per questo rimane fondamentale coltivare rapporti tra le persone attraverso il sano dialogo anche nel marketing.

 



Cos’è il conversational marketing?

È un approccio di marketing basato sulla conversazione tra il cliente e l’azienda. Qualcosa che si poteva intuire anche solo leggendo il termine, ma la definizione non è poi così scontata. Puntare a un approccio di marketing basato sulla parola, nel caso specifico sulla conversazione, ci permette di costruire relazioni profonde con il nostro target rispetto ad altre strategie che a fatica riescono a ottenere questo risultato.

Perché il conversational marketing riesce a generare un risultato tale? Il potere della parola che sta dietro ogni comunicazione, permette all’azienda, all’ente o all’impresa di conoscere e risolvere in tempo reale i bisogni del suo target. Ad esempio, se un cittadino o un cliente ha bisogno di risolvere una pratica amministrativa o richiede assistenza per un prodotto, la conversazione in tempo reale con uno degli impiegati dell’ente o dell’azienda gli permetterà di risolvere velocemente il problema e di personalizzare il suo messaggio. Dall’altra parte, l’azienda o l’ente potranno acquisire a costo zero dei dati preziosi per migliorare la loro strategia.

Iniziamo a focalizzare bene in mente alcune parole chiave: tempo reale.

 


I benefici del conversational marketing

Perché costruire un dialogo? Rispondere a questa domanda ci permette di comprendere la differenza tra il conversational marketing e gli altri approcci di marketing. Per un brand puntare la sua strategia sul dialogo personalizzato con il cliente significherebbe generare empatia, eliminando la distanza immaginaria che spesso si crea tra il brand e il cliente. Rispondere a una domanda dell’utente, dare consigli, aiutarlo e seguirlo nel momento di difficoltà provocherà un’umanizzazione del brand, mostrando al cliente che dietro quel marchio ci sono in realtà persone e non solo profitto e edifici.

Nimisha Jain amministratore delegato della Boston Consulting Group a New Delhi nel suo speech per TED ha spiegato come “I consumatori che si dedicano al commercio conversazionale spendano il 40% in più con maggiore soddisfazione. Il famoso detto “coccolare il cliente” in realtà non è poi così distante dalla realtà. Quando la persona si sente a proprio agio con un brand, spende con piacere nel negozio di riferimento e torna sicuramente ad acquistare.

Per questo motivo, ormai non si parla più di vendita pura e diretta, ma quello che genera maggiori vendite è il marketing che crea emozione e fa vivere un’esperienza al cliente. Questo può valere anche per la Pubblica Amministrazione: il cittadino che vivrà un’esperienza piacevole nel suo comune di riferimento, ad esempio per cambiare la sua carta d’identità, sarà più propenso a tornare senza sentirsi frustato. Allo stesso modo: se riceverà un’assistenza cordiale tramite chat, sarà portato ad arrivare allo sportello fisico con maggiore gentilezza e con i documenti giusti per risolvere la sua pratica. Questo genera anche un aumento di fiducia nei confronti di istituzioni e brand.

Costruire un dialogo è, dunque, fondamentale per personalizzare al massimo l’esperienza delle persone e lasciare loro un’esperienza positiva.

Parola chiave: personalizzazione.
 

 

Le caratteristiche del conversational marketing

Ma dopo aver visto cos’è il conversational marketing e quali sono i suoi benefici, è ora di capire nel concreto quali sono le sue caratteristiche. Il processo di questo approccio si basa su tre punti chiave:

  • Coinvolgimento
  • Comprensione
  • Consigli

Coinvolgimento

Coinvolgere il tuo target significa renderlo parte di qualcosa: di un contesto o magari di una community. Utilizzare questo approccio ti permette di trasformare il cliente da numero a persona. Se sentirà di appartenere a qualcosa, se sposerà la filosofia del brand, per coerenza (una delle armi della persuasione di Robert Cialdini), sarà più invogliato a non acquistare soltanto un prodotto ma a seguire completamente il lavoro del brand per continuare la sua esperienza e coltivare il suo status symbol tramite lo stesso brand (es. Apple è gentile ed efficiente? Continuerò ad acquistare sempre prodotti Apple).

Comprensione

Comprendere le esigenze del cliente è lo step fondamentale del conversational marketing. Se la persona si sentirà compresa attraverso una risposta personalizzata, in tempo reale, percepirà una diversa attenzione nei suoi confronti e sentirà di dover ricambiare la cortesia. Inoltre, se la risposta personalizzata risulterà anche simpatica perché non standardizzata, la persona sarà più propensa a tornare (Principi di Simpatia e Reciprocità di Robert Cialdini).

Consigli

Infine, se la conversazione personalizzata non si fermerà soltanto a una semplice risposta a una domanda del cliente, ma andrà oltre consigliando magari il vestito migliore per la sua quotidiana, o un escamotage per risolvere in modo più semplice la pratica, tutto sarà riconosciuto dalla persona. In particolare, la cosa più utile a tal fine è canalizzare il cliente o il cittadino verso l’acquisto o il termine di una pratica consigliandogli il passaggio successivo da effettuare.

Con questi tre punti chiave avrai compreso che il conversational marketing non è semplicemente una conversazione live o un botta-risposta, ma è molto di più: è ascolto, comprensione, cortesia. Vedremo ora per maggiore completezza quali sono gli strumenti di questo approccio.

Parola chiave: ascolto.
 

 

Gli strumenti del conversational marketing

Per strumenti intendiamo i mezzi che permettono al brand o all’ente di attuare questo approccio e integrarlo all’interno di una strategia di marketing più ampia. Gli strumenti che possono essere utili al caso sono:

  • Le live chat;
  • I social media, i siti web e le app di messaggistica;
  • I chat bot e gli assistenti virtuali.

Come immaginerai, per gestire questi strumenti è possibile implementare dei sistemi automatici o prevedere il lavoro di un team addetto al customer care. Come fare per scegliere se delegare tutto a un assistente virtuale o mettere a budget delle persone dedicate a rispondere? Dipende da risorse e tempo a disposizione.

Scegliere di promuovere un servizio di assistenza h24/7 richiede una strategia efficace: la prima cosa che dovrai fare è chiederti quale tipo di servizio vuoi offrire al tuo target, in base a obiettivi e risorse.

 Due sono le possibili modalità di erogazione di questo servizio: automatico o manuale.

  1. Nel primo caso, utilizzando strumenti come chatbot o assistenti virtuali che dopo essere stati programmati con determinati contenuti risponderebbero a nome del brand in modo automatico;
  2. Nel secondo caso, invece, attivando uno sportello virtuale attraverso le chat e le videochiamate dove a rispondere dietro lo schermo sarebbe una persona fisica e non un’automazione.

Sta a te decidere in base alle tue esigenze e le risorse, il tipo di servizio che vuoi offrire.

Parola chiave: efficienza.

Esempi di conversational marketing

Infine, è giunta l’ora di rendere più concreto il tutto attraverso degli esempi pratici che hanno provato ad applicare la strategia del conversational marketing.

 


Uno dei primi esempi di cui voglio parlarti è Virtual Monty, l’Assistente Virtuale che ha l’aspetto, le sembianze e la voce del Business influencer più famoso d’Italia. Le tecnologie alla base di Virtual Monty permettono di far visualizzare i video di Marco Montemagno in pochi istanti e di rispondere alle svariate domande dei suoi utenti pescandole direttamente da Wikipedia. È stato sviluppato dall’azienda senese QuestIT, attraverso Algho, un sistema che utilizza il natural language processing.

 


Un altro esempio è quello di Domino's Pizza, il brand permette ai suoi clienti di ordinare la pizza tramite chat al semplice invio dell’emoji pizza. L’unica cosa richiesta al cliente è l’attivazione, al primo accesso, di un “ordine facile” per permettere all’azienda di far partire l’ordine appena ricevuta l’emoji della pizza. Un sistema simpatico e smart per semplificare al massimo l’esperienza di acquisto del cliente.

 


Sephora, invece, attraverso un chatbot propone al cliente di effettuare un sondaggio per conoscere in modo più approfondito il suo profilo e poter dare consigli personalizzati in base ai dati inseriti. Uno dei principali messaggi rivolti al cliente è ad esempio “Ottieni consigli e recensioni sul trucco chattando con noi“.

 


Se abitate, invece, a Siena e avete bisogno di rinnovare la vostra carta d’identità entrate in contatto con Caterina, l’assistente virtuale del Comune, per ottenere tutte le informazioni del caso e prenotare un appuntamento. Una virtual experience assolutamente da provare sempre sviluppata dalla sopra citata QuestIT.

InsightAgency

Come utilizzare le email per recuperare i tuoi clienti: 5 esempi di winback email irresistibili

 


Spesso le aziende si concentrano sull’acquisizione di nuovi contatti, dimenticandosi di quei clienti che sono stati raggiunti e corteggiati con tanta fatica. E dal trascurare questi clienti al perderli il passo è breve. Ecco quindi qualche consiglio per recuperare i tuoi clienti con la giusta campagna e riguadagnare la loro fiducia.

Ricevere un sì da un contatto dopo un lungo corteggiamento e stupirlo con i tuoi assi nella manica è sempre motivo di grande soddisfazione. Ma se pensi che acquisire un nuovo contatto può costare fino a 5 volte di più di conservarne uno già esistente e che in media circa il 40% dei ricavi proviene da quei clienti che hanno già acquistato in passato, ti accorgeresti di quanto sia importante mettere in pratica una strategia di recupero clienti che li convinca a ridarti fiducia. 

Le email di recupero clienti sono un’ottimo strumento per mettere in pratica una strategia di convincimento a tornare e un’arma efficace per far crescere le vendite e mantenere pulita e attiva la tua lista contatti. Scopriamo quindi cosa sono, quali sono i loro vantaggi e, soprattutto, quali best practice ed esempi puoi seguire per creare la tua campagna di recupero.  

Cosa sono le email di recupero?

Anche chiamate winback email, queste campagne di recupero sono ciò che serve per riallacciare il legame e risvegliare l’interesse di tutti quei contatti del database che hanno smesso di aprire e cliccare i tuoi messaggi. 

Il loro scopo è quello di stimolare l’engagement del destinatario attraverso sconti, promozioni o contenuti mirati ai suoi interessi. 

Queste campagne di recupero sono spesso inviate in modo automatico dopo che è trascorso un determinato lasso di tempo dall’ultima interazione del destinatario, facendo ricorso alla Marketing Automation per impostare le condizioni di invio giuste (che avrai determinato dopo una giusta attività di testing).  

4 vantaggi delle email di recupero clienti

Le campagne di recupero clienti, oltre che essere il segnale pratico dell’importanza che ogni cliente riveste per l’azienda, possono garantire una serie di vantaggi da non sottovalutare:

  • aumentano il ritorno sull’investimento medio e favoriscono le vendite, in quanto indirizzate a un cliente che ha già mostrato interesse nei confronti del tuo brand
  • mantengono pulito e sano il database, riducendo il numero di clienti inattivi da un lato e favorendo la disiscrizione di quelli irrecuperabili dall’altro
  • tutelano la deliverability, permettendo alle tue email di non essere più ignorate dai contatti ed evitando così i rischi di finire nella cartella spam
  • migliorano le performance delle tue campagne future (circa il 45% dei contatti riattivati inizia ad aprire nuovamente i messaggi successivi).

Come creare una campagna di recupero clienti

1. Individua i clienti inattivi 

Ancor prima di creare una campagna di recupero clienti, assicurati di individuare il segmento di contatti inattivi che rischi di perdere da un momento all’altro. Il ciclo vita dell’utente all’interno di un database, infatti, può attraversare una serie di fasi diverse e ogni lista di contatti presenta segmenti più o meno attivi in termini di engagement. 

Il nostro consiglio è quindi quello di monitorare sempre i vari livelli di engagement del tuo database e di analizzare il comportamento dei tuoi destinatari per determinare il grado di interazione con le tue campagne. Sul lato pratico, puoi consultare le statistiche dei tuoi invii e sfruttare strumenti come i filtri di engagement per definire il cluster di utenti da stimolare e inviare le tue campagne di recupero clienti solo ai segmenti individuati. 

2. Scrivi un oggetto efficace

Senza la giusta subject line, ci sono ottime probabilità che l’utente ignori anche la tua campagna di recupero. Scrivere quindi un oggetto che incuriosisca e faccia capire al destinatario sin da subito l’intento della campagna è fondamentale. Puoi anche considerare di inserire già dall’oggetto la leva che intendi utilizzare per stimolare l’utente, come un codice sconto ad hoc. 

Oggetti che iniziano con “Ci manchi” hanno un open rate medio del 24%, mentre quelli che contengono la parola “Sconto” ottengono in media un tasso di apertura del 20% (Fonte: Klaviyo).  

3. Crea un contenuto che convinca l’utente a tornare

Senza un motivo che convinca il cliente a tornare ad acquistare da te, ottenere indietro la sua fiducia sarà molto difficile. Che sia un codice sconto ad hoc, il suggerimento di un prodotto o servizio che, sulla base dei suoi dati, potrebbe interessargli, o la creazione di una vetrina di prodotti best seller per sfruttare il meccanismo psicologico della riprova sociale, trova qualcosa a cui il cliente non possa resistere. 

4. Invia il messaggio al momento giusto

Recuperare clienti è più efficace quando l’invio viene effettuato con tempismo, senza far passare troppo tempo dall’ultima attività del contatto. Il tasso di riattivazione del cliente raggiunge il 28,5% infatti quando l’invio avviene entro i 3 mesi dall’ultima azione compiuta. 

 


 

5 esempi di messaggi di recupero clienti 

Far sentire importante il cliente: l’esempio di Tula

Con l’oggetto “We never do this but we miss you” (“Solitamente non facciamo così, ma ci manchi”) il brand Tula fa sentire unico e importante il destinatario offrendo un codice sconto ad hoc che faciliti l’acquisto.

 


 

Perché è efficace

Il codice sconto, l’oggetto che incuriosisce e fa leva sull’unicità della promozione, l’inserimento delle recensioni degli altri clienti: tre elementi che rendono vincente questa campagna (+ il codice sconto in bold che non passa di certo inosservato). 

Dai una motivazione per tornare: l’esempio di Glotrition

In questa campagna di Glotrition il vero punto di forza è il copy, che fornisce una motivazione concreta al cliente per tornare, spiegando che l’utilizzo costante e continuativo (quindi anche l’acquisto periodico) dei prodotti del brand è necessario per non invecchiare come il cane del visual (utilizzato in chiave metaforica e ironica, altro plus di questa campagna).

 


 

Perché ci piace

L’associazione metaforica tra le “rughe” del cane in immagine e le rughe che il prodotto di punta del brand farebbe scomparire dalla pelle del cliente è affrontata in chiave ironica e risulta molto persuasiva. 

Ricorda al cliente il rinnovo del servizio: l’email di remind di Netflix

La fine di un’era. Il copy scelto da Netflix, in completo stile cinematografico che si sposa benissimo con il brand, cattura subito l’attenzione del cliente. Il brand nasconde sotto l’apparenza di una semplice email di avviso scadenza l’intento di prevenire un’ipotetica disdetta del servizio da parte dell’utente. 


Perché ci piace

Il copy è coerente con il brand e lascia il segno. L’email non ha un tono insistente e fastidioso e l’invito a continuare il servizio in abbonamento è sottile, impercettibile e non invasivo.  

Comunica una novità per rinnovare l’interesse: l’esempio di Grammarly

Con questa email di recupero, Grammarly informa il cliente di una novità di prodotto/servizio e invita l’utente a scoprirla recuperando il tempo di inattività sull’applicazione. 

Il copy ricorda all’utente che in passato l’utilizzo del tool gli è stato utile per stimolarlo a riprenderne l’utilizzo.


Perché ci piace

L’email ha uno stile semplice, pulito e conciso. Il bottone di CTA in fondo è originale e molto d’impatto. 

Dai un senso di urgenza: l’esempio di Skillshare

In questa campagna di recupero, Skillshare offre uno sconto limitato a una sola giornata per dare un senso di urgenza alla promozione e spingere il cliente a tornare attivo. La promozione assume quindi i tratti di un’offerta irrinunciabile e irripetibile, da cogliere all’istante.


Perché ci piace

Oltre all’offerta il brand avvisa l’utente delle ultime novità che non ha ancora scoperto, creando curiosità e interesse. Dare uno sconto su una mensilità aggiuntiva a un abbonamento che si è recentemente arricchito di nuove funzionalità è un ottimo modo per far scoprire all’utente delle novità per un tempo limitato e convincerlo a proseguire con il suo abbonamento oltre il mese di promozione.

 

Ora tocca a te

Questi erano alcuni consigli teorici e pratici per iniziare a recuperare i clienti persi sfruttando tutto il potenziale del canale email. Ora tocca a te! Inizia a creare le tue campagne di recupero con la tua piattaforma di mail marketing e scopri tutti i vantaggi di questa strategia per aumentare le tue vendite e riattivare l’interesse dei tuoi contatti.

InsightAgency

La segmentazione delle email per l’e-commerce: strumenti e metodi per aumentare i tuoi clienti


Se desideri che la tua piattaforma e-commerce attiri visitatori realmente interessati (facilitando le conversioni) una strategia di segmentazione efficace è ciò che ti serve. Scopri come raggiungere i destinatari giusti con le tue email e farli atterrare sul tuo negozio online per aumentare le vendite.

Con la percentuale di utenti Internet sempre più in crescita e possibilità di accesso al mondo del web sempre più veloci e facili, il numero di consumatori digitali continua a registrare un aumento costante e piuttosto fulmineo. Chi trae direttamente vantaggio da questa tendenza? Il settore dell’e-commerce. Solo nel 2020, più di 2 miliardi di persone hanno acquistato beni e servizi online, per un totale di 4.200 miliardi di dollari in tutto il mondo. 

Con la crescita del numero di utenti delle piattaforme di e-commerce, aumenta anche il numero di attività da svolgere per accaparrarsi l’attenzione del consumatore. E questa potrebbe non essere una notizia entusiasmante per chi opera nel settore. In questo scenario infatti non si può più fare affidamento solamente sui propri servizi e prodotti per coinvolgere i clienti. Occorre sicuramente anche migliorare la conoscenza e reputazione del brand e le proprie campagne di Email Marketing per vincere la competizione.

Quando si tratta di catturare l’attenzione degli iscritti alle tue email, niente è più efficace dell’invio di messaggi personalizzati. Il modo migliore per farlo? La segmentazione, chiaramente!

Dall’aumento della rilevanza delle tue email all’incremento del ROI, i vantaggi della segmentazione sono praticamente infiniti. 

Se non hai ancora implementato la segmentazione per attirare visitatori sul tuo e-commerce, questo è il momento migliore per iniziare. In questo articolo, ti introduciamo al mondo della segmentazione mirata per il settore e-commerce, approfondendo best practice e strumenti che da utilizzare per ottenere il massimo da questa valida tecnica.

Come aumentare le vendite utilizzando la segmentazione

Di seguito alcuni metodi per segmentare i tuoi contatti e i dati che devi tenere in considerazione per creare gruppi e liste con cui formare i cluster del tuo database.

Dati demografici

Se sei un principiante assoluto della segmentazione, non c’è modo migliore per iniziare che utilizzare i dati demografici. Se utilizzi i dati demografici per segmentare gli iscritti alle tue email, sarai in grado di soddisfare i vari interessi dei tuoi clienti classificandoli attraverso diversi parametri: sesso, posizione, età, etc. La segmentazione basata sui dati demografici fornisce già dei profili di buyer persona altamente accurati. Consente infatti di avere le informazioni e i dati necessari per formare diversi cluster e di inviare loro messaggi mirati.

Segmentazione per area geografica:

Se hai due negozi situati in due città diverse, non vuoi sicuramente inviare aggiornamenti relativi a entrambi i negozi a tutti i tuoi iscritti. Al contrario, dovresti segmentare i tuoi clienti in base alla loro posizione e inviare loro solamente gli aggiornamenti dei negozi della rispettiva città. 

Segmentazione per sesso:

Se disponi di sezioni di abbigliamento separate per uomo e donna, l’invio di un’email relativa a un nuovo lancio nella sezione uomo alle tue clienti non servirà a nulla. In questo caso, la segmentazione basata sul genere ti permetterà di arrivare dritto al punto. In poche parole, i casi d’uso della segmentazione basata sulla demografia sono numerosi. Tuttavia, il principale vantaggio è dato dal fatto che ti consente di suddividere il tuo pubblico su parametri molto specifici e servire gli interessi unici di ciascun segmento risultante senza perdere un colpo.

Interessi e preferenze

Se il tuo negozio offre una varietà di prodotti e categorie, il modo più efficace per aumentare le vendite è segmentare gli iscritti in base ai loro interessi e alle loro preferenze di acquisto. Puoi ad esempio utilizzare l’analisi dei loro comportamenti di navigazione, inviare sondaggi oppure sfruttare un centro preferenze, come nell’immagine qui sotto.

Un centro preferenze essenzialmente consente ai tuoi iscritti di scegliere il tipo di comunicazione che desiderano ricevere dal tuo marchio. In termini pratici, supponi di spuntare nell’esempio precedente le caselle relative ai libri di viaggi e ai romanzi storici. I libri che ti verranno consigliati nelle email successive apparterranno esclusivamente a questi generi.

L’aspetto più vantaggioso della segmentazione basata sulle preferenze è che presenta enormi opportunità di cross-selling o upselling. Se sei già a conoscenza del tipo di acquisti che stanno effettuando i clienti di un particolare segmento, l’invio di email altamente mirate che mostrano altri prodotti correlati ai loro interessi attirerà la loro attenzione aumentando le probabilità di conversione.

 Ecco un esempio che ti darà un’idea migliore di cosa stiamo parlando: 


Livello di interazione

Segmentare i tuoi iscritti in base al livello di interazione con il tuo sito web e le email è una tattica altrettanto efficace. Le metriche di interazione con il sito Web, come il tempo trascorso sulla pagina di un determinato prodotto, il numero di visite a una determinata pagina, i drop-off e simili possono fornirti una serie di dati pertinenti sui tuoi clienti. Puoi utilizzare questi risultati per inviare comunicazioni mirate e aumentare le conversioni.

Se osservi un particolare segmento del tuo pubblico che interagisce positivamente con la pagina dei tuoi prodotti di elettronica, allora l’invio di email che offrono sconti su determinati prodotti di questa categoria può incentivare gli appartenenti a questo segmento ad effettuare un acquisto.

Allo stesso modo, anche l’analisi delle metriche di interazione con le tue campagne email può essere incredibilmente utile. Puoi ad esempio creare segmenti diversi e distinguere tra coloro che cliccano e interagiscono regolarmente con le tue email e coloro che sono piuttosto inattivi e passivi. Convertire il primo segmento non dovrebbe essere difficile, mentre per quanto riguarda il secondo potresti concentrarti sulla creazione di campagne di riattivazione ben studiate per risvegliarli. È un argomento interessante di cui torneremo a parlarvi.

Cronologia degli acquisti

Ci sono pochissime cose che ti forniscono tante informazioni su un utente quanto la cronologia dei suoi acquisti. Ogni volta che un cliente acquista qualcosa dal tuo negozio ti permette di dare una sbirciatina ai suoi interessi, alle sue preferenze e alle sue scelte. Tra le altre cose, queste metriche costituiscono eccellenti parametri di segmentazione. 

La segmentazione dei clienti in base alla cronologia degli acquisti ti dà la possibilità di promuovere accessori e consigliare prodotti simili ai loro prodotti di interesse.  

Abbandono del carrello

In termini di gravità, l’abbandono del carrello per i negozi di e-commerce è secondo solo al mancato tracciamento dei clienti che hanno abbandonato i loro carrelli. Il tasso medio di abbandono del carrello in tutti i settori si attesta su uno sbalorditivo 69,57%, un dato che non fa fare salti di gioia. Tuttavia, l’unico modo per ridurre questo valore per la tua azienda è adottare una routine di segmentazione efficace. 

 

 

Crea un segmento separato per tutti i clienti che hanno abbandonato i loro carrelli e cerca di recuperarli con email estremamente pertinenti e ben congegnate. Oltre a ricordare loro di tornare ai loro carrelli abbandonati, dai loro un incentivo (come un’offerta speciale o uno sconto) che li motiverà effettivamente ad andare avanti con il loro acquisto. Naturalmente non sarai mai in grado di recuperare tutti questi clienti, ma se le tue campagne sono ben studiate, allora potresti finire per superare le tue stesse aspettative.

Cosa puoi usare per amplificare le tue strategie di segmentazione

La segmentazione può sembrare complicata se gestita con le tue sole forse, ma con gli strumenti giusti vedrai che può essere una strategia alla portata di tutti ed estremamente immediata.

Una soluzione di Email Marketing professionale può essere una prima mossa per iniziare ad applicare una strategia di segmentazione. Affidarsi a questo strumento ti permette di raccogliere le informazioni necessarie per profilare i tuoi clienti e creare moduli di iscrizione completamente integrati nella tua piattaforma. Successivamente, puoi utilizzare queste informazioni per suddividerle in diversi segmenti e lanciare campagne personalizzate. Anche in questo caso, il ricorso a una piattaforma professionale è estremamente utile per creare gruppi e cluster all’interno del tuo database in modo semplice e immediato.

Ricapitolando

Come azienda di e-commerce, stare al passo con le esigenze e le aspettative dei clienti in continua evoluzione può essere davvero estenuante. Con la segmentazione, tuttavia, non solo puoi stare al passo con le esigenze dei tuoi clienti, ma puoi andare oltre e pianificare anche i passi successivi.

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Cos'è e come funziona la Shrinkflation

 


Che cosa è la Shrinkflation? Perchè è importante saperlo da consumatori? La shrinkflation è la pratica di ridurre le dimensioni di un prodotto mantenendo lo stesso prezzo o addirittura aumentarlo. Un uso meno comune di questo termine può riferirsi a una situazione macroeconomica in cui l'economia si sta contraendo mentre si verifica anche un aumento del livello dei prezzi. Vediamo insieme tutti i dettagli.

Shrinkflation: cos’è e come funziona

Shrinkflation è un termine composto da due parole separate: “shrink”, ovvero restringimento e “inflation”, cioè inflazione. Il termine “shrink” si riferisce quindi alla variazione delle dimensioni del prodotto, mentre “inflation” si riferisce all’aumento dei prezzi.

La shrinkflation è fondamentalmente una forma di inflazione nascosta. Le aziende sono consapevoli che i clienti probabilmente noteranno aumenti di prezzo dei prodotti e quindi opteranno per ridurne le dimensioni, consapevoli che un restringimento minimo passerà probabilmente inosservato.

In sostanza l’azienda aumenterà i profitti non grazie all’aumento dei prezzi, ma facendo pagare la stessa cifra per un pacco che contiene un po' meno prodotto. La ricerca accademica ha dimostrato che i consumatori sono più sensibili agli aumenti di prezzo espliciti che al ridimensionamento delle confezioni. L'efficacia della riduzione dell'inflazione come strategia di prezzo sembra variare tra i diversi tipi di beni e mercati.

La maggior parte dei consumatori generalmente non controlla le dimensioni di un prodotto. Chi ama le patatine, ad esempio, potrebbe non rendersi conto se la sua marca preferita riduce le dimensioni della busta del 5%, ma quasi sicuramente sarà in grado di dire se il prezzo sale dello stesso importo.

Shrinkflation: vantaggi e svantaggi per le aziende

Dal punto di vista aziendale, la riduzione della inflazione è un modo utile per aumentare o mantenere i margini di profitto senza attirare troppa attenzione. Questa tattica viene eseguita più comunemente nelle seguenti situazioni: quando aumentano i costi di produzione o la concorrenza del mercato di riferimento.

I rivenditori spesso si dedicano alla riduzione delle perdite per combattere i costi di produzione più elevati. Quando gli input chiave, come le materie prime o la manodopera, aumentano di valore, il costo per la produzione dei beni finali aumenta.

Ciò successivamente pesa sui margini di profitto, la percentuale di  entrate rimanente dopo tutti i costi. Per le aziende prive di un forte potere di determinazione dei prezzi, ridurre la quantità del prodotto a volte rappresenta l'opzione migliore per mantenere un sano profitto senza compromettere i volumi di vendita.

Le aziende potrebbero anche ricorrere alla shrinkflation per mantenere la quota di mercato. In un settore competitivo, l'aumento dei prezzi potrebbe portare i clienti a passare a un altro marchio. L'introduzione di piccole riduzioni delle dimensioni delle loro merci, invece, dovrebbe consentire loro di aumentare la redditività mantenendo i prezzi competitivi.

Tuttavia, anche le tattiche di shrinkflation possono ritorcersi contro. La maggior parte delle persone non noterà piccole modifiche alle dimensioni di un prodotto ma se lo noteranno si potrebbe avere un effetto dannoso sul sentiment dei consumatori nei confronti del brand, portando a una perdita di fiducia e sicurezza. Ciò significa che le aziende devono anche essere sottili e attenti a non ridurre troppo le dimensioni.

Un altro aspetto negativo della shrinkflation è che rende più difficile misurare con precisione le variazioni di prezzo o l'inflazione. Il prezzo diventa fuorviante, poiché la dimensione del prodotto non può sempre essere considerata in termini di misurazione del paniere di merci.

Shrinkflation: un esempio pratico

Un aumento del costo del cacao avrà un impatto diretto sulle aziende che producono barrette di cioccolato. Piuttosto che aumentare il prezzo del cioccolato (e potenzialmente perdere clienti), l'azienda può scegliere di ridurre le dimensioni del suo prodotto (e quindi la quantità di cacao per barretta) e mantenere il prezzo allo stesso livello.

Altri grandi marchi che si sono impegnati nella riduzione della inflazione includono Coca-Cola, che nel 2014 ha ridotto la dimensione della sua bottiglia da due litri a 1,75 litri nel Regno Unito per trasferire il costo di una nuova tassa sul loro prodotto.

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Knowledge Management: l’alleato per prevenire la perdita di conoscenze in azienda

 


Il ricambio generazionale tra Baby boomers e Millennials è alle porte e il trasferimento di conoscenza, in termini di capitale intellettuale, è strategico per la business continuity

È sempre più vicino il momento in cui un’intera generazione, quella dei cosiddetti Baby boomers, si ritirerà dal mercato del lavoro, facendo sì che i Millennials diventino gli attori principali della forza lavoro. Lo scoccare dell’età pensionabile della generazione che fin ora ha mosso le fila del business impone una riflessione più approfondita del solito su quello che un usuale “passaggio di consegne” potrebbe comportare, avendo a che fare, di fatto, con un passaggio intergenerazionale, tra cui vi è solo la breve parentesi della generazione X (1965-1980), molto assimilabile per caratteristiche, a seconda degli anni di nascita, a Boomers o Millennials.

Tradizionalmente, la metrica principale in azienda è sempre stata il ROI (Return Of Investment), in riferimento al capitale, ma accanto a questo la variabile tempo è qualcosa che ha pari (se non superiore) valore, e al tempo è in indissolubilmente legata la conoscenza (knowledge). 

Come riportato da una recente ricerca di Field Service News richiamata dall’azienda italiana OverIT operande nel settore Field Service Management, le aziende hanno evidenziato come l’invecchiamento della forza lavoro, che raggiunge il 73%, rappresenti una grande preoccupazione per le loro attività. Queste criticità derivano da una carenza di lavoratori qualificati, un divario nelle competenze pratiche e dalla necessità di formare molti neoassunti. 

A quest’ultima si affianca una precedente ricerca condotta già alcuni anni fa a cura della Sloan School of Management del MIT che mette in luce come ai neoassunti necessitino in media più di 20 settimane per iniziare a lavorare al meglio (26 settimane circa per manager e dirigenti) con un costo fino al 2,8% dei ricavi totali. 

Se si pensa a tutti i cambiamenti che il lavoro ha fatto propri negli ultimi anni, ci si rende conto di come la “perdita di conoscenza” per il business rappresenti un costo reale. Seppure il cambio della guardia tra Baby boomers e Millennials è evidente ed imminente, non sarebbe del tutto esaustivo parlare di perdita di know-how solo in termini di pensionamenti. 

Il mondo del lavoro, come del resto tutta l’attuale società, è sempre più – con una parola largamente abusata – “liquido” e per cui la mobilità di personale è all’ordine del giorno, per le più svariate motivazioni, portando ovviamente con sé le proprie abilità e conoscenze.

Correre ai ripari

Ecco, allora, che diventa essenziale parlare di Knowledge Management (KM). In senso lato, il concetto può fare riferimento alla preservazione e alla condivisione della conoscenza ed ha radici nell’antichità con lo sviluppo di biblioteche e strumenti di comunicazione. 

La moderna storia del Knowledge Management, invece, ha inizio nel 1986 quando lo studioso statunitense Karl Wiig, coniando il termine, ne introduce i fondamenti durante una conferenza allestita dall'Organizzazione Internazionale dei Lavoratori delle Nazioni Unite. 

A partire da questo momento, il concetto così formalizzato inizia ad interessare molte importanti aziende soprattutto a carattere multinazionale e godrà di un'attenzione sempre maggiore, tanto da venire considerato indispensabile da molte società che nella realizzazione delle infrastrutture necessarie alla loro implementazione hanno investito capitali ingenti. 

Il Knowledge Management, quindi, è oggi una pratica gestionale a supporto della strategia aziendale ed ha come scopo la costruzione di un sapere diffuso all’interno dell’organizzazione. A tal proposito, richiede un approccio integrato, che tenga conto di tre categorie di variabili: le persone, i processi e le tecnologie.

Ciò permette di esplicitare come, di fatto, il Knowledge Management si concentri sul concetto di conoscenza, declinandola in quello che gli studiosi chiamano “Capitale intellettuale”

Una definizione di quest’ultimo è attribuibile a Thomas A. Stewart, direttore esecutivo del National Center for the Middle Market (NCMM), che afferma: “L’intelligenza e la conoscenza diventano capitale intellettuale quando da un brainpower libero si ricava un certo ordine utile, vale a dire quando ad esso viene data una forma coerente (una mailing list, un database, la scaletta di una riunione, la descrizione di un processo); quando esso viene incapsulato in modo tale da consentire di descriverlo, comunicarlo ad altri e sfruttarlo; e quando può essere applicato per fare qualche cosa che non si potrebbe fare se rimanesse sparpagliato come tante monetine in un rigagnolo. Il capitale intellettuale è sapere utile confezionato”.

Da ciò risulta chiaro come il sapere sia distribuito trasversalmente alle diverse funzioni all’interno dell’azienda. Inoltre, secondo un contributo di Stefano Epifani,  Daniele Biagiotti e Francesco Depaolantoni, il capitale intellettuale “è costituito dalla somma dei suoi asset, composti da capitale umano, capitale strutturale, capitale relazionale”.

 

A ciò si aggiunge il fatto che la conoscenza, nelle sue varie articolazioni come quelle ad esempio sopra riportate, si presenta nelle due dimensioni della disponibilità-assenza di contenuti conoscitivi e della loro consapevolezza-non consapevolezza

Si generano così quattro incroci possibili a cui corrispondono: conoscenza esplicita (disponibile e consapevole) da diffondere previa classificazione (mappatura e archiviazione), conoscenza tacita (disponibile ma non consapevole) da esplicitare mediante scambio di informazioni tra le comunità interessate (communites of practice), gap conoscitivi noti (ossia “ciò che non so, ma so di non sapere”) da ricoprire mediante esplorazione (motori di ricerca, agenti intelligenti, filtri) e gap conoscitivi sconosciuti (“ciò che non so, e non so di non sapere”) da scoprire, per esempio, mediante sistemi esperti ad apprendimento automatico.

 

Il Knowledge Management, allora, deve saper gestire le conoscenze di maggior valore, ovvero quelle che un’organizzazione è in grado di conoscere collettivamente, di condividere e di usare efficacemente per generare valore e per la crescita del business. La triade precedentemente citata (persone, processi e tecnologie) ha al suo interno anche il riferimento alle tecnologie, l’elemento che in maniera sostanziale ha oggi forse più margini di crescita in termini di trasferimento di conoscenze. 

Ad esempio, la conoscenza esplicita può essere espressa in documenti testuali, email, database, pagine web, ecc. e può risultare più o meno gestibile in funzione del livello di formalizzazione e strutturazione con la quale risulta essere espressa: più alto è il grado di strutturazione, più potenti ed espressivi sono gli strumenti informatici in grado di trattarla (ad esempio, le tecnologie delle basi di dati e dei data warehouse usati in applicazioni di supporto alle decisioni).

La via tecnologica

Per di più, adottare tecnologie di ultima generazione è fondamentale per colmare il divario tra il personale prossimo alla pensione, lavoratori provenienti da altre realtà e giovani talenti in arrivo. 

Queste tecnologie includono il concetto di Knowledge Management, sfruttato attraverso la Realtà Aumentata e Intelligenza Artificiale. Sempre in linea con quanto riportato dalla già citata OverIT, la Realtà Aumentata (RA) può essere utilizzata attraverso dispositivi mobili come smartphone, tablet, dispositivi indossabili (smart glass) per presentare informazioni in tempo reale, come istruzioni di lavoro digitali, checklist virtuali e videochiamate interattive. 

L’Intelligenza Artificiale (IA), invece, opera con la Realtà Aumentata per ottimizzare le informazioni presentate all’utente fornendo dati, immagini, video o istruzioni “al bisogno”. In questo modo, facendo collaborare insieme le due tecnologie, sarà possibile offrire un trasferimento della conoscenza intuitivo, automatizzato e interattivo. 

Appare chiaro come i vantaggi dell’integrazione di funzionalità di Knowledge Management all’interno di un’impresa impattino sulla formazione rapida ai nuovi membri del team (fornire orientamento e informazioni in tempo reale ai nuovi arrivati con conoscenza “on demand” che assicuri ai lavoratori di essere formati ovunque, in qualsiasi momento, in loco e senza sprecare risorse); sull'autonomia dei lavoratori sul campo (assistenza e guida da remoto, anche in ambienti con scarsa connettività, annotazioni in AR e condivisione dei contenuti in tempo reale, istruzioni di lavoro digitali, anche offline, conoscenze “on demand”, supportate dall’Artificial Intelligence) e offrano, in generale, un supporto continuo, che si può concretizzare in acquisizione, condivisione e archiviazione di dati essenziali per poterli consultare all’occorrenza, oltre che, ad esempio, alla gestione automatizzata dei dati.

La tecnologia, quindi, gioca un ruolo centrale nella costruzione di soluzioni per la gestione del capitale intellettuale aziendale, ma bisogna sempre ricordarsi che non può ergersi ad unica garanzia del successo: una cultura adeguatamente orientata alla condivisione del sapere, una corretta organizzazione e un’appropriata leadership, la disponibilitàsistemi di incentivazione del personale, sono fattori essenziali per il successo di qualsiasi iniziativa di Knowledge Management, specie se di carattere generazionale.

Alcuni testi che potrebber aiutarti ad approfondire l'argomento:

Knowledge management per la competitività d'impresa. Modelli, strumenti, casi di studio 
di Paola Paniccia 

La guida del Sole 24 ORE al Knowledge management
di Alberto F. De Toni e Andrea Fornasier

La gestione dei contenuti aziendali ed il knowledge management. Nuovi strumenti per il vantaggio competitivo
di Alessandro Zardini
disponibile anche in formato Kindle