Dai propri errori si impara sempre qualcosa. Dagli errori nella scrittura si impara a scrivere meglio e con metodo.
Si impara a scrivere scrivendo. La scrittura stessa è la migliore palestra di scrittura, la più grande insegnante, unita ovviamente a una sana e onesta autocritica.
Ho ripensato a quando scrivevo da ragazzo, a quando partivo a razzo a scrivere poesie e racconti di avventura o di fantascienza, a iniziare e mai finire romanzi e a ciò che ho imparato da quegli errori, da quell’amatorialità che era ingenua ma piena di amore e passione per la scrittura.
E ho scoperto 4 importanti lezioni di scrittura che mi hanno facilitato nello scrivere storie e anche articoli per il web.
1) La non-scrittura è necessaria quanto la scrittura
Progettare storie, progettare libri, abbozzare trame, appuntare idee, documentarsi: tutto questo lavoro non è propriamente scrittura: piuttosto è una non-scrittura. Ma è un lavoro non solo necessario, ma che facilita anche l’intero processo creativo dello scrittore. Rientra nella cosiddetta prescrittura.
Quando ho iniziato a scrivere storie, scrivevo e basta: avevo una vaga idea e prendevo a scrivere. Qualcuno dirà che è proprio così che si scrive.
In realtà è solo un metodo e, come tale, con qualcuno funziona e con altri no. Con me non ha funzionato: i miei primi racconti sono illeggibili, pieni di lacune, di ingenuità narrative, con personaggi approssimativi per questo poco credibili, con più stili di scrittura conviventi nel medesimo racconto.
Tutto sta, appunto, a trovare il proprio metodo di scrittura. Io mi trovo bene a scrivere con un lavoro preparatorio alle spalle, con del materiale pronto.
La documentazione, soprattutto, per qualsiasi libro si voglia scrivere, non va assolutamente trascurata: la lettura di libri e articoli a tema con l'argomento del testo che stiamo scrivendo genera idee, stimoli per approfondimenti. Studiare, approfondire, soprattutto conoscere meglio i luoghi, permettono di entrare più a fondo nell’argomento, offrono più spazi di manovra e un ampliamento del tema trattato.
2) Conoscere la propria produttività e sfruttarla
Quando siete più produttivi?
Rispondete a questa domanda prima di mettervi a scrivere.
Certo, la produttività nella scrittura deve trovare modo di esprimersi al di fuori dell’orario lavorativo, scolastico o universitario: diciamo quindi che in un certo senso la produttività per chi scrive deve essere concentrata nel tempo libero.
Ma possiamo sempre trovare un arco di tempo nella giornata in cui siamo più produttivi, in cui possiamo scrivere sia in piena libertà sia in modo proficuo. Per qualcuno sono le ore notturne, per altri la mattina prestissimo, prima che albeggi, per altri ancora il tardo pomeriggio o la sera, per altri solo il fine settimana.
Conoscere quando siamo più produttivi ci permette di scrivere con più costanza, ma soprattutto più speditamente.
La sera non riuscirei a scrivere, perché dopo 7-8 ore al computer (a scrivere) i miei occhi sono
stanchi. Lavorando in agenzia, posso ritagliarmi “spazi” nella
giornata da dedicare alle mie scritture, anche se non sempre. Certo non la mattina, che dedico
sempre interamente al lavoro. Prima scrivevo spesso di notte, ora scrivo soprattutto nei fine settimana.
3) Le buone abitudini di scrittura sono una disciplina da imporsi
Le imposizioni non piacciono a nessuno, come molti sono poco avvezzo alla disciplina. Ma la disciplina non è altro che una “maniera ordinata di comportarsi”. Un “tenore di vita”.
Le buone abitudini nella scrittura sono quindi una maniera ordinata di scrivere, un modo di procedere nel lavoro di scrittura. Ognuno deve trovare il proprio, affinché dia i risultati desiderati.
Perché imporsi delle abitudini di scrittura?
Abitudine ha un significato particolare e curioso: proviene da abito, che non è il vestito, ma è anche il vestito. Abito è il modo di essere, ciò che ci caratterizza, le qualità sempre presenti in noi, che ci portiamo ogni giorno dietro, proprio come i vestiti.
Le abitudini sono le consuetudini: cioè modi di operare abituali divenuti ormai una sorta di regola.
E le regole non sono forse imposizioni?
4) Lasciare che sia la storia a guidare il processo di scrittura
Quante volte abbiamo sentito o letto “il romanzo si è scritto da solo”? È un’espressione che a me è sempre suonata assurda, non veritiera. È lo scrittore a scrivere il romanzo.
Potrei quindi riformulare l’espressione comune dicendo che la storia, in un certo senso, guida lo scrittore dall’inizio alla fine.
Quando ho deciso come scrivere la trama dei capitoli, ho messo a confronto diversi metodi e ho scoperto quello a me più funzionale: un breve elenco dei fatti più salienti del capitolo. Nonostante questo, non ho mai del tutto rispettato quell’elenco nei miei romanzi.
Perché? Perché spesso la storia mi portava altrove. Il processo
creativo della scrittura è inarrestabile e non può essere confinato. Scrivendo succede spesso che un
evento appena narrato, generi uno sviluppo della trama diverso rispetto a
quello previsto: quasi sempre migliore.
Ho quindi imparato che è meglio lasciare che sia la storia a guidare la scrittura, che non significa che la storia si scrive da sola, ma solo che man mano la scriviamo stimola punti di svolta e prosiegui.
E voi quali lezioni di scrittura avete imparato nel tempo?