InsightAgency

Raccontare una Storia con il Metodo STAR

 


Raccontare una storia con il metodo STAR ti permette di essere chiaro, sintetico e di andare dritto al punto. Il metodo STAR è molto utile quando devi veicolare molte informazioni in un breve lasso di tempo. In queste occasioni preparare anticipatamente le tue storie risulta essere un metodo efficace per fare colpo sul tuo interlocutore.

Nel metodo STAR ci sono 4 fasi: Situation, Task, Action e Result. Il metodo STAR viene utilizzato principalmente per i colloqui di lavoro, tuttavia le sue applicazioni possono tornarti molto utili anche per la creazione di contenuti su internet, ed in particolare sui social media.

Partiremo con la spiegazione delle 4 fasi, per poi mettere in pratica il metodo STAR con un esempio concreto, quindi ti consiglio di leggere attentamente l’articolo fino alla fine.

Da dove partire per raccontare una storia?

Pensa alle tue esperienze

Il primo e fondamentale passo, per raccontare una storia in modo efficace, è ripensare a tutte le esperienze del passato che possono essere interessanti per rispondere ad una domanda. Ti consiglio di metterle per iscritto su un foglio di carta con dei titoli sintetici.

Con il metodo STAR possiamo davvero raccontare qualsiasi storia, per esempio: come gestire una situazione di stress? Come realizzare un carosello efficace su Instagram? Come ho imparato a fare la carbonara migliore di Roma?

Ricordati di abbinare un titolo ad ogni racconto

In questo modo sarai in grado di utilizzare ogni storia nel momento più appropriato. Una volta buttati giù i titoli che ritieni più rilevanti seleziona le esperienze che consideri le “storie migliori”, ossia quelle storie che spiegano meglio il concetto che vuoi trasmettere.

Le 4 fasi del metodo STAR

Il metodo STAR si compone di 4 fasi: Situation, Task, Action e Result.

Situation

Una volta selezionate le storie, puoi partire con la prima fase. In questa parte del racconto concentrati sul contesto. Cosa stavi facendo? Qual è stato il tuo ruolo nella storia? Eri in un contesto lavorativo o privato?

In pratica devi inserire le tue azioni in un contesto. L’importante è non perdersi in dettagli inutili, ma fornire un quadro generale della situazione.

Task

Qui il focus è l’obiettivo che si vuole raggiungere. In questa fase spiega qual è lo specifico risultato che ti eri prefissato.

La fase Task, esattamente come la fase Situation, deve essere molto sintetica. Non perderti in dettagli e fornisci una descrizione generale, ma completa, dell’obiettivo da raggiungere.

Action

Qui entriamo nel vivo dell’azione. Il racconto si focalizza sulle azioni che hai intrapreso per raggiungere l’obiettivo. In questa fase vuoi mostrare al tuo interlocutore le tue qualità, quindi evita di essere troppo modesto.

Nel caso si tratti di un lavoro in team, ad esempio, dobbiamo altresì chiarire qual è stato il nostro ruolo, come abbiamo agito, ed in che modo hanno reagito i nostri compagni o colleghi.

Result

Nella conclusione enfatizziamo il risultato che abbiamo raggiunto. Descriviamo come si sono concluse le nostre azioni e magari qualche piccolo particolare che poteva essere migliorato.

Consigli utili prima dell’esempio

  • Non è una poesia recitata a memoria! Se devi raccontarla dal vivo o tramite video, fai in modo di parlare come se fosse la prima volta e attenzione al tuo linguaggio del corpo.
  • Più recente è la storia, meglio è.
  • L’eroe della storia sei tu! Dimostra che il tuo intervento è stato cruciale per il raggiungimento dell’obiettivo.
  • La narrazione deve essere rilevante per l’interlocutore. Se devi pubblicare una storia sui social media cerca di capire cosa vuole ascoltare il tuo pubblico di riferimento.

La chiave per avere succeso con il Metodo STAR?

Provare, provare, e ancora provare! Il metodo si affina con la pratica, solo in questo modo diventerà un’abitudine raccontare storie.

 


 

Esempio pratico del metodo STAR

Iniziamo con le fasi preliminari del metodo STAR. Qui dobbiamo individuare un titolo ed un’abilità che vogliamo mostrare agli altri. In questo caso voglio spiegare, ad esempio, come ho imparato a comunicare in pubblico.

Titolo: Presentazione in pubblico

Abilità: capacità di comunicare in pubblico e proattività.

Situation

Tre mesi fa ho partecipato ad un progetto per l’ideazione di una nuova start up. Io ed i miei colleghi eravamo molto entusiasti del lavoro svolto, il quale ci aveva impegnato per più di 2 mesi. Dopo innumerevoli notti insonni, il lavoro era pronto per la consegna.

Task

Tuttavia, la presentazione del progetto era imminente, ma nessuno si sentiva a suo agio nel presentare il progetto al pubblico. In sala ci sarebbero state molte persone, e non potevamo permetterci brutte figure davanti ai potenziali investitori e a diversi professionisti…

Action

Non essendoci volontari ho deciso di prendere in mano la situazione e di presentare il progetto. È stato molto sfidante, per la prima volta ho parlato in pubblico… ma grazie al mio impegno ed alla mia dedizione sono riuscito ad essere efficace e coinvolgente, evidenziando le caratteristiche principali del progetto.

Result

La presentazione è stata molto apprezzata e il progetto è stato premiato tra i migliori 3 tra quelli proposti. 

Contesti di applicazione del Metodo STAR

Chi ha “inventato” il metodo STAR?

Il metodo STAR è nato per rispondere in maniera strutturata a particolari tipologie di domande durante un colloquio di lavoro. Molto spesso gli intervistatori pongono domande che mettono nelle condizioni di raccontare una storia per mettere alla luce le nostre qualità.

Se vuoi imparare di più su questo metodo, applicato ai colloqui di lavoro, puoi leggere questo articolo in lingua inglese.

Questo metodo di raccontare storie si presta perfettamente ai social media. Raccontare una storia in maniera veloce e dritta al punto permette di rendere semplice la fruizione del contenuto da parte dell’utente.

 


Come utilizzare il Metodo STAR sui Social Media?

Se hai un profilo Instagram puoi utilizzare il metodo STAR nelle storie, rimandando al tuo ultimo post per approfondimenti. In questo modo coinvolgerai il tuo pubblico e le persone che ti seguono avranno più probabilità di interagire con il post.

Ovviamente, come puoi avere intuito, il metodo STAR è uno strumento che ti permette di raccontare una storia efficace, indipendentemente dal mezzo utilizzato e dal contesto. Quindi potrà tornati utile in qualsiasi situazione, a patto di esserti preparato adeguatamente in precedenza.

InsightAgency

Perché è importante realizzare una campagna creativa?

 


Perché la creatività ripaga, sempre!

Sappiamo bene che la battaglia delle aziende si svolge sul campo dell’attenzione: chi riuscirà ad inserirsi nella mente del consumatore anche per pochi secondi al giorno, sarà stato capace di penetrare quella solida barriera di indifferenza che lo protegge dall’infinità di contenuti con cui ogni giorno entra in contatto.

Partiamo quindi da alcune evidenze sul consumatore odierno:

  • La sua conoscenza delle marche è superficiale e raramente sa indicare che cosa differenzi una marca dalle altre;
  • Ne consegue che la fedeltà di marca è piuttosto bassa;
  • I brand sono raramente oggetto delle sue conversazioni e, anche quando lo sono, vengono toccati di sfuggita, come particolari di un racconto;
  • Costruire delle relazioni con le marche non è considerata una priorità.

 



Al contrario di quello che si potrebbe pensare, raramente le aziende scelgono di mettere in atto campagne ad alto tasso di creatività, che vengono invece riservate per il lancio di nuovi prodotti oppure per i brand che pesano poco sul profitto dell’impresa. Più propense verso questo tipo di investimento risultano le aziende piccole.

La causa risiede nella poca conoscenza del proprio pubblico. La paura infatti è che i risultati raggiunti dalla marca vengano distrutti da una campagna che si discosta dall’attività promozionale messa in atto fino a quel momento, che quindi il messaggio implicito che la campagna creativa porta con sé non venga compreso dal pubblico o che venga compreso in modo sbagliato.

Perché una campagna creativa non è mai uno spreco

Chiariamo però prima una cosa: realizzare una campagna creativa non è mai uno spreco. Infatti stiamo parlando ad un consumatore sveglio, che ha imparato a selezionare con cautela e giudizio i messaggi che gli arrivano dall’esterno. Una campagna creativa gli comunica qualcosa di importante sulla marca, cioè:

  • “Il nostro è un prodotto di qualità, perché ci abbiamo investito molto e si vede”
  • “La nostra è un’azienda innovativa ed intelligente, perché capace di trasmettere messaggi fuori dagli schemi”
  • “Siamo una realtà di successo perché possiamo permetterci di non risparmiare sulla creatività”

Tutti messaggi positivi non credi?

Ma andiamo a vedere più nel dettaglio quali sono i risvolti di una campagna creativa.

Prima di tutto i benefici della creatività si manifestano nel lungo periodo (almeno sei mesi) perché legati ad aspetti emotivi. Infatti le pubblicità che veicolano messaggi razionali influenzano più in fretta il comportamento dei consumatori, che però non avranno sviluppato un particolare attaccamento verso la marca o quel prodotto. Al contrario, la pubblicità creativa pone le basi per una relazione duratura, tanto che il consumatore si mostra meno sensibile al prezzo, accettando di spendere di più per quelle marche che comunicano in modo inedito.

L’originalità di una campagna fa si che la marca diventi più facilmente argomento di conversazione tra le persone e il word-of-mouth è un potentissimo strumento in grado di incidere sulle performance di mercato.

Come la creatività agisce sul cervello

Solitamente la pubblicità creativa presenta un messaggio implicito e ambiguo, cioè che può avere più di un’interpretazione oppure che è in contrasto con gli schemi mentali del consumatore. Quest’ultimo si trova davanti un dilemma, una situazione che chiede di essere risolta, e impegnerà le sue energie nel tentativo di elaborazione.

La conseguenza è che saranno necessarie meno esposizioni al messaggio pubblicitario per svilupparne il ricordo e una risposta comportamentale. Allo stesso tempo si stuferà più tardi di un messaggio creativo, perché ad ogni nuova esposizione cercherà nuovi dettagli a conferma della sua interpretazione.

Un altro aspetto fondamentale, mostrato dagli studiosi Yang e Smith, è che i consumatori assumono un atteggiamento di apertura e curiosità di fronte a questo tipo di comunicazione. Questo accade perché si instaura un meccanismo chiamato DPC (desire to postpone closure), per il quale si è disposti ad assumere maggiori informazioni prima di giudicare. Non entrano quindi in gioco pregiudizi, stereotipi, credenze, e soprattutto viene effettuata meno selezione sulle informazioni ricevute.

 


In sostanza il consumatore vuole essere trattato come una persona astuta e capace. La frustrazione iniziale per la complessità del messaggio lascia spazio alla soddisfazione di essere riuscito a decifrarlo.

Le sensazioni positive stimolate nel consumatore ripagheranno non solo le performance di prodotto, ma anche l’andamento della marca. Infatti la pubblicità creativa lascia tracce e associazioni nella memoria che facilitano il riconoscimento della marca, ma anche il suo ricordo spontaneo. 

Come realizzare una campagna creativa: 5 modi

Secondo il test inventato dallo psicologo Torrance negli anni ’60, la divergenza può essere creata in cinque modi:

  • Utilizzando elementi originali che si discostano da ciò che già esiste o da ciò che il pubblico crede di sapere;
  • Adottando una visione flessibile del prodotto, che lo mostri in situazioni inedite o in usi non comuni; 
  • Combinando tra loro elementi che normalmente non hanno alcun legame;
  • Comunicando idee e messaggi in modo elaborato e sottile, stimolando così le capacità cognitive;
  • Inserendo elementi particolarmente affascinanti dal punto di vista estetico.

Possiamo citare alcuni esempi di pubblicità che nel 2020 hanno sfruttato questi principi.

Facciamo qualche esempio

“Attento a ciò che ingoi” è stata una pubblicità lanciata da Burger King in cui il brand mostra ironicamente il confronto tra la famosa banana appiccicata al muro dell’artista Cattelan e una patatina da loro prodotta (e sicuramente molto più saporita) del prezzo di 0,01 centesimi. Il divertimento è assicurato: Burger King dimostra di avere una visione flessibile del suo prodotto e un occhio vigile verso le novità, comunicando un messaggio implicito e altamente stimolante per il cervello del consumatore.

 


 Heineken ha invece fatto leva sugli stereotipi di genere con la sua campagna “Cheers to all”. Il messaggio è chiaro: la sua birra può essere associata anche all’immagine femminile, prendendo così le distanze dai competitor che di solito mostrano la birra come un prodotto maschile. 

 

 

Infine, la campagna Digital Detox messa in atto da Porsche ha collegato al piacere della guida il tema della disintossicazione digitale, ispirando emozioni di libertà, auto-consapevolezza, contatto con la natura e con il prossimo. L’accostamento inusuale di questi due temi ha portato alla creazione di una campagna molto ingaggiante.

 

Osare è la parola chiave!

Insomma, la comunicazione creativa può portare enormi vantaggi per i brand che la mettono in pratica, offrendo allo stesso tempo un’esperienza di valore al pubblico verso cui è rivolta. Non è poi così difficile da realizzare: basta seguire queste semplici regole e munirsi di una sana voglia di ‘osare’.

InsightAgency

Fotografia: quali sono gli errori più frequenti quando si comincia?

 


Come dice il detto, “nessuno nasce imparato” e l'errore è quindi una presenza costante nel nostro cammino fotografico.

Fortunatamente, praticando la fotografia in modo costante, risulta molto facile migliorare rapidamente e correggere i nostri sbagli, anche se a volte dobbiamo pagare prima un pegno: tante fotografie "sbagliate"!

Ci sono però degli errori che sono costanti soprattutto se si è alle prime armi e che è molto facile evitare per concentrarsi sulle cose più importanti. Vediamo allora quali sono  i principali errori di chi è alle prime armi e come è possibile evitarli.

Errore #1 - Dimenticarsi di caricare le batterie

Partire per un’uscita fotografica, fare chilometri in macchina, arrivare sul posto tanto desiderato e scoprire… di aver dimenticato di caricare l’unica batteria che hai.

Non esiste incubo peggiore per un fotografo, quindi non dimenticarti di controllare sempre la carica delle batterie e portane alcune di scorta.

Errore #2 - Non svuotare le schede SD

Ecco un altro tipico errore che spaventa i fotografi: avere davanti a sé la scena ideale e vedere il messaggio “memoria insufficiente” sul display della fotocamera.

Puoi rimediare cancellando subito alcune foto vecchie che hai sulla memoria, spesso però non è possibile quindi porta sempre con te schede di memoria vuote.

Errore #3 - Lasciare la stabilizzazione dell'immagine quando si utilizza un treppiede

La stabilizzazione delle immagini è un dispositivo pratico in grado di ridurre le vibrazioni della fotocamera e migliorare la qualità dell'immagine quando viene utilizzata correttamente. Una volta attivato, la stabilizzazione dell'immagine contrasta i leggeri movimenti della fotocamera per ridurre la sfocatura delle foto.

 


Può essere così efficace che le fotocamere e gli obiettivi dotati del sistema consentono di utilizzare una velocità dell'otturatore compresa tra tre e cinque stop più lentamente rispetto alle fotocamere/obiettivi senza questa funzione. Questo rende le immagini più nitide in condizioni di luce scarsa.

Tutto bene? Beh, sì, ma non sempre.

Infatti, quando la stabilizzazione dell'immagine viene utilizzata con un treppiede, a volte può essere più un ostacolo che un aiuto. Se la tua fotocamera è già installata su un treppiede, dovrebbe essere abbastanza stabile da sola.

In questo caso, con la stabilizzazione dell'immagine attivata, il sistema potrebbe cercare di compensare le vibrazioni minuscole che altrimenti non avrebbero un effetto sull'immagine, aumentando la sfocatura anziché ridurla. Controlla il manuale utente della fotocamera o dell'obiettivo per sapere come spegnere il sistema mentre scatti con un treppiede e otterrai immagini più nitide. Non dimenticare di accenderlo di nuovo quando si tiene in mano la fotocamera, altrimenti potresti incorrere in un nuovo errore.

 Se non hai un treppiedi, i migliori sono quelli realizzati dalla Manfrotto:

Errore #4 - Utilizzo della modalità di autofocus errata

Se si è alle prime armi, può accadere che non si presti tanta attenzione a come la fotocamera mette a fuoco il soggetto. Lavorare in modalità automatica è sempre pericoloso: se la fotocamera non mette a fuoco nel punto giusto, la nostra foto potrebbe essere rovinata. Normalmente, le fotocamere moderne dispongono di tre modalità di messa a fuoco che è possibile selezionare.

Se le condizioni ci permettono di utilizzare la messa a fuoco automatica, possiamo procedere scegliendo tra tre modalità di funzionamento: messa a fuoco singola (AF-S per Nikon, e One Shot per Canon), messa a fuoco continua (AF-C per Nikon e AI Servo per Canon), messa a fuoco automatica (AF-AUTO per Nikon e AI Focus per Canon).  

 


Probabilmente la modalità di messa a fuoco più utilizzata è la messa a fuoco singola: cliccando a metà il pulsante di scatto, la fotocamera avvia la messa a fuoco sul soggetto che hai deciso di catturare e quindi blocca l'impostazione finché non viene azionato l'otturatore.

Una volta bloccato, hai la certezza che il tuo soggetto sarà ben focalizzato. La messa a fuoco singola può essere utilizzata per fotografare: soggetti fermi, per fare ritratti, per fotografare panorami.

Concludendo: usa la messa a fuoco singola con soggetti statici perché la messa a fuoco si blocca quando premi a metà il pulsante di scatto e quindi non può inseguire soggetti in movimento.

 


La messa a fuoco continua, d’altra parte, fa sì che l’obiettivo metta a fuoco il soggetto continuamente, il che lo rende ideale per il rilevamento di un soggetto in movimento. In questa modalità di messa a fuoco, la fotocamera ti consente di scattare una foto in qualsiasi momento, anche se il soggetto si muove.

Se tieni premuto a metà il pulsante di scatto, la fotocamera continua a mettere a fuoco il punto che hai selezionato; così, se il soggetto si muove, la fotocamera continuerà a mettere a fuoco in base alla sua nuova posizione.

La messa a fuoco continua è adatta ad essere utilizzata per soggetti che si muovono continuamente come: bambini, animali e per eventi sportivi. Ovviamente più veloce è il movimento del soggetto o più irregolare è la direzione del movimento, più il sistema di autofocus può essere tratto in inganno e quindi il risultato sarà negativo.

Ricordati però che il sistema di messa a fuoco continua, mantenendo sempre attivo il motore della messa a fuoco, consuma molta energia. Assicurati quindi di utilizzarlo solo quando necessario e di avere una adeguata scorta di batterie di ricambio ben cariche.

La terza modalità di messa a fuoco è la messa a fuoco automatica. Il sistema di autofocus della tua macchina fotografica modalità tenta di rilevare automaticamente se il soggetto è fermo o in movimento e imposta la modalità di messa a fuoco in base alla situazione.

Tuttavia tale modalità non è sempre affidabile e quindi la tua scelta è: corro il rischio di impostare la modalità errata e quindi sbaglio la messa a fuoco, oppure scelgo di delegare (oneri e onori) alla intelligenza dalla macchina fotografica?

Errore #5 - Non si scatta in formato RAW

 

 

Il formato JPEG è un formato familiare che non richiede post elaborazione e che permette l’immediata condivisione delle immagini sui social. Il problema è che i file JPEG vengono interpretati dalla fotocamera. Ciò significa che mentre impostazioni come la temperatura del colore e l'esposizione sono impostate in base alle impostazioni della fotocamera, la fotocamera elaborerà l'immagine per regolare i neri, il contrasto, la luminosità, la riduzione del rumore e la nitidezza.

Il file verrà quindi compresso in un JPEG. Ma poiché l'immagine è stata modificata, compressa e salvata come JPEG, le informazioni nella fotografia originale vengono scartate e non possono essere recuperate. Ciò limita la quantità di modifiche che è possibile eseguire con l'immagine in fase di post-produzione.

I file RAW, d'altra parte, non sono compressi e non sono elaborati. Anche se appaiono più piatte e più scure delle immagini JPEG, conservano tutte le informazioni registrate nell'immagine originale.

Ciò consente molta più flessibilità in fase di post-produzione, consentendo di assumere il pieno controllo sulle regolazioni che si desidera applicare a una fotografia. Il formato RAW è però molto più vorace in termini di memoria utilizzata. Assicurati di avere più schede di memoria del formato giusto, soprattutto nelle sessioni fotografiche più lunghe.

Errore #6 - Lavorare in modalità automatica

La modalità di esposizione automatica significa che la velocità dell'otturatore, il diaframma e ISO sono impostati automaticamente dalla fotocamera per una determinata situazione, lasciandovi quindi premere il pulsante di scatto e passare alla ripresa successiva.

Ma cosa succede se vuoi avere più controllo sulle tue immagini? Il più grande vantaggio di scattare in modalità manuale (o modalità priorità otturatore / diaframma) è il controllo creativo. In modalità automatica, inoltre, la fotocamera non espone sempre correttamente, quindi è possibile ritrovarsi con immagini sottoesposte o sovraesposte.

Scegli invece una modalità semi-automatica

Non è necessario scattare completamente manuale per controllare meglio le immagini. Le modalità Priorità di Diaframma e Priorità dei Tempi consentono di selezionare e regolare l'apertura o la velocità dell'otturatore mentre la fotocamera compensa per darti la giusta esposizione.

Usando Priorità di Diaframma, hai molto più controllo sulla profondità di campo nell'immagine, che determina la quantità di messa a fuoco dell'immagine. Questo è utile per molti generi, dalla ritrattistica alla fotografia paesaggistica, cambiando la dinamica delle immagini in base alla situazione e alla profondità delle foto. Essere in grado di prendere il controllo del movimento in un'immagine consente un margine di manovra molto più creativo.

L'effetto movimento è stato a lungo utilizzato per rendere le immagini più dinamiche. Pensa alle cascate con acqua fluente e paesaggi urbani temporali, oltre al movimento intenzionale della telecamera.

Mentre la modalità di esposizione automatica è utile e spesso efficace, fare affidamento solo su Auto consente di sprecare il tuo potenziale fotografico creativo. Sperimentare con lo scatto in modalità manuale o con priorità di tempi o diaframmi significa che puoi veramente conoscere la tua fotocamera e sfruttare le sue possibilità artistiche.

Errore #7 - Sbagliare tempo di scatto

Ogni scena e ogni soggetto richiedono dei tempi di scatto differenti quindi ricordati sempre di regolarli in base a ciò che vuoi comunicare.

Una macchina sportiva può essere ripresa con tempo di scatto veloce (es. 1/2000s) per congelare un’istante, o con uno lento (1/60s) per creare un effetto “panning” in cui la vettura risulta nitida ma lo sfondo è mosso.

 Errore #8 - Non eseguire il backup dei file

 

 

Questo non è tecnicamente un errore di impostazione della fotocamera, ma se hai solo una copia delle tue immagini su un disco rigido, basta un piccolo problema del disco e avrai perso tutte le tue immagini, e questo per sempre! Il consiglio è quindi di avere sempre uno o due back-up delle tue foto su un altro hard disk o su un servizio di archiviazione cloud. Questi sono soldi ben spesi!

Errore #9 - Costruire inquadrature molto piene 

È il tipico errore di chi non ha grande familiarità con la composizione e ha ancora poca esperienza: scattare scene oltre modo affollate. 

Non mi stancherò mai di ripeterlo, in fotografia MENO E’ MEGLIO!  

Errore #10 - Scattare ritratti con focali corte

Chi comincia spesso sottovaluta l’impatto che le focali corte hanno sulla prospettiva e non tiene conto delle distorsioni che introducono, riducendo così molti ritratti a vere e proprie caricature. 

Errore #11 - Scattare sempre in orizzontale

È l’errore tipico del principiante, che però si protrae spesso anche quando il fotografo non è più alle prime armi.

Un po’ è dovuto alla pigrizia, un po’ alla poca consapevolezza, sta di fatto che l’80% delle fotografie vengono scattate in orizzontale.

Osiamo! Proviamo a ruotare la macchina e scattiamo in verticale! Non ci succederà nulla di grave o di irreparabile.

Errore #12 - Scattare sempre all'altezza degli occhi 

Vedi sopra… come per l’orientamento, anche il punto di ripresa molto spesso per il principiante si traduce in altezza occhi.

Proviamo ad abbassarci o ad alzarci. I nostri scatti ci ringrazieranno!

 


 

Errore #13 - Scattare solo quando fuori c'è il sole 

Pur che l’attrezzatura sia protetta, possiamo uscire anche con la pioggia o con la neve. Scattare con il maltempo produce fotografie molto interessanti.

Errore #14 - Concentrarsi soltanto al centro dell’inquadratura

…. e dimenticare oggetti che non c’entrano nulla disseminati qua e là, ai bordi dell’inquadratura.
È un errore piuttosto comune, in parte dovuto alla fretta, in parte dovuto all’inesperienza, ma è bene lavorarci sopra per evitare di continuare a commetterlo – è uno di quegli errori più difficili da debellare.

 


 

Errore #15 - Posizionare sempre il soggetto al centro e non comporre l'immagine

Il marchio di fabbrica del principiante, che non conosce le regole della composizione fotografica.

Uno dei fattori principali che contraddistingue una foto unica da una banale è la composizione, ovvero il posizionamento nella scena dei soggetti che vogliamo riprendere.

Esistono varie tipologie di composizione (sezione aurea, regola dei terzi, linee diagonali…) e ciascuna aiuta a condurre l’occhio dello spettatore nei punti di maggiore interesse decisi dal fotografo.

Per imparare a comporre ti suggerisco il bellissimo libro L’occhio del fotografo.

Errore #16 -  “Tagliare” gli arti

Lo so, può suonare male ma uno degli errori più frequenti dei fotografi è quello di “tagliare” gli arti delle persone riprese.

Scattando un ritratto infatti spesso ci concentriamo sol

o sul viso del soggetto e dimentichiamo braccia, dita, caviglie e piedi che vengono esclusi o lasciati a metà sui bordi della foto.

Per non commettere quest’errore quindi fai attenzione a tutta la scena che stai osservando e se dovessi sbagliare correggi subito l’errore e scatta di nuovo. 

Errore #17 -  Scattare troppe foto

Le fotocamere moderne permettono di scattare raffiche di foto velocissime; se non sei un fotografo sportivo evita però di fotografare lo stesso soggetto 50 volte.

Un’eccessiva quantità di foto ti fa sprecare tempo nell’acquisizione, nella selezione degli scatti migliori e ti occupa una quantità di memoria esagerata.

Un altro aspetto tenere in considerazione è che lo scatto compulsivo ti “estranea mentalmente” dalla scena perché l’attenzione si sposta dal soggetto al premere il tasto di scatto di continuo.

Ricordati “less is more”.

Errore #18 -  Scattare in orari sbagliati

Qualunque sia il tuo genere fotografico impari subito che certe foto si fanno solo in determinati orari della giornata.

Se è facile capire che non puoi riprendere un tramonto a mezzogiorno, è più difficile comprendere perché è meglio non fare un ritratto a mezzogiorno.

La luce solare cambia durante la giornata: è morbida e delicata all’alba e al tramonto mentre diventa più dura a metà giornata. Quando il sole è alto in cielo crea dei contrasti tra luci e ombre molto forti e tende a renderei colori meno vivaci.

Per ottenere gli effetti migliori quindi devi sfruttare la “golden hour” svegliandoti presto al mattino o aspettando il calar del sole.

 


 

Errore #19 - Non pianificare lo scatto

Se non vuoi trovarti davanti a un tramonto incredibile e pentirti di non aver portato un grandangolo ricordati di pianificare l’uscita fotografica!

La pianificazione non riguarda soltanto l’attrezzatura fotografica da portare (quali e quanti obiettivi, batterie e schede SD di riserva, accessori vari) ma anche elementi secondari importantissimi come il cibo, l’abbigliamento giusto o il meteo previsto.

Alcune mancanze oltre a impedirti di non ottenere lo scatto desiderato possono anche metterti in pericolo (per esempio un temporale improvviso) quindi organizzati sempre prima di uscire!

Errore #20 -  Nessuna post produzione o troppa post produzione

Vedo molto spesso scatti che, con piccole modifiche, potrebbero diventare capolavori ma che non vengono post-prodotti perché l’autore è contrario al fotoritocco.

Quello che è difficile far capire è che qualunque Jpeg esce dalla fotocamera è un’immagine già modificata!

La scelta quindi non sta nell’essere favorevoli o contrari alla post-produzione, ma scegliere se farla noi o lasciarla fare alla fotocamera tramite un algoritmo (creato da ingegneri giapponesi) basato su situazioni standard. A te la scelta.

Non bisogna, però, neanche cadere nell'errore opposto. Se visiti spesso i social o i siti di fotografie ti sarà capitato di vedere una foto e pensare “Oh no, questa foto è stato postprodotta malissimo”.

Alcuni fotografi si lasciano prendere la mano quando modificano le proprie foto: alzano la saturazione a livelli osceni, aumentano la nitidezza creando bruttissimi artefatti o aggiungono dominanti di colore che non c’entrano con la scena ripresa.

 


InsightAgency

Comunicazione persuasiva: la strategia del direct marketing!

 


Abbiamo già visto come alla base delle strategie di marketing è fondamentale individuare il target group e le buyer personas. La comunicazione persuasiva, quindi, ha la necessità di promuovere contenuti che siano adatti e rispecchino i desideri, di quelli che sono raffigurati come clienti. Ma qual è il modo per raggiungerli in modo diretto ed efficiente?

Nel settore che riguarda il marketing, e specialmente il digital marketing, la risposta è unica e concreta: il direct marketing. Questa tecnica viene spesso ridotta ad una spiegazione superficiale secondo la quale il marketing diretto indica una vecchia tipologia di fare comunicazione che include il tradizionale annuncio cartaceo tramite posta, ma in realtà c’è da sapere molto di più.

Il direct marketing è strettamente collegato ad un importante concetto, ossia il content marketing. La definizione più chiara è proposta da Direct Marketing Association:

“Direct Marketing: sistema interattivo di marketing che utilizza uno o più mezzi di comunicazione diretti al consumatore per produrre risposte e/o transazioni misurabili”.

Vale la pena rispondere con fermezza alla domanda: 

Cos’è il direct marketing?

Volendo fare una traduzione corretta potremmo dire che il direct marketing non è altro che un tipo di risposta diretta e che racchiude tutte quelle forme di promozione e/o comunicazione che hanno l’esplicito scopo di raggiungere il pubblico individuato, senza necessariamente avvalersi di qualche tipo di intermediario.

A sottolineare il fattore di immediatezza ci pensa la definizione che ne fa il Chartered Institute of Marketing che qui riportiamo volentieri:

“Nel direct marketing tutte le attività che rendono possibile la vendita di un bene o di un servizio o la trasmissione di un messaggio tramite posta, telefono, email o altri mezzi diretti.”

Il direct marketing è quindi molto transmediale perché è in grado di realizzare approcci comunicativi con i mezzi più tradizionali (telefono, posta, ecc.) ma anche moderni. Ãˆ importante ribadire, in questa occasione, che rappresenta un punto cruciale l’assenza di intermediari e il contatto diretto con il pubblico.

Secondo gli studiosi le origini del direct marketing vanno ricercate facendo un lungo salto nel passato. Parrebbe che già nel 1700, ad esempio, girassero dei cataloghi che avevano l’obiettivo di aumentare il commercio delle botteghe. Il termine è stato coniato, in realtà, nel 1958 da Lester Wunderman, oggi considerato il padre del marketing diretto.

Il sistema interattivo del Direct Marketing, sostanzialmente prevede l’impiego di canali di comunicazione e di vendita diretti che abbiano l’obiettivo di raggiungere i clienti per comunicare loro in modo preciso le informazioni sui prodotti.

La fruibilità di questi canali sta proprio nel fatto che permettono all’azienda di svolgere l’intero processo d’acquisto interagendo direttamente con il consumatore/prosumer senza ricorrere a intermediari commerciali.

In base a ciò, va detto che nel corso degli anni si è sviluppato, nell’ambito della distribuzione, la formula del non-store retailing, che sottintende ad un sistema di vendita al dettaglio, senza dover fare riferimento a specifici di punti vendita con sede fissa.

I canali del marketing diretto vogliono raggiungere direttamente il target group. Il direct marketing è a tutti gli effetti una formula appartenente alla comunicazione persuasiva.

Le caratteristiche distintive del marketing diretto

Un requisito irrinunciabile per il direct marketing è l’analisi dei big data. Nel marketing la raccolta dei dati sui clienti è un elemento importante perché è ciò che fortifica le modalità della comunicazione persuasiva. La verifica e organizzazione viene fatta per poi realizzare un dettagliato database di marketing (customer database), ossia un archivio costituito da: 

  • dati statici (nominativi e parte anagrafica), 
  • dati dinamici tutte le altre informazioni. 

Grazie a questo database, molto fornito, l’impresa è capace di interpretare e di capire da un punto di vista commerciale tutte le informazioni che caratterizzano l’atteggiamento e il comportamento dei clienti. Ma quali sono le caratteristiche fondamentali del direct marketing? Ne possiamo facilmente evidenziare 4: selettività, personalizzazione, interattività e misurabilità.

La selettività: si riferisce in particolar modo al messaggio! L’impresa studia in che modo fare la propria comunicazione, ricordando che il pubblico d’interesse è già stato preselezionato sulla base delle informazioni ricavate dal database clienti. 

La personalizzazione: rende il messaggio rivolto al cliente unico e originale, perché si stabilisce un contatto selettivo e individuale (ad esempio come nel marketing one-to-one)

L’interattività: si concretizza nelle azioni del processo. Il destinatario svolge tutte quelle attività (richiesta di informazioni e campioni di prova) che si tramutano in una precisa risposta comportamentale e commerciale (acquisto del prodotto). 

La misurabilità: è la possibilità di misurare la reattività degli utenti. Può esser considerato un plus del direct marketing ma soprattutto è la risorsa che racchiude anche gli altri 3 fattori appena descritti. Nel direct marketing le risposte ottenute raccontano in che modo la comunicazione persuasiva ha agito e che tipo di stimoli ha suscitato.

 


 

I canali di direct marketing

In questo articolo, abbiamo più volte evidenziato la capacità del direct marketing di raggiungere un preciso target e di instaurare con esso un dialogo tanto diretto quanto personalizzato. Con il direct marketing si ottengono 2 risultati: ottenere una risposta immediata e stabilire un forte rapporto duraturo, per questo si parla anche di marketing relazionale.

A tal fine, è il caso di esaminare alcune di quelle attività che rientrano nel direct marketing come: il direct mail, il marketing su catalogo, il telemarketing, la direct-response marketing e il marketing on-line.

La comunicazione persuasiva con il direct marketing procede in modo lineare su determinati canali che implicano il contatto diretto come ad esempio: la vendita diretta (tipica dei negozi o porta a porta), vendita da catalogo o per corrispondenza, compravendita con il telefono (telemarketing), vendita dei prodotti attraverso i media tradizionali (la televendita) e vendita via Internet (siti di e-commerce).

Siccome sono molteplici le forme del direct marketing è opportuno suddividere i canali di direct marketing in due macro-categorie:

1.La vendita per corrispondenza, da catalogo o per telefono: che racchiude appunto la metodologia tradizionale di vendita grazie al servizio postale, distribuendo messaggi pubblicitari e fornendo dettagliati cataloghi che i clienti possono sfogliare, per valutare e scegliere i prodotti da ordinare. Con Internet c’è soprattutto un tipo di vendita definita telemarketing perché consiste nell’impiego del telefono.

2.La pubblicità a risposta diretta: di diverso tipo è il direct response advertising che non solo utilizza i classici media ma soprattutto i new media. In genere è verificabile quando l’azienda pubblicizza i suoi prodotti per renderli immediatamente disponibili…

Va notato come i mass media siano in grado di realizzare comunque un tipo di comunicazione interattiva, introducendo l’uso del telefono, l’indirizzo e-mail e sito web.

 


 

Cos’è il direct response?

A tal proposito è opportuno approfondire il tema del direct response advertising. Fa parte di quest’ultimo la vendita al dettaglio online, ovvero l’online retailing che permette ai clienti di confrontare e acquistare i prodotti grazie alla rete.

Difatti, nella pubblicità online, viene spesso utilizzata una forma di direct response: la display advertising che ha il compito di ricevere le risposte. A differenza della classica pubblicità, radiofonica o televisiva, che ha lo scopo di rafforzare la brand image dell’azienza la finalità del direct response advertising è quella di sollecitare la proattività della clientela.

Il direct marketing (marketing diretto) è una forma di pubblicità che comporta la consegna di un messaggio immediato e personale, tra gli esempi più famosi di direct marketing (con canali digitali e non) abbiamo: 

  • Email
  • Chiamate al telefono
  • Coupon
  • Cataloghi
  • SMS ed MMS

Perché il direct marketing ha successo?

Il direct marketing di successo è davvero ideale per tutti quei clienti che dimostrino un chiaro interesse per i prodotti e/o servizi di un’azienda. Ma quali sono i motivi? Principalmente possiamo dire che tra i motivi c’è sicuramente l’abilità di creare un messaggio personalizzato, dove il cliente risulta protagonista e pensa di essere l’unico ad averlo ricevuto.

Difatti, la comunicazione persuasiva del direct marketing è diretta ad una segmentazione efficace perché rivolta a persone che sono già state identificate come potenziali acquirenti. Tra le qualità del direct marketing continuiamo a sottolineare la misurabilità: necessario per realizzare future campagne. 

Nella strategia di direct marketing le campagne di marketing non sono nulla senza la raccolta di una lista di contatti. È fondamentale aggiornare il customer database per fornire le informazioni sul comportamento d’acquisto di una persona.

Tra l’altro un database accurato è capace di ampliare le opportunità di cross selling e up selling. In sostanza, per stabilire delle reali connessioni con i consumatori è essenziale conoscere i clienti, sapere quello che fanno e cosa preferiscono comprare.

In conclusione, le aziende per pianificare le strategie e le campagne sui canali hanno bisogno di fare una comunicazione personalizzata, con i prospect dettagliati dei clienti, monitorando il processo comunicativo del direct marketing.

 

InsightAgency

Come scrivere l'about page migliore di sempre?

 


Dell'about page, mi sono già occupato, quando vi ho proposto tre esercizi creativi + 1 per scriverla, oggi ritorno a parlarne, perché penso che l’about page sia la pagina più complessa da scrivere di un sito: è un contenuto che richiede grande consapevolezza di sé e del proprio lavoro, capacità di guardarsi dall’esterno, conoscenza del pubblico che si ha di fronte.

Immagina di metterti davanti a uno specchio e provare a fare un ritratto di te stesso: ok, al di là delle capacità artistiche…è difficile, non è vero? Questo perché ognuno di noi fa fatica a vedersi con occhio clinico: si tende a minimizzare i difetti (vedendoli più grandi di quello che sono) e a mettere in risalto quello che più piace (occhi grandissimi, mascella volitiva, labbra da bambolina, naso alla francese).

Per l’about page le insidie sono le stesse ma, se riesci a superarle, è fatta: in poche righe riuscirai a trasmettere fiducia, creare empatia con chi legge, invogliare a compiere un’azione specifica (ricordi le call to action?).

Mi imbatto ancora, ahimè, in about page noiosissime fatte di frasi come:
«Fondata nel 2004 e sita nel cuore della città di Napoli…» (secondo te al lettore interessa sapere l’anno di fondazione come primo dettaglio?)
o
«Azienda giovane e dinamica, offre ai suoi Clienti servizi su misura…» (giovane e dinamica, servizi a 360 gradi, e bbasta!)
o ancora
«L’azienda ha la possibilità di soddisfare ogni tipo di richiesta. Tutto in base alle esigenze del cliente…» (mi costruisci anche l’Interprise per andare su Vulcano con James Kirk?).

In uno dei prossimi articoli, parleremo ancora di about page, per evidenziare gli errori da evitare se non si vuol far di tutto per NON farsi scegliere.

Ma oggi, vediamo insieme, invece, quali sono le informazioni che ci devono essere per creare un about page che si fa notare.

Azienda = persone

Ti ricordi che cos’è un about page? È la pagina chi siamo di un sito: dentro ci sono informazioni sul marchio e sul tipo di attività che svolge.

Se hai un’azienda, evita di presentarla come un’entità a sé, come se si trattasse di un estraneo con cui hai a che fare poco o niente.

Ricorda che dietro a un’azienda ci sono persone. Persone che hanno avuto l’idea ambiziosa di crearla, persone che la fanno andare avanti e che ne condividono valori, ideali, competenze.

Abbandona i toni freddi e distaccati della terza persona singolare e abbraccia il “noi” per entrare in sintonia con il lettore.

Se sei un libero professionista, of course, parla pure di te in prima persona.

Ricordati anche di aggiungere una foto di te (o del gruppo di lavoro). Questo perché:

  • chi legge si farà un’idea di che tipo di persona sei;
  • collegare un volto a un’immagine aiuta le persone a riconoscerti quando vi vedrete dal vivo.

Non serve avere una foto da catalogo di moda: ok a presentarsi in modo curato ma senza esagerare. Fatti vedere per quello che sei in modo spontaneo, altrimenti rischi di creare false aspettative a chi c’è al di là dello schermo.

Non aver paura di spiegare

Per te, che conosci bene il tuo settore perché ci sei dentro anema e core, molte cose sono scontate.
Per i tuoi clienti, invece, non è così. Soprattutto se il tuo mestiere è spesso farcito di inglesismi poco familiari.

Ancora di più se decidi di affibbiarti un titolo lavorativo creativo per distinguerti (vedi, ad esempio, Gioia Gottini, coltivatrice di successi, che però spiega benissimo di che cosa si occupa).

Che fare? Chiarezza. Chiarezza. Ancora chiarezza. Descrivi il più possibile, usa parole semplici senza aver paura di cadere nel banale.

Lasciati ispirare da quello che diceva Einstein:

Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna

Un buon inizio? Parti da chi sei, che cosa fai e per chi lo fai.

«Sono Umberto Mazza, direttore creativo della Insight Agency. Con la creatività aiuto professionisti e aziende a comunicare in modo efficace la loro attività e i loro prodotti».
oppure
«Siamo la Insight Agency, siamo italiani e dal 2006 ci occupiamo di comunicare ciò che fai. Lo facciamo con semplicità ed immediatezza, con chiarezza e creatività, sempre partendo però da ciò che ti rende davvero unico, te stesso, le tue idee, i tuoi valori».

Il cliente è il cuore della tua about page

Pensaci bene: perché bisogna farsi un mazzo tanto per scrivere bene o migliorare la propria about page?
Perché è in questa pagina che ti giochi gran parte delle tue possibilità di farti scegliere da un potenziale cliente. Di solito, le persone arrivano all’about page del tuo sito perché:

  • hanno letto un tuo blog post e vogliono conoscere chi l’ha scritto;
  • sono interessate ad acquistare un tuo servizio;
  • qualcuno ha parlato bene di te e vogliono approfondire chi sei.

È proprio qui che devi convincere chi legge che sei tu il professionista giusto, non tanto perché sei bravo (anche, certo), non perché hai esperienza da vendere (anche), ma soprattutto perché conosci bene i bisogni dei tuoi clienti e sai come risolverli.

È questo il nodo da sciogliere: molti pensano che l’about page debba essere un contenuto autoreferenziale, dove si parla di sé. Sbagliato. L’about page è il posto dove parli del tuo pubblico, in cui racconti problemi, soluzioni, che cosa ottengono le persone se decidono di lavorare con te.

Vai oltre

Ti è mai capitato di leggere delle about page ben scritte, interessanti, ma il finale ti ha lasciato a bocca asciutta?

Succede in quelle pagine che non contengono i cosiddetti inviti all’azione.

Prova a vestire i panni del destinatario che arriva sulla tua about page: dentro trova tante informazioni interessanti su chi sei, cosa fai, come lo fai. Approfondisce e si rende conto che da quello che scrivi sei la persona che stava cercando da tempo. Sembra anche, dal tono di voce che usi e da come comunichi, che siate sulla stessa lunghezza d’onda.

Benissimo. Poi? Poi l’about page si conclude in modo inconcludente (perdona il gioco di parole).
Non c’è nessun percorso, nessun link, nessuno stimolo a fare qualcos’altro. Che peccato!

Chiudere un about page non è così difficile, per esempio nella nostra abbiamo scritto:
«E adesso? Ci sono molti modi per lavorare insieme: puoi contattarci per chiederci un preventivo oppure puoi  prenotare una call per incontrare Umberto Mazza, il nostro direttore creativo. Se invece preferisci  scoprire come migliorare la tua comunicazione, puoi farlo leggendo il nostro blog».
Chiaro, semplice, efficacissimo.

Crea empatia

Quando incontri qualcuno di nuovo e gli stringi la mano, a pelle ti rendi subito conto se quella persona ti piace o se, invece, è meglio starle alla larga perché hai il sentore che non andrete d’accordo.
Potrà sembrarti strano, ma anche online è lo stesso. A parità di offerta, due professionisti che fanno lo stesso lavoro, vengono scelti o non scelti in base a quanto le persone si sentono vicine a loro.
Come si sente questa vicinanza? Da piccole cose che non sono per nulla trascurabili come:

  • il tono di voce;
  • i tratti che avete in comune e cioè le informazioni che dai su di te, correlate al tuo lavoro, che aiutano a farti conoscere come persona oltre che come professionista (appassionato di vela o amo viaggiare non ha molto senso, ma che tutti i lunedì prima di iniziare a lavorare fai una sessione di yoga inizia a essere più interessante).

Quando scrivi la tua about page inserisci alcune informazioni che aiutano a definirti come persona oltre che come professionista, sempre legate, però, alla tua attività.

Per spiegarti cosa intendo, ecco un passaggio dell’about page di Valentina Masullo:
«Ho studiato informatica e poi sono scappata da una vita da dipendente statale per non perdere l’occasione di continuare a crescere come persona e come professionista».

 Vedi? Valentina non racconta di passioni o hobby, mette degli elementi personali legati alla sua attività da freelance che dicono tra le righe molto del suo carattere: ha mollato il posto di lavoro, questo fa pensare a lei come una persona decisa, determinata, pronta a rischiare per qualcosa in cui crede.

Come scrivere l’about page, ricapitoliamo

Che fatica, eh, scrivere l’about page?
Vero, verissimo, ma proviamo a tirare le fila:

  • se hai un’azienda ricordati di raccontarla come una persona, usa il noi senza problemi;
  • scegli una foto che ti rappresenti, se siete un team pensate a un bello scatto di gruppo;
  • spiega tutto, anche quello che per te è banale;
  • presentati, racconta cosa fai e per chi;
  • metti il cliente al centro: parla dei suoi problemi e di quanto sei bravo a risolverli;
  • non abbandonare il lettore sul più bello, invoglialo a proseguire nella navigazione del tuo sito andando alla scoperta di prodotti e servizi;
  • fai vedere chi sei: comunica attraverso un tono di voce che ti rappresenti e inserisci qualcosa di te che sia uno stimolo per creare relazione.

Bene, ora mettiti al lavoro: rileggi la tua about page e migliorala seguendo queste indicazioni.
Come sempre, se hai bisogno di aiuto, eccoci qui.

 

InsightAgency

ZMOT: Le sette regole d'oro per catturare il cliente

 

ZMOT? Sì, hai letto bene. ZMOT. Ma tranquillo non una parolacca, neanche in klingon lo è.

Lo ZMOT (Zero Moment of Truth), ovvero il momento zero di verità, è la giusta chiave per ingaggiare il nostro cliente nel processo di acquisto del prodotto.

Oggi il processo decisionale del consumatore è cambiato radicalmente. Quello su cui si deve puntare per essere un buon marketer è il percorso che porta alla decisione di acquisto.

Ecco perché conquistare il cliente nel Momento Zero della Verità (ZMOT) è un requisito necessario per vendere il tuo prodotto con successo.

In questo articolo troverai le 7 regole d’oro che Google ci insegna per conquistare il consumatore!

I Momenti di Verità: cosa sono?

I cosiddetti “Momenti di Verità” sono definiti come le possibilità di interazione tra cliente e prodotto-azienda che portano all’acquisto.

Si parla per la prima volta di Momento di Verità nel 1981 quando l’amministratore delegato di Scandinavian Airlines suggerisce al suo team di customer care di costruire il rapporto con i clienti in base ai loro effettivi bisogni fornendo loro tutte le informazioni richieste.

Nel 2021 ovviamente non esiste più un unico momento di verità, ma l’attenzione che dobbiamo rivolgere a questi punti di contatto rimane altissima.

Il processo di acquisto tradizionale

Il primo modello del processo di acquisto si basa su tre momenti:

  • STIMOLO
  • FMOT- FIRST MOMENT OF TRUTH
  • SMOT- SECONDO MOMENT OF TRUTH

Stimolo

Lo stimolo sostanzialmente si verifica quando il consumatore riceve lo stimolo da una campagna di marketing facendo emergere un bisogno che può essere di tipo informativo emotivo ecc.

FMOT – Scaffale

Il primo momento di verità indica il lasso di tempo compreso dai 3 ai 7 secondi quando il consumatore si trova davanti lo scaffale e prende la decisione d’acquisto.

Il concetto fu introdotto per la prima volta nel 2005 dalla società Procter & Gambel.

Oggi il First Moment of Truth non si basa più solo sull’osservazione dello scaffale ma può verificarsi in altri casi:

  • Un cliente visualizza i prodotti attraverso lo shop on line
  • Un potenziale cliente visita il sito web di un’azienda o i suoi social per la prima volta
  • Un cliente confronta i prezzi del prodotto

È essenzialmente un momento di crisi per il consumatore che, non sapendo scegliere, cercherà aiuto dagli altri utenti della rete.

SMOT – Esperienza

Dopo l’acquisto il consumatore vive il secondo momento di verità che avviene attraverso il consumo del bene.

È il momento dell’esperienza del prodotto, che determinerà se il consumatore è soddisfatto o meno dell’acquisto e se (e come!) vuole condividere la sua esperienza.

Il nuovo processo di acquisto: cosa cambia con lo ZMOT?

Il nuovo processo decisionale di acquisto è articolato nelle seguenti fasi:

  • STIMOLO 
  • ZMOT 
  • FMOT 
  • SMOT

In sostanza si aggiunge il momento zero di verità.

ZMOT- Zero Moment of Truth : definiamolo

ZMOT, come abbiamo detto, è l’acronimo di Zero Moment Of Truth termine usato per la prima volta da Google nel 2011.

Ti consiglio di guardare il video qui sotto:

 


 

Lo Zero Moment of  Truth è il momento in cui il consumatore successivamente allo stimolo accede ad Internet per cercare informazioni e pareri sul prodotto che gli interessa.

In questo momento il cliente costruisce le sue convinzioni ed opinioni riguardo ad un prodotto e inizia il processo d’acquisto.

Per assicurarsi la vittoria nello Zero Moment Of Truth è fondamentale assicurare una buona user experience al cliente.

Dove nasce il Momento Zero di Verità?

Lo zmot lo incontriamo ON LINE. Solitamente ha inizio con la ricerca su un motore (Google ecc) o attraverso i social media.

Il consumatore si interessa a tutte le interazioni che gli altri utenti hanno fatto riguardo al prodotto di interesse ( blog, recensioni commenti, condivisioni, like , stelline ecc).

Quando nasce il Momento Zero di Verità?

Lo ZMOT è sempre presente nel processo di acquisto.

Oggi giorno siamo costantemente collegati e il processo di informazione che il consumatore vive avviene costantemente in tempo reale. 

Stiamo addirittura assistendo ad una sovrapposizione dei vari momenti della verità: nella stessa manciata di minuti un consumatore che si trova in un negozio, quindi ‘fisicamente’ proiettato nel primo momento della verità, può comunque passare per il momento Zero grazie alla consultazione del web tramite il suo smartphone.

I Momenti Della Verità si stanno quindi incontrando.

Come nasce lo ZMOT?

Lo ZMOT è un processo di tipo relazionale ed emozionale, è molto di più che un confronto fra informazioni. I consumatori sono attenti a capire come il prodotto possa migliorare le proprie vite una volta acquistato e consumato.

Per questo motivo nello ZMOT la conversazione non è mai unidirezionale ma si trovano a concorrere sullo stesso piano amici estranei siti ed esperti.

Le 7 Regole D’Oro di Google per conquistare il consumatore durante lo ZMOT

A questo punto, è fondamentale per un marketer monitorare il momento zero della verità. Osservando i comportamenti dei consumatori online per fornire loro contenuti interessanti, pianificare una strategia mirata, attrarre i potenziali clienti: è la sfida dell’Inbound Marketing.

Di seguito le 7 regole d’oro stilate da GOOGLE per conquistare il consumatore durante lo ZMOT:

  • Scegli una persona dedicata allo studio dello ZMOT: incarica una persona della tua azienda di occuparsi della fase zero del processo di vendita.
  • Scopri i tuoi momenti zero: studia come i consumatori cercano il tuo prodotto, il loro vero interesse e come parlano di te. Quando inizi a digitare il nome di un tuo prodotto nei motori di ricerca, cosa ti suggerisce l’auto-completamento? Il tuo sito web o i tuoi annunci compaiono nelle prime tre posizioni della SERP per queste ricerche? La tua azienda compare nelle recensioni e nei i commenti dei siti dedicati alle realtà del tuo settore?
  • Rispondi alle domande che i potenziali clienti ti pongono, fornisci informazioni esaustive.
  • Rendi on line friendly lo ZMOT: proponi il contenuto giusto al momento giusto, nel posto giusto.
  • Sii veloce nell’analisi dei dati.
  • Usa i video: ricordati che un’immagine vale più di mille parole.
  • Non aver paura dei commenti negativi, agisci. Un commento negativo può dare autenticità, e aiutare a migliorare l’esperienza del nostro cliente. Se provochi un’emozione nei consumatori, succederà sicuramente qualcosa: non trattarli come meri indicatori da manipolare.

Il tempismo Ã¨ tutto. È importante che la tua azienda sia rapida a fornire le giuste risposte a chi è in cerca di informazioni. Diversamente, il rischio di essere superati dai propri concorrenti e perdere potenziali clienti Ã¨ veramente concreto, oggi più che mai.

L’idea base è semplice: devi esserci al momento giusto. Ma sarà facile da applicare?

 

InsightAgency

Le diverse tipologie di macchine fotografiche digitali e non solo.

 


In questa seconda ideale lezione del nostro corso di fotografia, vedremo insieme le diverse tipologie di macchine fotografiche analogiche e digitali.

L’avvento del digitale ha creato non pochi “problemi” ai fotografi in erba: se infatti era abbastanza facile acquistare un modello analogico, lo stesso non si può dire per una fotocamera digitale. Basti pensare all’enorme quantità di esemplari in cui ci imbattiamo ogni qual volta entriamo in un centro commerciale. E non parlo solo delle differenti marche o forme, ma anche alle caratteristiche basilari di ogni singolo modello.


Cominciamo a fare allora un po’ di ordine, classificando le principali macchine fotografiche presenti sul mercato, in funzione principalmente del sistema di inquadratura e del formato delle pellicola impiegata. L’elenco di seguito è ovviamente una piccola infarinatura e sono state considerate solo le più diffuse, o famose.

Fotocamera a visione diretta (mirino galileiano) 

Questa fotocamera è caratterizzata da un mirino del tutto autonomo rispetto all’ottica. Il campo di ripresa è differente quindi da quello che avremo nell’inquadratura (normalmente il mirino è sopra l’ottica stessa) e questo può causare problemi nell’ambito della composizione (problemi di parallasse). L’immagine inquadrata dal mirino galileiano è anche più chiara e nitida di quanto avremo nella foto, in quanto l’immagine non passa attraverso l’ottica.

Le dimensioni di questo apparecchio sono di solito contenute e spesso sono dotate di un obiettivo fisso senza possibilità di mettere a fuoco e senza poter variare altri parametri fondamentali quali bilanciamento del bianco, modifiche sull’otturatore, sui tempi e così via. L’esempio classico, pescando dall’analogico, sono le macchine usa e getta. Rivolgetevi ad esse se non volete spendere praticamente nulla e vi interessa solo fare qualche fotografia per ricordo.

 

Fotocamera con mirino a traguardo (telemetro) e ottica intercambiabile 

Sono macchine abbastanza rare ultimamente, anzi estinte con l’avvento del digitale e le riporto per una questione di “storia”. Queste macchine producono nel mirino due immagini che vanno a sovrapporsi: quando la sovrapposizione è perfetta allora avremo la messa a fuoco perfetta (un sistema molto preciso, seppur molto costoso). Il sistema si chiama telemetro ed è molto importante in condizioni di scarsa illuminazione. Normalmente queste macchine sono dotate anche di correttore di parallasse, hanno ottiche intercambiabili ed è possibile agire sulla tendina dell’otturatore, nonché sui tempi di scatto.

 


Fotocamere compatte

Sono fotocamere che hanno un obiettivo non intercambiabile. Solitamente è un obiettivo con uno zoom integrato anche se in alcune fotocamere troviamo obiettivi a focale fissa.

Come indicato dal nome sono fotocamere generalmente piccole, poco ingombranti e dal peso ridotto anche se, in alcuni casi, si possono trovare compatte grosse e pesanti.

Sono estremamente facili da usare, solitamente funzionano in automatismo competo e non permettono nessun tipo di regolazione manuale (a parte qualche filtro da poter applicare prima dello scatto), quasi tutte ormai fanno anche video in full HD a 1920x1080 pixel.


Montano un sensore piccolo, mediamente grande 6x8 mm. Questo consente di poter costruire macchine di dimensioni ridotte. L’aspetto negativo di tutto ciò è la qualità dell’immagine che non può esser minimamente paragonata ad una reflex, inoltre un sensore piccolo non riesce a gestire bene la sensibilità e le fotografie ad alti ISO risultano piene di “rumore” fastidioso. Per questo motivo le fotocamere compatte sono adatte a scattare in piena luce in esterno ma non lavorano assolutamente bene in condizioni di luce scarsa se non usando il flash.

 


 

Un altro difetto delle compatte è che, essendo completamente automatiche, spesso sono lente nello scattare. Questo fa sì che a volte le foto vengano mosse o che si perda l’attimo fuggente.

Infine, essendo completamente prive del mirino, in condizioni di forte luce o in esterno col sole, si viene a creare un forte riflesso sul display e risulta praticamente impossibile ottenere una buona inquadratura.

 Sono adatte per foto generiche in esterni, in viaggio, per chi vuole poco peso addosso e per chi vuole spendere poco.

Non sono adatte a scattare foto con poca luce, per fotografie di sport o naturalistiche e per chi è molto esigente in termini di qualità

Fotocamere Bridge

Sono essenzialmente delle fotocamere con un funzionamento intermedio tra una reflex e una compatta. Questo tipo di fotocamere hanno come caratteristica principale uno zoom che da grandangolare o normale può arrivare facilmente alle dimensioni di un teleobiettivo. Tale zoom è dotato di stabilizzatore incorporato che aiuta, in condizioni di scarsa luce, ad evitare il micro mosso.

Una caratteristica che le differenzia dalle compatte è la disponibilità di utilizzo delle principali modalità di esposizione (manuale, priorità di diaframmi, priorità di tempi, automatica) mentre una caratteristica che le differenzia dalle reflex è la presenza di un obiettivo fisso e non intercambiabile.


 

Montano un sensore piccolo, simile a quello delle compatte ma grazie alla maggiore qualità delle lenti, gli scatti risultano migliori rispetto alle compatte. Tali lenti però, avendo zoom importanti, tendono ad essere poco luminosi per cui fotografare in condizioni di poca luce può risultare difficoltoso.

Hanno un design compatto, un’impugnatura comoda anche se risultano abbastanza ingombranti.

Di tutte le tipologie di fotocamere, le bridge le sconsiglio vivamente. Sono ingombranti, poco luminose e hanno praticamente il costo simile ad una reflex entry level.

L’unico vantaggio che hanno è questo zoom spropositato che però non è intercambiabile e risulta spesso poco luminoso. Sono pertanto sconsigliate per fotografie sportive o di animali in libertà.

Fotocamere a sviluppo immediato

Tornate in auge grazie a Polaroid, sono dotate di stampante integrata. Di solito sono dotate di ottiche fisse e sono quasi del tutto automatiche, oltre ad essere costose per quanto riguarda i materiali di consumo: inchiostri e carta fotografica.

 


Le reflex

Le reflex sono le macchine più usate dai fotoamatori evoluti e dai fotografi professionisti e hanno delle caratteristiche che le rendono praticamente ideali per fotografare in ogni occasione.

I vantaggi delle reflex, rispetto alle categorie di cui abbiamo parlato prima, sono innumerevoli:

  • Grazie ai sensori decisamente più grandi (in particolar modo se parliamo di full frame) la qualità dell’iimagine è decisamente superiore ad una compatta o ad una mirrorless.
  • Sempre grazie alla qualità e alle dimensioni del sensore non ci sono particolari problemi ad alte sensibilità pertanto si può fotografare anche in condizioni di poca luce.
  • Sono molto più rapide a scattare rispetto ad una compatta e ciò ci permette di catturare l’attimo giusto (per esempio in un evento sportivo)
  • Grazie al sistema specchio/pentaprisma/mirino (entreremo nel dettaglio nelle prossime lezioni) la messa a fuoco e l’inquadratura possono avvenire con assoluta precisione. Ciò che inquadrerete nel mirino sarà ciò che effettivamente andrete a registrare sul sensore.

Sul mercato ci sono innumerevoli obiettivi e accessori anche non della stessa marca della fotocamera che ci permettono di scegliere in totale libertà.

Se siete ancora indecisi se acquistare o no una reflex, l’unica domanda che vi dovete porre è quella se siete disposti o no a portarvi dietro un oggetto abbastanza ingombrante e pesante. Questo infatti, secondo me, è l’unico difetto delle fotocamere reflex.

Per il resto le consiglio a tutti quelli che hanno intenzione di fare cose “serie”, questo genere di fotocamera non è un giochino. Serve tempo e voglia per imparare ad usarla ma alla fine vi darà delle grosse soddisfazioni.

 


Reflex monoculare medio formato

Le fotocamere reflex di medio formato sono pressoché simili alle precedenti se non per il formato del sensore che raggiunge le dimensioni di 6x6cm. un sensore così grande consente una migliore resa del colore, grandissima luminosità, ingrandimenti notevolissimi senza problemi di sgranatura. Ovviamente il loro costo è proibitivo e si aggirano sui 25,000€ o oltre. Sono le macchine spesso impiegate per i grandi cartelloni pubblicitari.


Reflex Binoculare (TLR) 

Anche questo modello è oramai scomparso con l’avvento del digitale. Essa utilizzava delle pellicole con riquadri da 6x6cm ed era dotata di due obiettivi: il primo per inquadrare, il secondo per riprendere. L’immagine per l’inquadratura, in queste macchine, si forma sul vetro smerigliato che viene osservato in un pozzetto. A causa del doppio mirino, presenta un certo errore di parallasse. L’ottica di solito era fissa, la qualità eccelsa ma era particolarmente lenta da usare. Oltre che ingombrante.


Le fotocamere Mirrorles

Sono delle fotocamere compatte ma estremamente avanzate sia sotto l’aspetto della qualità dell’immagine che come disponibilità di ottiche, ma senza star qui a spiegarti le basi della fotografia, si può riassumere come un sistema fotografico che racchiude la versatilità di una fotocamera compatta e leggera con la qualità di una fotocamera DSRL (Reflex) professionale.

 


Il termine mirrorless significa senza specchio, pertanto la differenza principale rispetto ad una reflex è la totale mancanza del sistema a specchio tipico della reflex, che ti permette osservare dal mirino la scena come se tu stessi guardando attraverso l’obiettivo; dal vivo e senza interpolazioni elettroniche, anche senza batterie o con la fotocamera spenta.

Nelle fotocamere Reflex, quelle che usano generalmente i professionisti, la luce che entra attraverso l’obiettivo segue questo percorso:

  1. riflette contro uno specchio posto difronte al sensore;
  2. viene deviata così al pentaprimsa (o pentamirror) che si trova appena davanti al mirino ottico;
  3. attraversa il mirino ottico nel quale appoggi l’occhio.

Appena premi il tasto di scatto un sistema meccanico fa si che lo specchio (punto 1) si ribalti, lasciando momentaneamente il mirino al buio, facendo in modo che la luce colpisca il sensore.

Nelle mirrorless tutto questo sistema meccanico è stato completamente eliminato, permettendo di guadagnare dello spazio, rendere le fotocamere più leggere e renderle anche molto più efficienti su certi aspetti.

Qualche mirrorless non ha il mirino classico come sei abituato ad immaginarlo e funzionano esattamente come una compatta sfruttando lo schermo LCD esterno.

Altre mirrorless invece sembrano essere dotate di mirino come nelle reflex, ma in realtà anno semplicemente inserito al posto del mirino ottico, un piccolo schermo elettronico che in sostanza è una replica dello schermo LCD esterno.

Quando si parla di sistema Mirrorless si fa riferimento ad una specifica tipologia di fotocamere prive del sistema Reflex, ma dotate di sensore:

  1. Micro Quarto-Terzi
  2. APS-C
  3. Full-Frame

Solitamente si intendono le fotocamere con ottiche intercambiabili, ma questo non è più una caratteristica fondamentale per la classificazione.

Ci sono infatti alcune eccezioni, come le fotocamere ad ottica fissa ma dotate comunque di un sensore di grandi dimensioni come ad esempio la Fuji X100T o la LeicaQ che vengono comunque considerate Mirrorless.


 

Non voglio fare un discorso di parte; sono convinto che le reflex tutt’ora siano un punto di riferimento in ambito fotografico professionale e non credo che le Mirrorless andranno a sostituire questo sistema del tutto:

  • Le reflex godono prima di tutto di una fama ancora molto radicata nell’immaginario comune, pertanto c’è ancora molta insicurezza da parte di tante persone nell’acquistare una mirrorless.
  • Attualmente dispongono di un sistema ancora molto più completo di quello che offre una qualsiasi marca Mirrorless. Un parco ottiche immenso, una miriade di accessori originali o compatibili senza contare il fatto che dispongono di tanti modelli di “corpi macchina” da scegliere in base alle proprie esigenze.

E’ anche vero che le mirrorless hanno comunque un aspetto fondamentale che le rende molto diverse: l’ergonomia. Sono leggere, poco ingombranti e con una straordinaria qualità dell'immagine. 

Al momento l’unico problema è il prezzo ancora elevato ma con il tempo e con l’evolversi dei modelli credo che potranno diventare decisamente più economiche.