Visualizzazione post con etichetta marketing. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta marketing. Mostra tutti i post
InsightAgency

Negoziazione strategica: le 5 competenze necessarie

 


La negoziazione è un processo decisionale che consente di raggiungere un compromesso o un accordo evitando discussioni e controversie. Accade spesso, in una discussione, che una persona cerchi di imporre il proprio punto di vista, dimenticando che il successo non è dato dalla vittoria sugli altri ma nel riuscire a ottenere i propri obiettivi prefissati. Ognuno di noi ha degli obiettivi di grande importanza, a cui non vuole fare a meno. Il buon mediatore sa identificarli, trattare e proporre la giusta intesa. Ascolta, media, mette in accordo tutte le parti. Chiunque di noi può diventare un buon negoziatore.

Esistono varie forme di negoziazione che vengono utilizzate in base a diversi contesti e situazioni: vendita, acquisti, contesti giuridici, controversie, accordi con dipendenti, con colleghi, con partner, ecc. Sono poche nel mondo le persone che hanno capacità negoziali innate, tutti gli altri riescono ad apprenderle leggendo e studiando dei libri oppure grazie a corsi di negoziazione.

Le 5 competenze necessarie

Vuoi essere un ottimo negoziatore ed utilizzare al meglio le diverse metodologie di contrattazione? Il primo passo, come detto, è acquistare dei libri, come questo «Negoziazione. Strategie, strumenti, best practice» di Roy Lewicki e Bruce Barry, oppure partecipare a dei negotiation workshop, corsi di specializzazione grazie ai quali acquisisci know-how professionale e metodologie di applicazione. Ti viene insegnato come affrontare i diversi tipi di trattativa, a sviluppare le tue capacità comunicative ed inizi a mettere in pratica il corretto schema mentale volto alla conciliazione.

Ogni processo di negoziazione prevede cinque fasi, che allo stesso tempo rappresentano anche cinque competenze che ogni buon negoziatore dovrebbe possedere:

  1. Preparazione – Capacità organizzativa
  2. Discussione – Capacità comunicativa e assertività
  3. Negoziare verso un risultato win-win – Capacità nella conduzione e nelle trattative
  4. Accordo – Capacità di conciliazione
  5. Linea d'azione – Capacità di pianificazione


 1. Preparazione

Prima di qualsiasi negoziato, è importante decidere quando e dove si terrà l’incontro, chi vi parteciperà, il tempo a disposizione, gli obiettivi prefissati. Come in una battaglia, il generale parte avvantaggiato se conosce già luogo, uomini, disposizioni, tempi e strategie d’azione. In questa fase devi assicurarti che tutti i fatti pertinenti siano condivisi e ricordare ai partecipanti le "regole di gioco". Ne risulta che, devi essere una persona ben organizzata.

2. Discussione

In questa fase, ogni persona deve avere tempo a disposizione per esporre il proprio punto di vista. L’obiettivo è comprendere ogni punto di vista. Le abilità chiave di questa fase sono: saper fare domande, saper ascoltare, essere chiari e concisi. È utile prendere appunti nel caso nascano incomprensioni o siano necessari chiarimenti nel proseguo. È estremamente importante ascoltare, evitando di interrompere.

Dalla discussione devono uscire ben chiari gli obiettivi di tutte le parti in causa. È utile elencare questi fattori in ordine di priorità identificando anche i dettagli, in modo che non si verifichino malintesi per accordi successivi.

3. Negoziare verso un risultato win-win

Questa fase è molto delicata, si concentra su ciò che viene definito “risultato win-win" (in cui vincono entrambe le parti). L’obiettivo è ricercare una soluzione d’intesa comune, un punto d’incontro che concede alcuni obiettivi principali all’una e all’altra parte. Possono essere utilizzate anche strategie alternative e compromessi. In questa fase devi essere un buon comunicatore, chiaro, abile nel condurre le trattative, devi saper individuare e proporre i giusti punti di incontro. Inoltre, devi avere abilità di problem solving (risoluzione di problemi).

4. Accordo

È più facile arrivare ad un accordo se le parti hanno un atteggiamento propositivo e sanno ascoltare l’altro. Ogni tipo di accordo deve essere chiaro, ben spiegato e condiviso tra le parti. In questa fase devi saper mediare, non devi rimanere imparziale fino in fondo. Devi far avvicinare e armonizzare due pensieri che nascono opposti. Devi essere un vero conciliatore.

5. Linea d'azione

Dall'accordo ne deriva una linea d'azione, un programma che le parti dovranno seguire, magari a step o secondo una linea temporale precisa. In questa fase devi essere pragmatico, avere l’abilità di pianificazione e coordinamento. Devi essere un buon project manager. 

In caso di mancato accordo

Se il processo di negoziazione si interrompe e non si arriva ad un accordo, è necessario rinegoziare subito un'ulteriore incontro. In questo modo si evitano inutili discussioni e perdite di tempo. Nella riunione successiva, le fasi di negoziazione possono essere ripetute una ad una. Le singole situazioni dovrebbero essere riesaminate prendendo in considerazione nuove idee e ovviamente nuovi punti di incontro.
InsightAgency

15 Strategie di Lead Generation efficaci

 


Quando si parla di Lead Generation si intende l’insieme di azioni marketing che hanno come obiettivo l’acquisizione e la generazione di contatti interessati.

Il Lead, infatti, è un potenziale cliente interessato al prodotto/servizio che offri, che è entrato in contatto con te lasciandoti alcuni dati grazie ai quali potrai ricontattarlo. Si parla sia di Lead Generation Online che Offline ovviamente, perché fino all'avvento di internet si faceva Lead Generation raccogliendo dati di: interviste telefoniche, visitatori stand Fiera, raccolta biglietti da visita, acquisto di spazi pubblicitari in Radio e TV, ecc.

La comunicazione online, invece, è oggi uno dei più potenti mezzi di Lead Generation e di conversione alla vendita perché ha a disposizione un'infinita lista di strumenti da sfruttare. Vediamo i 15 più interessanti insieme.

Perché la Lead Generation è così importante?

L’acquisizione di un Lead rappresenta il primo passo del funnel di vendita in cui è fondamentale accompagnare il potenziale cliente, attraverso strumenti e messaggi specifici lungo il percorso che si completa nell’acquisto.

Il vantaggio che offre la Lead Generation è ottenere una lista profilata di contatti interessati su cui svolgere attività di vendita proficue.

1) Video Marketing / Video Tutorials

Sappiamo benissimo come i video siano oggi uno degli strumenti più forti ed efficaci per comunicare con utenti e clienti. In questo caso non sto parlando di Video pubblicitari ma di veri e propri Video Tutorials, utili a spiegare e/o risolvere un problema reale che i potenziali clienti è probabile che possano cercare sul web. Potrebbero atterrare sul tuo video anche per puro caso e trovando il tuo video interessante potrebbero iniziare a seguire la tua pagina YouTube oppure decidere di andare a scoprire l'azienda che sta dietro a quei video molto utili.

Video che spiegano l'utilizzo di un prodotto o di un servizio, ma anche video-tutorials di operazioni non direttamente dedicate al tuo prodotto ma ad attività simili o che possono portare successivamente all'utilizzo del tuo prodotto.

Se pensi che questo tipo di video siano possibili solo per prodotti del mondo del fai-da-te ti sbagli. Si possono inventare migliaia di video anche divertenti in cui si fa vedere come indossare un cappello, come giocare con un nuovo giocattolo, come degustare una tisana, ecc. La fantasia deve fare da padrona.

2) SEO delle recensioni dei clienti

Le piattaforme di recensioni hanno generalmente una forte presenza nella ricerca organica, il che le rende una grande opportunità per espandere la presenza del proprio marchio e farsi notare dalle persone giuste.

Quando incoraggi gli utenti a lasciare le recensioni su una piattaforma di terze parti con un forte SEO/molto conosciuta (basta pensare a TripAdvisor, Booking, TheFork, ecc. che sono a pagamento oppure a portali di settore o lo stesso Google Maps che sono invece gratuiti) aumenti le possibilità di essere trovato da potenziali clienti qualificati nella ricerca.

Queste piattaforme ti aiutano ad ottimizzare la tua presenza online e spingere le persone interessate a trovare il tuo prodotto/servizio. Ciò che devi fare è: trovare i portali e le piattaforme di recensione migliori del tuo settore che ti possono veramente aiutare a far convogliare contatti verso il tuo sito o a far acquistare i tuoi servizi.

Inoltre, in questo modo potresti eguagliare la concorrenza nelle ricerche di parole chiave di alto valore.

3) Landing Page

La Landing Page o pagina-di-atterraggio sta alla base delle strategie di Lead Generation online. E' tra gli strumenti più utilizzati. E' una pagina web creata ad hoc con uno o pochi contenuti molto interessanti che spingono il navigatore all'interazione. La pagina deve essere semplice, corta, veloce da leggere, magari con un video. Ciò che non può assolutamente mancare è la Call-to-Action, cioè un pulsante/link o un form che porti immediatamente l'utente a trasformarsi in Lead.

La pagina web non deve avere un navigatore con pagine da navigare, perché l'utente deve avere a sua disposizione solo un'azione, ovvero la la Call-to-Action.

Per massimizzare l'efficacia di una Landing Page è buona consuetudine utilizzare Google AdWords per incrementare l'atterraggio delle persone sulla pagina e in base ai feedback, migliorare la pagina di mese in mese. Altro metodo è quello di usare l'A/B Test, ossia creare due Landing Page leggermente diverse e dopo un periodo controllare quale delle due performa meglio.

4) Quiz o Tool interattivi

E' possibile offrire un quiz ai visitatori del tuo sito web, il quiz non deve essere intimidatorio, anzi per lo più deve essere accattivante, semplice, divertente e veramente utile. Un metodo creativo per conoscere meglio i tuoi visitatori, ottenendo informazioni. Alla pari del Quiz è possibile sviluppare un Tool di utilità per gli utenti. Gli esempi sono infiniti: meteo, telecamere in diretta che puntano su luoghi di interesse (spiagge, piste da sci, città, ecc.), strumento che consente di creare un percorso trekking personalizzato, tool di ricerca e confronto dei servizi delle scuole, tool che permette all'utente di creare il proprio prodotto personalizzato a step, tool-gioco che offre all'utente di vincere dei coupon, ecc. 

Strumenti interattivi che per funzionare veramente devono essere utili all'utente e non solo a te!

5) e-Book, e-Magazine, e-Catalogue

Do ut Des. Cosa c'è di meglio che donare per primi per poi ottenere qualcosa in cambio? Questa è una delle strategie più utilizzate sul web, soprattutto dai siti che offrono servizi: dare la possibilità di scaricare un e-Book gratuitamente, ma solo dopo aver compilato un form con i propri dati (in modo da rendere facile un ricontatto via email o telefonico).

Ma l'offerta non si ferma ad un semplice e-Book o White Paper, in altri settori si parla di e-Magazine ovvero il download di una vera e propria rivista (moda, design, cucina, ecc.), una rivista che inizialmente è uno strumento di Lead Generation ma che con il passare del tempo e l'aumento di notorietà può diventare strumento pubblicitario a pagamento, ovvero farsi pagare 

L'e-Catalogue è un mix tra l'e-book e l'e-Magazine, un catalogo di prodotti o servizi ma che può essere ideato come fosse un giornale con approfondimenti di settore, un catalogo con suggerimenti su come si indossano i capi, con ricette, con best practice per arredare la casa, ecc. Offrire un servizio a valore aggiunto ai lettori che vogliono tenersi aggiornati - in cambio della loro email o informazioni ricevono suggerimenti da fonti esperte.

6) Un Blog interessante

Quante volte hai sentito parlare dell'importanza strategica del Blog? E' vero, il Blog può diventare uno degli strumenti più importanti per la Lead Generation, ma deve essere: ben strutturato, nutrito costantemente con contenuti interessanti e gli articoli/post dovranno avere una strategia. Non tutti, ma i più importanti dovranno avere al loro interno una Call-to-Action (chiamata all'azione), in modo tale da trasformare il semplice navigatore in Lead.

Aprire un Blog è la cosa più semplice, lo puoi fare gratuitamente. Ma proprio per questo è lo strumento più abusato e con il tasso di insuccesso più alto. Attento alle tue scelte.

Se vuoi ottenere successo dovrai creare un team di lavoro, interno o esterno, che si occupa della comunicazione della tua azienda.

7) Influenzare il mercato con gli Influencer

Vuoi provare a spingere i tuoi prodotti velocemente su un nuovo mercato? Utilizza uno o più Influencer! Vengono pagati per pubblicizzare i tuoi prodotti (c'è chi lo fa in modo più occulto facendo pensare di aver scelto il tuo prodotto perché più bello o più utile e chi invece mette ben in chiaro che è pura pubblicità, una marchetta). Sta di fatto che i numeri parlano molto chiaro, gli Influencer sono un canale molto efficace, sia per rendere famoso un brand (brand building) che per fare vendite. L'Influencer riesce a mettere in contatto diretto, in poco tempo, la tua azienda con un preciso target di pubblico.

L'Influencer è efficace perchè: parla "la stessa lingua" dei suoi coetanei, è uno di loro, i suoi follower si fidano di lui/lei o lo/la prendono come punto di riferimento. 

8) Attirare con Testimonials ed Esperti di settore

Molto simili agli Influencer sono gli esperti di settore. Sono anch'essi Influencer, ma è l'uso che se ne fa che è diverso. Nel tuo progetto saranno dei veri e propri testimonials del tuo brand, ovvero persone che hanno sposato il tuo progetto in senso lato. Agli occhi dei tuoi clienti amano il tuo brand e tutti i tuoi prodotti, mettono la loro faccia testimoniando la qualità dei tuoi prodotti.

Sono testimonials le persone famose ingaggiate per fare pubblicità, ma per un progetto meno costoso potrebbero essere professionisti (giornalisti, blogger, architetti, designer, ecc.) che parlano della vostra azienda, scrivono articoli su di voi, rispondono in una rubrica online in cui danno suggerimenti agli utenti, indossano un cappellino o un t-shirt con sopra il vostro marchio, ecc. Anche qui gli esempi possono essere infiniti.

9) Corsi online

Le persone sono sempre alla ricerca di conoscenza, soprattutto se viene elargita gratuitamente o a basso costo. La creazione di corsi online o webinar con esperti che offrono il loro prezioso tempo per impartire lezioni, dare risposte o nozioni importanti su un preciso argomento è uno strumento enormemente fruttuoso per creare Lead. 

La cosa difficile? Organizzare l'intera struttura. Le lezioni, i webinar, creare contenuti e una pianificazione, trovare i giusti esperti che siano anche bravi a parlare in video-conferenza. Non è semplice, ma sicuramente... molto prestigioso.

10) Social Media

E' importante imparare a sfruttare i Social Media nella loro globalità. Utilizza Facebook, Instagram, Pinterest, Twitter e LinkedIn non solo per fare brand building/farti conoscere o per promuovere i tuoi prodotti con la pubblicità, sfruttali al meglio con azioni di ascolto e di analisi.

Impara ad ascoltare i tuoi utenti, raccogli i loro sentimenti, raccogli le loro idee, raccogli i loro dati e trasformali in Lead. Rispondi alle loro richieste, portali ad interessarsi ai tuoi servizi, devono lasciarti almeno la loro email, compilare un form o iscriversi alla tua Newsletter.

Fai interessare i tuoi utenti ad un tuo e-Book da scaricare, promuovi loro un webinar. Devi mantenere il loro interesse attivo fino ad avere fiducia in voi. Solo a quel momento si trasformeranno in Lead e poi in clienti.

Un altro metodo di ricerca e ascolto è seguire i Gruppi su Facebook e LinkedIn, all'interno dei quali avrai a disposizione migliaia di utenti e probabili futuri Lead. L'importante è sapere come interagire con loro.

11) Live Chat

Se possiedi un sito web che registra molte visite giornaliere e mensili, ti suggerisco di aggiungere un tool di Live Chat. Darai la possibilità agli utenti di chattare in tempo reale con un assistente della tua azienda. Questo tipo di supporto alla vendita ti offrirà due tipi di azione, faciliterà: le vendite online e la conoscenza dei tuoi utenti (che potrai trasformarli in Lead con successivi ricontatti).

Conosciamo bene chi fa ordini sul nostro sito (sono clienti di cui abbiamo tutti i dati), mentre non sappiamo niente o quasi niente degli utenti che navigano il nostro sito, soprattutto se lo fanno in modalità "incognito", quindi... ingloba subito una Live Chat e scopri chi visita il tuo sito.  

12) Facilita il passaparola

Lo strumento del passaparola è sicuramente la strategia più antica di pubblicità. Chi si trova bene con i nostri prodotti ne parlerà bene con i suoi conoscenti e via via così. Accade così anche sul web, quindi è importante trovare la strategia giusta per sfruttarlo al meglio.

Uno su tutti, il metodo web più utilizzato è: offrire un premio aggiuntivo al cliente che fa conoscere il prodotto ad un suo amico. Spesso l'azione è win-win, ovvero il premio viene offerto ad entrambi nel caso in cui il secondo amico decida di acquistare da suggerimento del primo.

13) Usa il Remarketing

Sei a conoscenza del Remarketing? Se non ne hai mai sentito parlare, ti suggerisco di cercare subito approfondimenti. In sintesi, sono quei banner pubblicitari che ti appaiono ovunque tu navighi online proponendoti prodotti che hai cercato pochi minuti prima. 

Il remarketing consente di connettersi con le persone che hanno precedentemente interagito con il tuo sito web o la tua app per dispositivi mobili. I tuoi annunci/banner vengono proposti a precisi segmenti di pubblico mentre navigano su Google o sui siti web dei suoi partner. Questo tipo di advertising si basa sui cookies.

Si tratta della tecnica del "ricordati di me". Più volte visualizzi i miei prodotti e più si rafforza il mio brand, diventando più familiare ed importante ai tuoi occhi. Così facendo è più probabile che tu scelga il mio prodotto rispetto a quello della concorrenza. 

Per sviluppare campagne di Remarketing è sufficiente avere un po' di esperienza ed utilizzare Google Ads Display.

14) Organizza Virtual Sales

Se la tua azienda utilizza già Assistenti alla vendita, pianificare un tool di "Vendite Virtuali" sarà molto più facile, ti sarà sufficiente organizzare la strategia e farti sviluppare un tool da inserire all'interno del tuo sito web.

Di cosa si tratta: avendo sul tuo sito una o più pagine web in cui gli utenti possono liberamente chiedere o prenotare una video-call con un Assistente alla Vendita, avrai la possibilità di ottenere decine di Lead ogni giorno. Queste persone saranno molto interessate a vedere con i loro occhi il prodotto da acquistare ed avere a loro personale disposizione un Assistente che risponde alle loro domande.

Le "Virtual Sales" sono l'evoluzione delle vendite all'interno di uno Showroom. Pensaci bene, la stessa cosa accade quando vai in un concessionario per scegliere una nuova auto. Un Assistente dedica il suo tempo a mostrarti auto, optional e rispondere a tutti i tuoi dubbi. Se è bravo, riuscirà a venderti l'auto dopo appena 20-30 minuti. Stessa cosa per le Virtual Sales: servono Assistenti, uno Showroom (o prodotti disponibili), un tool di prenotazione video-call e molta organizzazione.  

15) Marketing Automation

Una volta che la strategia ha portato traffico al sito e fornito visibilità al prodotto e/o servizio dell’azienda, non resta che iniziare a convertire i visitatori che vengono in contatto con l’attività in potenziali clienti. Lasciando i propri dati personali sono pronti per poter usufruire di attività di Lead Nurturing. In questa fase, possono sopraggiungere in aiuto dell’esperto di Lead Generation tutta una serie di tool per la Marketing Automation.

Innescando un sistema automatizzato di mail, con piattaforme come Sendinblue, Mailchimp (scrivici per usufruire dei vantaggi riservati ai nostri clienti), Magnews o Hubspot, sarà possibile curare il rapporto con i contatti creando dei veri e propri "processi di comunicazione personalizzata per ogni tipologia di cliente". Altri software molt interessanti sono Unbounce, Landingi o Instapage per la realizzazione di Landing Pages o Hotjar per le mappe di calore e l’analisi qualitativa del comportamento degli utenti online.

Senza una strategia pianificata di Lead Generation, magari multicanale non sarà possibile massimizzare gli investimenti fatti e convertire molti lead in clienti. Un suggerimento? Scegliete una persona che ha seriamente esperienza, sia esso un interno o un esterno all'azienda, ma serve un professionista che sa prendere le giuste scelte e utilizzare al meglio gli strumenti. 

Se pensate di avere bisogno di un piccolo aiuto in questo, noi della Insight Agency  ci occupiamo proprio di questo, e ideiamo soluzioni ad hoc per aziende di ogni dimensione e professionisti. Contattateci per una consulenza gratuita

 

InsightAgency

Brainstorming, cos'è e come trovare nuove idee.

 


Il Brainstorming è una tecnica creativa che consiste in un dibattito di gruppo per trovare delle idee e/o delle proposte. Questo metodo decisionale si è sviluppato nell'ambito delle agenzie pubblicitarie, è largamente utilizzato per il problem solving e si basa soprattutto sull'associazione di idee e sul confronto.

Che cos’è il brainstorming?

Il brainstorming è una pratica comune quando si cercano nuove idee e/o nuove soluzioni a dei problemi e consiste in un incontro di gruppo durante il quale i partecipanti si confrontano, procedendo per associazione di concetti.

La definizione di questa tecnica creativa si deve al pubblicitario statunitense Alex Faickney Osborn, «fondatore di un movimento importante per la creatività, e “guru” riconosciuto, nei primi anni del secondo dopoguerra, del pensiero creativo», come lo definiscono Claudio Bezzi e Ilaria Baldini nel libro “Il brainstorming: pratica e teoria“. Per Osborn – precisano i due autori – «il brainstorming è semplicemente uno dei modi possibili per produrre idee; l’accento è sull’ideazione, sul processo creativo, sull’importanza dell’immaginazione come forza generatrice anche per i problemi tecnici e aziendali, oltre che per l’arte e la scienza».

A cosa serve il brainstorming?

Il termine brainstorming è entrato nell’uso comune per indicare uno dei diversi modi per trovare idee creative, ma anche alternative possibili per risolvere un determinato problema, a partire, seguendo la traduzione solitamente adottata per la parola, da una “tempesta di cervelli“.

In merito a una possibile traduzione della parola, però, bisognerebbe anche considerare che è Osborn stesso a suggerirne una: «‘brainstorm’ significa» – come riportato ancora da Bezzi e Baldini – usare la testa [brain] per assaltare [to storm] un problema creativo».

La tecnica, inizialmente applicata solo al mondo pubblicitario, ormai è diffusa in ambiti molto diversi tra loro. I campi di applicazione, infatti, comprendono quello pubblicitario (per sviluppare, per esempio, il concept di campagne pubblicitarie o uno slogan ), quello artistico (per realizzare un’opera d’arte), quello scolastico (per lo sviluppo di un progetto di gruppo), quello del crisis management (per risolvere una crisi o un problema), quello giudiziario (per preparare un processo), ecc.

Nel marketing, comunque, si ricorre al brainstorming per svariate ragioni, tra le quali, solo per citarne alcune: attività di naming , realizzazione di un logotipo e ideazione della brand image , ricerca di un payoff , gestione di progetti e processi.

Come si fa brainstorming o come funziona?

Prima di avviare una sessione di brainstorming si definisce sempre un obiettivo, che solitamente è definito, insieme ad altre indicazioni relative al progetto da sviluppare, nel brief , e non di rado vengono preparate delle mappe concettuali per offrire degli spunti di riflessione di partenza.

All’attività partecipa sempre chi deve occuparsi direttamente del lavoro, ma può risultare utile coinvolgere anche altri colleghi o persone del tutto esterne all’ambiente lavorativo, che potrebbero fornire spunti inaspettati.

In ogni caso, è sicuramente più efficace quando fatto in gruppo, anche se spesso, specie nelle piccole realtà, questo metodo può essere sperimentato anche tra poche persone o addirittura tra sole due persone e secondo taluni da una singola persona. Quando il gruppo è troppo numeroso, però, sarebbe opportuno dividerlo in dei sottogruppi.

Per fare brainstorming, comunque, occorre sempre seguire alcune regole di base, rimaste sostanzialmente invariate nel tempo e che si possono riassumere come segue: 

  • escludere la critica (e l’autocritica), perché in fase di raccolta delle idee non è produttiva;
  • mantenere uno stile informale, cosa che potrebbe essere agevolata dedicando i primi minuti dell’incontro a una brevissima presentazione dei partecipanti;
  • puntare alla quantità: se le proposte sono numerose ci sono più probabilità di trovare l’idea o la soluzione giusta;
  • combinare le proposte già avanzate in delle nuove idee, puntando cioè sull’associazione di idee.

Inoltre, una sessione di brainstorming non dovrebbe essere troppo breve, per evitare di fermarsi solo sulle prime idee raccolte; allo stesso tempo, però, non dovrebbe essere eccessivamente lunga: se risulta particolarmente complicato trovare idee o soluzioni convincenti sarebbe preferibile preparare più incontri, della durata massima di un’ora, così da non affievolire o smorzare l’energia creativa e produttiva necessaria.

Importante è anche il luogo in cui si fa brainstorming, poiché dovrebbe favorire l’informalità e dare ai partecipanti al gruppo la possibilità di alzarsi e muovere qualche passo.

Sarebbe utile anche predisporre nell’ambiente scelto per fare brainstorming una lavagna sulla quale ogni partecipante possa appuntare le varie idee oppure dei cartoncini colorati da poter attaccare alle pareti.

La “tempesta di idee” per trovare un nome, ovvero cos’è il namestorming e come si fa

Il namestorming, come suggerisce il termine stesso, traducibile come “tempesta di nomi”, prende spunto dal brainstorming per adattare la tecnica creativa all’ideazione di un nome (per un brand, un sito, una pagina social, ecc.). 

Per una sessione di namestorming si seguono le stesse regole e gli stessi principi del brainstorming, che Linda Liguori, autrice del libro “Nome & Naming. Scegliere il nome giusto per ogni cosa” sintetizza in CSQM, ossia critica abolitaquantità prima di tuttostravaganza benvenutamoltiplicazione infinita.

Come per una sessione di brainstorming, la prima parte di quella di namestorming potrebbe essere dedicata allo spiegare velocemente in cosa consiste questa pratica creativa e fare qualche esercizio semplice, giocando magari con rime e associazioni di idee a partire da parole già date, soprattutto quando nel gruppo di partecipanti ci sono persone non avvezze a questa pratica creativa o estranee al gruppo di lavoro.

In una sessione di namestorming, inoltre, potrebbe risultare opportuna la presenza di un “facilitatore di naming“, ossia un mediatore/leader del gruppo esperto di naming – e che, come precisa Linda Liguori, dovrebbe conoscere bene brief e mappe mentali del progetto, oltre che essere sensibile alle dinamiche di gruppo – e può quindi guidare e mediare l’incontro. 

Cosa si fa dopo il brainstorming?

Finita la fase di raccolta delle proposte e delle idee creative, quando cioè la sessione o le diverse sessioni di brainstorming sono terminate, occorre però organizzare il tutto in maniera strutturata, correlando tra loro i concetti simili e creando delle mappe concettuali (a volte si possono modificare o integrare quelle preparate in precedenza). Di queste può essere inviata una copia a tutti i partecipanti per poi discuterne in un nuovo incontro con l’obiettivo di un confronto critico che porti all’idea o alla soluzione finale.

InsightAgency

Marketing: percezione o realtà?

 


La realtà è la condizione di ciò che esiste effettivamente e concretamente, mentre la percezione è l'atto del percepire e prendere coscienza di una realtà esterna attraverso stimoli e sensazioni.

L'essere umano si interroga sin dall'antichità su cosa sia reale e cosa invece sia illusione, frutto di fantasia, percezione e sogno. E proprio per rispondere a questa ed altre domande, si è sviluppata la filosofia, come ricerca del sapere, della verità e della realtà.

Filosofi, sia antichi che moderni, hanno trattato la realtà come focus del proprio pensiero: una tematica che nonostante i secoli rimane quanto mai attuale.

Nella filosofia greca si pensava che la realtà fosse tale in rapporto al soggetto che riesce a percepire le cose, non mettendo in discussione l'esistenza o meno dell'oggetto in quanto visibile e quindi evidente.

Con Epicuro ed in seguito con Platone ed Aristotele si inizia a notare un cambiamento che sarà ripreso dalla filosofia moderna.

Per Platone la realtà è finzione, ossia una copia che si trova in un universo parallelo, di cui noi viviamo il riflesso, per Aristotele, invece, la realtà è unione di materia e forma: ciò che percepiamo equivale veramente a ciò che è.

Nell'era moderna, complici il Rinascimento e l'Illuminismo, che poneva la ragione al centro del pensiero, si andarono sempre più definendo teorie empiriche, come quelle di Spinoza, Leibniz, Cartesio e Kant.

Nella filosofia contemporanea, tra i cui maggiori esponenti annoveriamo Hegel, Freud e Nietzsche, la realtà è sinonimo di razionalità: sarà che il Novecento è stato un secolo complesso e senza fronzoli, ma la realtà è essenzialmente ciò che è tangibile e concreto.

Ma oggi cosa è reale e cosa è percezione?

Viviamo in un'epoca storica segnata da innovazione, cambiamento e contraddizioni.

Basti pensare al web oppure ai social media, per esempio.

Per molti internet è un potente mezzo di comunicazione, che accorcia tempi e distanze, un'invenzione che ha permesso di globalizzare il mondo, avviare nuovi business, creare nuove professioni e avere un nuovo stile di vita, per altri invece rappresenta un qualcosa di negativo.

I social media, se ben usati, rappresentano una cassa di risonanza sia per il personal branding che per aumentare la brand awareness aziendale, eppure per alcune persone sono soltanto mera apparenza.

Essere o non essere? Realtà od apparenza? Essenza o percezione?

Partiamo dal presupposto che un prodotto, un servizio o un brand che si reggono solamente sull'apparenza, hanno vita breve, perché l'utente, presto o tardi, se ne renderà conto.

Bisogna sempre ricordare che il target è costituito da persone, non solamente numeri a cui vendere.

Una persona, definita Buyer Personas, deve risolvere un problema, trovare una soluzione ai proprio bisogni ed avere fiducia nel brand.

È importante che la promessa del brand, detta Unique Value Proposition, sia reale e veritiera, altrimenti non ci sarà una seconda chance, della serie:"l'ho comprato questa volta, non lo compro più".

Ti sarà capitato di aver creduto in un prodotto, servizio o brand perché sembrava ciò che stavi cercando: in questo caso la percezione che avevi è stata una leva fondamentale per poi avviare la relazione col brand ed effettuare l'acquisto.

Se sei stato soddisfatto/a hai confermato come reale la tua percezione, e quindi ciò che sentivi corrispondeva a realtà, se invece non hai avuto un'esperienza positiva, la percezione era illusoria.

Come vedi anche nel marketing valgono questi diktat che da secoli accompagnano la filosofia: ma sai quali tipologie di marketing si basano proprio su questa dicotomia "realtà - percezione"?

Il marketing è una branca dell'economia che soddisfa la richiesta di prodotti e/o servizi per un determinato mercato di riferimento.

Marketing emozionale

Il marketing emozionale, detto anche emotional marketing è una branca del marketing che si basa sulle emozioni.

Le emozioni sono energia pura e rappresentano una leva fondamentale per instaurare una relazione tra brand ed utente.

L'essere umano è emozione e ragione, ma nel marketing emozionale prevale completamente la parte dell'inconscio e dell'istinto.

Sapevi che il 95% degli acquisti è ottenuto attraverso le emozioni, mentre solo il 5% è frutto di una decisione ponderata e razionale?

Siamo pur sempre animali ed agiamo per stimoli ed impulsi: basta un profumo che ci rievochi un ricordo, un colore che trasmetta serenità, un'immagine che ci comunichi fiducia o uno storytelling coinvolgente e le nostre barriere psicologiche sono annientate.

Ci riconosciamo istintivamente con quel brand e guidati dall'inconscio, vogliamo instaurare una relazione salda e duratura con esso.

Marketing percettivo

Il marketing percettivo si basa sui sensi e sulle sensazioni che evocano nella nostra mente: a seconda del senso interessato, avremo delle sensazioni diverse oppure un mix che ne esalti la percezione stessa.

Vuoi acquistare un profumo?

L'olfatto sarà senza alcun dubbio il senso principale nell'esperienza d'acquisto, ma saranno coinvolti anche vista, tatto e udito.

Vuoi gustare un piatto gourmet?

Il senso principale sarà il gusto, ma saranno coinvolti anche vista, olfatto e tatto.

Vuoi  provare un vestito?

Sicuramente il tatto giocherà un ruolo fondamentale durante l'esperienza, ma saranno importanti anche la vista e l'olfatto.

Creare un ricordo è importante, sia online che offline: ogni brand deve evocare un'emozione soddisfacente per l'utente, che lo renda felice di ripetere l'esperienza.

Neuromarketing

Il neuromarketing è una disciplina che applica le neuroscienze al marketing, interessando aree comportamentali dell'essere umano.

Infatti, secondo gli studi ogni volta che un utente compie un'azione verso un prodotto, servizio o brand ha determinate reazioni a livello cerebrale.

Il neuromarketing studia le risposte cognitive ed emozionali che si attivano nel momento in cui un potenziale cliente è esposto a determinati stimoli di marketing, come advertising, comunicazione, promozione e brand.

Ciò permette alle aziende di creare dei customer journey e delle esperienze di acquisto sempre più orientate alla soddisfazione dell'utente.

Sai quali sono i metodi più utilizzati per vendere di più un prodotto, servizio o brand facendo leva sulla percezione? 

Scopriamoli subito insieme!

All Inclusive

Ti è mai capitato di pagare un abbonamento, anche se poi non lo hai usato per intero, solo perché più conveniente rispetto il prezzo di una singola attività?

Si tratta di un bias cognitivo: il nostro cervello opta sempre per ciò che è meglio per noi, in termini di beneficio, infatti quando valutiamo un acquisto, si attiva l'area cerebrale della gestione del dolore, che opta per la soluzione migliore in termini di quantità e prezzo.

Effetto ancoraggio

Anche l'effetto ancoraggio è un bias cognitivo, in questo caso il nostro cervello ricorda un prezzo iniziale, detto in gergo ancora, che ha una cifra nettamente superiore rispetto al prezzo proposto per un determinato prodotto e/o servizio.

Emblematica è la strategia di Apple per il lancio del primo Ipad, in cui Steve Jobs propone prima il prezzo ancora di 999 dollari per poi rivelare il prezzo reale di 499 dollari: il risparmio percepito è stato di ben 500 dollari ed il resto, beh è storia!

Migliore qualità

Spesso si pensa che un prodotto più costoso abbia una qualità migliore, viceversa, un prodotto economico sia più scarso o pessimo rispetto prodotti di fascia più alta.

Lo stesso ragionamento, totalmente erroneo, vale per il peso di alcuni prodotti, come per esempio telefonia, tecnologia o strumenti, non necessariamente un prodotto più pesante è realizzato con materiali migliori.

Principio di scarsità

Quante volte stavi prenotando un volo oppure un hotel e si è materializzato l'avviso che altri utenti stavano effettuando l'acquisto proprio in quel momento e che se non avessi concluso subito l'ordine non avresti trovato più nulla?

Si tratta del principio di scarsità che fa leva proprio sulla potenziale perdita del nostro oggetto desiderato.

Prodotti esca

Un prodotto esca serve per promuovere altri prodotti della stessa gamma.

Se per esempio, si sta proponendo una borsa di dimensioni piccole a 25 euro e una borsa di grandi dimensioni a 40 euro, l'utente acquisterà maggiormente la borsa piccola, ma proponendo una terza borsa di medie dimensioni a 35 euro, il prodotto che venderà di più sarà la borsa grande.

Infatti, la nostra mente ragiona per fornirci il maggior beneficio e tra due prodotti della stessa gamma, con dimensione diversa ma prezzi simili, siamo portati a scegliere l'opzione più economica.

Mentre ponendo un terzo prodotto a metà tra i precedenti, sia per dimensione che costo, l'utente opterà maggiormente per l'opzione percepita con il miglior rapporto quantità, qualità, prezzo.

Realtà o percezione? Ciò che viene percepito è in continuo divenire, l'importante è tenere bene a mente gli obiettivi prefissati, pianificare la strategia necessaria per ottenere i risultati ed essere sempre leali verso gli utenti.

E tu cosa ne pensi? Eri a conoscenza di queste tecniche di marketing?

InsightAgency

Cos'è e a cosa serve il Business model


Un Business model è uno strumento concettuale utilizzato per descrivere il modo in cui un'impresa crea, distribuisce e cattura valore. In altre parole, può essere definito come l'insieme delle pratiche organizzative e delle soluzioni strategiche attraverso cui l'impresa acquisisce il proprio vantaggio competitivo sul mercato.

Quello di business model è un concetto relativamente giovane. Sebbene il termine apparve per la prima volta nel 1957 all’interno dell’articolo “On the construction of a multi-person, multi-stage business game“, è solo verso la fine degli anni ’90 che ha assunto la sua vera importanza registrando un interesse crescente da parte della comunità scientifica e non solo. Utilizzando le parole dello studioso svizzero Alexander Osterwalder, un modello di business può essere definito come lo strumento concettuale che descrive il modo in cui un’azienda crea, distribuisce e cattura valore.

Nonostante questa sia la definizione più famosa, ad oggi non ne esiste una universalmente accettata e condivisa. Ciò su cui la gran parte degli autori concorda è che, in generale, un business model dovrebbe essere composto dai seguenti elementi:

  1. la proposta di valore dell’impresa;
  2. i segmenti di mercato a cui si rivolge;
  3. la struttura della sua catena del valore;
  4. i meccanismi di acquisizione del valore che l’impresa implementa;
  5. i modi in cui questi elementi sono collegati in un’architettura specifica della singola azienda.

In estrema sintesi, quindi, il business model di un’impresa dovrebbe illustrare la sua proposta di valore identificando in modo chiaro il target a cui si vuole rivolgere, i principali fornitori da cui ottiene le materie necessarie per il ciclo produttivo, le caratteristiche del processo di produzione che vuole realizzare e così via. Tutto ciò in un’ottica flessibile ed estremamente dinamica. Sarebbe impensabile, infatti, credere che un modello di business per quanto di successo possa essere tale in eterno: affinché possa continuare a creare valore è necessario che esso cambi e si adatti al mutare dell’ambiente esterno ed interno.

Come rappresentare un modello di business: Il business model canvas

Nel corso del tempo sono nati diversi strumenti per aiutare imprenditori e startupper a rappresentare la propria value proposition. Tra i diversi strumenti e metodi di visualizzazione il più famoso è sicuramente il business model canvas di Osterwalder e Pigneur.Un Business model è uno strumento concettuale utilizzato per descrivere il modo in cui un'impresa crea, distribuisce e cattura valore. In altre parole, può essere definito come l'insieme delle pratiche organizzative e delle soluzioni strategiche attraverso cui la stessa acquisisce il proprio vantaggio competitivo sul mercato.


Si tratta di una rappresentazione grafica semplificata delle principali attività alla base del business model di un’impresa che consente di far emergere la logica attraverso cui la stessa riesce a creare, distribuire e catturare valore.

Particolarmente utile nell’ambito delle startup, il canvas si compone di nove blocchi, ciascuno dei quali rappresenta uno degli elementi costitutivi del business model. Grazie ad esso è possibile ottenere una rappresentazione complessiva della realtà aziendale intesa come un grande ecosistema di attività interdipendenti. Nella parte superiore del modello, intuitivo e di facile lettura, sono rappresentate informazioni non finanziarie come le risorse chiave, i partner, i canali distributivi e i segmenti di consumatori; la parte inferiore, invece, fa da cornice alle informazioni finanziarie come la struttura dei costi e dei ricavi.

Al centro del modello c’è la value proposition, intesa come la proposta di valore che un’azienda fa al mercato, espressa in termini di vantaggi, tangibili o intangibili, che i consumatori possono ottenere dall’acquisto di un determinato prodotto o servizio.

Come si classificano i modelli di business?

La classificazione è una delle principali sfide che manager ed esperti si trovano ad affrontare quando si parla di modelli di business. Gli studiosi Foss e Saebi, per esempio, riconducono i business model a tre dinamiche: evoluzione, adattamento e innovazione.

Nello specifico, quando si parla di evoluzione si intende far riferimento a replica, implementazione e manutenzione di un modello di business esistente.

L’adattamento è invece il processo attraverso cui un modello di business esistente viene appunto adattato alle opportunità e alle minacce dell’ambiente esterno (cambiamenti nelle preferenze dei clienti, potere contrattuale dei fornitori, cambiamenti tecnologici, nuove dinamiche concorrenziali e così via). Adattare un modello di business esistente spesso non è però un compito facile. La propensione delle imprese ad adattare i propri modelli di business, infatti, dipende da innumerevoli fattori: per esempio dal fatto che un evento nell’ambiente esterno sia percepito come una minaccia o come un’opportunità e dal tipo di orientamento strategico che l’impresa persegue.

Si parla invece di business model innovation in tutti quei casi in cui un’azienda crea un modello di business nuovo all’interno di un settore preesistente. Ciò significa ridefinire i prodotti e i servizi esistenti e le modalità con cui sono forniti ai consumatori a partire da risorse esistenti, ma non replicabili. In un ambiente dinamico e in costante cambiamento, la business model innovation deve essere una priorità per tutte quelle imprese che vogliono restare sul mercato. A fare scuola è il fallimento di Blockbuster e l’ingresso di Netflix nel mercato della distribuzione e del noleggio di film in DVD. Netflix ha innovato il modello di business su cui lo stesso Blockbuster aveva fondato il proprio successo determinando nel 2010 il fallimento del colosso del videonoleggio.

Sulla stessa linea, Massa e Tucci (2014) evidenziano la differenza tra la creazione di un nuovo modello di business (business model design), come nel caso di startup innovative o ad alta vocazione tecnologica, e la trasformazione di un modello di business già esistente (business model reconfiguration), come è accaduto alla stessa Netflix che è passata dal noleggio per corrispondenza alla sottoscrizione di un abbonamento per lo streaming di contenuti online, rientrando tra i servizi ott.

Esempi di business model

Nonostante in teoria sia difficile ricondurre un modello di business a categorizzazioni predefinite, nella pratica è possibile individuare degli schemi ricorrenti sulla base di alcune caratteristiche comuni, in particolare il modello di guadagno sottostante.

Può essere utile, così, ricorrere ad alcuni degli esempi più famosi.

  • Transazionale: è il modello di business più comune in quanto consiste nella classica vendita di beni e servizi in un negozio fisico o virtuale. I ricavi derivano dalla vendita diretta e quindi dalla transazione tra acquirente e venditore.
  • Marketplace: si basa sull’intermediazione tra due parti, generalmente un cliente e un fornitore. I ricavi in questo caso derivano dalla presenza di una fee su ogni transazione effettuata. Tra i modelli marketplace più celebri è possibile ricordare quello di Amazon, ma anche quelli di eBay, Booking o Airbnb.
  • Freemium: particolarmente utilizzato in caso di software e app, il modello si basa sull’offrire un servizio di base gratuito che diventa a pagamento quando si vuole usufruire di opzioni e funzionalità aggiuntive.
  • Software as a service (SaaS): è un modello distributivo, che sfrutta la tecnologia cloud, che prevede che un provider di servizi fornisca software e applicazioni di terze parti che gli utenti possono noleggiare senza dover acquistare una licenza. Tra gli esempi più famosi è possibile ricordare iCloud e Microsoft Office 365, ma anche tutte le app del mondo Google.
  • Pay as you go: è un modello di pagamento spesso utilizzato per i servizi SaaS, che consente ai clienti di pagare un servizio in base all’utilizzo che ne fa. 
  • franchising : è una formula di collaborazione tra due parti, franchisor e franchisee, in cui la prima concede l’utilizzo del proprio marchio e del modello di business al secondo dietro pagamento di una fee.
  • Leasing: si basa sul noleggio di un bene o di un immobile, solitamente per uso aziendale, dietro pagamento di un canone periodico.

A questi se ne aggiungono molti altri come l’affiliazione commerciale, la donazione, il modello community, il modello bricks and clicks o, ancora, il modello basato sulle inserzioni.

Modelli di business e opportunità imprenditoriali: una relazione complessa?

Spesso il concetto di business model è legato a quello di opportunità imprenditoriali. Questo perché il modello di business rappresenta lo strumento preferenziale attraverso cui le nuove opportunità vengono trasformate in proposte di valore per l’impresa e per tutti i suoi stakeholder .

Tuttavia, cogliere l’opportunità giusta al momento giusto non significa automaticamente avere successo. Affinché possa garantire all’impresa performance positive nel lungo periodo un buon business model deve innanzitutto essere coerente con la strategia e gli obiettivi aziendali, ma soprattutto deve essere in grado di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno. In quest’ottica, fondamentali sono le conoscenze e le competenze dei singoli soggetti coinvolti. Gli imprenditori e i manager devono essere inclini all’apprendimento, alla formazione continua, alla flessibilità e al cambiamento per favorire lo sviluppo di capacità dinamiche in grado di cogliere nuove opportunità a partire dai business model esistenti.

Questo spiega perché molti modelli di business di successo sono falliti: si pensi ad esempio al caso del fallimento dell’azienda canadese Blackberry. La stessa idea o tecnologia adottata sul mercato attraverso due diversi modelli di business, infatti, potrebbe produrre performance economiche completamente diverse, riconducibili in parte a fattori esogeni e in parte alla mancanza di risorse e capacità interne all’organizzazione.

Come sottolineano gli studiosi Chesbrough e Rosenbloom in un articolo del 2002, la soluzione è nella sperimentazione: un nuovo modello di business è sperimentato con successo solo dopo notevoli tentativi ed errori.

InsightAgency

Come massimizzare il customer journey e fidelizzare i clienti fin da subito?

 

Una delle domande che tutti gli specialisti di marketing si pongono è come creare un rapporto duraturo con i propri clienti. Indipendentemente dal settore, un brand ha bisogno di clienti fedeli e coinvolti. Quindi come fidelizzare la clientela assicurandosi che continuerà a scegliere il proprio marchio tra le diverse proposte presenti sul mercato? Inutile negarlo, sono innumerevoli gli stimoli e i messaggi che riceviamo dai brand, ognuno con un’offerta sempre più accattivante e variegata.

Catturare l’attenzione e mantenere alto l’interesse è una vera sfida. Ecco perché è fondamentale, una volta conquistata la curiosità del consumatore, non trascurarla e cercare di tener viva il più possibile la relazione, per integrarlo in una dinamica di engagement a lungo termine. Come può un'attività coinvolgere i clienti in una dinamica di engagement duratura a partire dalla prima interazione con il marchio? Massimizzando l'esperienza in ogni fase del customer journey.

Che cos'è il customer journey e perché è importante per i brand

Possiamo definire il customer journey come un viaggio che un cliente compie quando entra in contatto con un'azienda. Questo percorso prevede diverse fasi fino ad arrivare alla decisione di acquistare o meno un prodotto o di usufruire di un servizio proposto dall'azienda. Il customer journey però non termina con l'eventuale acquisto del prodotto poiché prevede varie fasi che possono avvenire sia "online" che "offline".  Anche le recensioni di un prodotto, per esempio, rientrano tra le varie fasi del customer journey.

Le fasi del customer journey

E ora è arrivato il momento di svelarvi le diverse fasi di questo incredibile viaggio. Vi daremo degli spunti su come instaurare una relazione duratura con i vostri clienti per trasformarli in ambassador del brand. Potrete così trovare idee e ispirazione per raggiungere gli obiettivi delle vostre prossime campagne marketing con l’aiuto di alcune soluzioni martech (strumenti tecnologici a supporto del marketing) da prediligere per massimizzare i risultati.

1. L’acquisizione: il prospect diventa un contatto del database grazie a un'Ads sui social

Il primo passo del customer journey è costituto dall’acquisizione, ovvero il primo punto d'incontro con il potenziale cliente e la successiva integrazione del contatto nel database dell'azienda. Per acquisire nuovi contatti interessati al marchio, sono necessarie delle attività ad hoc di lead generation, che andranno a stimolare l’interesse del target.

Come facciamo a conquistare l’utente utilizzando i social network?

Proviamo a spiegarlo con un esempio pratico. La nuova collezione estiva del marchio viene lanciata su Instagram tramite un post sponsorizzato con uno sconto del 15% sul primo acquisto. 

L’Ads rimanderà a un form digitale da compilare con i propri dati per ottenere così un coupon da presentare in negozio o da utilizzare online.

Per gestire le nostre campagne pubblicitarie sui social e su Google possiamo utilizzare uno strumento come Adzooma che ci permette di creare e gestire campagne di digital marketing in pochi secondi, ma soprattutto di monitorarle costantemente e continuare così a migliorarle, grazie ai suggerimenti offerti dalla piattaforma. Adzooma nella sua versione essential, gratuita, permette di impostare, monitorare e gestire facilmente le proprie campagne pubblicitarie su Google, Facebook e Microsoft, anche con una serie di ottimizzazioni per migliorare i risultati e regole automatizzate che semplificano alcune attività. Optando, invece, per la versione Plus, oltre alle funzionalità della versione gratuita, ci sono più di 81 modelli di automazione e la possibilità di analizzare le landing page per migliorare l'offerta.

Per la creazione delle landing page e soprattutto per la raccolta e gestione dei lead, possiamo utilizzare Sendinblue (le landing pages sono disponibili nel piano Premium) oppure MailChimp.

2. L’attivazione: il contatto acquisito su Instagram diventa cliente


Ora che il prospect ha mostrato interesse per il marchio ed è stato integrato nel database, è fondamentale mantenere vivo il suo interesse. L’attivazione del contatto deve avvenire subito dopo la prima interazione. Con l’aiuto dei sistemi di marketing automation, è possibile targetizzare tutti i contatti acquisiti grazie alla campagna sui social.

Tutti coloro che hanno richiesto il coupon compilando il form sulla landing page, sono certamente interessati ai tuoi prodotti. Questo è il momento d'inviare loro un’e-mail di benvenuto e il lookbook con la nuova collezione, incoraggiando così il traffico sull’e-commerce e alimentando l’interesse. Contemporaneamente, potrete incuriosire i contatti ricordando loro la scadenza del coupon e lo store più vicino dove usufruire dell’offerta.

Puoi gestire scenari di marketing automation con l'invio di email transazionali ancora con Sendinblue o MailChimp.

I vantaggi di un coupon, sono innumerevoli, se poi opti per una soluzione QR Code, sarà ancora più efficiente perché con la semplice scansione del QR code in negozio il cliente usufruirà dello sconto in modo rapido e immediato. Una volta usufruito del coupon, potresti trasformarlo automaticamente in una carta fedeltà, magari associandola allo stesso QR code, con la quale il cliente potrà continuare ad essere informato delle ultime novità e dall'altra potrà beneficiare di ulteriori benefici e sconti.

Così, da una parte avrete acquisito un nuovo membro nel vostro programma fedeltà, dall’altra il cliente sarà soddisfatto dell’esperienza offerta, immediata e, soprattutto, semplice.

3. Fidelizzazione: il cliente si affeziona al marchio


 

Ora siamo a una fase chiave del customer journey per instaurare una relazione duratura: la fidelizzazione.

Un cliente fidelizzato acquista più frequentemente e tende a spendere di più rispetto a un nuovo cliente non-membro. Gli indicatori chiave di un programma fedeltà di successo parleranno chiaro: il carrello medio e la frequenza di acquisto saranno sempre superiori in chi è fidelizzato. Una volta che il cliente ha effettuato il primo acquisto, è il momento di puntare sulla relazione vera e propria per riuscire a mantenerlo nel tempo.

Un programma fedeltà flessibile che soddisfi le sue esigenze e i suoi desideri, vi assicurerà la customer retention. Una buona tattica consigliata da Splio è quella di riservare delle attenzioni speciali e personalizzate per dimostrare il proprio interesse e vicinanza al cliente. Per rinforzare il legame, si può optare per l’invio di un breve questionario via e-mail ai nuovi clienti per conoscerli meglio. Chiedendo i propri gusti e la data di nascita, sarà possibile inviare loro una sorpresa il giorno del compleanno, per esempio. Inoltre, a coloro che avranno compilato il questionario, si potranno accreditare ulteriori punti fedeltà sulla loro carta come ringraziamento del tempo prezioso dedicato al marchio.

Questi sono esempi di una serie di azioni e ricompense che porteranno i membri del programma a salire di volta in volta di livello. A questo punto possiamo poi decidere di premiare i clienti più fedeli per proporgli di entrare a far parte degli ambassador del marchio.

4. Engagement: il cliente fedele diventa ambassador del marchio


 

Un cliente fidelizzato diventerà ancora più coinvolto se stimolato con iniziative accattivanti, come un programma fedeltà soddisfacente che combini la fedeltà transazionale e relazionale. Un programma di engagement è un’iniziativa loyalty che premierà i membri per tutte le interazioni avvenute con il marchio, come per esempio:

  • l’apertura e i clic delle e-mail;
  • il follow sui social;
  • una ricca wishlist (lista dei desideri);
  • la recensione online;
  • la visita sul sito eCommerce.

L’obiettivo di un programma di questo tipo è incrementare la conoscenza del cliente per ultra-personalizzare le offerte e le comunicazioni e premiare l’engagement del cliente non solo in fase di acquisto. Un cliente fedele e ingaggiato è il target ideale per una campagna di referral marketing.

Il passaparola è il canale di comunicazione più efficace per la fiducia. Difatti il 94% dei consumatori prende decisioni di acquisto in base ai consigli del proprio network mentre il 72% è influenzato da ciò che ha visto sui social. Il passaparola digitale aiuta a ottimizzare drasticamente i costi di acquisizione.

Una volta identificati i clienti più affezionati e coinvolti, sarà possibile invitarli per e-mail a diventare ambassador del marchio in cambio di un coupon e punti fedeltà. Il cliente condividerà di certo volentieri con i suoi amici il link di referral sui social network, per e-mail o su WhatsApp. E i suoi amici a loro volta avranno la possibilità di ricevere un coupon di benvenuto

Queste attività possono essere semplificate anche utilizzando una piattaforma di loyality e referral marketing (come ad esempio yotpo.com, ma ce ne sono diverse anche italiane) con funzionalità native di social sharing, insieme ad un tool di marketing automation (come Sendinblue), che consentiranno di lanciare una campagna member-get-member.

In questo modo sarà possibile rispondere a molteplici obiettivi, tra cui:

  • reclutare nuovi clienti;
  • generare ricavi aggiuntivi;
  • aumentare la visibilità del brand online & offline.

Pronti a raccogliere la sfida?

Tutte le fasi del customer journey sono fondamentali ed estremamente connesse tra loro. Se la fidelizzazione influenza il riacquisto, l’engagement influenza la fidelizzazione. Attivare, fidelizzare e animare il proprio database è una strategia decisiva per accrescere il valore di ciascun cliente, fino a trasformarlo in un ambassador. La tecnologia gioca un ruolo fondamentale ed è il fedele alleato di ogni campagna marketing.

Una piattaforma di loyalty marketing e una strategia CRM ben definita e targetizzata possono aiutare a massimizzare le proprie campagne di lead generation e fidelizzazione, ma anche a trasformare i migliori clienti in ambassador del brand!