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Come raccontare una storia in modo efficace?

 


Prima che le persone imparassero a scrivere, si raccontavano storie. Raccontare una storia è come dipingere un quadro con le parole. Le storie connettono, ispirano, guidano, creano cambiamento e guariscono. Lo storytelling ha permesso alle persone di dare un senso al mondo e di trarre un significato più profondo dalle loro vite sin dall'inizio della storia dell'umanità. Cambiano le tecniche e i metodi di narrazione, così come i modi di comunicare e i soggetti, ma il potere dello storytelling di commuoverci e provocare un senso più profondo di connessione tra tutti noi non è mai cambiato.

Indipendentemente dai media, siamo tutti fruitori di storie e, in fondo, lo siamo sempre stati.

Perché raccontiamo storie?

La narrazione è una forma d'arte antica come il tempo e ha un posto in ogni cultura e società. Come mai? Perché le storie sono un linguaggio universale che tutti, indipendentemente dal dialetto, dalla città natale o dall'eredità, possono capire. Le storie stimolano l'immaginazione e la passione e creano un senso di comunità tra ascoltatori e narratori.

Le storie consolidano concetti astratti e semplificano messaggi complessi. In un mondo diviso da una moltitudine di cose, le storie uniscono le persone e creano un senso di comunità. Le storie ci rendono umani, e lo stesso vale per i brand. Ecco perché creare una narrativa specifica e pensata ad hoc sul proprio marchio o prodotto non solo lo umanizza, ma ci permette di farlo conoscere meglio ai clienti e potenziali clienti.

Sviluppare le proprie capacità di narrazione e imparare a trasformare le esperienze in una storia richiede pratica, ma ci sono metodi efficaci per migliorare l'arte dello storytelling. Proprio come l'arte, la narrazione richiede creatività, visione e abilità, ma è soprattutto disciplina. Chi crede che la scrittura sia solo genio o improvvisazione si sbaglia di grosso. Sapevate che Stephen King, uno degli autori più proliferi di sempre, scrive ininterrottamente quattro ore ogni mattina tutti i giorni?

La narrazione è uno strumento potente che i leader usano per motivare le masse, e gli scrittori si ingegnano per creare la propria letteratura. Attingere alle emozioni delle persone e mettere a nudo sia il bene che il male è il modo in cui le storie ispirano e motivano e, infine, guidano all'azione.

7 consigli di storytelling per storie indimenticabili

Se avete appena iniziato a scrivere e a raccontare storie, ecco 7 consigli di storytelling che possono aiutarvi a rafforzare le vostre narrazioni e a coinvolgere il pubblico. Non dimenticate che una storia implica un'interazione bidirezionale tra un narratore e uno o più ascoltatori. Le risposte degli ascoltatori influenzano il racconto della storia. Lo storytelling difatti emerge dall'interazione e dagli sforzi cooperativi e coordinati tra narratore e pubblico e di certo non crea una barriera immaginaria tra chi parla e chi ascolta

1. Scegliere un messaggio centrale ben definito

Una grande storia di solito progredisce verso una morale o un messaggio centrale. Quando create una storia, dovreste avere un'idea precisa di cosa state costruendo. Se la vostra storia ha una forte componente morale, vorrete di certo guidare gli ascoltatori o i lettori verso quel messaggio. Se state raccontando una storia avvincente, provate ad aumentare la tensione drammatica e la suspense fino al culmine della narrazione. Indipendentemente dal tipo di storia che state raccontando, è importante essere molto chiari sul tema centrale o sul punto della trama attorno al quale si sta costruendo la storia.

La storia serve per vendere un prodotto o raccogliere fondi, o per far conoscere un servizio? Qual è il punto della storia? Per aiutarvi a definirlo, provate a riassumere la vostra narrazione in massimo 10 parole. Se non ci riuscite, beh, non avete un messaggio centrale.

2. Il conflitto non è un male nello storytelling

Come narratore, non si può evitare il conflitto. I grandi narratori creano storie che hanno ogni sorta di ostacoli e difficoltà disseminati sul percorso dei loro protagonisti. Per essere soddisfatto di un lieto fine, il pubblico deve guardare i personaggi principali che lottano per raggiungere i loro obiettivi. Va bene essere crudeli con i personaggi principali, anzi, è necessario. Le trame avvincenti sono costruite sul conflitto ed è imperativo abbracciare il dramma e lo scontro per diventare un narratore migliore.

 


3. Avere una struttura chiara della storia

Ci sono molti modi diversi per strutturare una storia, ma i tre ingredienti che danno vita a un racconto sono:

  • un inizio
  • una parte centrale
  • una fine.

Nello specifico una storia di successo inizierà con un incidente d'incitamento che porterà a un'azione crescente, dopodiché raggiungerà un climax e alla fine si stabilirà in una soluzione soddisfacente. Ci sono molti libri e risorse online che possono aiutare a comprendere meglio questi termini, ma il modo migliore per capire come scrivere una storia e leggere tante storie.

Il mondo è pieno di grandi narratori della letteratura e del cinema da cui possiamo attingere per imparare come danno forma alla struttura di ogni storia.

4. Prendere spunto dalle proprie esperienze personali

Qualunque sia la storia che stiate raccontando, potete sempre prendere ispirazione dalla vostra vita o guardare le esperienze e le vicende di chi avete vicino per trovare cosa e come raccontare. Pensate agli eventi importanti della vostra vita e a come potreste essere in grado di trasformarli in narrazioni. A volte qualcosa che ci è accaduto all'apparenza banale può diventare un incipit emozionante di una storia avvincente.

5. Coinvolgere il pubblico per uno storytelling efficace

Una grande narrazione richiede che chi racconta sia connesso con chi ascolta. Attenzione però, gran parte del modo in cui si attirano gli ascoltatori dipende dalla modalità di narrazione scelta. Se state leggendo un racconto di fronte a un pubblico, potreste provare a distogliere lo sguardo dalla pagina ogni tanto per stabilire un contatto visivo con esso. Se state registrando un podcast narrativo, molto dipende dall'espressività della voce e dalla capacità di trasmettere emozioni con il proprio tono.

Comunque si scelga di raccontare la propria storia, bisogna stabilire una relazione con le persone che ascoltano.

 


6. Osservare i bravi narratori

Le nostre storie personali saranno sempre uniche e specifiche per noi, ma non c'è modo migliore per imparare a creare una grande storia che guardare come i narratori che tanto amiamo raccontano le loro storie.

La maggior parte di noi conosce persone che consideriamo narratrici eloquenti e coinvolgenti. Che si tratti di un familiare che intrattiene tutti a tavola con racconti d'infanzia o di un amico che eccelle nel parlare in pubblico, è probabile che abbiamo incontrato più di una manciata di narratori di talento nella nostra vita. Scoviamo i bravi narratori, ascoltiamoli e impariamo attraverso l'osservazione. Come fanno a creare una storia di successo?

7. Restringere la portata della tua storia

Se state raccontando una storia reale che vi riguarda, può essere difficile scegliere i punti principali importanti da includere. Molte persone hanno la tendenza a riportare ogni dettaglio e finiscono per inondare il pubblico di fatti che diluiscono l'arco narrativo centrale. Definite un inizio e una fine chiari per la vostra storia, quindi scrivete gli eventi chiave della trama come punti elenco tra di loro. Abbiate fiducia nel fatto che il vostro pubblico sarà in grado di seguire la storia senza sopraffarlo con inutili retroscena o punti di trama devianti.

 


 

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Come si scrive una lettera commerciale che vende? Scopriamolo insieme!


Come scrivere una lettera commerciale efficace? Forse, è meglio iniziare da un’altra domanda: perché al giorno d’oggi si dovrebbe scrivere una lettera commerciale?

In effetti, oramai da anni, viviamo nell’era delle e-mail, che sono uno strumento pratico ed economico. Eppure la posta elettronica non ha ucciso il direct mailing. Anzi: cercare clienti via corrispondenza cartacea è un’attività che gode tuttora di buona salute.

Insomma: per molti versi, una lettera commerciale rappresenta ancora un modo professionale e, tutto sommato, poco invasivo di presentare la propria azienda o attività. Ecco dunque che le lettere commerciali rimangono una delle armi più efficaci a disposizione delle divisioni marketing e vendite. E dei titolari di qualunque business.

Anche perché, se ci pensi, la lettera ha il vantaggio di essere un oggetto fisico. Chi spedisce lettere oggi? Praticamente nessuno, perché tutti usano l’e-mail. Ma la posta elettronica è impersonale. E poi basta un clic per buttarla nel cestino. Le lettere di vendita hanno invece una fisicità che è impossibile ignorare. E che colpisce il destinatario: chi spedisce un documento cartaceo si fa notare, si distingue dalla massa. In altre parole: un messaggio postale attira sempre l’attenzione dei potenziali clienti.

Detto ciò, possiamo tornare alla nostra domanda iniziale: come bisogna scrivere una lettera commerciale che vende?

Una premessa: fa un’analisi di marketing preliminare

Prima di spiegarti come redigere una lettera commerciale che ti fa trovare clienti, devo parlarti di una cosa. Si tratta di un elemento importante. Ed è questo: prima della comunicazione, viene sempre il marketing. E cioè? Vado al sodo: mai tuffarsi nella scrittura di una lettera di vendita se prima non si è riflettuto sull’identità della propria azienda e su quella delle aziende concorrenti.

Che cosa significa questo, in pratica? Che la lettera la scriva tu oppure la scriva un copywriter professionista, è fondamentale stabilire chi è la tua azienda, quali sono le sue differenze rispetto alla concorrenza e, di riflesso, come deve presentarsi per valorizzare la sua offerta commerciale.

Se non fai questa analisi di marketing iniziale, ti ritrovi a scrivere le stesse cose che scrivono tutti gli altri. Rischi cioè di comunicare in modo banale, scontato. Va così perché non dici cose efficaci, ma ciò che dice anche la tua concorrenza.

Questo è un errore davvero grave, che fa fallire il tuo mailing cartaceo. Devi evitarlo. Come? Rifletti sull’identità della tua azienda, prendi nota di ciò che differenzia la tua offerta da quella dei concorrenti. Solo così la tua comunicazione partirà dalle giuste premesse. Altrimenti, ti ritrovi a scrivere una lettera commerciale in buon italiano, ma nulla più. Peccato però che il tuo obiettivo sia quello di vendere...

La strategia di comunicazione

Prima d’iniziare a scrivere una lettera commerciale, occorre che tu ti ponga queste tre domande:

  1. Chi è il destinatario della mia comunicazione?
  2. Qual è l’obiettivo della mia comunicazione?
  3. Che reazione voglio ottenere dal destinatario?

Analizziamo il primo punto. Chiedersi chi è il destinatario di una lettera significa decidere a chi scrivere. Qui devi fare una scelta precisa, perché rivolgerti a tutti non paga: sparare nel mucchio non è mai una buona idea nel direct marketing. C’è infatti sempre qualcuno che ha specificamente bisogno di te: quello è il tuo potenziale cliente. Cerca quindi di capire bene da chi è rappresentata quella categoria di persone (o di aziende). È loro che deve colpire la lettera di presentazione del tuo business.

Una volta che hai individuato il tuo target, devi studiarlo nei dettagli. Che tu comunichi a una sola persona o a migliaia di individui, devi sempre fare questo: scovare più informazioni possibili sul tuo destinatario. Devi cioè trovare più informazioni che puoi sia sulle aziende a cui scrivi che sulle persone che riceveranno la tua comunicazione cartacea.

Informarti su un’azienda significa, per esempio, studiare come essa comunica. Informarti su una persona significa invece cercare sia informazioni personali – età, sesso, abitudini, titolo di studio ecc. – sia lavorative – posizione in azienda, anzianità di servizio, livello di autonomia decisionale ecc.

Tutto ciò è faticoso, lo so, ma è indispensabile per scrivere una lettera commerciale mirata. Come ho già detto: le lettere buone per tutti non funzionano. Infatti, la comunicazione efficace – che è la sola capace di influenzare le scelte altrui – è sempre ritagliata su un destinatario specifico.

Il secondo punto è meno scontato di quanto si creda. In effetti, non è detto che l’obiettivo di una lettera commerciale sia sempre la vendita. Per esempio, si può scrivere una lettera commerciale per fare brand awareness, per proporre una partnership, per raccogliere dati sul proprio mercato. In linea di massima, una sales letter è addirittura più efficace se propone un appuntamento che non una vendita diretta. È perciò fondamentale che tu individui in modo preciso qual è l’obiettivo della tua comunicazione.

Terzo punto. Scelto il target e l’obiettivo della tua lettera commerciale, è necessario che tu definisca con esattezza quale azione vuoi che il destinatario compia. La sua reazione dovrà essere un ordine del tuo prodotto? Oppure visitare il tuo sito web? Oppure vuoi che richieda maggiori informazioni su una tua promozione?

Avere le idee chiare su che azione vuoi far compiere al destinatario è davvero fondamentale: ti aiuterà a scrivere una lettera commerciale con un messaggio e una call to action efficaci sul serio.

 

Consigli per una comunicazione che fa vendere

Siamo così arrivati al momento in cui parlare di scrittura di lettere commerciali in maniera prettamente operativa. Da qui in avanti ti parlerò di che cosa devi fare se vuoi scrivere sales letter che sfruttano il potere della scrittura che fa vendere. A tal riguardo, vorrei indicarti alcuni aspetti da tener sempre presenti nella redazione di una missiva:

  1. Concentrati sui benefici per il tuo lettore

    Molti pensano che scrivere una lettera commerciale significhi parlare di quanto la propria azienda sia importante. In tal modo, la loro comunicazione è autoreferenziale e pomposa. Peccato però che al lettore non importi alcunché di quanto un’azienda sia “leader di mercato” o della sua “tecnologia innovativa”. Sono cose che dicono già in troppi: chi parla così oramai non è più credibile. Per esempio, nel momento in cui scrivo, Google.it dà ben 45.200.000 risultati per la query “leader di mercato”! L’unico che non è leader di mercato sono io! 

    Scrivere una lettera commerciale autoreferenziale significa perdere tempo (e soldi). Concentrati invece sui benefici per il lettore. Per esempio, spiegagli quanto denaro risparmierà se sceglierà te, quanto più produttiva diventerà la sua azienda, quanto tempo potrà guadagnare grazie ai tuoi servizi o prodotti.

    Insomma: scrivere una lettera commerciale significa calarsi nei panni del lettore per soddisfare le sue esigenze. Ripeto: le sue.

  2. Dì’ subito la cosa più importante

    Per scrivere una lettera commerciale efficace, usa il metodo della piramide rovesciata (ne parleremo in un prossimo articolo, promesso!). Cioè: vai subito al sodo, dici subito quali sono i vantaggi che offri. Usa il resto della lettera per giustificare la bontà della tua proposta.

  3. Sii breve

    Tutte le aziende cercano di ottenere visibilità. Perciò, è verosimile che tu non sia l’unico al mondo a scrivere lettere commerciali. Inoltre, il tuo lettore ha in genere poco tempo da dedicarti. Spesso, si tratta solo di qualche secondo. Quindi, è importante che tu vada subito al nocciolo nella tua comunicazione. Dici al potenziale cliente che cosa gli offri, che cosa ci guadagna e come deve fare per sfruttare l’occasione.

  4. Usa un tono formale

    Scrivere una lettera commerciale con un tono amichevole è sbagliato. O meglio: funziona solo in determinate e particolari circostanze. Per capirci: nelle tue sales letter cartacee non puoi usare i toni dei venditori americani, quelli del tipo: “Diventa ricco in 3 giorni! Sfrutta ora questo imperdibile regalo che ti darà la felicità!”.

    In Italia non funziona così. Perciò, usa un tono più formale nei confronti del lettore. Formale non significa baroccamente pomposo. Significa rispettoso, professionale, credibile. Ricorda che se scrivi una lettera commerciale a una persona devi usare il lei, se la scrivi a un’azienda devi usare il voi.

  5. Cura la struttura testuale

    È curioso come molte delle regole del web writing si possano usare anche per scrivere una lettera commerciale. In sostanza: nessun muro di testo ma brevi paragrafi separati da spazi vuoti, uso di grassetto a sottolineare i concetti importanti, uso di elenchi. Insomma: crea una struttura testuale dalla grafica pulita, ben leggibile. Nelle lettere commerciali, la struttura è parte integrante del messaggio che vuoi comunicare ai potenziali clienti.

  6. Scrivi in italiano perfetto

    Qui c’è veramente poco da dire: niente errori di ortografia, grammatica, sintassi. Ti accorgi che c’è un refuso nella lettera? Nessuna correzione a mano: ristampa il foglio.

  7. Inserisci foto di gente sorridente

    Se nella tua lettera commerciale pensi d’inserire una foto, ecco quella ideale: persone sorridenti. Se guardano o usano il tuo prodotto, meglio ancora.

  8. Usa le call to action

    L’obiettivo finale di una lettera commerciale è spingere il lettore all’azione, che molto spesso è la richiesta di un tuo contatto (o di quello di un tuo venditore). Perciò, la tua lettera deve terminare con una call to action efficace. Molto meglio se la call to action della sales letter è valida per un ristretto periodo temporale, per esempio: “Scade entro 30 giorni!”. Questo per mettere fretta al potenziale cliente, evitando che accantoni la sales letter e che se ne dimentichi

La struttura della lettera

Dunque, qual è la struttura di una lettera commerciale che vende? Come vanno disposti in essa i contenuti e la grafica?

Una premessa anche qui. Non esiste una struttura base per scrivere una lettera commerciale: tutti propongono le proprie varianti. Se fai un giro sul web, te ne accorgerai: ognuno ha la sua idea di struttura per una lettera commerciale. E anch’io ce l’ho. La mia proposta si basa su quelle che sono le mie esperienze professionali e su un po’ di buonsenso.

1. Intestazione: il mittente

L’intestazione delle tue lettere commerciali deve contenere i dati del mittente, in alto a sinistra. Cioè: il logo della tua azienda e il suo nome, l’indirizzo, il numero di telefono e fax, un indirizzo e-mail e l’indirizzo del sito web aziendale. Per esempio:

NOME AZIENDA
NOME VIA, NUMERO CIVICO
TELEFONO – FAX
E-MAIL
SITO WEB

2. Intestazione: il destinatario

Nello scrivere una lettera commerciale, i dati del destinatario vanno in alto a destra. Ecco un esempio:

Spett.le NOME AZIENDA
Alla c.a. del Dott. NOME PERSONA
NOME VIA, NUMERO CIVICO
CAP CITTÀ (PROVINCIA)

3. Intestazione: luogo e data

Nelle lettere commerciali, la data si mette in alto a destra, sotto i dati del destinatario. Il giorno si scrive in numero, il mese in lettere – è più elegante – e con la lettera iniziale minuscolo, l’anno in numero. Prima della data bisogna inserire il luogo. Luogo e data devono essere separati dalla virgola.

4. L’oggetto

Nell’oggetto, in poche parole, spieghiamo al lettore perché gli abbiamo scritto una lettera commerciale. Di solito, l’oggetto va in grassetto.

L’oggetto è uno degli elementi da curare maggiormente nello scrivere una lettera commerciale. Dev’essere breve e deve invogliare alla lettura della lettera. Personalmente, amo scrivere un oggetto che contenga una domanda. Perché è molto efficace. Ecco un esempio: “Oggetto: vuole imparare a scrivere una lettera commerciale che vende?”.

5. Corpo della lettera

Occorre iniziare con l’aggettivo gentile, seguito dal titolo e dal nome della persona. Oramai la formula egr. non si usa più. Dopodiché si mette una virgola e si va a capo, lasciando una riga bianca, per iniziare a scrivere la lettera commerciale vera e propria. Alla fine del corpo, inserisci la call to action.

6. Formula di congedo

Anche qui: educazione ma nessuna pomposità barocca. La formula che preferisco io è: “Grazie dell’attenzione e cordiali saluti”.

7. L’antefirma

L’antefirma precede la firma vera e propria ed è costituita dal nome della tua azienda, dal tuo nome e dalla tua carica. Va inserita alla fine del corpo della lettera commerciale. Un esempio:

NOME AZIENDA MITTENTE
TITOLO E NOME MITTENTE
CARICA MITTENTE

8. La firma

Nelle lettere commerciali, la firma va inserita in fondo a destra. È elegante che, sotto la firma, tra parentesi, siano stampati il nome e cognome del mittente.

9. Post scriptum

Il post scriptum è classicamente un’aggiunta alla lettera (il famoso PS), dopo averla già terminata e firmata. Va perciò inserito in fondo alla comunicazione. La sua funzione è quella di enfatizzare un’idea già espressa nel testo, rilanciandola. Nello scrivere una lettera commerciale, il post scriptum è un ottimo posto per ribadire la propria offerta, portando enfasi sul beneficio principale per il potenziale cliente. Tra l’altro, il PS attira con forza l’attenzione delle persone: spesso, ciò che non è riuscito a fare la sales letter può farlo il suo PS!

10. Gli allegati

Gli allegati sono documenti aggiuntivi, correlati agli argomenti della lettera commerciale. Per indicare la presenza di un allegato, si aggiunge l’abbreviazione All., in fondo a sinistra, seguita dal numero di pagina dell’allegato.

Ecco, queste sono le indicazioni per redigere lettere commerciali che ti aiutano realmente a vendere i tuoi prodotti o servizi. Ma prima di chiudere questo lungo articolo su come scrivere una lettera commerciale efficace, c'è spazio per qualche altro spunto o consiglio... quindi...

POST SCRIPTUM 

Molti imprenditori mandano solo qualche decina di sales letter e poi tirano subito le conclusioni. Del tipo: “Ho scritto 32 lettere commerciali e nessuno mi ha risposto: le sales letter non funzionano!”. Ecco, ragionare così è sbagliato. Prima di tutto perché una lettera di vendita è un contatto a freddo: chi la riceve non sa alcunché di te o della tua azienda. Questo significa che, con ogni probabilità, dovrai mandargli più di una lettera commerciale. In secondo luogo, le somme si tirano sui grandi numeri (cioè su almeno qualche centinaio di lettere, se non su qualche migliaio), altrimenti rischi di aver contattato un campione troppo piccolo per fare delle valutazioni.

Ed eccoci a un secondo spunto. In linea di massima, scrivere una lettera commerciale (o meglio: una sequenza di lettere commerciali) significa che devi aspettarti una risposta intorno al 2-3%. Sì, lo so: le sales letter non fanno miracoli, ma quel numero cresce sicuramente se ti affidi a qualcuno che conosce il copywriting persuasivo. Noi della Insight Agency, ci occupiamo di marketing e direct marketing da oltre 15 anni, comunicare in modo efficace, non solo è il nostro lavoro, ma è la nostra passione. Non esitare a contattarci, se hai bisogno di una consulenza gratuita.

Un altro suggerimento, che spesso non è chiaro a chi ci contatta chiedendoci di redigere una lettera di presentazione per la sua azienda o business. Scrivere un testo che sia persuasivo è ovviamente fondamentale. Così come è importantissimo individuare il nome del decisore aziendale a cui spedire la lettera (volete evitare il filtro delle segretarie, vero?). C’è però di più. Una gran parte delle trattative commerciali nascono da una telefonata che segue la sequenza di lettere spedite.

Mi spiego meglio. Una parte delle trattative nasceranno dal fatto che chi riceve la lettera vi contatterà (nel modo che gli avete indicato). Questo è del resto ciò che vogliamo che succeda. Molti però non lo faranno. D’altronde, non esiste una campagna di direct marketing postale che abbia il 100% di successo.

E dunque? Che fare con chi non ci ha contattato? Lo lasciamo perdere? Diamo cioè per scontato che sia un cliente perso? No di certo. Perché noi dobbiamo fare il cosiddetto recall telefonico (altri lo chiamano diversamente). Di che si tratta? Tutti quelli che non ci hanno risposto devono essere da noi chiamati telefonicamente. “Buongiorno, volevo sapere se ha ricevuto la nostra lettera e che cosa ne pensa”. Questo il senso della telefonata.

Ci sono varie tecniche per le chiamate successive a un invio di una lettera di offerta o di una lettera di presentazione di un’azienda. Alcune funzionano di più e altre di meno. Ad ogni modo, saltare questa fase è impensabile, perché non di rado è qui che la campagna di direct mailing produce i risultati maggiori.
InsightAgency

Lo storytelling è un'arte, scopriamola tra le pagine di 5 grandi scrittori

 


Parlare di storytelling applicato alla comunicazione di un business non è mai facile.
Il genere umano si divide in due categorie: da una parte quelli che mettono una spruzzatina di storytelling ovunque (e, spesso, a sproposito, in un modo che stona); dall’altra, quelli che considerano lo storytelling troppo difficile o, peggio, inutile, perché tanto l’obiettivo di un business è fatturare.

L’obiettivo di un business è sì, fatturare – altrimenti come può continuare a vivere? – ma oltre a questo aspetto materiale esistono una missione, il desiderio di creare valore, di ispirare, di guidare, di nutrire un pubblico desideroso di cambiare qualcosa della propria vita in meglio.

Durante la mia vita, ho avuto la possibilità di incontrare, tra le pagine di un libro, le immagini di un film, le note e le parole delle canzoni, moltissimi uomini dal talento straordinario, ho ascoltato i loro racconti, letto le loro storie, vissuto le loro avventure. Ho scoperto così che il nostro cervello, grazie ai neuroni specchio, registra come vissute tutte le esperienze lette o viste in un film. In poche parole, per il cervello umano non c’è differenza tra realtà e immaginazione. Il potere straordinario delle storie è proprio questo: ci permettono di crescere ed evolvere stando comodamente in poltrona.

Perché non aiutare i tuoi potenziali clienti con buone storie che diano loro un’opportunità di trasformazione?
Oggi, per approfondire l'argomento con voi, ho pensato di scomodare dei Grandi della scrittura per scoprire i loro consigli per scrivere storie con un’anima.

Il mestiere di scrivere secondo Stephen King

Stephen King è la pietra miliare delle mie letture horror. Ogni volta che voglio sentirmi a casa con un romanzo, afferro uno dei suoi e inizio a leggere. Ogni volta che non trovo romanzi che mi appassionino, quando tutte le storie mi sembrano noiose e tutte un po’ uguali tra loro, scelgo un romanzo di King. Confido di riuscire a leggerli tutti prima di morire, per cui lui – il Re del Brivido – resta la mia biblioteca di salvataggio quando l’editoria mi lascia a bocca asciutta. O quando io divento insofferente e ho bisogno di foglie rosse sui vialetti dei quartieri residenziali di qualche sperduta cittadina del Maine, di qualche personaggio bizzarro che vende chincaglieria, di animali che spero si salvino e di bambini per cui tifo sin dalla prima pagina.

On Writing, il suo saggio sulla scrittura creativa, è un vademecum essenziale.
Non è (solo) tecnica, ma una lettera d’amore alla scrittura.

  1. Se non hai tempo per leggere non hai nemmeno tempo per scrivere.
  2. Una storia breve è semplicemente una storia breve. È come il bacio di uno sconosciuto nel cuore della notte.
  3. Le buone descrizioni hanno bisogno di skills, e la prima di queste è che devi leggere tanto per scrivere tanto. E bene.
  4. Fermarti durante la scrittura di una scena solo perché è difficile è una pessima idea. Vai avanti e scrivi, perché quel pezzo potrebbe essere il migliore che tu abbia mai scritto. Scava a fondo, quando entri in queste situazioni complesse: stai smuovendo qualcosa di grosso dentro di te, non fermarti.
  5. Le storie si dividono in tre parti. La narrazione, che porta la storia da un punto all’altro sino all’epilogo. Le descrizioni, che rendono realistiche le scene agli occhi del lettore. I dialoghi, che portano realismo ai personaggi.
  6. Le situazioni più interessanti sono sempre quelle che rispondono alla domanda E se…?
  7. Le migliori storie sono quelle che finiscono per essere incentrate sul personaggio e non sulla situazione.
  8. Con i verbi passivi, qualcosa è già accaduto al soggetto della frase. Elimina le forme passive!
  9. Le descrizioni iniziano nell’immaginazione dello scrittore e finiscono con quella del lettore.
  10. Meno è meglio. 
  11. La via per l’Inferno è costellata di avverbi.
  12. Utilizza sempre la parola più semplice e immediata del tuo vocabolario. Non ricercare parole complesse, desuete o artificiose. Sii diretto.
  13. Sii unico: non cercare di imitare lo stile di qualcun altro.
  14. Se lo fai per divertimento, lo farai per sempre.

Consigli di scrittura per la tua comunicazione, firmato: Virginia Woolf

Il potere di suggestione è una delle proprietà più misteriose che hanno le parole. Chiunque abbia mai scritto una frase deve essere cosciente, o almeno in parte cosciente, di questo. Le parole sono per loro stessa natura piene di echi, di ricordi, di associazioni.

  1. Tieni un diario e guarda i benefici che ha sulla tua scrittura. Virginia Woolf ne tenne uno che durò ventisei anni.
  2. Qualsiasi metodo di scrittura è corretto, poiché è il modo in cui lo scrittore esprime sé stesso.
  3. Esci di casa: è importante quanto restarci. Virginia Woolf faceva lunghe passeggiate attraverso cui coglieva storie e personaggi che avrebbero affollato i suoi romanzi.
  4. Gli esseri umani sono abitudinari. Una routine di scrittura è essenziale per esprimere al massimo le proprie capacità.
  5. Combattere i tuoi demoni con la penna, fa parte della tua crescita.
  6. Trova un posto tranquillo in cui meditare.
  7. C’è un tempo per raccontare e vivere. Non scrivere di cose troppo grandi.
  8. Non basta il talento. Impiega energie alla ricerca di idee brillanti.

I consigli di scrittura di Marion Zimmer Bradley

  1. Scrivi. Metti nero su bianco tutte le tue idee.
  2. La scrittura è composta per il 10% da ispirazione, il 90% di duro lavoro.
  3. Persisti. Scrivi ogni giorno. 1.000 pagine sembrano tante, ma tre pagine al giorno si trasformano in un libro in un anno..
  4. Non ti serve imparare a scrivere, ma a vendere.
  5. Leggi un paio di buoni libri di narrativa.

I consigli di scrittura (onirica) di Neil Gaiman

Tutti hanno un mondo segreto dentro di sé.
Intendo tutti.
Tutte le persone del mondo intero, intendo davvero ogni persona – non importa quanto siano sordi e ottusi in apparenza.
All’interno poi hanno tutti inimmaginabili magnifici, meravigliosi, stupidi, fantastici mondi …
Non solo un mondo.
Centinaia di mondi.
Forse migliaia.

– Neil Gaiman

  1. Scrivi.
  2. Metti una parola dietro l’altra. Cerca la parola più adatta e scrivila.
  3. Finisci ciò che stai scrivendo. Poi passa alla storia successiva.
  4. Butta fuori ciò che hai scritto. Rileggi con la pretesa di non aver mai letto niente di simile prima. Mostralo agli amici la cui opinione vale e chiedi un feedback su ciò che hai creato.
  5. Aggiusta. Ricorda che, prima o poi, prima di raggiungere la perfezione dovrai lasciare andare ciò che hai scritto per dedicarti alla tua prossima storia. La perfezione è come raggiungere l’orizzonte: muoviti.
  6. Ridi dei tuoi errori.
  7. La regola principale della scrittura è che, se lo fai con abbastanza garanzia e fiducia, puoi fare tutto ciò che ti piace. Questa può essere una regola per la vita e per la scrittura, ma è sicuramente vero per la scrittura. Quindi scrivi la tua storia come deve essere scritta. Scrivi onestamente e racconta al meglio delle tue possibilità. 
  8. La vita reale non deve essere convincente, ma la narrativa sì.
  9. Scrivi le cose che ti interessano. Scrivi le cose che la gente vuole leggere.
  10. Ama i libri, ama le parole e ama le storie con passione.
  11. Scrivi a lungo e per molto tempo.

I consigli di scrittura emozionale di Charles Dickens

Make them laugh, make them cry, make them wait.

  1. Scrivi le cose che hai vissuto. Viaggia tanto, incontra gente con cui non avresti a che fare normalmente nella tua vita e costruisci le tue storie basandoti su ciò che hai conosciuto nella tua vita. Non esiste solo la scrittura.
  2. Dickens disse: Scrivo con grande cura e dolore (appassionatamente appassionato della mia arte, e penso che valga la pena di mettermi nei guai per questo), perseverare e lavorare sodo”. Imitalo: ama la scrittura e le parole con la stessa passione.
  3. Dickens era uno sportivo e sosteneva che doveva mantenersi in allenamento per potersi dedicare alla scrittura con creatività e dedizione.
  4. Non trattare i tuoi lettori come degli idioti e parti dal presupposto che siano più intelligenti di te.
  5. Scrivere è difficile. Anche per Dickens, che in una sua citazione afferma “Prowling about the rooms, sitting down, getting up, stirring the fire, looking out the window, teasing my hair, sitting down to write, writing nothing, writing something and tearing it up…”. Mi piace immaginarlo aggirarsi tra le stanze della sua abitazione in preda ai dubbi. Scrivi, e se non ti piace ciò che hai scritto, strappalo.
  6. Non essere prolisso. Tira fuori le scene, le frasi, le parole superflue, che non aggiungono nulla alla storia, ed eliminale senza pietà. Mantieni solo i dettagli pertinenti alla storia.
  7. Fai ridere i tuoi lettori, le tue lettrici.
  8. Fai piangere i tuoi lettori e le tue lettrici. Non esitare ad attingere alla tua memoria emotiva per farlo.
  9. Calamita l’attenzione del tuo pubblico con la frase di apertura. “It was the best of times, it was the worst of times,” è l’incipit di Tale of two cities (in italiano ha diverse traduzioni, per cui ti riporto il titolo inglese) e metti al lettore la curiosità di capire il motivo di questo ossimoro.
  10. Utilizza i cliff hangers per creare finali forti. Dickens utilizzava questa tecnica alla fine di ogni capitolo, anche in funzione del fatto che questi venivano pubblicati a cadenza settimanale sui magazine inglesi.
  11. Scrivi descrizioni vivide. Nelle descrizioni dei romanzi di Dickens il lettore sente i profumi, vede le scene, cattura i suoni e le voci. Questo ha reso indimenticabili le sue storie.
  12. Personaggi forti. Dickens è riuscito a creare personaggi memorabili grazie a caratterizzazioni incredibili. Chi non conosce Ebenezer Scrooge?
  13. Drammaturgia. Dickens ha scritto molto anche per il teatro e ha utilizzato l’azione e il dialogo scenico in modo da coinvolgere il lettore nella storia. Impara l’arte della drammaturgia e della sceneggiatura: potrebbero esserti di grandissimo aiuto.

Questi sono consigli per scrittori e copywriter che puoi adottare per migliorare la qualità della tua comunicazione online, molte dei quali applicabili anche a un post che vuoi pubblicare su Facebook, su Linkedin o Instagram.

 

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Tre esercizi di scrittura creativa + 1 per la tua pagina Chi Sono.

 


Ti ricordi quando è stata l’ultima volta che hai revisionato i testi della tua pagina Chi Sono? Spesso, dopo aver messo online il tuo sito web, ti dimentichi di tutto ciò che hai preparato all’inizio della tua attività: la tua home page, le informazioni sulla tua pagina chi sono, le tue pagine servizi.

Così come il tuo business evolve, e tu cresci, anche le pagine statiche del tuo sito web hanno bisogno di un check up, di un aggiornamento che permetta alle persone che visitano il tuo sito di scoprire l’ultima versione di te stesso e della tua azienda.

Scrivere di sé stessi non è mai facile.
Come fare a scrivere una pagina About me coinvolgente, avvolgente come il profumo dello zucchero filato al luna park o speziata come un chicken tikka masala? Cosa scrivere in una pagina Chi Sono che conquisti i tuoi lettori e i tuoi clienti, invitandoli a contattarti?

La risposta è un giusto equilibrio di contenuti personali e contenuti professionali, in una miscela perfetta che ha un profumo unico: il tuo. Così, oggi ho pensato di proporti 3 esercizi di scrittura creativa per creare una pagina Chi Sono emozionante, che trasmetta a chi ti legge i tuoi valori, la tua etica lavorativa, ma soprattutto, che tipo di persona –  di professionista – o azienda sei.

Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto,
le persone possono dimenticare ciò che hai fatto,
ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire.

Maya Angelou

#1 Scrivi il tuo manifesto

Questo non è un esercizio facile, perché quando si parla di manifesto si pensa a quello del tuo business, in cui mettere tutti i valori della tua attività, di ciò che fai, del come lo fai.
Per la tua pagina Chi Sono scrivi il manifesto della tua vita.
È quella lista di cose che ami, che detesti, che ti fanno danzare e cantare felice sotto la doccia (anche questa è una cosa che puoi mettere nel tuo manifesto!), le cause che abbracci. In poche parole? Il tuo manifesto racchiude il tuo stile di vita, come affronti i problemi, le tue piccole gioie quotidiane, le cose – e le persone – a cui non rinunceresti mai.

#2 L’arte delle liste

Questo esercizio è una serie di liste che ti invito a compilare. Le ho selezionate dal libro “L’arte delle liste” di Dominique Loreau e possono aiutarti a raccogliere in modo veloce informazioni su di te che hai dimenticato. Queste liste ti aiutano a scrivere la tua Monografia dell’Io, in cui tanti Io creano un Essere Unico. Cogliere le tue mille sfumature ti aiuta a capire quali sono i tuoi punti di forza e i tuoi punti di debolezza, a fare il punto su chi sei oggi e, rileggendoti tra un anno, a capire quanto ti sei arricchito in soli 365 giorni.

Ecco le liste che ti propongo di scrivere per ciò che ami.

  • Attività che ti fanno sentire realizzato
  • Conversazioni che ti piace fare
  • La lista dei tuoi piaceri quotidiani
  • Luoghi che adori
  • Oggetti, abiti, libri, film di cui non potresti fare a meno
  • La lista delle cose che ti rendono felice

Ecco le liste che ti propongo di scrivere per ciò che detesti.

  • Cose che non ti piacciono
  • Tipi di persone che vuoi evitare
  • Momenti sprecati e cose che hai fatto ma che non ti hanno mai arrecato felicità

#3 Scrivi la tua monografia

In “Curarsi con il diario” di Ira Progoff, lo psicoterapeuta americano invita a scrivere un elenco dei punti salienti della propria vita sotto forma di “sassi nel ruscello”, per avere una visione chiara e globale di tutta la propria vita.

  • Scrivi 4 liste: ognuna deve racchiudere 12 eventi salienti della tua vita. Gli ambiti sono: vita professionale, passioni e hobby, spiritualità e crescita personale, vita privata.
  • Dopo aver scritto le tue 4 liste, scegli da quale partire e sviluppala. Significa che puoi approfondire ogni punto della lista aggiungendo ulteriori informazioni. Sensazioni, emozioni, ricordi importanti, luoghi che ti sono rimasti nel cuore, esperienze che ti hanno cambiato in modo radicale. In questo modo passi dall’oggettivo al soggettivo, dal dato di fatto – una situazione, un accadimento – alla reviviscenza del ricordo.
  • Scrivi una lettera alla te del passato.

#4 Lo specchio degli archetipi

Di archetipi ne ha scritto Carl Gustav Jung. Parlano attraverso l’inconscio collettivo, tracciano la rotta di romanzi e film, di miti e leggende, di pecualiarità e caratteristiche in cui ci riflettiamo come se avessimo uno specchio davanti a noi.

Questo è un esercizio di scrittura che può aiutarti a riconnetterti con il tuo intuito, con la forza dei simboli e delle immagini archetipiche che ci appartengono sin dall’antichità.

  • Scrivi una lista dei tuoi eroi ed eroine preferiti
  • Film e romanzi preferiti
  • Descrivi il tuo archetipo di Felicità
  • Descrivi uno spazio sacro ricco di oggetti che rappresenta il centro del tuo Io. Poi, rileggilo con calma e scopri i suggerimenti del tuo incoscio, sfogliando un dizionario dei simboli.
  • Scegli una Musa o un Mentore, insomma, un archetipo guida per questo anno e descrivilo. Scrivi la sua storia – sarà una sintesi della sua biografia ufficiale, per esempio -, descrivi la sua giornata ideale, come si muove, cosa pensa, quali sono le cause per cui lotta, cosa ti direbbe nei momenti di sconforto, come gioirebbe per i tuoi successi.

Prendi il tuo diario e la tua biro preferita, semplicemente mettiti al pc e tuffati in questi esercizi di scrittura creativa che, tutto sommato, sono anche esercizi di journaling. Immergiti in questo flusso creativo, senza censure. Affidati al potere delle parole che si tuffano sul foglio in modo naturale, lasciati guidare dal potere della scrittura libera. Non chiederti cosa servirà alla tua pagina Chi Sono ma goditi il momento.

E poi? Dimenticati di queste pagine per qualche giorno. Ritorna a leggerle dopo una settimana e, solo in quel momento, seleziona le informazioni che vuoi inserire nella tua pagina Chi Sono. Ci saranno frasi che vorrai tenere, altre saranno da modificare ma tutte racchiuderanno concetti davvero importanti per te.

 

 

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Scrivere è soprattutto un esercizio per migliorarsi

Dai propri errori si impara sempre qualcosa. Dagli errori nella scrittura si impara a scrivere meglio e con metodo.

Si impara a scrivere scrivendo. La scrittura stessa è la migliore palestra di scrittura, la più grande insegnante, unita ovviamente a una sana e onesta autocritica.

Ho ripensato a quando scrivevo da ragazzo, a quando partivo a razzo a scrivere poesie e racconti di avventura o di fantascienza, a iniziare e mai finire romanzi e a ciò che ho imparato da quegli errori, da quell’amatorialità che era ingenua ma piena di amore e passione per la scrittura.

E ho scoperto 4 importanti lezioni di scrittura che mi hanno facilitato nello scrivere storie e anche articoli per il web.

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Cos’è il brand naming e perché è importante


Come abbiamo già visto in un precedente articolo, l’attività di naming (letteralmente, “nominare, dare un nome”) è uno dei passi fondamentali che chiunque stia progettando il proprio brand si trova ad affrontare. Il nome non è una semplice parola, ma rappresenta l’identità del brand, ed è – insieme al logo – il suo biglietto da visita.

In altre parole, un nome efficace è un nome rappresentativo del brand, dei suoi valori e del suo messaggio. Contemporaneamente, è un fattore di differenziazione dai concorrenti e un modo per comunicare efficacemente con i consumatori.

È inoltre immutabile nel tempo: possono cambiare il logo, il target o il modo di comunicare, ma il brand name rimane lo stesso. È quindi un vero e proprio asset immateriale per il brand, che ha un proprio valore più o meno consistente a seconda del successo del brand.

Arrivati a questo punto verrebbe da chiedersi se c’è un metodo infallibile per scegliere il nome perfetto, garante di successo per il brand che ne è portatore. Purtroppo – o forse per fortuna – tale metodo non esiste. Nell'articolo precedente abbiamo già introdotto alcuni concetti chiave e spiegato che forma ha un nome aziendale, oggi riprendiamo quei concetti e li approfondiamo ulteriormente, con alcune semplici regole che posso facilitare il processo di naming. Scopriamole insieme.

Le fasi del brand naming


A meno di non avere illuminazioni improvvise e veder apparire a chiare lettere il nome perfetto, chiunque voglia trovare un nome efficace dovrebbe seguire un processo, esemplificato di seguito in queste fasi:

  • Analisi del mercato e della concorrenza: in questa fase è importante identificare i propri punti di forza, le caratteristiche distintive su cui puntare, capire dove si posizionano i competitor e dove vogliamo che si posizioni il nostro brand.
  • Brainstorming: in questa fase si da il va libera alle idee. Una volta individuato il contesto di riferimento sarà più facile imboccare la strada per arrivare al nome giusto.
  • Scrematura: questa è la fase convergente che segue quella divergente di raccolta delle idee ed è caratterizzata dalla scelta dell’idea migliore da portare avanti.

In questo caso è fondamentale tenere in conto anche l’aspetto legale: un nome già esistente non può ovviamente essere registrato. La registrazione è una forma di tutela sia per l’azienda che per il consumatore: per la prima protegge l’identità e la proprietà del nome, per il secondo è garanzia di qualità. Pensiamo ad esempio alle cause intentate contro l’uso improprio del nome Parmigiano Reggiano da parte di aziende straniere.

Ma una volta arrivati a questo punto, come si fa a capire qual è il nome giusto? Come abbiamo detto, non esiste una regola universale, ma alcuni semplici accorgimenti possono aiutare.

SMILE e SCRATCH

Come dovrebbe e non dovrebbe essere il brand name

Una dei maggiori esperti mondiali di brand name, la statunitense Alexandra Watkins, nel suo libro “Hello, My Name Is Awesome: How to Create Brand Names That Stick” elenca cinque caratteristiche che un buon nome dovrebbe possedere, riassumibili nell’acronimo SMILE.

  • Suggestive: essere evocativo del brand. Attenzione però: non si parla di riferimenti descrittivi, ma metaforici e allusivi all’universo semantico del brand e ai suoi valori;
  • Meaningful: essere significativo per il target di riferimento, al fine di comunicare in modo intuitivo cosa fa il brand;
  • Imagery: anche in questo caso, il nome deve essere evocativo, ma stavolta in senso visuale: deve richiamare un’immagine alla mente;
  • Legs: letteralmente, deve avere “le gambe”, ovvero dev’essere capace di oltrepassare le mode e durare nel tempo. Come abbiamo visto, infatti, il nome di un brand non cambia nel corso del tempo. Scegliere quindi un nome “di moda” non è una buona mossa;
  • Emotional: un buon nome deve emozionare, richiamando sensazioni positive.

Ci sono però al contempo alcune caratteristiche da evitare, che Watkins elenca come SCRATCH.
Eccole di seguito:

  • Spelling-challenged: il nome non dev’essere difficile da scrivere, nel caso in cui un potenziale consumatore voglia cercare il brand in rete, evitando confusione tra pronuncia e scrittura. Questo vale soprattutto per i nomi anglosassoni, per cui spesso il modo in cui si pronuncia una parola non equivale a come questa viene scritta, ma anche i brand italiani devono far attenzione nel caso in cui scelgano una parola inventata;
  • Copycat: vietato copiare. Il nome ideale è unico, e non richiama quello di altri brand.
  • Restrictive: un nome troppo specifico è limitante e impedisce al brand di espandersi.
  • Annoying: da evitare nomi forzati e poco comprensibili.
  • Tame: poiché il nome ideale deve suscitare emozioni (vedi la E dell’acronimo Smile, Emotional), non può essere piatto e poco comunicativo.
  • Curse of knowledge: tale espressione significa “la maledizione della conoscenza”; in questo caso indica che non si deve dare per scontato che tutti possano capire un determinato concetto o riferimento, quindi il nome non dev’essere “da addetti ai lavori”.
  • Hard to pronounce: ricollegandoci al primo punto (Spelling-challenged) il nome non dev’essere difficile da pronunciare, per evitare incomprensioni e difficoltà. Ricordate quando fu lanciata in Italia la piattaforma streaming Dazn? Inizialmente c’è stata confusione sulla corretta pronuncia, tanto che il brand ha realizzato un video chiarificatore con protagonisti Diletta Leotta e Bobo Vieri, in cui la prima insegnava al secondo come pronunciare il nome.

Esempi celebri: Amazon e Spotify

Vi siete mai chiesti perché alcuni noti brand si chiamano così? Ripercorriamo la nascita dei nomi di due colossi nel loro campo: Amazon e Spotify.

Forse non tutti sanno che quella che oggi noi chiamiamo Amazon inizialmente era nata con il nome Cadabra, derivante dalla parola “Abracadabra”, perché nell’idea del fondatore Jeff Bezos quella che allora era una semplice libreria online doveva funzionare in maniera veloce e semplice, come una magia.

Pare che il cambiamento fu dovuto ad un misunderstanding: l’avvocato del fondatore capì “Cadaver” – “cadavere” (ecco l’importanza della pronuncia!). Per evitare di incorrere in errori simili, fu necessario un cambio nome.

La scelta del nuovo nome fu ispirata dal Rio delle Amazzoni, il più grande fiume del mondo, come Bezos si augurava che diventasse la sua libreria. Ma tale decisione è dovuta anche ad un motivo più pratico: un nome che inizia per A risulterà tra i primi in un elenco.

Per Spotify la scelta del nome fu invece del tutto casuale: come racconta uno dei fondatori, Daniel Ek, lui e il socio Martin Lorentzon erano ognuno nella propria stanza, intenti a ragionare su un possibile nome per il loro business (ricordate la sopracitata fase di brainstorming?). Ad un certo punto Martin urlò una parola che Daniel interpretò come “Spotify”; una volta verificato che il dominio non fosse già registrato (mai tralasciare l’aspetto legale, come abbiamo visto), questo diventò il nome ufficiale del brand.

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Tredici regole per scrivere email aziendali chiare ed efficaci

Le email costituiscono la principale fonte di comunicazione sul lavoro. Quotidianamente scambiamo email con colleghi, dirigenti, clienti e consumatori ma a volte i destinatari non riescono a comprendere i messaggi ricevuti o, peggio ancora, gli scambi si protraggono per infiniti giorni rubando una notevole quantità di tempo a te e al tuo team. Ecco quindi 13 regole per aiutarti a inviare email più chiare ed efficaci.

1. Scrivi la riga dell’oggetto

La riga dell’oggetto è simile a un titolo, in quanto consente di veicolare informazioni sullo scopo del messaggio immediatamente dall’inbox. Evita gli oggetti troppo generici e opta per una subject line più informativa possibile. Se l’email ha per oggetto un generico “Collaborazione” “Foto” o “Messaggio” il destinatario non potrà infatti farsi un’idea del contenuto, rendendo inutile questo elemento. Aggiungi al contrario dettagli informativi come: “Offriamo uno spazio nella nostra rivista” o “Foto per la sezione viaggi”. 

Anche se l’argomento cambia durante lo scambio, non cambiarlo all’interno dell’e-mail. Non mescolare più progetti in un’unica e-mail e non cambiare argomento quando ricevi una nuova domanda. Inizia una nuova serie di email per questa conversazione. Gli autori di Essay Map raccomandano sempre di seguire una regola: per ogni domanda importante ci dovrebbe essere una conversazione separata.

2. Personalizza

Se conosci il nome del destinatario, usa il suo nome quando ti rivolgi a lui. Se i destinatari sono più di uno, elenca per nome tutti quelli da cui ti aspetti una risposta o un’azione. Un destinatario potrebbe pensare che l’email non sia rivolta a lui se viene indirizzata a tutti in modo generico. Inoltre, utilizzare il nome della persona a cui ti stai rivolgendo rende una conversazione di lavoro meno fredda e distaccata, favorendo maggiormente la collaborazione tra colleghi.

3. Vieni al punto

Le email di lavoro devono essere corte e andare dritte al punto. Evita lunghe discussioni e vaghe digressioni che rubano solo tempo prezioso ai colleghi e non sono indispensabili per la tua comunicazione. Scrivi solo ciò che è davvero rilevante per lo scambio e utilizza elenchi puntati e frasi brevi per rendere ancora più leggibile il testo.

4. Indica la data esatta della scadenza.

Evita di utilizzare la parola “urgente” nella riga dell’oggetto o nel corpo del messaggio. Questo concetto è indefinito: per una persona urgente può voler dire un’ora, per un’altra una settimana. Sii specifico sull’ora e la data entro cui ti aspetti una risposta o un risultato e chiarisci sin da subito le eventuali deadline.

5. Formatta il testo

Un testo non formattato risulta difficile da leggere, ragion per cui è bene dividerlo in piccoli paragrafi. Dopo ogni paragrafo, lascia una riga di spazio, poi due dopo il saluto iniziale e prima della firma. Aggiungi una descrizione a ogni link inserito per spiegare a quale documento conduce e perché il destinatario dovrebbe cliccarci sopra. Cerca di non abusare di grassetto, corsivo e colori. Fai sì che il testo risulti sobrio e pulito: si tratta sempre di un’email aziendale.

6. Scrivi in modo neutro e gentile

L’interpretazione di un testo passa sempre attraverso la soggettività del destinatario e, in particolare in uno scambio di lavoro, è importante evitare ogni rischio di fraintendimento e mantenere un clima sereno e un ambiente lavorativo accogliente. Mantieni quindi un tono neutro ed educato in modo da evitare confusione. Se non conosci bene il destinatario, evita di fare domande personali che possano risultare invadenti ed essere interpretate in malo modo.

7. Salva la tua cronologia chat

Mantieni sempre l’intera catena di messaggi precedenti. È facile dimenticare l’argomento di cui stavi parlando con il mittente nel mare di informazioni che accompagnano lo scambio; la cronologia della conversazione ti aiuterà a ricordare e ricostruire i processi. Ciò è particolarmente utile per coloro che ricevono un gran numero di email contenenti problemi e richieste.

8. Firma le e-mail

Il tuo indirizzo email di lavoro dovrebbe avere un nome neutro, ad esempio nomecognome@azienda, e una firma che includa nome, cognome, qualifica ed eventuali contatti. A queste informazioni puoi aggiungere ulteriori dettagli: nome utente in piattaforme di messaggistica o social network, link al sito web aziendale, prodotti e servizi di recente lancio da promuovere.

9. Aggiungi tutti i collegamenti e i file in un’unica volta

A volte capita che solo dopo aver inviato una email si scopra di non aver allegato un file importante o di non aver specificato il link giusto. Molte persone si ritrovano quindi ad allegare file e informazioni supplementari in una email separata: “ecco il documento che ho dimenticato di inviare”. Evita di incappare in queste dimenticanze per non creare una scissione nella corrispondenza: da una parte la discussione, dall’altra i documenti necessari. Così facendo il destinatario non sa a quale email è meglio rispondere.

Per la stessa logica è meglio inviare tutti gli allegati insieme. Se l’email risulta pesante, invia un link ad un servizio di file hosting, ad esempio wetransfer o transfernow

10. Rileggi prima di inviare

Chiunque può fare un errore o commettere un’imprecisione, scrivere in modo ambiguo o spiegare qualcosa in modo non comprensibile. Quindi, rileggi tutto e controlla se ci sono errori prima di inviare un’email. Se si tratta di un’email particolarmente delicata o importante, effettua un doppio controllo: una prima rilettura per identificare eventuali errori grammaticali e una seconda lettura per verificare il tono utilizzato e la sintassi.

11. Rispondi velocemente

I mittenti non si aspettano una risposta immediata alle email, ma stando ai dati quasi la metà dei destinatari risponde alle email entro un’ora. Invia una risposta appena possibile. Se ciò fa parte delle tue responsabilità dirette (se, ad esempio, lavori nell’assistenza o come coordinatore di progetto) cerca di rispondere entro 15-30 minuti.

Se il tuo lavoro principale non richiede che tu ti debba occupare di corrispondenza via email, dedica due momenti della tua giornata a smistare la posta e rispondere. In questo modo non perderai messaggi importanti e manterrai in ordine la tua casella di posta.

Se invece sei tu il mittente e la tua email richiede particolare urgenza, ricordati di impostare una conferma di avvenuta lettura per essere sempre aggiornato su chi ha letto il messaggio e quando.

12. Invia le e-mail durante l’orario di lavoro

Ci sono tre motivi per cui è bene seguire questa regola:

  1. Il suono di notifica può svegliare il destinatario.
  2. Alcune persone trovano inaccettabile scrivere al di fuori dell’orario di lavoro, compresi i fine settimana.
  3. La tua e-mail potrebbe perdersi tra le altre.

Programma l’invio per un momento successivo se stai scrivendo in un orario non lavorativo. In questo modo è più probabile che il destinatario non perderà il tuo messaggio nell’inbox.  

13. Non inviare parole come “Grazie” e “Prego” in un’e-mail separata

Inviare solo un “Grazie”, “Prego” o messaggi simili come risposta non fa altro che distrarre la persona con cui si sta parlando. Meglio ringraziare in occasione dell’invio di ulteriori documenti o della risposta a nuovi quesiti. In questo modo, nell’email si potrà sia esprimere la propria gratitudine che fornire ulteriore valore.


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Che forma ha un nome aziendale?

Questo è il primo di una serie di post che pubblicherò sul naming. 

Molti pensano che per trovare un nome super, ultra, iper, bello ci voglia inventiva.
Vero, verissimo, senza creatività non si va da nessuna parte, ma è anche importante darsi e dare delle regole da rispettare, altrimenti la fantasia corre a briglie sciolte rischiando di produrre nomi poco efficaci.
Alcuni criteri è il cliente stesso a deciderli (io li chiedo nel primo incontro con il cliente, durante la fase di audit), per esempio: “voglio un nome corto, in italiano, che trasmetta gioia e positività”.
Altri hanno a che fare con:

  • l’essere memorabili
  • il significato
  • i valori e il tono di voce dell’azienda
  • la pronuncia

Vediamo insieme questi elementi, uno per uno.

Essere memorabili

Un nome che funziona è quello che riusciamo a ricordarci anche a distanza di tempo, sembra semplice quando lo sentiamo la prima volta (avrei potuto pensarci io, mannaggia) ma in realtà ha una costruzione tosta alle spalle.

I nomi più memorabili sono familiari, ci fanno sentire a nostro agio quando li pronunciamo, trasmettono sentimenti e sensazioni precise.

Come si trova un nome memorabile?

  • Creando delle rime, per esempio Fritto e zitto è il nome simpatico e irriverente che darei a un food truck che vende olive all’ascolana, arancini e altre golosità che prevedono l’uso di una friggitrice.
  • Usando l’allitterazione e, più in generale, tutte le figure retoriche, come ha fatto Dunkin’ Donuts.
  • Giocando con le parole; qui mi viene in mente la panetteria biologica e vegana Breaking Bread di Roma.
  • Iniziando con forza; le ricerche dicono che le parole che cominciano con d, g, k, p, t, v si memorizzano meglio delle altre, è il caso di Glovo o Kodak.

Il significato

Qual è il mondo che si cela dietro al nome di un’attività o un prodotto? Perché è stato scelto proprio quel nome e non un altro?

Il significato, più o meno nascosto, caratterizza la marca, ne definisce valori e aspetti.
Un nome può essere:

  • descrittivo, dice quello che il brand vende senza mezzi termini, come poltronesofà.
  • evocativo, racconta in modo delicato scenari e atmosfere collegate al marchio/prodotto.
  • un acronimo, cioè una sigla che di solito riprende le iniziali del fondatore o di parole descrittive; AEG o LG sono esempi calzanti di questa categoria.
  • inventato, un nome che all’apparenza non ha significato ma che in realtà ha un potere immenso. Qui si gioca con le parole, si fondono termini, si aggiungono o eliminano lettere. Uno dei casi più famosi di nomi inventati? Amazon.

I valori e il tono di voce dell’azienda

Quando si parla di naming, i valori e il tono di voce dell’azienda contano. Eccome se contano. Anche se l’attività è agli inizi e il mercato è nuovo.

L’identità di un’azienda deve essere coerente dall’inizio alla fine, il nome non può essere un’eccezione:

  • Lush è un brand name spumeggiante, leggero;
  • Nike è forte e dinamico.

Tornando all’esempio strampalato di prima, Fritto e zitto non potrebbe mai appartenere a una persona riservata e che si prende troppo sul serio.

La pronuncia

Immagina di essere in cucina a lavare i piatti perché la lavastoviglie si è rotta. L’acqua è aperta e scroscia mentre tu sciacqui la pentola della pasta. In TV passa uno spot interessante, non puoi vedere le immagini ma senti il messaggio, che ti incuriosisce. Alla fine, ecco il nome del brand… solo fai fatica a pronunciarlo. È un’accozzaglia di lettere (sarà con l’h o senza? ci vogliono due e? la prima era una c o una k?) che stride, fai fatica a ricordare.

Un buon nome è musicale, orecchiabile, riesci a pronunciarlo bene da subito anche senza vederlo scritto.

Qualche eccezione, come sempre c’è, conosci Uniqlo? Dell’origine del suo nome te ne parlerò più avanti.

 

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Alcuni consigli per semplificare il proprio linguaggio


Per consulenti finanziari, per banche, per piattaforme di servizi B2B, per assicurazioni… Sulle nostre scrivanie ne sono passati e ne passano parecchi di testi da sbrogliare. Ogni volta il lavoro è: capire di cosa stiamo parlando per ritrovare il bandolo della matassa, operare la sofisticata arte della semplificazione del linguaggio, lavorare di creatività per rendere il testo più coinvolgente – mica semplice quando devi lavorare su contenuti che hanno più numeri che lettere dell’alfabeto!

In questo articolo ti parlo di semplificazione del linguaggio. Ti passo un po’ di suggerimenti per migliorare la qualità e l’efficacia di un testo, e farlo brillare per chiarezza e immediatezza.

Il difficilese non piace più a nessuno, nemmeno alla Pubblica Amministrazione!

“Al rigore di chi scrive deve corrispondere la comprensione di chi legge.”

La penna che scrive non è quella di Italo Calvino, di Tullio De Mauro, di Gianrico Carofiglio o di Luisa Carrada – esperti che ci hanno regalato grandi contributi sulla chiarezza del linguaggio. La penna che scrive è quella blu del Ministero per la Pubblica Amministrazione. Più precisamente, la frase che hai letto è estrapolata dalla Direttiva in materia di semplificazione del linguaggio.

Sì, tutto vero: il Dipartimento della Funzione Pubblica ha emanato una serie di direttive per semplificare il linguaggio burocratico delle Pubbliche Amministrazioni a favore di una comunicazione più semplice e immediata, che metta al centro i cittadini. Questa qui, può chiamarsi rivoluzione: anche l’ultimo dei baluardi del difficilese è stato preso (almeno in teoria)!

“L’amministrazione che risponde in modo preciso, ma naturale, usando parole di tutti i giorni, non banalizza il contenuto, né svilisce il suo ruolo, ma prende l’iniziativa di cambiare le regole del gioco. Questa, insieme alla precisione, è vera autorevolezza.”

Lo scrive Luisa Carrada. In un suo articolo spiega come, attraverso la semplificazione, si possa accorciare le distanze tra chi scrive e chi legge – anche là dove le distanze sembrano da giganti, come quelle che separano la Pubblica Amministrazione dai cittadini. Per accorciarle serve un linguaggio più semplice e più aderente alla realtà. Tutt’altro che semplice, però, è riuscire a ottenerlo.

Consigli di semplificazione in ambito redazionale

Le parole da usare, la struttura delle frasi e la formulazione e organizzazione dei concetti da esprimere. Ecco da dove si parte. Poiché, come già sai, usare termini di settore, arcaici o presi a prestito da altre lingue, formulare periodi lunghi e complessi, pieni di subordinate, di incisi o di relative, riduce il grado di comprensione di un testo. E quando questo accade, perdiamo il lettore e smettiamo di comunicare.

Ecco alcuni consigli per testi più chiari e comprensibili:

  • Scegli le parole giuste per il tuo target: il lessico deve essere tarato sul pubblico. Più è eterogeneo, più è bene ricorrere a parole che rientrano nel vocabolario di base. La scelta è comunque ampissima: Tullio De Mauro (nel suo vocabolario di base) ne conta circa 7000!
  • Prima la chiarezza: chiediti sempre se non ci sia una parola più chiara, più aderente al concetto che vuoi esprimere, di quella a cui stai pensando. Lavora con il dizionario dei sinonimi sempre aperto.
  • Usa con criterio le sigle: alla prima occorrenza aggiungi una parentesi che le spieghi per esteso.
  • Evita le perifrasi: pochi giri di parole, più parole giuste.
  • Taglia i rami secchi: avverbi, lunghe liste di aggettivi (specie se sinonimi), incisi poco incisivi. Tutto questo appesantisce il testo, rallenta la lettura, complica la comprensione.
  • Vai di trasparenza: prediligi la forma attiva ed evita le costruzioni impersonali e oscure.
  • Formula frasi brevi e lineari: disponi con ordine soggetto, verbo e complementi. Non aggrovigliare le frasi con un gran numero di subordinate e coordinate, o rischierai di far perdere il filo al lettore.
  • Controlla la linearità: accertati che il testo sia lineare ed esposto in ordine logico, che non ci siano ragionamenti o informazioni implicite.

P.S. Ti ricordo che la “readability” di un testo, così come la chiamano gli anglosassoni, si può misurare.

Consigli di semplificazione in ambito grafico

Ora mi sposto nella stanza dell’art, perché per semplificare un testo e aiutare il lettore a comprenderlo bisogna anche lavorare sul lato design. E in questo compito, copywriter e art operano a braccetto.

Ecco la lista di cose da controllare sempre, lato grafico, in un testo:

  • Il carattere è grande abbastanza? Deve farsi leggere senza sforzo. Non dimenticare di controllare anche la sua leggibilità da mobile!
  • Il font è facilmente leggibile? Tra un font bastoni e un font con grazie, il primo è più pulito e facile da leggere (specie quando il carattere non è molto grande). Occhio anche ai calligrafici: affaticano tanto la lettura e spesso diventano proprio incomprensibili.
  • L’interlinea è abbastanza ampia? Non far venire il mal di testa ai tuoi lettori.
  • C’è abbastanza contrasto tra carattere e sfondo? Accertati anche che la combinazione di colori (testo-sfondo) non sia fastidiosa. Per esempio: un testo rosso su sfondo blu crea un effetto ottico davvero poco piacevole.
  • Il testo ha delle pause e degli appigli? Dividilo in paragrafi per creare delle pause, usa gli elenchi puntati per ordinare le informazioni, sfrutta i grassetti per dare rilievo alle informazioni salienti.
  • Gli elementi grafici aggiungono valore? Il visual non è decorazione e non è un riempitivo: è un elemento che completa il testo e ne aggiunge potenza comunicativa.

Con i consigli abbiamo finito. Ora ti lascio così, con il bandolo della matassa in mano, augurandoti felici “sbrogliamenti”.

 

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Da un famoso pubblicitario 10 regole per il buon scrivere. I suoi consigli sono sempre validi?

 


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agli anni
’80 consigli pensati per il copywriting e l’attività pubblicitaria, ma che si adattano a qualsiasi tipo di scrittura.

I consigli di scrittura da scrittori famosi sono da sempre andati di moda come contenuti utili per aspiranti scrittori e non solo.

Se all’inizio li avevo apprezzati, poi ne sono stato un po’ diffidente, perché, a parte qualche consiglio universalmente valido, il resto è stato valido per l’autore in questione e non è detto che lo sia per tutti.

Ho trovato tanti articoli, in italiano e in inglese, sui consigli di scrittura da David Ogilvy e ho voluto vedere quanto fossero utili a scrittori e blogger, oggi.

Chi è David Ogilvy?

Era un dirigente pubblicitario britannico, famoso per i suoi testi creativi e definito “il padre della pubblicità”, proprietario di una delle agenzie pubblicitarie più famose e grandi al mondo, la Ogilvy & Mather.

Divenne fonte di ispirazione per molti pubblicitari e ebbe un forte impatto nell’attività pubblicitaria dopo la Seconda guerra mondiale. Ogilvy nacque nel 1911.

Altri tempi, dunque. Che c’entra? Semplice: il mondo, dai tempi di Ogilvy, è cambiato. Oggi, per esempio, abbiamo internet, che semplifica il lavoro in moltissimi campi.

10 consigli di scrittura da David Ogilvy

Questi consigli provengono da una nota che Ogilvy scrisse e fece circolare nella sua agenzia pubblicitaria il 7 settembre 1982. Fu introdotta dal seguente testo:

Se tutti nella nostra azienda sostenessero un esame di scrittura, i voti più alti andrebbero ai 14 Consiglieri.
Meglio scrivi, più in alto salirai alla Ogilvy & Mather. Chi pensa bene, scrive bene.
Chi ha una mentalità confusa scrive promemoria confusi, lettere confuse e discorsi confusi.
La buona scrittura non è un dono naturale. Devi imparare a scrivere bene.

Non ho fatto una traduzione letterale dei vari consigli di Ogilvy, ma, in alcuni casi, l’ho adattata meglio al contesto della scrittura. Mi trovo d’accordo con quasi tutto.

1. Leggi il libro sulla scrittura di Roman-Raphaelson. Leggilo 3 volte

Read the Roman-Raphaelson book on writing. Read it three times

Si tratta di Writing That Works; How to Communicate Effectively In Business di Kenneth Roman e Joel Raphaelson. Il titolo, tradotto, è La scrittura che funziona; Come comunicare in modo efficace negli affari.

In questa guida si parla di scrittura di promemoria aziendali, lettere, relazioni, discorsi, curriculum e e-mail, proposte e presentazioni, piani e rapporti, lettere di raccolta fondi e lettere di vendita che portano risultati. È quindi un libro specifico per copywriter, non propriamente per chiunque scriva.

Ma nel libro si parla anche di “approfondimenti sulla correttezza politica e suggerimenti per l’utilizzo di un linguaggio imparziale che non comprometta il tuo messaggio”. E su questo, sul linguaggio politicamente corretto, non sono assolutamente d’accordo.

2. Scrivi in modo naturale

Write the way you talk. Naturally

Scrivere come parliamo. Secondo me questo consiglio è in contrasto con una parte del libro qui sopra consigliato. Scrivo come parlo, ma non scrivo in modo politicamente corretto né tanto meno inclusivo.

In realtà scrivo come parlo qui nel blog, ma quando scrivo narrativa, allora scrivo come credo debba essere scritta la narrativa: coltivando uno stile di scrittura consono alla storia e al genere letterario.

3. Usa parole brevi, frasi brevi e paragrafi brevi

Use short words, short sentences and short paragraphs

Questa è diventata una delle regole della scrittura per il web e in genere mi trovo d’accordo. Non è comunque una regola che seguo sempre quando scrivo per il blog.

Il rischio è di limitare il proprio vocabolario. Un altro rischio, scrivendo solo frasi brevi, è di dare un ritmo quasi frenetico al testo.

Insomma, né la narrativa né i blog sono adatti a una scrittura telegrafica. In pubblicità è senz’altro un consiglio più che valido, invece, perché si fonda sull’immediatezza del linguaggio.

4. Non usare mai tecnicismi

Never use jargon words like reconceptualize, demassification, attitudinally, judgmentally

Possiamo concordare con questo consiglio? Sì e no, secondo me. Di nuovo: nel discorso pubblicitario è senza dubbio condivisibile non usare tecnicismi, ma in altri ambiti della scrittura, come nei blog, se occorre usarli, si usano.

Non è questione di essere pretenziosi. Non si possono incarcerare le parole, solo perché qualcuno non le conosce. A colmare certe lacune esistono i vocabolari.

5. Non scrivere troppo su un argomento

Never write more than two pages on any subject

Ogilvy parla addirittura di non più di 2 pagine. In realtà significa scrivere non più del necessario e su questo ha ragione.

Questo consiglio si adatta perfettamente alla scrittura per il web, in cui è meglio non aprire continue parentesi, inserire paragrafi fuori tema che allungano soltanto il brodo senza dare nulla di utile ai lettori.

6. Controlla le citazioni

Check your quotations

Ben detto! Quante citazioni ho trovato in rete attribuite ora a un personaggio ora a un altro. Eppure oggi, grazie al web, non è certo difficile risalire alla reale paternità di una citazione.

Scegliere una citazione è un lavoro lungo, perché bisogna controllare bene la fonte. Forse ai tempi di Ogilvy era più difficile scoprire l’errore, ma oggi è diventato molto facile.

7. Non inviare mai ciò che scrivi il giorno stesso

Never send a letter or a memo on the day you write it. Read it aloud the next morning—and then edit it

Leggilo ad alta voce la mattina dopo e poi modificalo. Sono in molti a consigliare di rileggere ad alta voce i propri scritti: il suono delle parole dà sicuramente un effetto diverso dalla semplice rilettura a mente.

Sono molto d’accordo sul primo punto, che si presta a differenti contesti. Per esempio non inviare il manoscritto del tuo libro a un editore il giorno stesso in cui l’hai finito di scrivere.

8. Se è qualcosa di importante, chiedi a qualcuno di migliorarlo

If it is something important, get a colleague to improve it

Anche questo consiglio si presta a differenti interpretazioni. Nel campo della scrittura creativa quel qualcuno è rappresentato da correttori di bozze e editor.

Ogilvy parlava di colleghi, riferendosi di sicuro ai colleghi di un’agenzia pubblicitaria. Ma ovviamente possiamo estendere quel “collega” a qualsiasi nostro conoscente che, in un certo campo, ne sappia più di noi.

9. Prima di inviare ciò che scrivi, assicurati che il destinatario sappia cosa fare

Before you send your letter or your memo, make sure it is crystal clear what you want the recipient to do

In pubblicità sarebbe controproducente un messaggio non chiaro, non “cristallino”. Possiamo anche parafrasare questo consiglio adattandolo alla scrittura in generale: “Prima di pubblicare ciò che scrivi, assicurati che il lettore capisca”.

Se Ogilvy si era riferito ai potenziali clienti (destinatari del messaggio pubblicitario), noi possiamo riferirci ai nostri lettori (destinatari, in fondo, dei nostri articoli, dei nostri libri, delle nostre newsletter, ecc.).

10. Se vuoi AZIONE, non scrivere

If you want ACTION, don’t write. Go and tell the guy what you want

Va’ direttamente dalla persona e dille cosa vuoi. Più che un consiglio di scrittura, è un invito a non scrivere.

Possiamo interpretarlo come consiglio contro l’ossessivo uso della messaggistica istantanea, che, se da una parte ha velocizzato la comunicazione, dall’altra ha disintegrato le relazioni interpersonali.

Email, WhatsApp, messaggi privati sui social – come un tempo gli sms – non sono i nuovi strumenti della socializzazione, ma potenti strumenti di emarginazione (nei casi più estremi) e di isolamento individuale.

 

 

InsightAgency

Cosa scrivere su LinkedIn: consigli e parole da evitare


Tra i consigli che la piattaforma non si è mai stancata di condividere con gli iscritti c’è utilizzare per il proprio profilo LinkedIn un approccio “show, don’t tell”: più che dilungarsi in prolisse descrizioni delle esperienze professionali pregresse o del percorso di studi, meglio compilare l’apposito campo dei traguardi raggiunti o caricare progetti e lavori seguiti e che possano aiutare recruiter e potenziali clienti a farsi un’idea più concreta delle proprie competenze. Ciò non significa che si possa rinunciare del tutto a una parte più (auto)descrittiva: per parafrasare delle parole della stessa compagnia, il profilo LinkedIn una sorta di curriculum che non dorme mai. Cosa scrivere su LinkedIn, allora, per renderlo accattivante ed efficace e cosa invece evitare a tutti i costi?