Raccontare una storia con il metodo STAR
ti permette di essere chiaro, sintetico e di andare dritto al punto. Il metodo
STAR è molto utile quando devi veicolare molte informazioni in un breve
lasso di tempo. In queste occasioni preparare anticipatamente le tue
storie risulta essere un metodo efficace per fare colpo sul tuo
interlocutore.
Nel metodo STAR ci sono 4 fasi: Situation, Task, Action e Result.
Il metodo STAR viene utilizzato principalmente per i colloqui di
lavoro, tuttavia le sue applicazioni possono tornarti molto utili anche
per la creazione di contenuti su internet, ed in particolare sui social
media.
Partiremo con la spiegazione delle 4 fasi, per poi mettere in pratica il metodo STAR con un esempio concreto, quindi ti consiglio di leggere attentamente l’articolo fino alla fine.
Da dove partire per raccontare una storia?
Pensa alle tue esperienze
Il
primo e fondamentale passo, per raccontare una storia in modo efficace,
è ripensare a tutte le esperienze del passato che possono essere
interessanti per rispondere ad una domanda. Ti consiglio di metterle per
iscritto su un foglio di carta con dei titoli sintetici.
Con
il metodo STAR possiamo davvero raccontare qualsiasi storia, per
esempio: come gestire una situazione di stress? Come realizzare un
carosello efficace su Instagram? Come ho imparato a fare la carbonara
migliore di Roma?
Ricordati di abbinare un titolo ad ogni racconto
In
questo modo sarai in grado di utilizzare ogni storia nel momento più
appropriato. Una volta buttati giù i titoli che ritieni più rilevanti
seleziona le esperienze che consideri le “storie migliori”, ossia quelle storie che spiegano meglio il concetto che vuoi trasmettere.
Le 4 fasi del metodo STAR
Il metodo STAR si compone di 4 fasi: Situation, Task, Action e Result.
Situation
Una
volta selezionate le storie, puoi partire con la prima fase. In questa
parte del racconto concentrati sul contesto. Cosa stavi facendo? Qual è
stato il tuo ruolo nella storia? Eri in un contesto lavorativo o
privato?
In pratica devi inserire le tue azioni in un contesto. L’importante è non perdersi in dettagli inutili, ma fornire un quadro generale della situazione.
Task
Qui il focus è l’obiettivo che si vuole raggiungere. In questa fase spiega qual è lo specifico risultato che ti eri prefissato.
La
fase Task, esattamente come la fase Situation, deve essere molto
sintetica. Non perderti in dettagli e fornisci una descrizione generale,
ma completa, dell’obiettivo da raggiungere.
Action
Qui
entriamo nel vivo dell’azione. Il racconto si focalizza sulle azioni
che hai intrapreso per raggiungere l’obiettivo. In questa fase vuoi
mostrare al tuo interlocutore le tue qualità , quindi evita di essere
troppo modesto.
Nel caso si tratti di un lavoro in team, ad
esempio, dobbiamo altresì chiarire qual è stato il nostro ruolo, come
abbiamo agito, ed in che modo hanno reagito i nostri compagni o
colleghi.
Result
Nella
conclusione enfatizziamo il risultato che abbiamo raggiunto. Descriviamo
come si sono concluse le nostre azioni e magari qualche piccolo
particolare che poteva essere migliorato.
Consigli utili prima dell’esempio
Non è una poesia
recitata a memoria! Se devi raccontarla dal vivo o tramite video, fai
in modo di parlare come se fosse la prima volta e attenzione al tuo
linguaggio del corpo.
Più recente è la storia, meglio è.
L’eroe della storia sei tu! Dimostra che il tuo intervento è stato cruciale per il raggiungimento dell’obiettivo.
La narrazione deve essere rilevante
per l’interlocutore. Se devi pubblicare una storia sui social media
cerca di capire cosa vuole ascoltare il tuo pubblico di riferimento.
La chiave per avere succeso con il Metodo STAR?
Provare, provare, e ancora provare! Il metodo si affina con la pratica,
solo in questo modo diventerà un’abitudine raccontare storie.
Esempio pratico del metodo STAR
Iniziamo con le fasi
preliminari del metodo STAR. Qui dobbiamo individuare un titolo ed
un’abilità che vogliamo mostrare agli altri. In questo caso voglio
spiegare, ad esempio, come ho imparato a comunicare in pubblico.
Titolo: Presentazione in pubblico
Abilità : capacità di comunicare in pubblico e proattività .
Situation
Tre
mesi fa ho partecipato ad un progetto per l’ideazione di
una nuova start up. Io ed i miei colleghi eravamo molto entusiasti del
lavoro svolto, il quale ci aveva impegnato per più di 2 mesi. Dopo
innumerevoli notti insonni, il lavoro era pronto per la consegna.
Task
Tuttavia,
la presentazione del progetto era imminente, ma nessuno si sentiva a
suo agio nel presentare il progetto al pubblico. In sala ci sarebbero
state molte persone, e non potevamo permetterci brutte figure davanti ai potenziali investitori e a diversi professionisti…
Action
Non
essendoci volontari ho deciso di prendere in mano la situazione e di
presentare il progetto. È stato molto sfidante, per la prima volta ho
parlato in pubblico… ma grazie al mio impegno ed alla mia dedizione sono
riuscito ad essere efficace e coinvolgente, evidenziando le
caratteristiche principali del progetto.
Result
La
presentazione è stata molto apprezzata e il progetto è stato premiato
tra i migliori 3 tra quelli proposti.
Contesti di applicazione del Metodo STAR
Chi ha “inventato” il metodo STAR?
Il metodo STAR è nato per rispondere in maniera strutturata a
particolari tipologie di domande durante un colloquio di lavoro. Molto
spesso gli intervistatori pongono domande che mettono nelle condizioni
di raccontare una storia per mettere alla luce le nostre qualità .
Questo
metodo di raccontare storie si presta perfettamente ai social media.
Raccontare una storia in maniera veloce e dritta al punto permette di
rendere semplice la fruizione del contenuto da parte dell’utente.
Come utilizzare il Metodo STAR sui Social Media?
Se hai un
profilo Instagram puoi utilizzare il metodo STAR nelle storie,
rimandando al tuo ultimo post per approfondimenti. In questo modo
coinvolgerai il tuo pubblico e le persone che ti seguono avranno più
probabilità di interagire con il post.
Ovviamente, come puoi avere
intuito, il metodo STAR è uno strumento che ti permette di raccontare
una storia efficace, indipendentemente dal mezzo utilizzato e dal
contesto. Quindi potrà tornati utile in qualsiasi situazione, a patto di
esserti preparato adeguatamente in precedenza.
Sappiamo bene che la battaglia delle aziende si svolge sul campo dell’attenzione: chi riuscirà ad inserirsi nella mente del consumatore anche per pochi secondi al giorno, sarà stato capace di penetrare quella solida barriera di indifferenza che lo protegge dall’infinità di contenuti con cui ogni giorno entra in contatto.
Partiamo quindi da alcune evidenze sul consumatore odierno:
La sua conoscenza delle marche è superficiale e raramente sa indicare che cosa differenzi una marca dalle altre;
Ne consegue che la fedeltà di marca è piuttosto bassa;
I brand sono raramente oggetto delle sue conversazioni e, anche quando lo sono, vengono toccati di sfuggita, come particolari di un racconto;
Costruire delle relazioni con le marche non è considerata una priorità .
Al contrario di quello che si potrebbe pensare, raramente le aziende scelgono di mettere in atto campagne ad alto tasso di creatività , che vengono invece riservate per il lancio di nuovi prodotti oppure per i brand che pesano poco sul profitto dell’impresa. Più propense verso questo tipo di investimento risultano le aziende piccole.
Chiariamo però prima una cosa: realizzare una campagna creativa non è mai uno spreco. Infatti stiamo parlando ad un consumatore sveglio, che ha imparato a selezionare con cautela e giudizio i messaggi che gli arrivano dall’esterno. Una campagna creativa gli comunica qualcosa di importante sulla marca, cioè:
L’originalità di una campagna fa si che la marca diventi più facilmente argomento di conversazione tra le persone e il word-of-mouth è un potentissimo strumento in grado di incidere sulle performance di mercato.
Come la creatività agisce sul cervello
Solitamente la pubblicità creativa presenta un messaggio implicito e ambiguo, cioè che può avere più di un’interpretazione oppure che è in contrasto con gli schemi mentali del consumatore. Quest’ultimo si trova davanti un dilemma, una situazione che chiede di essere risolta, e impegnerà le sue energie nel tentativo di elaborazione.
In sostanza il consumatore vuole essere trattato come una persona astuta e capace. La frustrazione iniziale per la complessità del messaggio lascia spazio alla soddisfazione di essere riuscito a decifrarlo.
Le sensazioni positive stimolate nel consumatore ripagheranno non solo le performance di prodotto, ma anche l’andamento della marca. Infatti la pubblicità creativa lascia tracce e associazioni nella memoria che facilitano il riconoscimento della marca, ma anche il suo ricordo spontaneo.
Come realizzare una campagna creativa: 5 modi
Secondo il test inventato dallo psicologo Torrance negli anni ’60, la divergenza può essere creata in cinque modi:
Utilizzando elementi originali che si discostano da ciò che già esiste o da ciò che il pubblico crede di sapere;
Adottando una visione flessibile del prodotto, che lo mostri in situazioni inedite o in usi non comuni;
Combinando tra loro elementi che normalmente non hanno alcun legame;
Comunicando idee e messaggi in modo elaborato e sottile, stimolando così le capacità cognitive;
Inserendo elementi particolarmente affascinanti dal punto di vista estetico.
Possiamo citare alcuni esempi di pubblicità che nel 2020 hanno sfruttato questi principi.
Facciamo qualche esempio
“Attento a ciò che ingoi” è stata una pubblicità lanciata da Burger King in cui il brand mostra ironicamente il confronto tra la famosa banana appiccicata al muro dell’artista Cattelan e una patatina da loro prodotta (e sicuramente molto più saporita) del prezzo di 0,01 centesimi. Il divertimento è assicurato: Burger King dimostra di avere una visione flessibile del suo prodotto e un occhio vigile verso le novità , comunicando un messaggio implicito e altamente stimolante per il cervello del consumatore.
Heineken ha invece fatto leva sugli stereotipi di genere con la sua campagna “Cheers to all”. Il messaggio è chiaro: la sua birra può essere associata anche all’immagine femminile, prendendo così le distanze dai competitor che di solito mostrano la birra come un prodotto maschile.
Infine, la campagna Digital Detox messa in atto da Porsche ha collegato al piacere della guida il tema della disintossicazione digitale, ispirando emozioni di libertà , auto-consapevolezza, contatto con la natura e con il prossimo. L’accostamento inusuale di questi due temi ha portato alla creazione di una campagna molto ingaggiante.
Osare è la parola chiave!
Insomma, la comunicazione creativa
può portare enormi vantaggi per i brand che la mettono in pratica,
offrendo allo stesso tempo un’esperienza di valore al pubblico verso cui
è rivolta. Non è poi così difficile da realizzare: basta seguire queste
semplici regole e munirsi di una sana voglia di ‘osare’.
Come dice il detto, “nessuno nasce imparato” e l'errore è quindi una presenza costante nel nostro cammino fotografico.
Fortunatamente,
praticando la fotografia in modo costante, risulta molto facile
migliorare rapidamente e correggere i nostri sbagli, anche se a volte
dobbiamo pagare prima un pegno: tante fotografie "sbagliate"!
Ci
sono però degli errori che sono costanti soprattutto se si è alle prime
armi e che è molto facile evitare per concentrarsi sulle cose più
importanti. Vediamo allora quali sono i principali errori di chi è alle prime armi e come è possibile evitarli.
Errore #1 - Dimenticarsi di caricare le batterie
Partire
per un’uscita fotografica, fare chilometri in macchina, arrivare sul
posto tanto desiderato e scoprire… di aver dimenticato di caricare
l’unica batteria che hai.
Non esiste incubo peggiore per un fotografo, quindi non dimenticarti di controllare sempre la carica delle batterie e portane alcune di scorta.
Puoi
rimediare cancellando subito alcune foto vecchie che hai sulla memoria,
spesso però non è possibile quindi porta sempre con te schede di
memoria vuote.
Errore #3 - Lasciare la stabilizzazione dell'immagine quando si utilizza un treppiede
La stabilizzazione delle immagini
è un dispositivo pratico in grado di ridurre le vibrazioni della
fotocamera e migliorare la qualità dell'immagine quando viene utilizzata
correttamente. Una volta attivato, la stabilizzazione dell'immagine
contrasta i leggeri movimenti della fotocamera per ridurre la sfocatura
delle foto.
Può essere così efficace che le fotocamere e gli
obiettivi dotati del sistema consentono di utilizzare una velocitÃ
dell'otturatore compresa tra tre e cinque stop più lentamente rispetto
alle fotocamere/obiettivi senza questa funzione. Questo rende le
immagini più nitide in condizioni di luce scarsa.
Tutto bene? Beh, sì, ma non sempre.
Infatti,
quando la stabilizzazione dell'immagine viene utilizzata con un
treppiede, a volte può essere più un ostacolo che un aiuto. Se la tua
fotocamera è già installata su un treppiede, dovrebbe essere abbastanza
stabile da sola.
Se non hai un treppiedi, i migliori sono quelli realizzati dalla Manfrotto:
Manfrotto MK290XTA3-3W Treppiede con Borsa, Testa a 3 Movimenti, 3 Sezioni in Alluminio, Nero
Manfrotto MKBFRTA4GT-BH Befree Advanced GT Treppiede da Viaggio, Chiusura Twist M-Lock, Testa a Sfera, per Canon, Nikon, Sony, DSLR, CSC, Mirrorless, fino a 12kg, Borsa Inclusa, Alluminio Nero.
Errore #4 - Utilizzo della modalità di autofocus errata
Se si è alle prime armi, può accadere che non si presti tanta attenzione a come la fotocamera mette a fuoco il soggetto.
Lavorare in modalità automatica è sempre pericoloso: se la fotocamera
non mette a fuoco nel punto giusto, la nostra foto potrebbe essere
rovinata. Normalmente, le fotocamere moderne dispongono di tre modalitÃ
di messa a fuoco che è possibile selezionare.
Se le condizioni ci
permettono di utilizzare la messa a fuoco automatica, possiamo procedere
scegliendo tra tre modalità di funzionamento: messa a fuoco singola (AF-S per Nikon, e One Shot per Canon), messa a fuoco continua (AF-C per Nikon e AI Servo per Canon), messa a fuoco automatica (AF-AUTO per Nikon e AI Focus per Canon).
Una volta
bloccato, hai la certezza che il tuo soggetto sarà ben focalizzato. La
messa a fuoco singola può essere utilizzata per fotografare: soggetti
fermi, per fare ritratti, per fotografare panorami.
La messa a fuoco continua, d’altra parte, fa sì che
l’obiettivo metta a fuoco il soggetto continuamente, il che lo rende
ideale per il rilevamento di un soggetto in movimento. In questa
modalità di messa a fuoco, la fotocamera ti consente di scattare una
foto in qualsiasi momento, anche se il soggetto si muove.
Se tieni
premuto a metà il pulsante di scatto, la fotocamera continua a mettere a
fuoco il punto che hai selezionato; così, se il soggetto si muove, la
fotocamera continuerà a mettere a fuoco in base alla sua nuova
posizione.
La messa a fuoco continua è adatta ad essere utilizzata
per soggetti che si muovono continuamente come: bambini, animali e per
eventi sportivi. Ovviamente più veloce è il movimento del soggetto o più
irregolare è la direzione del movimento, più il sistema di autofocus
può essere tratto in inganno e quindi il risultato sarà negativo.
Ricordati
però che il sistema di messa a fuoco continua, mantenendo sempre attivo
il motore della messa a fuoco, consuma molta energia. Assicurati quindi
di utilizzarlo solo quando necessario e di avere una adeguata scorta di batterie di ricambio ben cariche.
La terza modalità di messa a fuoco è la messa a fuoco automatica.
Il sistema di autofocus della tua macchina fotografica modalità tenta
di rilevare automaticamente se il soggetto è fermo o in movimento e
imposta la modalità di messa a fuoco in base alla situazione.
Tuttavia
tale modalità non è sempre affidabile e quindi la tua scelta è: corro
il rischio di impostare la modalità errata e quindi sbaglio la messa a
fuoco, oppure scelgo di delegare (oneri e onori) alla intelligenza dalla
macchina fotografica?
Errore #5 - Non si scatta in formato RAW
Il formato JPEG è un formato familiare che non
richiede post elaborazione e che permette l’immediata condivisione delle
immagini sui social. Il problema è che i file JPEG vengono interpretati
dalla fotocamera. Ciò significa che mentre impostazioni come la
temperatura del colore e l'esposizione sono impostate in base alle
impostazioni della fotocamera, la fotocamera elaborerà l'immagine per
regolare i neri, il contrasto, la luminosità , la riduzione del rumore e
la nitidezza.
I file RAW,
d'altra parte, non sono compressi e non sono elaborati. Anche se appaiono
più piatte e più scure delle immagini JPEG, conservano tutte le
informazioni registrate nell'immagine originale.
Ciò consente
molta più flessibilità in fase di post-produzione, consentendo di
assumere il pieno controllo sulle regolazioni che si desidera applicare a
una fotografia. Il formato RAW è però molto più vorace in termini di
memoria utilizzata. Assicurati di avere più schede di memoria del formato giusto, soprattutto nelle sessioni fotografiche più lunghe.
Errore #6 - Lavorare in modalità automatica
La
modalità di esposizione automatica significa che la velocitÃ
dell'otturatore, il diaframma e ISO sono impostati automaticamente dalla
fotocamera per una determinata situazione, lasciandovi quindi premere
il pulsante di scatto e passare alla ripresa successiva.
Ma cosa
succede se vuoi avere più controllo sulle tue immagini? Il più grande
vantaggio di scattare in modalità manuale (o modalità prioritÃ
otturatore / diaframma) è il controllo creativo. In modalità automatica,
inoltre, la fotocamera non espone sempre correttamente, quindi è
possibile ritrovarsi con immagini sottoesposte o sovraesposte.
Scegli invece una modalità semi-automatica
Non è necessario scattare completamente manuale per controllare meglio le immagini. Le modalità Priorità di Diaframma e Priorità dei Tempi
consentono di selezionare e regolare l'apertura o la velocitÃ
dell'otturatore mentre la fotocamera compensa per darti la giusta
esposizione.
Usando Priorità di Diaframma, hai molto più controllo
sulla profondità di campo nell'immagine, che determina la quantità di
messa a fuoco dell'immagine. Questo è utile per molti generi, dalla
ritrattistica alla fotografia paesaggistica, cambiando la dinamica delle
immagini in base alla situazione e alla profondità delle foto. Essere
in grado di prendere il controllo del movimento in un'immagine consente
un margine di manovra molto più creativo.
L'effetto movimento è
stato a lungo utilizzato per rendere le immagini più dinamiche. Pensa
alle cascate con acqua fluente e paesaggi urbani temporali, oltre al
movimento intenzionale della telecamera.
Mentre la modalità di
esposizione automatica è utile e spesso efficace, fare affidamento solo
su Auto consente di sprecare il tuo potenziale fotografico creativo.
Sperimentare con lo scatto in modalità manuale o con priorità di tempi o
diaframmi significa che puoi veramente conoscere la tua fotocamera e
sfruttare le sue possibilità artistiche.
Errore #7 - Sbagliare tempo di scatto
Ogni
scena e ogni soggetto richiedono dei tempi di scatto differenti quindi
ricordati sempre di regolarli in base a ciò che vuoi comunicare.
Una
macchina sportiva può essere ripresa con tempo di scatto veloce (es.
1/2000s) per congelare un’istante, o con uno lento (1/60s) per creare un
effetto “panning” in cui la vettura risulta nitida ma lo sfondo è
mosso.
Errore #8 - Non eseguire il backup dei file
Questo non è tecnicamente un errore di impostazione della fotocamera,
ma se hai solo una copia delle tue immagini su un disco rigido, basta
un piccolo problema del disco e avrai perso tutte le tue immagini, e
questo per sempre! Il consiglio è quindi di avere
sempre uno o due back-up delle tue foto su un altro hard disk o su
un servizio di archiviazione cloud. Questi sono soldi ben spesi!
Errore #9 - Costruire inquadrature molto piene
È il tipico errore di chi non ha grande familiarità con la composizione e ha ancora poca esperienza: scattare scene oltre modo affollate.
Non mi stancherò mai di ripeterlo, in fotografia MENO E’ MEGLIO!
Errore #10 - Scattare ritratti con focali corte
Chi comincia spesso sottovaluta l’impatto che le focali
corte hanno sulla prospettiva e non tiene conto delle distorsioni che
introducono, riducendo così molti ritratti a vere e proprie caricature.
Errore #11 - Scattare sempre in orizzontale
È l’errore tipico del principiante, che però si protrae spesso anche quando il fotografo non è più alle prime armi.
Un po’ è dovuto alla pigrizia, un po’ alla poca consapevolezza, sta di
fatto che l’80% delle fotografie vengono scattate in orizzontale.
Osiamo! Proviamo a ruotare la macchina e scattiamo in verticale! Non ci succederà nulla di grave o di irreparabile.
Errore #12 - Scattare sempre all'altezza degli occhi
Vedi sopra… come per l’orientamento, anche il punto di ripresa molto spesso per il principiante si traduce in altezza occhi.
Proviamo ad abbassarci o ad alzarci. I nostri scatti ci ringrazieranno!
Errore #13 - Scattare solo quando fuori c'è il sole
Pur che l’attrezzatura sia protetta, possiamo uscire anche con la pioggia o con la neve. Scattare con il maltempo produce fotografie molto
interessanti.
Errore #14 - Concentrarsi soltanto al centro dell’inquadratura
…. e dimenticare oggetti che non c’entrano nulla disseminati qua e là , ai bordi dell’inquadratura.
È un errore piuttosto comune, in parte dovuto alla fretta, in parte
dovuto all’inesperienza, ma è bene lavorarci sopra per evitare di
continuare a commetterlo – è uno di quegli errori più difficili da
debellare.
Errore #15 - Posizionare sempre il soggetto al centro e non comporre l'immagine
Il marchio di fabbrica del principiante, che non conosce le regole della composizione fotografica.
Uno dei fattori principali che contraddistingue una foto unica da una banale è la composizione, ovvero il posizionamento nella scena dei soggetti che vogliamo riprendere.
Esistono varie tipologie di composizione (sezione aurea, regola dei terzi, linee diagonali…) e ciascuna aiuta a condurre l’occhio dello spettatore nei punti di maggiore interesse decisi dal fotografo.
Lo so, può suonare male ma uno degli errori più frequenti dei fotografi è quello di “tagliare” gli arti delle persone riprese.
Scattando un ritratto infatti spesso ci concentriamo sol
o sul viso del soggetto e dimentichiamo braccia, dita, caviglie e piedi che vengono esclusi o lasciati a metà sui bordi della foto.
Per non commettere quest’errore quindi fai attenzione a tutta la scena che stai osservando e se dovessi sbagliare correggi subito l’errore e scatta di nuovo.
Errore #17 - Scattare troppe foto
Le fotocamere moderne permettono di scattare raffiche di foto velocissime; se non sei un fotografo sportivo evita però di fotografare lo stesso soggetto 50 volte.
Un’eccessiva quantità di foto ti fa sprecare tempo nell’acquisizione, nella selezione degli scatti migliori e ti occupa una quantità di memoria esagerata.
La luce solare cambia durante la giornata:
è morbida e delicata all’alba e al tramonto mentre diventa più dura a
metà giornata. Quando il sole è alto in cielo crea dei contrasti tra
luci e ombre molto forti e tende a renderei colori meno vivaci.
Per ottenere gli effetti migliori quindi devi sfruttare la “golden hour” svegliandoti presto al mattino o aspettando il calar del sole.
Errore #19 - Non pianificare lo scatto
Se non vuoi trovarti davanti a un tramonto incredibile e pentirti di non aver portato un grandangolo ricordati di pianificare l’uscita fotografica!
La pianificazione non riguarda soltanto l’attrezzatura fotografica da portare (quali e quanti obiettivi, batterie e schede SD di riserva, accessori vari) ma anche elementi secondari importantissimi come il cibo, l’abbigliamento giusto o il meteo previsto.
Alcune mancanze oltre a impedirti di non ottenere lo scatto desiderato possono anche metterti in pericolo (per esempio un temporale improvviso) quindi organizzati sempre prima di uscire!
Errore #20 - Nessuna post produzione o troppa post produzione
Quello che è difficile far capire è che qualunque Jpeg esce dalla fotocamera è un’immagine già modificata!
La
scelta quindi non sta nell’essere favorevoli o contrari alla
post-produzione, ma scegliere se farla noi o lasciarla fare alla
fotocamera tramite un algoritmo (creato da ingegneri giapponesi) basato su situazioni standard. A te la scelta.
Non bisogna, però, neanche cadere nell'errore opposto. Se visiti spesso i social o i siti di fotografie ti sarà capitato di
vedere una foto e pensare “Oh no, questa foto è stato postprodotta
malissimo”.
Alcuni fotografi si lasciano prendere la mano quando
modificano le proprie foto: alzano la saturazione a livelli osceni,
aumentano la nitidezza creando bruttissimi artefatti o aggiungono
dominanti di colore che non c’entrano con la scena ripresa.
Abbiamo già visto come alla base delle strategie di marketing è fondamentale individuare il target group e le buyer personas. La comunicazione persuasiva, quindi, ha la necessità di promuovere contenuti che siano adatti e rispecchino i desideri, di quelli che sono raffigurati come clienti. Ma qual è il modo per raggiungerli in modo diretto ed efficiente?
Nel settore che riguarda il marketing, e specialmente il digital marketing, la risposta è unica e concreta: il direct marketing. Questa tecnica viene spesso ridotta ad una spiegazione superficiale secondo la quale
il marketing diretto indica una vecchia tipologia di fare comunicazione
che include il tradizionale annuncio cartaceo tramite posta, ma in
realtà c’è da sapere molto di più.
Il direct marketing è strettamente collegato ad un importante concetto, ossia il content marketing. La definizione più chiara è proposta da Direct Marketing Association:
“Direct
Marketing: sistema interattivo di marketing che utilizza uno o più
mezzi di comunicazione diretti al consumatore per produrre risposte e/o
transazioni misurabili”.
Vale la pena rispondere con fermezza alla domanda:
Cos’è il direct marketing?
Volendo fare una traduzione corretta potremmo dire che il
direct marketing non è altro che un tipo di risposta diretta e che
racchiude tutte quelle forme di promozione e/o comunicazione
che hanno l’esplicito scopo di raggiungere il pubblico individuato,
senza necessariamente avvalersi di qualche tipo di intermediario.
A sottolineare il fattore di immediatezza ci pensa la definizione che ne fa il Chartered Institute of Marketing che qui riportiamo volentieri:
“Nel
direct marketing tutte le attività che rendono possibile la vendita di
un bene o di un servizio o la trasmissione di un messaggio tramite
posta, telefono, email o altri mezzi diretti.”
Secondo gli studiosi le origini del direct marketing vanno ricercate facendo un lungo salto nel passato.
Parrebbe che già nel 1700, ad esempio, girassero dei cataloghi che
avevano l’obiettivo di aumentare il commercio delle botteghe. Il termine è stato coniato, in realtà , nel 1958 da Lester Wunderman, oggi considerato il padre del marketing diretto.
Il sistema interattivo del Direct Marketing, sostanzialmente prevede l’impiego di canali di comunicazione e di vendita diretti che abbiano l’obiettivo di raggiungere i clienti per comunicare loro in modo preciso le informazioni sui prodotti.
La fruibilità di questi canali sta proprio nel fatto che permettono all’azienda di svolgere l’intero processo d’acquisto interagendo direttamente con il consumatore/prosumer senza ricorrere a intermediari commerciali.
In base a ciò, va detto che nel corso degli anni si è sviluppato, nell’ambito della distribuzione, la formula del non-store retailing,
che sottintende ad un sistema di vendita al dettaglio, senza dover fare
riferimento a specifici di punti vendita con sede fissa.
I canali del marketing diretto vogliono raggiungere direttamente il target group.Il direct marketing è a tutti gli effetti una formula appartenente alla comunicazione persuasiva.
Le caratteristiche distintive del marketing diretto
Grazie a questo database, molto fornito, l’impresa
è capace di interpretare e di capire da un punto di vista commerciale
tutte le informazioni che caratterizzano l’atteggiamento e il
comportamento dei clienti. Ma quali sono le caratteristiche fondamentali del direct marketing? Ne possiamo facilmente evidenziare 4: selettività , personalizzazione, interattività e misurabilità .
La selettività :si
riferisce in particolar modo al messaggio! L’impresa studia in che modo
fare la propria comunicazione, ricordando che il pubblico d’interesse è
già stato preselezionato sulla base delle informazioni ricavate dal
database clienti.
L’interattività :si
concretizza nelle azioni del processo. Il destinatario svolge tutte
quelle attività (richiesta di informazioni e campioni di prova) che si
tramutano in una precisa risposta comportamentale e commerciale
(acquisto del prodotto).
La misurabilità :è
la possibilità di misurare la reattività degli utenti. Può esser
considerato un plus del direct marketing ma soprattutto è la risorsa che
racchiude anche gli altri 3 fattori appena descritti. Nel direct
marketing le risposte ottenute raccontano in che modo la comunicazione
persuasiva ha agito e che tipo di stimoli ha suscitato.
I canali di direct marketing
In
questo articolo, abbiamo più volte evidenziato la capacità del direct
marketing di raggiungere un preciso target e di instaurare con esso un
dialogo tanto diretto quanto personalizzato. Con il direct marketing si ottengono 2 risultati:ottenere una risposta immediata e stabilire un forte rapporto duraturo, per questo si parla anche di marketing relazionale.
A
tal fine, è il caso di esaminare alcune di quelle attività che
rientrano nel direct marketing come: il direct mail, il marketing su
catalogo, il telemarketing, la direct-response marketing e il marketing
on-line.
La comunicazione persuasiva con il direct
marketing procede in modo lineare su determinati canali che implicano il
contatto diretto come ad esempio: la vendita diretta (tipica dei negozi o porta a porta), vendita da catalogo o per corrispondenza, compravendita con il telefono (telemarketing), vendita dei prodotti attraverso i media tradizionali (la televendita) e vendita via Internet (siti di e-commerce).
Siccome sono molteplici le forme del direct marketing è opportuno suddividere i canali di direct marketing in due macro-categorie:
2.La pubblicità a risposta diretta: di diverso tipo è il direct response advertising che non solo utilizza i classici media ma soprattutto i new media. In genere è verificabile quando l’azienda pubblicizza i suoi prodotti per renderli immediatamente disponibili…
Va
notato come i mass media siano in grado di realizzare comunque un tipo
di comunicazione interattiva, introducendo l’uso del telefono,
l’indirizzo e-mail e sito web.
Cos’è il direct response?
A tal proposito è opportuno approfondire il tema del direct response advertising.
Fa parte di quest’ultimo la vendita al dettaglio online, ovvero
l’online retailing che permette ai clienti di confrontare e acquistare i
prodotti grazie alla rete.
Difatti, nella pubblicità online, viene spesso utilizzata una forma di direct response: la display advertising che ha il compito di ricevere le risposte. A differenza della classica pubblicità , radiofonica o televisiva, che ha lo scopo di rafforzare la brand image dell’azienza la finalità del direct response advertising è quella di sollecitare la proattività della clientela.
Il
direct marketing (marketing diretto) è una forma di pubblicità che
comporta la consegna di un messaggio immediato e personale, tra gli esempi più famosi di direct marketing (con canali digitali e non) abbiamo:
Il direct marketing
di successo è davvero ideale per tutti quei clienti che dimostrino un
chiaro interesse per i prodotti e/o servizi di un’azienda. Ma quali sono i motivi? Principalmente possiamo dire che tra i motivi c’è sicuramente l’abilità di creare un messaggio personalizzato, dove il cliente risulta protagonista e pensa di essere l’unico ad averlo ricevuto.
Nella strategia di direct marketing le campagne di marketing non sono nulla senza la raccolta di una lista di contatti. È fondamentale aggiornare il customer database per fornire le informazioni sul comportamento d’acquisto di una persona.
Tra l’altro un database accurato è capace di ampliare le opportunità di cross selling e up selling.
In sostanza, per stabilire delle reali connessioni con i consumatori è
essenziale conoscere i clienti, sapere quello che fanno e cosa
preferiscono comprare.
In conclusione, le aziende per pianificare le strategie e le campagne sui canali hanno bisogno di fare una comunicazione personalizzata, con i prospect dettagliati dei clienti, monitorando il processo comunicativo del direct marketing.
Per l’about page le insidie sono le stesse ma, se riesci a superarle, è fatta: in poche righe riuscirai a trasmettere fiducia, creare empatia con chi legge, invogliare a compiere un’azione specifica (ricordi le call to action?).
Mi imbatto ancora, ahimè, in about page noiosissime fatte di frasi come: «Fondata nel 2004 e sita nel cuore della città di Napoli…» (secondo te al lettore interessa sapere l’anno di fondazione come primo dettaglio?) o «Azienda giovane e dinamica, offre ai suoi Clienti servizi su misura…» (giovane e dinamica, servizi a 360 gradi, e bbasta!) o ancora «L’azienda ha la possibilità di soddisfare ogni tipo di richiesta. Tutto in base alle esigenze del cliente…» (mi costruisci anche l’Interprise per andare su Vulcano con James Kirk?).
In uno dei prossimi articoli, parleremo ancora di about page, per evidenziare gli errori da evitare se non si vuol far di tutto per NON farsi scegliere.
Ma oggi, vediamo insieme, invece, quali sono le informazioni che ci devono essere per creare un about page che si fa notare.
Azienda = persone
Ti ricordi che cos’è un about page? È la pagina chi siamo di un sito: dentro ci sono informazioni sul marchio e sul tipo di attività che svolge.
Ricorda che dietro a un’azienda ci sono persone.
Persone che hanno avuto l’idea ambiziosa di crearla, persone che la
fanno andare avanti e che ne condividono valori, ideali, competenze.
Abbandona i toni freddi e distaccati della terza persona singolare e abbraccia il “noi” per entrare in sintonia con il lettore.
Se sei un libero professionista, of course, parla pure di te in prima persona.
chi legge si farà un’idea di che tipo di persona sei;
collegare un volto a un’immagine aiuta le persone a riconoscerti quando vi vedrete dal vivo.
Non serve avere una foto da
catalogo di moda: ok a presentarsi in modo curato ma senza esagerare.
Fatti vedere per quello che sei in modo spontaneo, altrimenti rischi di
creare false aspettative a chi c’è al di là dello schermo.
Ancora di più se decidi di affibbiarti un titolo lavorativo creativo per distinguerti (vedi, ad esempio, Gioia Gottini, coltivatrice di successi, che però spiega benissimo di che cosa si occupa).
Che
fare? Chiarezza. Chiarezza. Ancora chiarezza. Descrivi il più
possibile, usa parole semplici senza aver paura di cadere nel banale.
Un buon inizio? Parti da chi sei, che cosa fai e per chi lo fai.
«Sono Umberto Mazza, direttore creativo della Insight Agency. Con la creatività aiuto professionisti e aziende a comunicare in modo efficace la loro attività e i loro prodotti». oppure «Siamo la Insight Agency, siamo italiani e dal 2006 ci occupiamo di comunicare ciò che fai. Lo facciamo con semplicità ed immediatezza, con chiarezza e creatività , sempre partendo però da ciò che ti rende davvero unico, te stesso, le tue idee, i tuoi valori».
Ti è mai capitato di leggere delle about page ben scritte, interessanti, ma il finale ti ha lasciato a bocca asciutta?
Succede in quelle pagine che non contengono i cosiddetti inviti all’azione.
Prova
a vestire i panni del destinatario che arriva sulla tua about page:
dentro trova tante informazioni interessanti su chi sei, cosa fai, come
lo fai. Approfondisce e si rende conto che da quello che scrivi sei la
persona che stava cercando da tempo. Sembra anche, dal tono di voce che
usi e da come comunichi, che siate sulla stessa lunghezza d’onda.
Benissimo. Poi? Poi l’about page si conclude in modo inconcludente (perdona il gioco di parole). Non c’è nessun percorso, nessun link, nessuno stimolo a fare qualcos’altro. Che peccato!
Chiudere un about page non è così difficile, per esempio nella nostra abbiamo scritto: «E adesso? Ci sono molti modi per lavorare insieme: puoi contattarci per chiederci un preventivo oppure puoi prenotare una call per incontrare Umberto Mazza, il nostro direttore creativo. Se invece preferisci scoprire come migliorare la tua comunicazione, puoi farlo leggendo il nostro blog». Chiaro, semplice, efficacissimo.
i tratti che avete in comune e cioè le informazioni che dai su di
te, correlate al tuo lavoro, che aiutano a farti conoscere come persona
oltre che come professionista (appassionato di vela o amo viaggiare non ha molto senso, ma che tutti i lunedì prima di iniziare a lavorare fai una sessione di yoga inizia a essere più interessante).
Quando scrivi la tua about page inserisci alcune informazioni che
aiutano a definirti come persona oltre che come professionista, sempre
legate, però, alla tua attività .
Per spiegarti cosa intendo, ecco un passaggio dell’about page di Valentina Masullo: «Ho
studiato informatica e poi sono scappata da una vita da dipendente
statale per non perdere l’occasione di continuare a crescere come
persona e come professionista».
Vedi? Valentina non
racconta di passioni o hobby, mette degli elementi personali legati alla
sua attività da freelance che dicono tra le righe molto del suo
carattere: ha mollato il posto di lavoro, questo fa pensare a lei come
una persona decisa, determinata, pronta a rischiare per qualcosa in cui
crede.
Come scrivere l’about page, ricapitoliamo
Che fatica, eh, scrivere l’about page? Vero, verissimo, ma proviamo a tirare le fila:
se hai un’azienda ricordati di raccontarla come una persona, usa il noi senza problemi;
scegli una foto che ti rappresenti, se siete un team pensate a un bello scatto di gruppo;
spiega tutto, anche quello che per te è banale;
presentati, racconta cosa fai e per chi;
metti il cliente al centro: parla dei suoi problemi e di quanto sei bravo a risolverli;
non abbandonare il lettore sul più bello, invoglialo a proseguire
nella navigazione del tuo sito andando alla scoperta di prodotti e
servizi;
fai vedere chi sei: comunica attraverso un tono di voce che ti
rappresenti e inserisci qualcosa di te che sia uno stimolo per creare
relazione.
Bene, ora mettiti al lavoro: rileggi la tua about page e migliorala seguendo queste indicazioni. Come sempre, se hai bisogno di aiuto, eccoci qui.
ZMOT? Sì, hai letto bene. ZMOT. Ma tranquillo non una parolacca, neanche in klingon lo è.
Lo ZMOT (Zero Moment of Truth), ovvero il momento zero di verità , è
la giusta chiave per ingaggiare il nostro cliente nel processo di
acquisto del prodotto.
Oggi il processo decisionale del
consumatore è cambiato radicalmente. Quello su cui si deve puntare per
essere un buon marketer è il percorso che porta alla decisione di
acquisto.
In questo articolo troverai le 7 regole d’oro che Google ci insegna per conquistare il consumatore!
I Momenti di Verità : cosa sono?
I cosiddetti
“Momenti di Verità ” sono definiti come le possibilità di interazione
tra cliente e prodotto-azienda che portano all’acquisto.
Si parla
per la prima volta di Momento di Verità nel 1981 quando l’amministratore
delegato di Scandinavian Airlines suggerisce al suo team di customer
care di costruire il rapporto con i clienti in base ai loro effettivi
bisogni fornendo loro tutte le informazioni richieste.
Nel 2021
ovviamente non esiste più un unico momento di verità , ma l’attenzione
che dobbiamo rivolgere a questi punti di contatto rimane altissima.
Il processo di acquisto tradizionale
Il primo modello del processo di acquisto si basa su tre momenti:
STIMOLO
FMOT- FIRST MOMENT OF TRUTH
SMOT- SECONDO MOMENT OF TRUTH
Stimolo
Lo
stimolo sostanzialmente si verifica quando il consumatore riceve lo
stimolo da una campagna di marketing facendo emergere un bisogno che può
essere di tipo informativo emotivo ecc.
FMOT – Scaffale
Il
primo momento di verità indica il lasso di tempo compreso dai 3 ai 7
secondi quando il consumatore si trova davanti lo scaffale e prende la
decisione d’acquisto.
Il concetto fu introdotto per la prima volta nel 2005 dalla società Procter & Gambel.
Oggi il First Moment of Truth non si basa più solo sull’osservazione dello scaffale ma può verificarsi in altri casi:
Un cliente visualizza i prodotti attraverso lo shop on line
Un potenziale cliente visita il sito web di un’azienda o i suoi social per la prima volta
Un cliente confronta i prezzi del prodotto
È
essenzialmente un momento di crisi per il consumatore che, non sapendo
scegliere, cercherà aiuto dagli altri utenti della rete.
SMOT – Esperienza
Dopo l’acquisto il consumatore vive il secondo momento di verità che avviene attraverso il consumo del bene.
È
il momento dell’esperienza del prodotto, che determinerà se il
consumatore è soddisfatto o meno dell’acquisto e se (e come!) vuole
condividere la sua esperienza.
Il nuovo processo di acquisto: cosa cambia con lo ZMOT?
Il nuovo processo decisionale di acquisto è articolato nelle seguenti fasi:
STIMOLO
ZMOT
FMOT
SMOT
In sostanza si aggiunge il momento zero di verità .
ZMOT- Zero Moment of Truth : definiamolo
ZMOT, come abbiamo detto, è l’acronimo di Zero Moment Of Truth termine usato per la prima volta da Google nel 2011.
Ti consiglio di guardare il video qui sotto:
Lo
Zero Moment of Truth è il momento in cui il consumatore
successivamente allo stimolo accede ad Internet per cercare informazioni
e pareri sul prodotto che gli interessa.
In questo momento il cliente costruisce le sue convinzioni ed opinioni riguardo ad un prodotto e inizia il processo d’acquisto.
Per assicurarsi la vittoria nello Zero Moment Of Truth è fondamentale assicurare una buona user experience al cliente.
Dove nasce il Momento Zero di Verità ?
Lo zmot lo incontriamo ON LINE. Solitamente ha inizio con la ricerca su un motore (Google ecc) o attraverso i social media.
Il
consumatore si interessa a tutte le interazioni che gli altri utenti
hanno fatto riguardo al prodotto di interesse ( blog, recensioni
commenti, condivisioni, like , stelline ecc).
Quando nasce il Momento Zero di Verità ?
Lo ZMOT è sempre presente nel processo di acquisto.
Oggi
giorno siamo costantemente collegati e il processo di informazione che
il consumatore vive avviene costantemente in tempo reale.
Stiamo
addirittura assistendo ad una sovrapposizione dei vari momenti della
verità : nella stessa manciata di minuti un consumatore che si trova in
un negozio, quindi ‘fisicamente’ proiettato nel primo momento della
verità , può comunque passare per il momento Zero grazie alla
consultazione del web tramite il suo smartphone.
I Momenti Della Verità si stanno quindi incontrando.
Come nasce lo ZMOT?
Lo
ZMOT è un processo di tipo relazionale ed emozionale, è molto di più
che un confronto fra informazioni. I consumatori sono attenti a capire
come il prodotto possa migliorare le proprie vite una volta acquistato e
consumato.
Per questo motivo nello ZMOT la conversazione non è
mai unidirezionale ma si trovano a concorrere sullo stesso piano amici
estranei siti ed esperti.
Le 7 Regole D’Oro di Google per conquistare il consumatore durante lo ZMOT
A
questo punto, è fondamentale per un marketer monitorare il momento zero
della verità . Osservando i comportamenti dei consumatori online per
fornire loro contenuti interessanti, pianificare una strategia mirata,
attrarre i potenziali clienti: è la sfida dell’Inbound Marketing.
Di seguito le 7 regole d’oro stilate da GOOGLE per conquistare il consumatore durante lo ZMOT:
Scegli una persona dedicata allo studio dello ZMOT: incarica una persona della tua azienda di occuparsi della fase zero del processo di vendita.
Scopri i tuoi momenti zero:
studia come i consumatori cercano il tuo prodotto, il loro vero
interesse e come parlano di te. Quando inizi a digitare il nome di un
tuo prodotto nei motori di ricerca, cosa ti suggerisce
l’auto-completamento? Il tuo sito web o i tuoi annunci compaiono nelle
prime tre posizioni della SERP per queste ricerche? La tua
azienda compare nelle recensioni e nei i commenti dei siti dedicati alle
realtà del tuo settore?
Rispondi alle domande che i potenziali clienti ti pongono, fornisci informazioni esaustive.
Rendi on line friendly lo ZMOT: proponi il contenuto giusto al momento giusto, nel posto giusto.
Sii veloce nell’analisi dei dati.
Usa i video: ricordati che un’immagine vale più di mille parole.
Non aver paura dei commenti negativi, agisci.
Un commento negativo può dare autenticità , e aiutare a migliorare
l’esperienza del nostro cliente. Se provochi un’emozione nei
consumatori, succederà sicuramente qualcosa: non trattarli come meri
indicatori da manipolare.
Il tempismo è tutto. È importante che la tua azienda sia rapida a fornire le giuste risposte a chi è in cerca di informazioni. Diversamente, il rischio di essere superati dai propri concorrenti e perdere potenziali clienti è veramente concreto, oggi più che mai.
L’idea base è semplice: devi esserci al momento giusto. Ma sarà facile da applicare?
In questa seconda ideale lezione del nostro corso di fotografia, vedremo insieme le diverse tipologie di macchine fotografiche analogiche e digitali.
L’avvento del digitale ha creato non pochi “problemi” ai fotografi in
erba: se infatti era abbastanza facile acquistare un modello analogico,
lo stesso non si può dire per una fotocamera digitale. Basti
pensare all’enorme quantità di esemplari in cui ci imbattiamo ogni qual
volta entriamo in un centro commerciale. E non parlo solo delle
differenti marche o forme, ma anche alle caratteristiche basilari di
ogni singolo modello.
Cominciamo a fare allora un po’ di ordine,
classificando le principali macchine fotografiche presenti sul mercato,
in funzione principalmente del sistema di inquadratura e del formato
delle pellicola impiegata. L’elenco di seguito è ovviamente una piccola
infarinatura e sono state considerate solo le più diffuse, o famose.
Fotocamera a visione diretta (mirino galileiano)
Questa fotocamera è caratterizzata da un mirino del tutto autonomo
rispetto all’ottica. Il campo di ripresa è differente quindi da quello
che avremo nell’inquadratura (normalmente il mirino è sopra l’ottica
stessa) e questo può causare problemi nell’ambito della composizione
(problemi di parallasse). L’immagine inquadrata dal mirino galileiano è
anche più chiara e nitida di quanto avremo nella foto, in quanto
l’immagine non passa attraverso l’ottica.
Le dimensioni di questo
apparecchio sono di solito contenute e spesso sono dotate di un
obiettivo fisso senza possibilità di mettere a fuoco e senza poter
variare altri parametri fondamentali quali bilanciamento del bianco,
modifiche sull’otturatore, sui tempi e così via. L’esempio classico,
pescando dall’analogico, sono le macchine usa e getta. Rivolgetevi ad
esse se non volete spendere praticamente nulla e vi interessa solo fare
qualche fotografia per ricordo.
Fotocamera con mirino a traguardo (telemetro) e ottica intercambiabile
Sono fotocamere che hanno un
obiettivo non intercambiabile. Solitamente è un obiettivo con uno zoom
integrato anche se in alcune fotocamere troviamo obiettivi a focale
fissa.
Come indicato dal nome sono fotocamere generalmente piccole, poco
ingombranti e dal peso ridotto anche se, in alcuni casi, si possono
trovare compatte grosse e pesanti.
Sono estremamente facili da
usare, solitamente funzionano in automatismo competo e non permettono
nessun tipo di regolazione manuale (a parte qualche filtro da poter
applicare prima dello scatto), quasi tutte ormai fanno anche video in
full HD a 1920x1080 pixel.
Montano un sensore piccolo, mediamente grande 6x8 mm. Questo consente di
poter costruire macchine di dimensioni ridotte. L’aspetto negativo di
tutto ciò è la qualità dell’immagine che non può esser minimamente
paragonata ad una reflex, inoltre un sensore piccolo non riesce a
gestire bene la sensibilità e le fotografie ad alti ISO risultano piene
di “rumore” fastidioso. Per questo motivo le fotocamere compatte sono
adatte a scattare in piena luce in esterno ma non lavorano assolutamente
bene in condizioni di luce scarsa se non usando il flash.
Un altro difetto delle compatte è che, essendo completamente
automatiche, spesso sono lente nello scattare. Questo fa sì che a volte
le foto vengano mosse o che si perda l’attimo fuggente.
Infine,
essendo completamente prive del mirino, in condizioni di forte luce o in
esterno col sole, si viene a creare un forte riflesso sul display e
risulta praticamente impossibile ottenere una buona inquadratura.
Sono adatte per foto generiche in esterni, in viaggio, per chi vuole poco peso addosso e per chi vuole spendere poco.
Non
sono adatte a scattare foto con poca luce, per fotografie di sport o
naturalistiche e per chi è molto esigente in termini di qualitÃ
Fotocamere Bridge
Sono
essenzialmente delle fotocamere con un funzionamento intermedio tra una
reflex e una compatta. Questo tipo di fotocamere hanno come
caratteristica principale uno zoom che da grandangolare o normale può
arrivare facilmente alle dimensioni di un teleobiettivo. Tale zoom è
dotato di stabilizzatore incorporato che aiuta, in condizioni di scarsa
luce, ad evitare il micro mosso.
Una caratteristica che le
differenzia dalle compatte è la disponibilità di utilizzo delle
principali modalità di esposizione (manuale, priorità di diaframmi,
priorità di tempi, automatica) mentre una caratteristica che le
differenzia dalle reflex è la presenza di un obiettivo fisso e non
intercambiabile.
Montano un sensore piccolo, simile a quello delle compatte ma grazie
alla maggiore qualità delle lenti, gli scatti risultano migliori
rispetto alle compatte. Tali lenti però, avendo zoom importanti, tendono
ad essere poco luminosi per cui fotografare in condizioni di poca luce
può risultare difficoltoso.
Hanno un design compatto, un’impugnatura comoda anche se risultano abbastanza ingombranti.
Di
tutte le tipologie di fotocamere, le bridge le sconsiglio vivamente.
Sono ingombranti, poco luminose e hanno praticamente il costo simile ad
una reflex entry level.
L’unico vantaggio che hanno è questo zoom
spropositato che però non è intercambiabile e risulta spesso poco
luminoso. Sono pertanto sconsigliate per fotografie sportive o di
animali in libertà .
Fotocamere a sviluppo immediato
Tornate in auge grazie a Polaroid, sono dotate di stampante integrata.
Di solito sono dotate di ottiche fisse e sono quasi del tutto
automatiche, oltre ad essere costose per quanto riguarda i materiali di
consumo: inchiostri e carta fotografica.
Le reflex
Le reflex sono le macchine più usate dai fotoamatori evoluti e dai
fotografi professionisti e hanno delle caratteristiche che le rendono
praticamente ideali per fotografare in ogni occasione.
I vantaggi delle reflex, rispetto alle categorie di cui abbiamo parlato prima, sono innumerevoli:
Grazie
ai sensori decisamente più grandi (in particolar modo se parliamo di
full frame) la qualità dell’iimagine è decisamente superiore ad una
compatta o ad una mirrorless.
Sempre grazie alla qualità e alle
dimensioni del sensore non ci sono particolari problemi ad alte
sensibilità pertanto si può fotografare anche in condizioni di poca
luce.
Sono molto più rapide a scattare rispetto ad una compatta e
ciò ci permette di catturare l’attimo giusto (per esempio in un evento
sportivo)
Grazie al sistema specchio/pentaprisma/mirino
(entreremo nel dettaglio nelle prossime lezioni) la messa a fuoco e
l’inquadratura possono avvenire con assoluta precisione. Ciò che
inquadrerete nel mirino sarà ciò che effettivamente andrete a registrare
sul sensore.
Sul mercato ci sono innumerevoli obiettivi e
accessori anche non della stessa marca della fotocamera che ci
permettono di scegliere in totale libertà .
Se siete ancora indecisi se acquistare o no una reflex, l’unica
domanda che vi dovete porre è quella se siete disposti o no a portarvi
dietro un oggetto abbastanza ingombrante e pesante. Questo infatti,
secondo me, è l’unico difetto delle fotocamere reflex.
Per il
resto le consiglio a tutti quelli che hanno intenzione di fare cose
“serie”, questo genere di fotocamera non è un giochino. Serve tempo e
voglia per imparare ad usarla ma alla fine vi darà delle grosse
soddisfazioni.
Anche questo modello è
oramai scomparso con l’avvento del digitale. Essa utilizzava delle
pellicole con riquadri da 6x6cm ed era dotata di due obiettivi: il primo
per inquadrare, il secondo per riprendere. L’immagine per
l’inquadratura, in queste macchine, si forma sul vetro smerigliato che
viene osservato in un pozzetto. A causa del doppio mirino, presenta un
certo errore di parallasse. L’ottica di solito era fissa, la qualitÃ
eccelsa ma era particolarmente lenta da usare. Oltre che ingombrante.
Le fotocamere Mirrorles
Sono delle fotocamere compatte ma estremamente avanzate sia sotto l’aspetto della qualità dell’immagine
che come disponibilità di ottiche, ma senza star qui a spiegarti le
basi della fotografia, si può riassumere come un sistema fotografico che
racchiude la versatilità di una fotocamera compatta e leggera con la qualità di una fotocamera DSRL (Reflex) professionale.
Il termine mirrorless significa senza specchio,
pertanto la differenza principale rispetto ad una reflex è la totale
mancanza del sistema a specchio tipico della reflex, che ti permette
osservare dal mirino la scena come se tu stessi guardando attraverso
l’obiettivo; dal vivo e senza interpolazioni elettroniche, anche senza
batterie o con la fotocamera spenta.
Nelle fotocamere Reflex, quelle che usano generalmente i
professionisti, la luce che entra attraverso l’obiettivo segue questo
percorso:
riflette contro uno specchio posto difronte al sensore;
viene deviata così al pentaprimsa (o pentamirror) che si trova appena davanti al mirino ottico;
attraversa il mirino ottico nel quale appoggi l’occhio.
Appena premi il tasto di scatto un sistema meccanico fa si che lo specchio (punto 1) si ribalti, lasciando momentaneamente il mirino al buio, facendo in modo che la luce colpisca il sensore.
Nelle mirrorless tutto questo sistema meccanico è stato completamente eliminato,
permettendo di guadagnare dello spazio, rendere le fotocamere più
leggere e renderle anche molto più efficienti su certi aspetti.
Qualche mirrorless non ha il mirino classico come sei abituato ad immaginarlo e funzionano esattamente come una compatta sfruttando lo schermo LCD esterno.
Altre mirrorless invecesembrano essere dotate di mirino come nelle reflex, ma in realtà anno semplicemente inserito al posto del mirino ottico, un piccolo schermo elettronico che in sostanza è una replica dello schermo LCD esterno.
Quando si parla di sistema Mirrorless si fa riferimento ad una specifica tipologia di fotocamere prive del sistema Reflex, ma dotate di sensore:
Micro Quarto-Terzi
APS-C
Full-Frame
Solitamente si intendono le fotocamere con ottiche intercambiabili, ma questo non è più una caratteristica fondamentale per la classificazione.
Ci sono infatti alcune eccezioni, come le fotocamere ad ottica fissa ma dotate comunque di un sensore di grandi dimensioni come ad esempio la Fuji X100T o la LeicaQ che vengono comunque considerate Mirrorless.
Non voglio fare un discorso di parte; sono convinto che le reflex tutt’ora siano un punto di riferimento in ambito fotografico professionale e non credo che le Mirrorless andranno a sostituire questo sistema del tutto:
Le reflex godono prima di tutto di una fama ancora molto radicata nell’immaginario comune, pertanto c’è ancora molta insicurezza da parte di tante persone nell’acquistare una mirrorless.
Attualmente dispongono di un sistema ancora molto più completo di quello che offre una qualsiasi marca Mirrorless.
Un parco ottiche immenso, una miriade di accessori originali o
compatibili senza contare il fatto che dispongono di tanti modelli di
“corpi macchina” da scegliere in base alle proprie esigenze.
E’ anche vero che le mirrorless hanno comunque un aspetto fondamentale che le rende molto diverse: l’ergonomia. Sono leggere, poco ingombranti e con una straordinaria qualità dell'immagine.
Al momento l’unico problema è il prezzo ancora elevato ma con il tempo e
con l’evolversi dei modelli credo che potranno diventare decisamente
più economiche.
La link building rappresenta il cuore della SEO
off-page, l’attività di ottimizzazione per i motori di ricerca che punta
a ottenere collegamenti ipertestuali da siti web con dominio differente
dal tuo. Questo è utile per migliorare il ranking del sito.
La link building è un insieme di tecniche, guidate da una strategia, per ottenere link in ingresso. Ovvero backlink.
L’obiettivo è quello di aumentare il posizionamento nella serp dei
motori di ricerca. Tutto questo è alla base della SEO off-page.
Costruire una rete di collegamenti ipertestuali è importante. Il
motivo è semplice: i link in ingresso (inbound) sono un segnale utile
per influenzare la visibilità su Google. Rappresentano un fattore di posizionamento SEO molto importante.
Avere una buona strategia di link building è importante soprattutto per i progetti in contesti molto competitivi. Ma deve essere accompagnata da una buona attività di content marketing e SEO on-page con keyword research e gestione della struttura.
I link per Google sono un segnale di qualità . Se un
sito web riceve tanti link da parte di portali attinenti, a tema e di
qualità vuol dire che le pagine che hanno ricevuto queste menzioni – e
quindi il dominio che le ospita – sono utili per l’utente.
La link building influenza un elemento che porta il nome di Pagerank (dal
fondatore di Google, Larry Page) che è, in sintesi, il valore numerico
da 0 a 10 che indica il valore di una pagina in base alla qualità e alla
quantità dei link che riceve.
Il calcolo del PageRank non è un mistero, c’è una
formula che consente di avere il valore di ogni sito web e pagina. C’è
da dire, però, che non è così agevole.
Uno dei punti essenziali da chiarire: c’è una distanza fondamentale tra link building ed earning.
Spesso questi passaggi vengono trattati come sinonimi, in realtà c’è
una differenza soprattutto ideologica. La link earning lavora
soprattutto sul contenuto.
Quindi permette di ottenere link grazie alla pubblicazione di elementi utili
a chi inserisce il collegamento. Il concetto di building, invece, si
lega inesorabilmente a qualcosa di meccanico e automatizzato. Che non
riguarda le pubblicazioni.
Ad esempio nelle strategie di link building trovi il lavoro di PBN
(private blog network) e di acquisto domini scaduti per creare siti che
linkeranno al tuo. La mia idea personale? Stai camminando su un campo minato che devi saper gestire.
Questo a causa delle possibili azioni penalizzanti da parte di
Google. Oggi, parere personale, lavorando sulla sintesi tra strategie di
content marketing e digital PR puoi fare un buon lavoro di link building. Ma bisogna fare attenzione agli effetti.
Link building SEO secondo Google
Un argomento importante per chi inizia a lavorare in questo settore: come fare link building secondo Mountain View? Molto semplice: non la puoi fare.
O meglio, secondo Google devi guadagnarti i link in modo naturale. In più riprese e su guide differenti il motore di ricerca sottolinea due punti: i link sono importanti per il posizionamento ma non è una buona idea. Ecco cosa dice nella pagina dedicata:
Tutti i link creati per manipolare il PageRank o
il ranking di un sito nei risultati di ricerca di Google potrebbero
essere considerati parte di uno schema di link e quindi una violazione
delle Istruzioni per i webmaster di Google.
Ciò che fa veramente la differenza è l’acquisto di link: chi paga per ricevere menzioni rischia
grosso. Ma non solo, chiunque manipoli i collegamenti in ingresso per
un lavoro artificiale di SEO off-page punta verso la punizione di Big G.
Penalizzazione manuale del sito
Nel momento in cui viene individuato un pattern di irregolarità puoi ricevere un’email nella Search Console nella quale ti avvisano di aver rilevato un’irregolarità .
A quel punto hai la possibilità di far rientrare il problema eliminando
i link incriminati e segnalando il lavoro svolto. Che deve essere
accettato, altrimenti la segnalazione viene rimandata al mittente.
Questo avviene se compri o vendi link.
Penalizzazione algoritmica (Google Penguin)
Google può tagliare le gambe al tuo sito anche in modo diverso, ad esempio con l’applicazione delle regole a livello di algoritmo.
Che sono molto più restrittive dopo l’applicazione di Google Penguin,
aggiornamento che ha imposto ai SEO di lavorare sui link di qualità .
Evitando sovraottimizzazioni soprattutto lato anchor text.
Come funziona il tool di Google per disconoscere i link.
Uscire da una penalizzazione Google Penguin non
è facile, hai bisogno del contributo di un esperto SEO per analizzare
il profilo link, individuare quelli malevoli e procedere con
un’eliminazione forzata. Anche con l’aiuto del Disavow Tool di Google.
Vale a dire uno strumento nella search console per rinnegare i link legati ad azioni di negative SEO o di siti web con webmaster che non rispondono alle tue esigenze.
Pianificare la link building per la SEO
Uno degli errori: iniziare a fare link building senza avere una buona
base di partenza. In primo luogo hai bisogno di un sito web strutturato
in modo da far scorrere il link juice, il risultato del lavoro ottenuto grazie ai backlink, in tutto il sito web.
Quindi devi creare una struttura piramidale in modo da poter fare in
modo che i risultati siano ben distribuiti. Al tempo stesso questo
lavoro sulla struttura del portale ti consente di individuare delle pagine obiettivo – quelle che monetizzano, di solito – che dovrebbero giovare del lavoro impostato dalla link building.
Tutto questo va di pari passo con la definizione di un buon profilo
link: quando organizzo le tecniche da mettere in gioco nella campagna di link building devo valutare dove far atterrare i link e che tipo di collegamento ottenere.
Ottenere link va bene, ma non devono essere tutti dofollow. Servono anche link nofollow
di qualità e che portano traffico. Magari alcuni con attributo UGC
(user generated content). In buona sintesi bisogna organizzare:
Pagine di atterraggio (home, articoli, categorie, landing).
Attributo (con o senza nofollow, UGC, sponsored).
Anchor text (brandizzato, assoluto, chiave specifica, chiave generica).
Fonte del link (testuale, immagine, bottone).
Tempi di crescita della link building.
Fonte di riferimento e pagine dalla quale si linka.
Google riconosce dei pattern, scenari simili nel corso del tempo. E tende a penalizzare chi fa una link building artificiale,
schematica, con tempi rapidi e da siti web non a tema. Magari sempre
senza nofollow e basata su anchor text commerciali. Quindi su exact
match query, chiavi di ricerca che coincidono con il testo di ancoraggio
del link.
Google non ama ciò che si presenta in modo innaturale, non vuole che
usi siti per comprare link e tende a penalizzare chi lavora con una link
building fai da te troppo aggressiva.
Il
processo di acquisizione dei backlink deve essere spalmato nel tempo in
modo da sembrare naturale. C’è da dire però che Google riconosce il
fatto che determinati business, tipo le aziende che
organizzano eventi, possono avere delle condizioni in cui si ritrovano
ad avere tanti link in momenti rapidi.
Chi deve fare la link building?
Di
solito deve occuparsi di quest’attività una figura specializzata o
meglio ancora una link building agency. Vale a dire un team di persone
in grado di analizzare il profilo link già ottenuto, pulire da eventuali
link spam e impostare una strategia per ottenere menzioni, citazioni e collegamenti ipertestuali di qualità .
Esiste anche una link building interna
Sì,
i SEO expert fanno un buon lavoro di costruzione della struttura link
interna. In questo modo è possibile dare dei segnali importanti a Google
per far capire quali sono le pagine più importanti per il proprio
progetto editoriale. In questo caso però mancano una serie di errori della link building come quelli legati all’anchor text.
Quanto costa la link building?
Una
buona campagna di link building può costare anche 1.000 euro al mese,
molto dipende dal settore e dalla competitività . L’importante è non
puntare al risparmio: una link building di scarsa qualità può portare a
pesanti penalizzazioni.
Come fare link building: le tecniche
Con collegamenti editoriali, menzioni spontanee, all’interno delle pagine e non nelle aree come footer e sidebar. O nelle pagine partner. Ma non bisogna improvvisare: l’errore più grande è quello di lavorare solo nella direzione della quantità .
Come puoi vedere nell’immagine in alto c’è una grande relazione tra
autorevolezza del dominio di chi ti linka e posizione su Google. La serp è di chi riesce a fare link building SEO di qualità . Ma è anche vero che il numero di referral è importante.
Nel senso, se ti linka 1.000 volte lo stesso dominio è irrilevante: devi avere link da siti differenti. E di qualità . Ma soprattutto contestualizzati, legati al tuo mondo.
Non basta ottenere tanti link per avere dei risultati. Ecco alcune tecniche che puoi sfruttare per attivare la tua campagna di link building in chiave SEO.
Pubblica notizie
Un buon modo per ottenere link in ingresso senza pagare, quindi rispettando il concetto espresso da Google rispetto
alla naturalità dei collegamenti, riguarda la capacità di essere fonte
della notizia. E informare il tuo pubblico di riferimento.
Quindi devi essere una fonte. Per farlo è necessario riportare
qualcosa di nuovo, utile e interessante. Una delle tecniche più
efficaci: la campagna di digital PR per pubblicizzare un evento. Puoi organizzare anche un’attività local, sul territorio.
Tipo un ciclo di seminari in un coworking o un workshop gratuito. Poi scrivi un comunicato stampa e lo mandi a giornalisti, blogger ed esperti del settore. Lo pubblicheranno tutti? No, però devi curare i rapporti: i link in questo modo arrivano.
Regala qualcosa
Non esiste un regalo gratuito, tutto contempla una contropartita e
un sentirsi in obbligo. Questa è la teoria del dono di Marcel Mauss,
etnografo francese. E ti assicuro che vale anche per fare link building
gratis. Questa è la procedura da seguire:
Scrivere una buona headline è importante per il tuo articolo ma non sufficiente: per creare un post di qualità hai bisogno, spesso e volentieri, di infografiche.
Basta fare un lavoro di reverse search con Google Immagini. Una volta inserita l’infografica sul motore di ricerca trovi le persone che hanno usato il tuo lavoro senza permesso: ora devi scrivere l’email e ricevere backlink gratis in quantità .
Crea discussione
Per ottenere un post di successo e fare link earning devi invogliare le persone a continuare il discorso. Per esempio puoi chiudere l’articolo con una call to action che inviti le persone a implementare i contenuti attraverso i commenti.
Non è sufficiente. Il vero lavoro di link building si manifesta
quando crei un articolo che divide il pubblico con posizioni forti. Il post democristiano, quello che dà ragione a tutti e a nessuno, non fa rumore. Se cerchi backlink devi fare rumore.
Ciò significa prendere posizioni scomode, ma significative. Forti. Il rischio è quello di essere criticato da chi non la pensa come te. Ma puoi anche guadagnare il rispetto e l’ammirazione di una parte di pubblico. Che parlerà di te, citerà il tuo lavoro.
Guest blogging
Uno dei modi più semplici per ottenere link in ingresso senza aspettare che arrivi dal cielo: pubblica un guest post su un sito del tuo settore. Per farlo basta fare una ricerca su Google e individuare blog che affrontano il tuo argomento base.
Li contatti e chiedi se è possibile lavorare in questa direzione. In realtà dietro ci sarebbe una strategia da affrontare: devi capire come scegliere il blog che pubblicherà il contenuto e in che modo scrivere un guest post di qualità ..
Ma, soprattutto, ricorda che guest blogging rientra tra le possibili
tecniche penalizzanti secondo Matt Cutts: non vuol dire nascondere l’acquisto di link.
Google è molto attento a questo punto e tende a penalizzare i siti che fanno grandi campagne di guest blogging con testi di scarsa qualità e anchor text commerciali. Insomma, si può fare ma con moderazione e attenzione alla qualità .
Crea un blog
Ci sono mille modi per fare link building SEO ma il più efficace se si tratta di contenuti riguarda la capacità di scrivere articoli capaci di dare definizioni base.
Questo vuol dire capire come le persone usano le keyword per cui volete essere trovati. Scardina gli archivi dei vari SEO tool, come il sempre utile Answer The Public, per farti un’idea e per ottimizzare il tuo articolo in chiave SEO copywriting. E magari variare nelle pubblicazioni del blog.
Se vuoi ottenere buoni link in ingresso pubblica articoli capaci di farsi trovare, rispondere alle domande degli utenti e risolvere problemi comuni. Insomma, devi lavorare sui contenuti di qualità .
Avere un ritmo di pubblicazione alto non vuol dire avere successo su questo punto di vista. Come puoi vedere da questa grafica di Backlinko, non sono i post casuali a prendere grandi quantità di link ma soluzioni come le liste puntate e i tutorial.
Quanti articoli pubblicare a settimana? Dipende, se vuoi fare un lavoro di link earning (guadagnare collegamenti grazie alla qualità dei contenuti) io direi di abbassare il ritmo e puntare sulla qualità di ciò che scrivi. Per poi fare altri lavori.
Blogger outreach e digital PR
Questo è il miglior incontro tra content marketing e link building. I puristi diranno che questa non è un’attività di costruzione della rete di collegamenti, ma io credo che si debba pur lavorare in modo da evitare le penalizzazioni e i controlli di Google.
Quindi, come procedere? Ovviamente dalla creazione di un contenuto esclusivo. Qualcosa che valga la pena linkare, come una guida molto approfondita o una ricerca con dati proprietari. O magari un ebook o un tool gratuito. Poi bisogna:
Individuare i siti e i blog che potrebbero far comodo al tuo progetto.
Contattarli con un’email per suggerire il possibile contenuto da linkare.
Sviluppare relazione con il blogger per capire come ottenere i vantaggi.
Monitorare i risultati e registrare i link in entrata.
Un’alternativa può essere quella di suggerire di linkare la tua risorsa in una pagina precisa. Ad esempio, puoi individuare i link rotti con Screaming Frog e suggerire di aggiustarli con qualcosa che ti appartiene. Oppure puoi seguire il mio esempio.
Link rotti
Una delle migliori strategie per fare link building
in SEO: fare un’analisi dei link rotti nei portali che ti interessano
per ottenere informazioni sui collegamenti ipertestuali che puoi
suggerire per eventuale sostituzione.
Programmi come Broken Link Sleut consentono di
analizzare i siti web che ti interessano e individuare le pagine con
link rotti. Fai un’analisi di eventuali risorse che hai a disposizione e
che puoi usare per sostituire, poi contatta il proprietario con
un’email
Ciao, ho visto che in questa pagina [link] c’è un collegamento
rotto [qui metti il link non funzionante]. Se vuoi, puoi sostituirlo con
questa risorsa che ho preparato un po’ di tempo fa [link al tuo
articolo]. Se non lo ritieni opportuno nessun problema, fammi sapere in
ogni caso. A presto.
Si tratta di un’email semplice e amichevole, senza forzature. Puoi
usare questa tecnica di link building in qualsiasi momento, non è molto veloce nella sua attuazione ma può dare buoni risultati se valuti con attenzione le pagine web.
Migliori software per trovare link
Chiaro, tutto questo non si può fare a mani nude. C’è bisogno dell’aiuto di uno o più SEO tool Google per scoprire quali sono i siti da intercettare e contattare per una buona attività di link building. Vale la pena ricevere un collegamento da quel sito?
Può darti dei vantaggi? Ha dei buoni segnali lato SEO? Lo puoi scoprire grazie all’aiuto di alcuni strumenti pensati proprio per la tua strategia di link building.
Open Site Explorer
Il primo nome che ti suggerisco: Moz, uno dei migliori SEO tool per individuare i link che ti hanno menzionato, comprendendo anche Page e Domain Authority.
Vale a dire una scala da 1 a 100 sviluppata per valutare la possibilità di posizionamento contemplando una serie di fattori. Come i link in ingresso.
Majestic e Ahrefs
Due tool che hanno fatto la storia nel settore link building, per quanto riguarda la possibilità di trovare siti utili al tuo universo e per valutare la tua SEO off-page.
Tra gli strumenti di Ahrefs, oltre a quelli di keyword research, trovi quelli di site explorer e SEO audit con analisi del backlink profile così scopri quali siti web hanno inserito collegamenti al tuo progetto e a quello dei competitor su internet.
Questo per valutare la qualità del profilo link. Una
soluzione simile si presenta con Majestic che può contare su strumenti
altrettanto avanzati come Site Explorer, verifica IP di provenienza dei
link, Trust Flow, Historic Index e report personalizzati.
Tool gratis: Uberdsuggest
Questo tool ben noto a chi fa SEO copywriting consente anche di analizzare il profilo link dei siti analizzati. Con Ubersuggest puoi avere informazioni importanti sulla pertinenza e la validità di un eventuali portale dal quale ricevere un collegamento.
Semrush e SEOzoom
Semrush, uno strumento a pagamento che consente di avere informazioni avanzate soprattutto rispetto ai competitor e
ai blog che si posizionano meglio rispetto alle parole chiave che ti
interessano. Grazie a questo tool puoi valutare parametri importanti:
Zoom Authority.
Tust del dominio.
Numero di link.
Autorevolezza dei link.
Link tossici
In questo modo è facile organizzare il lavoro di Digital PR/SEO per individuare, scoprire e contattare eventuali siti per la tua strategia di link building.
In questo settore suggerisco anche Seozoom, soluzione alternativa a Semrush e utile se lavori soprattutto nel settore italiano. Gli strumenti a disposizione sono simili.
Tecniche di link building fai da te dannose
Oggi, lavorare sulla costruzione di un profilo di collegamenti adeguati è importante. I link di qualità funzionano.
Ma ci sono ancora idee errate su questo lavoro. Quali sono le tecniche
di link building da evitare e, potenzialmente, dannose?
Usare commenti per inserire link con anchor text commerciale.
Scambio di link massimo: io linko te e tu linki me, meglio di no.
Evita e rinnega qualsiasi link da siti spam e con contenuti borderline.
Acquisire link velocemente e con lo stesso anchor text commerciale.
Ignorare l’importanza dei link nofollow nel profilo dei collegamenti.
Ottenere link da sidebar e footer (side-wide).
Non sovra-ottimizzare gli anchor text dei link che inserisci.
Non fare guest blogging di massa su siti off-topic e con contenuti scarsi.
Pubblica comunicati stampa e contenuti riciclati su altri siti.
Fare link building da directory e article marketing di bassa qualità .
Pensare di poter creare un Blog Private Network (PBN) (in realtà è molto difficile).
Comprare link: questo è l’errore base da evitare.
Ovviamente quest’ultimo punto verrà sempre contestato e rivalutato.
Si può acquisire un link, nel 2021 in Italia, senza comprarlo? Posso
rinunciare ai siti di link building?
Esempio di link building concreta
Ho un ebook gratis e delle immagini free da distribuire, e con una buona ricerca online scopro che ci sono tante persone che pubblicano liste dedicate a questi elementi: 10 ebook gratuiti che devi leggere, 20 siti per scaricare immagini gratis.
Crea un Google Alert dedicato a una determinata chiave. Una query specifica che deve essere cercata e utilizzata dalle persone per creare nuovi articoli.
Hai un ebook gratis? Segna questa keyword e resta in ascolto. Un’email ti avviserà quando verrà pubblicato un articolo con queste parole. Manda un’email a chi ha scritto il contenuto per avvisare: c’è una risorsa che può essere aggiunta alla lista.
Non sempre questo metodo funziona, ovviamente devi creare un’email personalizzata
e ben strutturata per evitare che venga cestinata immediatamente.
Soprattutto, non devi aspettarti niente. E non devi pretendere.
La tua campagna di link building
Hai ancora dubbi sulla tua attività per ottenere menzioni e collegamenti ipertestuali in ingresso? Come deve essere un link per darti vantaggi concreti? Hai già avuto riscontri dalla tua strategia SEO off-page? Lascia la tua opinione nei commenti.