Tra i consigli che la piattaforma non si è mai stancata di condividere con gli iscritti c’è utilizzare per il proprio profilo LinkedIn un approccio “show, don’t tell”: più che dilungarsi in prolisse descrizioni delle esperienze professionali pregresse o del percorso di studi, meglio compilare l’apposito campo dei traguardi raggiunti o caricare progetti e lavori seguiti e che possano aiutare recruiter e potenziali clienti a farsi un’idea più concreta delle proprie competenze. Ciò non significa che si possa rinunciare del tutto a una parte più (auto)descrittiva: per parafrasare delle parole della stessa compagnia, il profilo LinkedIn una sorta di curriculum che non dorme mai. Cosa scrivere su LinkedIn, allora, per renderlo accattivante ed efficace e cosa invece evitare a tutti i costi?
Quali sono le parole più utilizzate su LinkedIn e perché dalla piattaforma consigliano di evitarle
La piattaforma ha stilato per diversi anni consecutivi una top ten delle parole più utilizzate su LinkedIn e quindi da evitare quanto più possibile perché «se sei noioso, pigro e poco originale in come scrivi, come puoi pensare che qualcuno alzi il telefono e ti chiami per un colloquio?».
Alcuni insight sono rimasti invariati negli anni. Il verbo “sviluppare” – e lo stesso vale per il corrispettivo inglese “develop” – compare mediamente quattro volte in ogni profilo LinkedIn e, cosa non meno interessante, ogni volta con un significato o una connotazione diversa. Per molto tempo gli italiani hanno descritto il proprio lavoro come “creativo“, almeno fino a quando nel 2017 il termine è uscito dalla classifica delle dieci parole più usate su LinkedIn in Italia, forse anche perché le profonde trasformazioni in atto nel mercato del lavoro costrinsero allora i lavoratori italiani a guardare alla propria carriera con più disincanto e consapevoli di dover puntare soprattutto su skill altamente tecniche per risultare competitivi.
Nel 2018 tra le buzzword più usate su LinkedIn c’erano nell’ordine “specializzato“, “leadership“, “appassionato“, “strategico”, “con esperienza”, “focalizzato”, “esperto”, “certificato”, “creativo”, “eccellente”.
Meglio non usarne, come sottolinea la piattaforma (che in un impeto motivazionale si è rivolta ai propri iscritti con un incoraggiante «you’re better than buzzwords»), neanche si fosse davvero a corto di idee riguardo a cosa scrivere su LinkedIn. Quando si ricorre a parole di uso comune anche se ce ne sono altre che renderebbero più giustizia alle proprie capacità professionali il rischio è infatti di apparire pigri o svogliati: per un recruiter un peccato ancora più capitale, specie nel caso di candidati che non intendano lavorare nella produzione di contenuti, di incorrere in strafalcioni grammaticali o avere un vocabolario limitato. Cosa non meno importante, si potrebbe dare l’impressione di aver copiato da altri profili LinkedIn o di essere eccessivamente legati a uno “slang” tipico di certi ambienti lavorativi tradizionalisti, ingessati e per molti versi ormai anacronistici.
Perché fare attenzione a cosa scrivere su LinkedIn
Cosa scrivere su LinkedIn va studiato strategicamente, sia nel caso di studenti e neolaureati che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro, sia se si stanno cercando nuove opportunità per dare slancio alla propria carriera, sia se si è freelance alla ricerca di nuovi clienti e collaborazioni.
Costruire una rete di relazioni professionale significativa, che possa essere sfruttata, come capitale di bridging , e soprattutto rafforzare il proprio brand personale dovrebbero essere macro-obiettivi della propria presenza su LinkedIn, comprimari a quelli decisamente più pragmatici di scovare con più facilità nuove offerte di lavoro e avere un buon biglietto da visita, un buon portfolio digitale con cui “attirare” selezionatori o clienti, quasi in una logica di inbound marketing . Infatti, tra le prime cose che fanno i recruiter c’è controllare i profili social dei candidati, così come chi è interessato a un servizio da freelance non di rado si informa e verifica anche su LinkedIn che il professionista che ha individuato sia davvero quello che fa al caso proprio.
Se lo storytelling è una componente indispensabile di ogni strategia di branding , anche raccontare – e saperlo fare in maniera originale, creativa, efficace – il proprio brand personale serve a rafforzarlo e a rafforzarne il ricordo: un profilo LinkedIn ben scritto è, in vista di questo obiettivo, necessario come un curriculum vitae altrettanto curato.
Headline e sommario: come scrivere in maniera efficace i propri “biglietti da visita” su LinkedIn
I più accreditati esperti e le più accreditate guide di LinkedIn consigliano di fare attenzione in particolar modo a cosa e come si scrive in due sezioni del profilo: l’ headline e il sommario (o riepilogo). Sono le prime informazioni davanti a cui si trova chi visita il profilo di un candidato o di un professionista a cui intende affidarsi e quelle che leggerà con più probabilità , anche perché non ha bisogno di scrollare per farlo. Più saranno ben scritte e più saranno capaci anche di fornire le informazioni essenziali e porre il giusto focus sulle competenze e le esperienze professionali salienti dell’utente e, in un’era di scarsità di tempo e attenzione, il saper essere concisi ma efficaci è una caratteristica che premia.
Inoltre, più headline e sommario saranno in grado di “catturare” l’attenzione del recruiter o di chiunque sia alla ricerca di un professionista su LinkedIn e più potranno spingerlo a continuare nella visita del profilo. Per molti versi, insomma, è come se queste due sezioni fossero il proprio biglietto da visita sulla piattaforma: cosa scrivere su LinkedIn nell’headline e nel sommario quindi per rendere più efficace e performante il proprio profilo?
Cosa scrivere su LinkedIn nell’headline
Occorre pensare l’headline di fatto come se fosse il payoff del proprio brand personale, una sorta di specifica che accompagnerà ogni propria attività sul social network. In effetti, tra cosa scrivere su LinkedIn nella sezione headline non possono mancare qualifica e mansione professionale.
Essere precisi è importante in questo senso almeno quanto essere chiari ed è per questo che, soprattutto nel caso delle più nuove professioni digitali o di mansioni molto tecniche e che potrebbero essere sconosciute al di fuori della nicchia di mercato di riferimento, potrebbe valere la pena rinunciare ai titoli ufficiali e usare una specifica professionale che abbia più a che vedere con ciò che si fa ogni giorno nel concreto.
Quanto appena detto non significa che l’amministratore delegato di un gruppo industriale di grandi dimensioni dovrebbe rinunciare a definirsi CEO su LinkedIn; per un digital evangelist però, per esempio, potrebbe risultare più strategico definirsi nell’headline esperto nella digitalizzazione, soprattutto perché si rivolge appunto a chi non ha grande familiarità con il mondo del digitale.
Proprio definire e padroneggiare il target (o i target) a cui ci si rivolge può aiutare a scrivere l’headline su LinkedIn. Il consiglio che molti addetti ai lavori danno è esplicitare il proprio pubblico di riferimento, inteso come base clienti o settore lavorativo, direttamente nella qualifica professionale. A proposito di concretezza, sottolinea tra gli altri Gianluigi Bonanomi in “Guida Calcistica di LinkedIn”, sempre più persone, responsabili HR o clienti interessati ai servizi di un freelance, usano LinkedIn come un vero e proprio motore di ricerca: sanno di cosa hanno bisogno e cercano chi possa aiutarli a risolvere il proprio problema; per questo un buon headline su LinkedIn non può essere troppo generico, ma deve riuscire a mettere in luce il proprio unique selling point rispetto a tanti altri colleghi e potenziali competitor .
Spazio dunque alla creatività , tanto più che da qualche tempo la piattaforma ha aumentato a 220 i caratteri disponibili, ma senza che creatività si trasformi in sconclusionatezza o eccessiva visionarietà . Da non dimenticare, proprio perché LinkedIn è in qualche modo anche un motore di ricerca “verticale” e specializzato sul mondo del lavoro, è inserire le parole chiave più rilevanti per il proprio settore, quelle che i propri competitor stanno già utilizzando o per qualche ragione diventate di tendenza.
Scrivere l’azienda presso cui si lavora già nell’headline di LinkedIn
Uno dei principali dubbi riguardo a cosa scrivere su LinkedIn nell’headline riguarda se inserire già nella seconda informazione, dopo nome e cognome, che le persone con cui si è in collegamento sulla piattaforma leggeranno di sé anche l’azienda presso cui si lavora o si è lavorato. Non c’è una regola d’oro in questo senso e molto dipende da che tipo di rapporto esiste con il proprio datore di lavoro, quanto il proprio brand personale si interseca con quello aziendale e naturalmente anche da dimensione, notorietà o prestigio riconosciuti alla stessa azienda.
È piuttosto probabile che chi ha fondato una startup poi trasformatasi in un’azienda leader nel settore, anche se non ricopre più alcun ruolo operativo al suo interno, vorrà continuare a definirsene founder anche su LinkedIn e ha tutto il diritto di farlo. Con ogni probabilità anche chi si occupa di SEO e lo fa in Google potrebbe non vorrebbe rinunciare a farlo sapere subito a chiunque visiti il profilo LinkedIn. Un’informazione decisamente più trascurabile, almeno per l’headline, è il nome della piccola impresa a conduzione familiare con cui si collabora sporadicamente come copywriter. Addirittura da evitare potrebbe essere, invece, esplicitare il nome dell’azienda presso cui si lavora se si è alla ricerca di una nuova occupazione, specie se la ragione che ha condotto a questa decisione non è essere alla ricerca di una promozione, di maggiori opportunità di crescita o di condizioni retributive più soddisfacenti ma dei cattivi rapporti intercorsi con responsabili o colleghi.
Cosa scrivere nell’headline di LinkedIn se si è disoccupati o studenti
La ragione per cui in molti hanno un profilo su LinkedIn è cercare lavoro e quindi diviene necessario provare a comprendere cosa scrivere su LinkedIn nell’headline se si è momentaneamente senza occupazione. Usare l’etichetta “disoccupato” non è certo il miglior modo di presentare se stessi, ma allo stesso tempo mentire sulla propria condizione lavorativa potrebbe rivelarsi controproducente, anche in considerazione del fatto che è facilissimo per chiunque – figurarsi per un recruiter – effettuare un controllo di questo tipo.
Una buona idea potrebbe essere continuare a utilizzare la qualifica professionale più recente, che del resto rimane invariata anche se non si ha al momento un contratto di lavoro a cui far riferimento e la soluzione più semplice è in questo senso aggiornare con la data di fine collaborazione l’ultima delle esperienze segnalate nell’apposita sezione di LinkedIn. In alternativa si potrebbe utilizzare l’headline per la posizione desiderata, avendo l’accortezza di esplicitare in questo caso con formule ad hoc che si è attivamente alla ricerca di lavoro o disponibili a valutare nuove collaborazioni. Per continuare il paragone con il CV, i “buchi” sul profilo LinkedIn non sono certo visti di buon occhi da chi fa selezione.
Anche chi ancora studia o si è appena laureato potrebbe avere delle difficoltà nel compilare il campo headline. In questo caso, però, la soluzione è più semplice: basta scrivere “studente presso…” o “laureato in…” e aggiungere la scuola, l’università o l’ente presso cui si è seguito il percorso formativo per permettere a chi visita il proprio profilo LinkedIn di farsi un’idea del proprio indirizzo di studio e di quale sarà con più probabilità il campo in cui si lavorerà . Si avrà più spazio nel sommario per far emergere la propria personalità e le proprie esperienze di volontariato o in altra maniera più affini al mondo del lavoro.
Sommario efficace su LinkedIn: come scriverlo
Con i suoi 2000 caratteri il sommario (o riepilogo) di LinkedIn è la sezione ideale in cui fare personal branding storytelling e raccontare se stessi, i propri pregressi, le proprie competenze professionali.
Se c’è una cosa su cui gli addetti ai lavori concordano è che questa sezione tutto dovrebbe essere tranne una mera ripetizione di ciò che è stato già detto (chi si è) o di quello che si dirà più avanti (cosa si è fatto). Più che fare un elenco delle mansioni o delle qualifiche professionali ricoperte, meglio raccontare la propria storia professionale, o accademica nel caso degli studenti, e farlo in prima persona, anche utilizzando un linguaggio a tratti emozionale e senza avere paura di svelare quali sono le proprie ambizioni e i propri desideri più intimi.
Può essere utile in questo campo focalizzarsi sui buoni risultati ottenuti, anche eventualmente in modo da far passare in secondo piano piccole débâcle o momenti di stallo della propria carriera. Un sommario su LinkedIn efficace non dovrebbe evitare di far riferimento alla ragione per cui un selezionatore o un cliente dovrebbero preferire quell’utente su tutti gli altri candidati o competitor.
Una buona idea potrebbe essere, infine, lasciare nel riepilogo una call to action semplice e chiara, come quella che invita a ricontattare via email o via messaggi per ulteriori informazioni. Soprattutto, più di cosa scrivere nel sommario di LinkedIn è importante comunque che si scelgano stile e tono di voce quanto più in linea possibile con la propria personalità .