Story telling, di sicuro queste due parole non hanno mai goduto di tanta celebrazione come in questi ultimi tempi.
Sembra
che tutto si sia trasformato in un immenso calderone narrativo, a volte
anche a sproposito, ma si sà, è così che funziona quando un particolare
concetto riesce a fare breccia in modo trasversale.
Ecco che
assistiamo alla grande abbuffata… fino a quando il fenomeno non scemerà e
tutto tornerà nella normalità, fino alla santificazione in salsa
(multi)mediatica del nuovo fenomeno.
Una storia può essere ovunque, ma non tutto cela una storia
Proprio
perché ottimi spunti per una narrazione fotografica si nascondono più o
meno ovunque, il rischio è che molti di noi, soprattutto chi alle prime
armi o chi arso dal fuoco creativo, possano cadere nell’errore che
basti puntare una macchina fotografica, inquadrare una scena e scattare
per ottenere una buona storia,
Sì, le storie sono ovunque, ma non per questo qualsiasi scena nasconde una storia che valga la pena raccontare.
Che cos’e’ una storia?
La
definizione di storia più sintetica di cui dispongo è questa: una
storia è la narrazione di eventi concatenati, veri o inventati che
siano, che si sviluppano secondo una trama.
Ogni storia ha sempre:
- un autore,
- una trama
- un pubblico di riferimento
- oltre che spesso, uno scopo.
Se
mi concedete un approfondimento nell’ambito della linguistica, una
storia rappresenta uno strumento per stabilire una connessione tra
l’autore e il pubblico e si basa su un paradosso: per connettersi con
il proprio pubblico di riferimento, l’autore deve essere in grado di
suscitare un’emozione, ma, al tempo stesso, per emozionare il proprio
pubblico, è necessario che l’autore riesca a stabilire una connessione.
Esempio vs. storia
Non
si tratta della stessa cosa e ce ne accorgiamo ogni volta che
assistiamo ad una noiosissima presentazione costruita soltanto su dati e
informazioni crude, prive di qualsiasi aggancio alla nostra sfera
emotiva.
Elencare dei numeri non è raccontare una storia, è fare un esempio.
Ma
se il nostro relatore è stato accorto e ha saputo introdurre una
variabile emotiva nella sua esposizione, un dettaglio o un aspetto
capace di suscitare in noi empatia, ecco che passa dal fare un esempio a
raccontare una storia.
Introdurre una variabile emotiva
nell’esposizione, è raccontare una storia ed è proprio grazie a questa
variabile emotiva che le storie non ci annoiano o ci annoiano un po’
meno degli esempi.
Per cui, potremmo sintetizzare così: STORIA = CONTENUTO + EMOZIONE
Impariamo a scattare una storia
Ogni
volta che parlo di story telling fotografico, mi piace fare spesso
paralleli tra la scrittura e la fotografia, prendendo in prestito molti
concetti che sono alla base della teoria della semantica e della critica
letteraria, oltre che della linguistica.
Personalmente ho sempre
fotografato per raccontare storie, che a volte posso paragonare a
racconti brevi, nel caso di scatti sciolti e a sé stanti, o a racconti,
nel caso di sequenze o brevi reportage, fino a romanzi di un certo
corpo, nel caso di progetti più articolati e complessi.
COSA SEPARA UN SEMPLICE SCATTO DA UNA STORIA?
Personalmente
credo che, al netto di un solido intento, uno scatto, per tramutarsi
in una storia debba essere il prodotto finale di una visione.
Se
l’intento risponde alla domanda perché voglio scattare questa scena, la
visione risponde inveve a tutte quelle domande che si riferiscono a come
voglio scattare questa scena.
Un solido intento e una visione
curata bastano per garantire il passaggio da scatto a storia? Purtroppo
no, ma ne assottigliano la distanza.
Perché i nostri scatti si
trasformino in storie dobbiamo misurarci con il messaggio che intendiamo
trasmettere, con la sua capacità intrinseca di interessare il nostro
pubblico di riferimento e con l’empatia che il messaggio, attraverso la
nostra personale visione è in grado di suscitare.
Le nostre storie sono spesso racconti brevi
Non
dimentichiamoci che spesso siamo chiamati a raccontare storie
attraverso un solo scatto e che uno scatto, a differenza di un racconto o
ancora meglio di un romanzo, può essere paragonato giusto ad un
racconto breve.
Come gli autori di racconti brevi, che non
possono contare su descrizioni approfondite di luoghi o di personaggi,
né tanto meno su introduzioni o digressioni, anche noi scrittori per
immagini, story teller fotografici, dobbiamo imparare a gestire al
meglio gli elementi che abbiamo a disposizione per raccontare la nostra
storia, eliminare quelli superflui, comporre con attenzione, scegliere
la tecnica corretta – che deve sempre essere da supporto e mai
protagonista.
La capacità di produrre storie fotografiche di
qualità dipende sicuramente da un solido intento, da un messaggio in
grado di emozionare e di stabilire una connessione empatica per sé e da
una visione – che mi piacerebbe non riduceste ad un sinonimo di
“esecuzione” – capace di trasmettere il nostro messaggio.
Vediamo alcuni elementi base per fare storytelling con le fotografie:
Il mood
Il mood è l’umore che tira le fila della narrazione.
Creare il giusto mood non è cosa facile in quanto è qualcosa che si percepisce, ma non si vede.
L’idea
Esporre
un’idea attraverso la fotografia può essere abbastanza difficile. Una
volta che avete una idea, sarà più facile realizzare le vostre foto.
L’emozione
Usate
le espressioni facciali se volete che le vostre foto trasmettano le
emozioni giuste. Potete anche farlo catturando un’azione eseguita dal
vostro soggetto. Ad esempio, dopo aver mostrato un primo piano delle
lacrime di una persona, potete mostrare il viso striato di lacrime,
oppure gli occhi rossi e gonfi, le sue mani strette a pugno.
Narrazione
Per
far funzionare la narrazione delle foto, dovreste avere bene a mente
che cose è successo prima che questa persona piangesse. Ad esempio, nel
caso di un bambino potreste mostrarlo mentre tiene la mano di sua madre o
mentre guarda i giocattoli attraverso la vetrina di un negozio.
Dovreste sapere cosa includere o escludere nella scena, però. Non è
necessario mostrare la faccia della madre o del padre. Solo uno scatto
della mano del bambino e della mano del genitore. Il gioco della
narrazione è fatto di dettagli che stimolano la curiosità.
Il messaggio
Trovate
un tema per la vostra storia, usando questo tema per stabilire il
messaggio che volete trasmettere. Può essere un oggetto, la posizione, i
colori, lo stile o una combinazione di tutto questo, degli indizi in
modo che chi guarda sia in grado di formulare idee su ciò che può ancora
accadere.
Insomma raccontare con le immagini non è una cosa per pigri
Se vi aspettavate un bel decalogo a punti con i dieci trucchetti per raccontare storie fotografiche, temo di avervi deluso.
Purtroppo
narrare è un’arte e, anche se qualche trucco del mestiere, in effetti,
esiste, molto ha a che fare con il nostro approccio alla fotografia,
che non dovrà mai prescindere dalle conoscenze tecniche, ma le cui
conoscenze tecniche non bastano.
Un grandissimo fotografo
ripeteva sempre “che la tecnica la imparano anche i muli”. Aveva
tragicamente ragione, come sempre, ma dietro quella sua ricorrente
butade si nascondeva una secondaria che non pronunciava mai e che
lasciava soltanto supporre: “ma i muli non sanno fotografare”.
Perché questo è il segreto e la singolarità della fotografia, quella vera, quella che prova a raccontare e ad emozionare.
È
un po’ come avere a che fare con un cocktail, 1/3 di tecnica, 1/3
razionalità, 1/3 di emozione e una spruzzata di culo (nel senso di
“fortuna”).
Ecco, questo cocktail, credo rappresenti piuttosto
bene la fotografia, per come la intendo, ma l’aspetto ancora più
delizioso, empirico, intimo e singolare, che rende la fotografia ancora
di più una questione personalissima, è che nessuno di quei terzi è mai
davvero 1/3.