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Come possiamo gestire il rumore in fotografia?

 

Tutti abbiamo sentito parlare di rumore in fotografia. Ma di che cosa si tratta esattamente? E come possiamo gestirlo? Rispondiamo a tutte le domande in questo articolo.

Gestire il rumore: introduzione

Conosciamo il ruolo del livello ISO in fotografia e sappiamo come l’aumento della sensibilità del sensore corrisponda a un parallelo aumento dell’incidenza del “rumore”. Ma cos’è di preciso il rumore? È l’equivalente digitale della grana della pellicola. Tuttavia, mentre la sgranatura può migliorare aspetto e atmosfera di un’immagine, il rumore spesso è fastidioso.

Il rumore non è esclusivo delle fotocamere digitali. È un disturbo generato da tutti gli strumenti elettronici. Il fattore chiave è il rapporto segnale-rumore (SNR). Quando il segnale (nel nostro caso l’intensità della luce catturata dal sensore) è superiore al rumore di fondo generato dai circuiti elettronici, l’immagine mostra scarse interferenze. Quando il segnale è debole, è più difficile distinguere i dati dell’immagine dal rumore indesiderato.

Le cause del rumore

Sono molti i fattori che possono causare il proliferare del rumore. Aumentare il livello ISO, come detto, ha un importante impatto perché amplifica tanto il rumore quanto il segnale. Il punto oltre il quale il rumore diventa eccessivo varia a seconda delle fotocamere (alcune hanno prestazioni ad alti ISO migliori di altre). Ma in genere le immagini rimangono pulite fino a ISO 800 e il rumore accettabile fino a ISO 3.200. Al di sopra, il margine di tollerabilità cambia e dimensioni e risoluzione del sensore influenzano il risultato. Infatti, più il sensore è piccolo e ad alta risoluzione, prima diventa evidente il rumore.

Anche le lunghe esposizioni introducono rumore, perché il sensore si surriscalda, soprattutto quando il clima esterno è caldo. In generale, però, questo tipo di rumore è più semplice da rimuovere rispetto a quello associato ai livelli ISO più alti.

Il rumore è più evidente nelle aree scure di un’immagine che in quelle chiare. È uno dei motivi per cui vale sempre la pena di cercare di esporre correttamente allo scatto, anche in RAW. Quando in post-produzione schiariamo un’immagine sottoesposta, infatti, accentuiamo anche la presenza del rumore registrato nelle ombre.


 

Di luminanza o di crominanza?

“Rumore”, comunque, è un termine un po’ generico. In fotografia digitale, il rumore si distingue in rumore di luminanza o di crominanza. Il secondo è il più fastidioso. Può coprire l’immagine con una cortina di macchioline, coriandoli e bande che oscurano il dettaglio e falsano la scena. Per fortuna, sono anche facili da rimuovere via software senza degradare troppo l’immagine.

Diverso il discorso per il rumore di luminanza. È meno spiacevole (somiglia di più alla grana della pellicola), ma più difficile da eliminare senza “ammorbidire” l’immagine. Il sistema di riduzione del rumore fatica a distinguere dettagli minuti e rumore di luminanza, e finisce per fluidificare entrambi. Via software possiamo almeno regolare l’intensità della correzione e applicarla selettivamente a specifiche aree dell’immagine.

Le funzioni di riduzione in-camera

La riduzione del rumore ad alti ISO offerta dalla fotocamera è invece uno strumento meno efficace e versatile, nonostante la scelta di diverse possibili opzioni. Per esempio, in genere è possibile scegliere intensità diverse di riduzione del rumore ad alti livelli ISO e anche disattivare del tutto la funzione. Dato che si tratta di un’impostazione di elaborazione interna, un po’ come il bilanciamento del bianco, viene applicata in modo permanente solo ai file JPEG. Se scattiamo in RAW, invece, avremo la possibilità di regolare l’intensità dell’intervento in post-produzione.

Alcune fotocamere offrono anche una funzione di riduzione del rumore basata su una sequenza di scatti. Se la attiviamo, la fotocamera espone una serie di immagini con un’esposizione inferiore a quella necessaria per un’immagine singola e le combina per ottenere un risultato che assicura tutto il dettaglio e una ridotta presenza del rumore. Lo svantaggio è che la fotocamera deve rimanere immobile per tutto il tempo.

L’ultima opzione allo scatto è la riduzione del rumore sulle lunghe esposizioni. Dopo lo scatto principale, la fotocamera registra un’esposizione nera (Dark Frame), con l’otturatore chiuso, che le serve per “mappare” la disposizione dei pixel bruciati ed escluderli dell’immagine finale.

In questo modo riduce considerevolmente il rumore digitale di crominanza.

Con un problema: i tempi di attesa si dilatano, perché se per esempio hai fatto una foto con esposizione di 4 minuti, altrettanti ne serviranno alla macchina per creare il dark frame … E così raddoppia il tempo che dedichi ad ogni scatto.

Origini del rumore

Come visto, il rumore compromette la qualità delle immagini. Possiamo fare molto in post-produzione, ma impegnarci per arrivare a risultati migliori allo scatto paga sempre. Livelli ISO alti e tempi lunghi sono le cause principali del rumore, come vediamo qui sotto.

Il rumore può essere evidente solo quando osserviamo l’immagine ingrandita e non rappresentare un vero problema a dimensioni normali. Inoltre, ricordiamo che è meglio un po’ di rumore che uno scatto mancato, mosso o inservibile!

Ad alti ISO

Se diaframma e tempo di posa regolano la quantità di luce ricevuta dal sensore, il livello ISO determina la quantità necessaria. ISO più bassi restituiscono una qualità ottimale. Ma quando la luce è scarsa o non possiamo aprire il diaframma, alzare la sensibilità diventa una necessità.

Le fotocamere hanno prestazioni diverse nel controllo del rumore ad alti ISO. Quindi eseguiamo qualche prova per sapere fino a che punto possiamo spingere la nostra.

rumore

Segnale debole. Se l’intensità della luce è scarsa, alzare il livello ISO è un’opzione. Sensibilità. L’impostazione ISO determina quanto viene amplificato il segnale del sensore. Amplificazione. Con il “volume” alzato, il rumore viene amplificato insieme ai dettagli dell’immagine.

Rumore sulle lunghe pose

Scattare in luoghi molto caldi, usare molto il Live View o girare un video prima di una lunga esposizione aumenta le probabilità che la temperatura interna del corpo macchina si alzi fino al punto in cui si sviluppa il rumore.

Possiamo attivare la riduzione del rumore sulle lunghe esposizioni, ma così raddoppiamo il tempo necessario a creare un’immagine. Quando scattiamo sequenze da combinare, per esempio quando fotografiamo le scie delle stelle, la pausa può essere un problema.

rumore

Tempo lento. Tenere basso il livello ISO costringe ad allungare l’esposizione. Sensibilità. L’impostazione ISO determina quanto viene amplificato il segnale del sensore. Pixel bruciati. Oltre al rumore, possiamo notare pixel “bruciati” nella stessa posizione in tutte le nostre immagini.

Correggere il rumore

Quando sbagliamo un’esposizione allo scatto, sappiamo che possiamo provare a salvarla in post-produzione. È più facile schiarire un’immagine sottoesposta che riportare dettaglio in una sovraesposta. Ma ogni volta che illuminiamo le ombre per svelare dettagli nascosti, corriamo il rischio di alzare anche il “volume” del rumore.

rumore

Nella foto qui sopra, il cielo chiaro ha indotto la fotocamera a sottoesporre il soggetto (a sinistra). Il formato RAW permette di “spingere” l’esposizione (al centro), ma l’esposizione corretta allo scatto (a destra) risulta comunque più pulita.

Nel dettaglio

rumore

Originale (sottoesposta)

Il cielo chiaro corrisponde al picco destro dell’istogramma, che però è troppo distante dal margine del grafico per essere reso con un bel tono luminoso nell’immagine.

Corretta

In Lightroom, basta portare a destra l’Esposizione per correggere la luminosità del cielo quasi bianco e dei toni medi. Ma il risultato mostra anche una cortina di rumore che offusca i dettagli in ombra.

Riscattata

Il secondo scatto è stato realizzato compensando l’esposizione per lasciar entrare più luce: si vede con chiarezza come la maggior quantità di luce corrisponda a una minore incidenza del rumore.

La riduzione del rumore

Le fotocamere digitali hanno impostazioni specifiche per ridurre il rumore causato da ISO alti o tempi lunghi. Ma non assicurano lo stesso grado di controllo dei software di post-produzione. Diamo un’occhiata ai cursori disponibili in Lightroom e guardiamo cosa succede quando spingiamo ognuno al massimo su un file RAW.

Luminanza

rumore

L’opzione Luminanza della funzione Riduzione disturbo deve essere maneggiata con cura perché altrimenti cancelleremo i dettagli e la “grana” dei toni sale e pepe. Ingrandiamo l’immagine al 100% per valutare l’effetto.

Colori

rumore

Lightroom applica una riduzione automatica del disturbo cromatico pari a 25, che in genere è sufficiente per rimuovere il velo di pixel colorati. Impostazioni più alte tendono a eliminare anche parte del colore, come nell’occhio a destra.

Dettagli

rumore

Il cursore Dettagli imposta il limite di quello che Lightroom identificherà come rumore di luminanza. Le impostazioni più alte svelano migliori dettagli (come nell’occhio a destra) al costo di una certa sopravvivenza del rumore.

Riduzione del rumore: Dettagli

rumore

Come l’omonimo cursore dedicato al disturbo di luminanza, definisce la soglia del rumore. Il prezzo per un migliore dettaglio dei colori è un aumento degli artefatti, come vediamo qui nelle palpebre del nostro amico.

 

rumore 

Contrasto

Un Contrasto basso dà risultati più morbidi, mentre un’impostazione più alta aggiunge mordente. Con il rischio però di transazioni tonale troppo nette. Per controllare l’effetto senza la distrazione del colore, teniamo premuto [Alt].

Riduzione del rumore: Uniformità

rumore

Questo cursore riduce il colore a bassa frequenza. Se guardiamo da vicino, nell’immagine a sinistra notiamo macchie di colore. Alzare l’Uniformità le rimuove, ma spegne anche un po’ il colore d’insieme.

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Tre esercizi di scrittura creativa + 1 per la tua pagina Chi Sono.

 


Ti ricordi quando è stata l’ultima volta che hai revisionato i testi della tua pagina Chi Sono? Spesso, dopo aver messo online il tuo sito web, ti dimentichi di tutto ciò che hai preparato all’inizio della tua attività: la tua home page, le informazioni sulla tua pagina chi sono, le tue pagine servizi.

Così come il tuo business evolve, e tu cresci, anche le pagine statiche del tuo sito web hanno bisogno di un check up, di un aggiornamento che permetta alle persone che visitano il tuo sito di scoprire l’ultima versione di te stesso e della tua azienda.

Scrivere di sé stessi non è mai facile.
Come fare a scrivere una pagina About me coinvolgente, avvolgente come il profumo dello zucchero filato al luna park o speziata come un chicken tikka masala? Cosa scrivere in una pagina Chi Sono che conquisti i tuoi lettori e i tuoi clienti, invitandoli a contattarti?

La risposta è un giusto equilibrio di contenuti personali e contenuti professionali, in una miscela perfetta che ha un profumo unico: il tuo. Così, oggi ho pensato di proporti 3 esercizi di scrittura creativa per creare una pagina Chi Sono emozionante, che trasmetta a chi ti legge i tuoi valori, la tua etica lavorativa, ma soprattutto, che tipo di persona –  di professionista – o azienda sei.

Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto,
le persone possono dimenticare ciò che hai fatto,
ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire.

Maya Angelou

#1 Scrivi il tuo manifesto

Questo non è un esercizio facile, perché quando si parla di manifesto si pensa a quello del tuo business, in cui mettere tutti i valori della tua attività, di ciò che fai, del come lo fai.
Per la tua pagina Chi Sono scrivi il manifesto della tua vita.
È quella lista di cose che ami, che detesti, che ti fanno danzare e cantare felice sotto la doccia (anche questa è una cosa che puoi mettere nel tuo manifesto!), le cause che abbracci. In poche parole? Il tuo manifesto racchiude il tuo stile di vita, come affronti i problemi, le tue piccole gioie quotidiane, le cose – e le persone – a cui non rinunceresti mai.

#2 L’arte delle liste

Questo esercizio è una serie di liste che ti invito a compilare. Le ho selezionate dal libro “L’arte delle liste” di Dominique Loreau e possono aiutarti a raccogliere in modo veloce informazioni su di te che hai dimenticato. Queste liste ti aiutano a scrivere la tua Monografia dell’Io, in cui tanti Io creano un Essere Unico. Cogliere le tue mille sfumature ti aiuta a capire quali sono i tuoi punti di forza e i tuoi punti di debolezza, a fare il punto su chi sei oggi e, rileggendoti tra un anno, a capire quanto ti sei arricchito in soli 365 giorni.

Ecco le liste che ti propongo di scrivere per ciò che ami.

  • Attività che ti fanno sentire realizzato
  • Conversazioni che ti piace fare
  • La lista dei tuoi piaceri quotidiani
  • Luoghi che adori
  • Oggetti, abiti, libri, film di cui non potresti fare a meno
  • La lista delle cose che ti rendono felice

Ecco le liste che ti propongo di scrivere per ciò che detesti.

  • Cose che non ti piacciono
  • Tipi di persone che vuoi evitare
  • Momenti sprecati e cose che hai fatto ma che non ti hanno mai arrecato felicità

#3 Scrivi la tua monografia

In “Curarsi con il diario” di Ira Progoff, lo psicoterapeuta americano invita a scrivere un elenco dei punti salienti della propria vita sotto forma di “sassi nel ruscello”, per avere una visione chiara e globale di tutta la propria vita.

  • Scrivi 4 liste: ognuna deve racchiudere 12 eventi salienti della tua vita. Gli ambiti sono: vita professionale, passioni e hobby, spiritualità e crescita personale, vita privata.
  • Dopo aver scritto le tue 4 liste, scegli da quale partire e sviluppala. Significa che puoi approfondire ogni punto della lista aggiungendo ulteriori informazioni. Sensazioni, emozioni, ricordi importanti, luoghi che ti sono rimasti nel cuore, esperienze che ti hanno cambiato in modo radicale. In questo modo passi dall’oggettivo al soggettivo, dal dato di fatto – una situazione, un accadimento – alla reviviscenza del ricordo.
  • Scrivi una lettera alla te del passato.

#4 Lo specchio degli archetipi

Di archetipi ne ha scritto Carl Gustav Jung. Parlano attraverso l’inconscio collettivo, tracciano la rotta di romanzi e film, di miti e leggende, di pecualiarità e caratteristiche in cui ci riflettiamo come se avessimo uno specchio davanti a noi.

Questo è un esercizio di scrittura che può aiutarti a riconnetterti con il tuo intuito, con la forza dei simboli e delle immagini archetipiche che ci appartengono sin dall’antichità.

  • Scrivi una lista dei tuoi eroi ed eroine preferiti
  • Film e romanzi preferiti
  • Descrivi il tuo archetipo di Felicità
  • Descrivi uno spazio sacro ricco di oggetti che rappresenta il centro del tuo Io. Poi, rileggilo con calma e scopri i suggerimenti del tuo incoscio, sfogliando un dizionario dei simboli.
  • Scegli una Musa o un Mentore, insomma, un archetipo guida per questo anno e descrivilo. Scrivi la sua storia – sarà una sintesi della sua biografia ufficiale, per esempio -, descrivi la sua giornata ideale, come si muove, cosa pensa, quali sono le cause per cui lotta, cosa ti direbbe nei momenti di sconforto, come gioirebbe per i tuoi successi.

Prendi il tuo diario e la tua biro preferita, semplicemente mettiti al pc e tuffati in questi esercizi di scrittura creativa che, tutto sommato, sono anche esercizi di journaling. Immergiti in questo flusso creativo, senza censure. Affidati al potere delle parole che si tuffano sul foglio in modo naturale, lasciati guidare dal potere della scrittura libera. Non chiederti cosa servirà alla tua pagina Chi Sono ma goditi il momento.

E poi? Dimenticati di queste pagine per qualche giorno. Ritorna a leggerle dopo una settimana e, solo in quel momento, seleziona le informazioni che vuoi inserire nella tua pagina Chi Sono. Ci saranno frasi che vorrai tenere, altre saranno da modificare ma tutte racchiuderanno concetti davvero importanti per te.

 

 

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Vuoi avere clienti felici? Cura il tuo customer care!

 


I tuoi clienti sono il cuore della tua attività. A loro devi il tuo fatturato, la tua popolarità, il tuo successo. Senza di loro il tuo business non avrebbe senso.

Spesso ci riteniamo soddisfatti della vendita dei nostri servizi o prodotti e ci dimentichiamo di quello che accade dopo e nel mezzo, di prenderci cura in modo sincero di loro, delle loro necessità, dei loro bisogni.
Spesso trascuriamo l’importanza del customer care, che si affianca al customer journey.

Customer Care prima dell’acquisto

Il tuo potenziale cliente ti ha trovato.
Gli piaci, gli piace ciò che fai, pensa che tu sia la persona o l'azienda giusta per lui. Forse, invece, ti sta solo studiando per capire se sei davvero il professionista o l'azienda che risponde alle sue esigenze.

In questa fase il tuo potenziale cliente può:

  • Essere entrato nel tuo negozio (fisico o virtuale)
  • Averti lasciato un commento sui social network (o una richiesta di contatto di qualche altro tipo)
  • Averti contattato via email o al telefono per avere delle informazioni aggiuntive.

Cosa deve funzionare?

  • Il tuo form contatti sul sito web. Più è personalizzato, meglio è.
  • La possibilità di rispondere alle tue newsletter in modo semplice.
  • La tua casella email. Utilizza le risposte automatiche quando sei in vacanza, ma anche in periodi intensi di lavoro in cui le risposte sono più lente del consueto.
  • I tuoi orari e gli strumenti di lavoro. Rispondi solo nelle fasce orarie in cui sei operativo e, quando vieni contattato sui social, invita le persone a scriverti un'email.

Come puoi comportarti?

  • Se non lo sai, chiedi il suo nome e rivolgiti a lui usandolo. Ti aiuterà a rendere la tua comunicazione più empatica.
  • Fagli delle domande. Se non ti è chiaro ciò di cui ha bisogno, ma anche se hai capito cosa le serve, chiedigli maggiori dettagli. Lo farà sentire ascoltato. Puoi proporglu un questionario che ti aiuti a comprendere le sue necessità e se sei davvero la persona adatta a lui.
  • Rispondi alle sue perplessità e dissipa ogni suo dubbio. Sii disponibile all’ascolto.
  • Fagli trovare tutte le informazioni al posto giusto. Scrivi sales page chiare e metti in evidenza i tuoi prezzi. Se le sue domande non hanno trovato risposta sul tuo sito web, migliora le tue pagine servizi per renderle più efficaci, magari aggiungendo una sezione dedicata alle domande frequenti.
  • Ringrazialo per averti contattato.
  • Sii gentile.

Customer Care durante l’acquisto

Durante l’acquisto tutto deve scorrere in modo fluido e senza intoppi.
Una procedura di acquisto complessa farà desistere anche il cliente più motivato.

In questa fase il tuo cliente può:

  • Effettuare una transazione di acquisto
  • Chiederti un preventivo personalizzato

Cosa deve funzionare?

  • Assicurati che il pagamento online sia veloce e senza problemi tecnici. Io utilizzo PayPal da sempre e mi sono sempre trovato bene.
  • In caso di prodotti costosi, prevedi diverse modalità e opzioni di pagamento.
  • Crea una pagina FAQ e le policy di acquisto e reso sul tuo sito web.
  • Fa che la fase di fatturazione veloce: raccogli in modo automatizzato tutti i dati fiscali necessari.
  • Un preventivo dettagliato, scritto in modo chiaro e semplice.
  • Un contratto in cui siano definite le tue responsabilità e quelle del tuo cliente. Ma anche quali sono le attività di cui ti occuperai tu e quelle, invece, a suo carico

Come puoi comportarti?

  • Non mettergli fretta. Se hai necessità di programmare il tuo lavoro per i mesi a venire, inserisci nel tuo preventivo una data di scadenza e poi, una settimana prima, sollecita con gentilezza il tuo potenziale cliente.
  • Quando rispondi al tuo cliente – anche via email – resta concentrato su di lui e i suoi bisogni, proprio come se gli stessi parlando a quattr’occhi.

Customer Care dopo l’acquisto

Non lasciare solo il tuo cliente dopo l’acquisto. Di certo sarà più facile per te essere attento al dopo se vendi servizi o consulenze ma, in ogni caso, se c’è un tempo di attesa fisiologico tra il momento del pagamento e quello dell’inizio del percorso insieme, fagli sentire che ci sei.

In questa fase puoi:

  • Fornire supporto dopo l’acquisto
  • Gestire i reclami
  • Chiedere recensioni e testimonianze
  • Fare marketing e offerte post-acquisto (upsell e cross-sell)

Cosa deve funzionare?

  • Un questionario di valutazione del lavoro fatto insieme.
  • Un’offerta che ti permetta di fare degli upsell, ovvero delle nuove proposte di acquisto.
  • Il Pixel di Facebook installato sul tuo sito web.
  • Le spedizioni e il tuo interesse nella corretta consegna del tuo prodotto.
  • Un canale dedicato a gestire i reclami, per esempio con un indirizzo email apposito.

Come puoi comportarti?

  • Invia una guida su come utilizzare il prodotto. Se vendi servizi e consulenze, invia un pacchetto di benvenuto che raccoglie tutti i passaggi del vostro lavoro insieme.
  • Prevedi delle email di follow up per tenere vivo il legame con il tuo cliente.
  • Se il tuo cliente ha un problema, risolvilo. Sii sempre in prima linea per farlo sentire ascoltato e compreso. 
  • In caso di reclami o richieste di rimborso, prevedi una politica adeguata, per esempio scegliendo un rimborso totale o parziale o emettendo buoni omaggio.
  • Invita il tuo cliente a unirsi alla tua community online, se già non l’ha fatto.
  • Riserva ai tuoi clienti delle offerte speciali o dei prodotti dedicati.
  • Prevedi un regalo che sia una sorpresa piacevole e inaspettata per il tuo cliente.
  • Cura il packaging e rendilo distintivo.

7 tool per migliorare il tuo Customer Care

Qui di seguito ho pensato di raccogliere 7 strumenti che possono migliorare il tuo customer care.

  1. Calendly per prenotare call e consulenze online.
  2. Meet per le videoconferenze e le tue consulenze online.
  3. JotForm o Typeform per i tuoi questionari.
  4. Un sistema di fatturazione e contabilità, come Danea EasyFatt, Fattura24 o FattureInCloud.
  5. Il plugin WooCommerce per implementare gli acquisti sul tuo sito web.
  6. Il pagamento digitale con PayPal (siamo partner PayPal e possiamo aiutarti ad aprire e configurare il tuo conto business, contattataci per una consulenza gratuita).
  7. Trello o Asana per gestire progetti condivisi, file e il tuo flusso di lavoro.

Infine, non ti resta che superare le aspettative con la qualità del tuo lavoro. 

 

 

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Gli spazi colore delle fotocamere: sRGB vs Adobe RGB vs RAW

 


La tua fotocamera è probabilmente in grado di catturare immagini a colori in una varietà di diversi contenitori di colore chiamati “spazi”. Questi spazi di colore della fotocamera raccolgono i colori in uno dei vari contenitori di luce di dimensioni diverse etichettati sRGB, AdobeRGB e RAW.

Ogni contenitore raccoglie varietà di luce leggermente aumentate, in modo simile al modo in cui i pastelli Crayola sono confezionati e venduti in collezioni di colori sempre più complete; piccolo, grande e jumbo.

Gli spazi di colore delle fotocamere offrono ai fotografi una varietà di scatole di dimensioni diverse.

Un dibattito nella comunità fotografica sorge di solito su quali spazi di colore scegliere nelle preferenze della fotocamera. Alcuni spazi di colore catturano più tonalità e colori saturi di altri. Le immagini catturate in uno spazio possono includere più colori di un altro.

Ogni spazio è idealmente adatto a certi scopi, e la questione di quale spazio colore della fotocamera scegliere ha bisogno di qualche approfondimento. Oltre alla questione della cattura, la scelta di uno spazio colore per l’editing in post-produzione dipenderà dall’uso finale dell’immagine.

Gli spazi di colore della tua fotocamera non coinvolgono solo i dati di colore, ma anche la necessità di uno spazio aggiuntivo sul disco. Spazi di colore più grandi forniscono più profondità di bit (lo vediamo tra poco), il che occupa più spazio digitale sulla scheda di memoria. Quindi, la scelta di quale usare ha anche un’importanza pratica.

Quale spazio colore della macchina fotografica usare

Non c’è una scelta di spazio colore singolarmente perfetta, quindi esaminiamo quale sia la migliore per situazioni specifiche.

A meno che l’unico scopo di una foto sia quello di essere visualizzata come un’immagine digitale ad alta risoluzione, potresti voler convertire lo spazio colore originale del file per un risultato meno impegnativo. Comunque, tieni sempre presente che ogni volta che un file muta da uno spazio colore più grande a uno più piccolo (da RAW a AdobeRGB, o da AdobeRGB a sRGB), l’intensità e l’integrità del colore dell’immagine possono diminuire nel processo. Alcune applicazioni di imaging sono meno esigenti di altre.

Mentre le copie dei file digitali rimangono identiche in dimensioni e intensità all’originale indipendentemente da quante volte sono state copiate, quando un file digitale muta in uno spazio colore inferiore, perderà sempre alcune informazioni critiche sul colore. Gli spazi colore delle fotocamere in generale, e gli spazi colore dei dispositivi in particolare, sono tutti unici. Ognuno serve uno scopo particolare.

È una questione di profondità

La differenza tra gli spazi colore delle fotocamere si riduce a una questione chiamata profondità di bit. La profondità di bit è una descrizione matematica di quante distinzioni visibili tra le sfumature di colore possono essere riconosciute e riprodotte da diversi dispositivi (un termine tecnico per scanner, fotocamere, monitor di computer e macchine da stampa). Sfortunatamente, non tutti i dispositivi possono riprodurre tutti i colori allo stesso modo (che è l’ostacolo principale tra tutti i problemi di colore).

Ogni dispositivo legge e riproduce il colore usando un processo diverso. Mentre questo sembra un problema risolvibile, c’è una triste e irrisolvibile realtà dietro il problema. Ci sono almeno tre diverse interpretazioni del colore in gioco in ogni ciclo di cattura-visualizzazione-stampa.

In primo luogo, le telecamere catturano il colore registrando le intensità della luce come segnali elettrici e interpretando questi segnali come colori. Ad ogni colore viene assegnato un numero specifico.

In secondo luogo, questi numeri vengono poi inviati al computer. Qui, vengono tradotti in un altro processo che interpreta quei segnali elettrici in un processo che accende piccole luci (chiamate pixel) su uno schermo retroilluminato.

E in terzo luogo, quei pixel sono poi inviati a una macchina da stampa che istruisce quei valori di pixel per sputare piccoli schizzi di inchiostro colorato sulla carta.

È un processo molto complicato che gli scienziati del colore hanno cercato per anni di rendere semplice. Sfortunatamente, non è così semplice!

Comunque, durante questa transizione digitale, vengono impiegati diversi metodi che utilizzano i vari spazi di colore in modo da trasformare i colori da un dispositivo all’altro nel modo più accurato possibile. A volte le traduzioni di colore non trasmettono i colori con la precisione che vorremmo, ed è per questo che a volte i colori del monitor non corrispondono ai colori della stampante.

La scienza usa grafici come questo per tracciare le caratteristiche degli spazi di colore delle telecamere. Mentre questi grafici sono indicati come “teorici” perché non sono visibili all’occhio umano, ma rappresentano ciò che ogni “secchio” di colore può catturare rispetto a ciò che l’occhio può vedere.

 


L’arbitro definitivo

L’unico spazio di colore completo che traccia l’intera portata di ciò che l’occhio umano può vedere è quello che la comunità scientifica chiama spazio L*a*b* (diagramma a ferro di cavallo invertito).

L’occhio umano è l’arbitro finale nelle guerre dei colori, e tutte le capacità dei dispositivi (fotocamera, display e stampante) sono definite da come corrispondono alla gamma principale dell’occhio. Ecco perché questa strana forma a ferro di cavallo viene chiamata spazio di riferimento. Tutti gli altri dispositivi, che si tratti di fotocamera, display o stampante, possono solo riconoscere e utilizzare porzioni di questo “spazio di riferimento”, e di solito non corrispondono tra loro.

Il colore è come una famiglia molto diversa e disfunzionale. Ogni dispositivo parla un dialetto diverso di un linguaggio simile. Ognuno produce colori che non possono essere riprodotti fedelmente su altri dispositivi. Il colore è quindi un argomento molto disordinato.

Alcuni dispositivi possono esprimere il colore in modo più completo di altri. Sfortunatamente, nessun dispositivo creato dall’uomo può riprodurre tutti i colori che possono essere visti dall’uomo. Inoltre, i colori catturati da un dispositivo che cadono al di fuori della gamma (dimensione della scatola di Crayola) di altri dispositivi, vengono tagliati, persi o compressi durante l’handoff. Quei colori non tornano mai a casa.

Questa è la tragica verità sulla riproduzione digitale del colore. Il trucco della riproduzione dei colori sta nel mantenere il più possibile il colore comune durante il processo. Fortunatamente, lo stesso occhio umano (e il cervello) sono molto indulgenti nell’accettare i limiti dei dispositivi non umani.

La riproduzione del colore è una vera applicazione della legge dei rendimenti decrescenti e della scienza visiva della fisica. I fotografi capiscono abbastanza bene questa legge.

Molto raramente una macchina fotografica può effettivamente catturare tutti i colori e le dinamiche di una scena originale. Inoltre, la gamma di colori della natura si estende anche oltre i colori che l’occhio umano può identificare. Ogni volta che un’immagine digitale viene trasposta da una forma a un’altra forma, questa trasformazione è uno scambio di valore diminuito.

Quando un’immagine viene trasferita da un dispositivo a un altro, quei valori di pixel situati al di fuori della gamma di colori del dispositivo di destinazione si perdono sempre nella traduzione. L’obiettivo della gestione del colore e deli spazi colore è quello di mitigare la perdita di colore e mantenere il più possibile l’aspetto dell’originale, durante tutto il processo di riproduzione.

Spazi RGB (sRGB, AdobeRGB, ProPhoto RGB)

Tutto inizia con le impostazioni di colore della fotocamera che sono in atto quando si cattura la scena. Tutte le fotocamere catturano la luce attraverso filtri rossi, verdi e blu (spazio colore RGB). Anche se ci sono diversi spazi di colore RGB tra cui scegliere, ognuno ha una gamma di colori leggermente diversa.

Ogni spazio di colore (sRGB, AdobeRGB, ProPhoto RGB, ecc.) fornisce una collezione unica di attributi di colore, e ogni spazio soddisfa requisiti specifici di visualizzazione e riproduzione.

I gamut sono descrizioni della gamma di colori che un dispositivo può riconoscere, registrare, visualizzare o stampare.

Riprendere una scena vibrante e satura con la fotocamera richiede uno spazio colore più ampio. L’utilizzo di uno spazio colore della macchina fotografica con un gamut più piccolo potrebbe diminuire significativamente l’emozione cruda e dura della scena. Questo è il motivo per cui la maggior parte degli esperti di fotografia incoraggiano i fotografi a impostare le loro fotocamere per catturare immagini in AdobeRGB.


 

sRGB

Quasi tutte le fotocamere digitali sono impostate in fabbrica per catturare i colori usando sRGB come spazio colore predefinito per una ragione plausibile: la maggior parte delle foto che scattiamo non vengono mai stampate! Nel migliore dei casi, le vediamo sul monitor del computer o sui social media. Onestamente, la maggior parte delle immagini che catturiamo non va mai oltre l’occhiata iniziale allo schermo LCD della fotocamera. Catturare quelle immagini in uno spazio colore a bit più alto è un totale spreco di spazio su disco.

sRGB è stato sviluppato da HP, Microsoft (e altri) agli albori della televisione per soddisfare le esigenze di gamma di colori della maggior parte dei televisori (le prime versioni dei monitor per computer), e lo standard è stato fissato molto tempo fa. L’etere e i browser internet vivono di una dieta sRGB. Come tale, lo spazio di colore sRGB standardizza il modo in cui le immagini sono ancora viste su monitor e televisori.

Adobe RGB

Se la destinazione finale della tua immagine è la presenza su monitor o display (presentazioni, Internet o display televisivi), questa è probabilmente la scelta migliore per catturare le immagini. Tuttavia, se si scatta per la stampa su carta, sia AdobeRGB 1998 che ProPhoto RGB contengono una gamma più ampia di colori e sono quindi più adatti a preparare le immagini per la stampa.

RAW

In realtà, il secchio ideale per catturare le immagini, in realtà supera le gamme di tutti e tre questi spazi di colore della fotocamera. Sto parlando naturalmente della capacità della tua fotocamera di catturare immagini in formato RAW. Questo è un formato che sostituisce qualsiasi spazio colore definito.

I file RAW catturano il colore nella massima profondità di bit possibile; fino a 14 bit per colore. RAW non è un acronimo; è più una descrizione, significa grezzo. È la registrazione di tutta la profondità di colore limitata e la gamma dinamica non compressa della scena originale. Iniziare in RAW e scendere da lì. è la scelta migliore

Gli spazi di colore delle fotocamere: Conclusione

A questo punto, probabilmente sembra che lo spazio colore della fotocamera sia più simile allo spazio esterno, ma non deve rimanere così tecnico. Basta ricordarsi di catturare le immagini in formato RAW (magari oltre a catturarle come JPG) e poi trasformare i colori lungo la catena di riproduzione a seconda delle necessità.

Editiamo le immagini negli spazi colore della macchina fotografica ProPhoto RGB o AdobeRGB per mantenere tutto lo spazio di colore necessario. Le immagini destinate alla stampa fotografica dovrebbero essere trasposte in AdobeRGB, quelle destinata alla stampa in offset vanno trasposte in CMYK, mentre bisogna ridurre quelle destinate a Internet o agli slideshow in sRGB. 

Semplice, basta!

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Inbound Marketing, cos'è e come funziona questa strategia di comunicazione

 


Quando parliamo di marketing si apre un mondo tutto da scoprire e che circonda la nostra vita giorno dopo giorno, anche quando non ce ne accorgiamo.

Per portare avanti le attività nel modo più funzionale possibile esistono molte strategie e studi in grado di portare benefici e miglioramenti all’attività stessa.

Oggi parliamo del cosiddetto inbound marketing.

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Scrivere è soprattutto un esercizio per migliorarsi

Dai propri errori si impara sempre qualcosa. Dagli errori nella scrittura si impara a scrivere meglio e con metodo.

Si impara a scrivere scrivendo. La scrittura stessa è la migliore palestra di scrittura, la più grande insegnante, unita ovviamente a una sana e onesta autocritica.

Ho ripensato a quando scrivevo da ragazzo, a quando partivo a razzo a scrivere poesie e racconti di avventura o di fantascienza, a iniziare e mai finire romanzi e a ciò che ho imparato da quegli errori, da quell’amatorialità che era ingenua ma piena di amore e passione per la scrittura.

E ho scoperto 4 importanti lezioni di scrittura che mi hanno facilitato nello scrivere storie e anche articoli per il web.

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9 campagne email per attirare in modo efficace nuovi clienti


 

L’email è ancora uno degli strumenti più innovativi e stimolanti per raggiungere nuovi clienti. Ecco 9 consigli di Email Marketing per attirare l’attenzione dei tuoi utenti e convincerli alla conversione.

L’email è uno strumento ormai obsoleto. Ne sei davvero convinto? Nell’anno del suo 50° anniversario, l’email, al contrario, non è mai stata così potente: quasi 105 miliardi di email vengono inviate ogni giorno da circa 4 miliardi di utenti (la metà dell’intera popolazione mondiale) e ancora oggi l’email è canale principale scelto dagli utenti per svariati scopi, questo secondo il Consumer Email Tracker.

Tuttavia, per sfruttare appieno la potenza delle email, devi essere in grado di utilizzarle in modo efficace. In quest'articolo troverai 9 esempi di campagne di Email Marketing realmente efficaci per farti un’idea di come dovresti implementare una campagna per la tua attività.

Crea una campagna basata sulla fedeltà

Quando si tratta di ispirare fiducia, non c’è niente di meglio di una campagna fedeltà, come ad esempio quelle che si basano su strategie di referral marketing. Queste email sono progettate per invogliare i clienti a tornare ad acquistare, poiché ogni volta che finalizzano una conversione riceveranno qualcosa in cambio. Il modo in cui imposti un programma fedeltà dipenderà dalla tua attività. Ad esempio, puoi creare un sistema a punti, in cui ogni volta che il cliente acquista qualcosa da te aumenta il suo punteggio, avvicinandosi a un premio, uno sconto finale o a un upgrade allo stadio successivo del programma.

Una volta che hai implementato il programma, promuovilo online. Una campagna email è uno dei modi migliori per farlo. Puoi far sapere a tutti i tuoi clienti le condizioni del programma e inviare email di follow-up per tenerli aggiornati. 

Invia messaggi di benvenuto automatizzati

Quando qualcuno si iscrive alla tua mailing list, fagli capire di aver fatto la scelta giusta e accoglilo nella tua community. Uno dei modi migliori per raggiungere questo obiettivo è inviare un messaggio di benvenuto. Questo messaggio serve a ringraziarlo per essersi iscritto e delineare alcuni dei vantaggi che otterrà dall’essere presente nel tuo elenco di destinatari. 

Esistono molti modi per automatizzare questo tipo di messaggi, per fare in modo che vengano inviati non appena qualcuno si iscrive. La soluzione a questo obiettivo prende il nome di Marketing Automation e ha il grande vantaggio di farti risparmiare molto tempo, inviando le email al posto tuo.

Ma impostare un flusso di email automatiche non basta: anche scrivere un’email di benvenuto efficace è fondamentale. Non tutti i settori vendono prodotti facili da capire e usare, quindi fornisci ai tuoi clienti più dettagli su di te e su come utilizzare al meglio i tuoi prodotti o servizi.

Dai la possibilità di scegliere quali email ricevere

Questo non è un vero e proprio esempio di campagna email, ma è qualcosa che è importante offrire ai tuoi clienti per tutelare la tua reputazione: se i clienti non hanno il controllo di ciò che ricevono da te, potrebbero iniziare a disinteressarsi alle tue comunicazioni, con conseguenti problemi di deliverability.  

Per evitare che ciò accada, ti consigliamo di assicurare al cliente il controllo sulle email che vuole ricevere da te. Disporre di un centro preferenze consente di personalizzare l’esperienza cliente e fargli scegliere di ricevere solo le email che trovano utili. 

Dovrai dare loro la possibilità di scegliere la frequenza con cui ricevere le email, selezionare le categorie di cui desiderano ricevere informazioni e modificare l’indirizzo email a cui invii i tuoi messaggi. In questo modo, non inizieranno a ignorare le tue email poiché non riceveranno email su argomenti a cui non sono interessati. 

Ricorda di aggiungere collegamenti al centro preferenze nel footer dei messaggi. In questo modo, i clienti possono facilmente trovare le impostazioni e modificarle se necessario. 

Invia offerte personalizzate

Le aziende che fanno affidamento su una comunicazione personalizzata hanno riscontrato molto più successo rispetto alle tradizionali email standard. Se hai dati sulla tua base di clienti, sarà molto più facile da realizzare di quanto tu possa pensare. Con un servizio di invio professionale come Sendinblue, iniziare a creare dei segmenti all’interno del tuo database e inviare messaggi con campi e contenuti dinamici sarà immediato e incredibilmente semplice.

Sendinblue ti offre l’editor drag&drop che ti permette di creare email e aggiungere contenuti e campi personalizzabili. 

La personalizzazione è potente ed estremamente efficace: supponiamo che sul tuo sito sia in corso una campagna di vendita di scarpe da donna. Puoi inviare un’email a tutte le donne sulla tua mailing list per avvisarle di questa campagna. Dal momento che stai inviando l’email solamente alle persone potenzialmente interessate, vedrai un tasso di successo e conversione molto più elevato. 

Una buona segmentazione della base clienti è la chiave per costruire ottime offerte personalizzate. Ti consigliamo di suddividere ed organizzare le tue liste di clienti contattabili via email in diversi segmenti, in modo da poter inviare facilmente le comunicazioni alle persone giuste.

Invia email transazionali

Un’email transazionale, inviata subito dopo che un cliente ha completato una determinata attività sul tuo sito web, consente di aumentare il tasso di fidelizzazione dei clienti e confermare che la loro fiducia è stata ben riposta. 

Ad esempio, una delle tipologie di email transazionali più comunemente nota è l’email del carrello abbandonato. Se qualcuno aggiunge qualcosa al carrello e poi abbandona il sito, puoi inviargli un’email a riguardo, in cui offrire uno sconto per invogliarlo a tornare indietro e completare l’acquisto. 

Puoi anche automatizzare le email da inviare ai clienti se è passato un po’ di tempo dall’ultima visita al sito, impostando come condizione trigger dell’invio un filtro di tempo dall’ultima visita. Queste comunicazioni spingeranno il cliente a tornare da te facendo leva sul loro interesse precedente.  

Invia sconti e offerte periodiche

Questo è un altro modo molto popolare di utilizzare le campagne email. Puoi coinvolgere la tua base di clienti inviando periodicamente sconti per determinati prodotti o offerte sull’intero ecommerce, se lo desideri

Funziona bene perché molte aziende rendono questi vantaggi esclusivi per coloro iscritti alla mailing list. Ad esempio, puoi inviare un codice sconto solo alle persone iscritti alla tua newsletter, in modo tale che possano ricevere offerte che i clienti normali non possono ottenere. Renderai molto più allettante l’iscrizione e aumenterai la tua lista contatti, oltre che le probabilità di conversione. 

Tieni aggiornati i clienti sui contenuti

Come ben sai, se gestisci un sito web, devi tenerlo costantemente aggiornato. Mantenere il sito aggiornato contribuisce alla tua ottimizzazione SEO, quindi più persone lo troveranno quando cercano su Google servizi e prodotti come quelli che offri tu. È anche un ottimo modo per mantenere i clienti coinvolti, poiché continueranno a tornare per leggere le novità.

La maggior parte dei proprietari di siti rispetta questa regola pubblicando continuamente contenuti nuovi e interessanti. Un blog è un ottimo modo per pubblicare aggiornamenti continui, informare i clienti su tutto ciò che stai facendo e, naturalmente, migliorare l’ottimizzazione SEO.  

Puoi inviare email con aggiornamenti sul blog e i post che i clienti potrebbero trovare utili. Puoi inviare l’email come “resoconto”, mostrando loro i contenuti che potrebbero essersi persi. Queste campagne sono anche ottime per dare al cliente maggiori informazioni su una nuova linea di prodotti o nuovi lanci che stai effettuando. 

Chiedi un feedback

Di solito, l’email è una comunicazione unidirezionale. Tu invii l’email e il cliente decide se vuole leggerla o meno. Tuttavia, puoi rendere la conversazione bidirezionale chiedendo ai clienti di inviare un feedback sulla tua attività. 

In questo modo i clienti avranno l’opportunità di farti sapere cosa ne pensano e potrai sfruttare queste informazioni a tuo vantaggio, per avere un’idea di ciò che piace e non piace ai tuoi clienti relativamente al tuo servizio. Questi dati daranno quindi forma a eventuali miglioramenti futuri. 

Puoi farlo anche in modo più mirato. Ad esempio, quando un cliente acquista qualcosa, puoi inviare un’email di follow-up chiedendo di lasciare una recensione del prodotto. 

Prova a utilizzare i pulsanti CTA per consentire ai clienti di ottenere maggiori informazioni

In alcuni settori, i tuoi clienti avranno bisogno di maggiori informazioni prima di acquistare da te. Ad esempio, se vendi assicurazioni, di solito non possono ottenere tutto ciò che vogliono dal sito web. Ecco perché è consigliabile inserire un pulsante CTA che conduca i clienti su una landing page specifica con maggiori dettagli e informazioni o che consenta loro inoltre di contattarti direttamente via email. 

Puoi creare una landing page specifica senza conoscenze o competenze specifiche, semplicemente utilizzando editor drag&drop, disponibile gratuitamente nei piani premium di Sendinblue. Oppure puoi anche impostare nella mail un pulsante (CTA bulletproof) che guiderà il tuo cliente direttamente nella casella di posta del tuo team di vendita o assistenza clienti. 


Se desideri ricevere maggiori informazioni su Sendinblue o se vuoi provarlo, usufruendo degli esclusivi vantaggi riservati ai clienti della Insight Agency contattaci su whatsapp


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Illuminiamo la notte con il light painting

 
 Le nostre fotocamere possono catturare molto più di quanto i nostri occhi riescano a percepire. La “pittura luminosa” (o light painting) è un esempio calzante: a occhio nudo, una notte buia è solo buia. Se però blocchiamo la fotocamera su un treppiede, apriamo l’otturatore e agitiamo in giro una torcia, di colpo il sensore comincia a vedere le cose in modo diverso da noi. Per lui, la luce è cumulativa: quando quella ambientale è poca, possiamo offrirgliene altra, sommarla per gradi, e fargli vedere con precisione quello che vogliamo. Con una sola torcia possiamo illuminare interi elementi di un paesaggio e da più angolazioni, dare rilievo ad alcuni dettagli, nasconderne altri o anche cambiare il colore della notte. La pittura luminosa è un’arte, ma non è difficile cominciare a praticarla! Provala, come noi, sul paesaggio per avere risultati sbalorditivi!

 

Sul campo. La preparazione

  1. Fotocamera. La nostra fotocamera è stata impostata sul tempo di posa B, con diaframma f/11 e ISO 800. Come di giorno, un diaframma abbastanza chiuso assicura sufficiente profondità di campo da tenere a fuoco primo piano, alberi e cielo in distanza.
  2. Scatto Remoto. Serve un sistema wireless per lasciare la fotocamera sul treppiede e avviare l’esposizione quando siamo in posizione.
  3. Treppiede. L’esposizione si protrarrà per minuti e la fotocamera deve rimanere immobile, quindi il treppiede è d’obbligo. Non spostiamolo tra uno scatto e l’altro: una posizione fissa ci dà la possibilità di unire più inquadrature in post-produzione.
  4. Cielo. Una leggera luminosità nel cielo aggiunge atmosfera e dà più risalto agli alberi all’orizzonte. Qui l’alone arancione è l’inquinamento luminoso di una cittadina a pochi chilometri. Combinato con le nuvole basse e lente, sembra uno strano tramonto.
  5. Accessori Notturni. Di notte conviene portare con noi solo le cose che ci serviranno per la sessione. Arriviamo sul posto prima del buio e controlliamo bene i dintorni. Oltre alla torcia che useremo come pennello, portiamone una da testa da tenere accesa tra gli scatti.
  6. Torcia. Questa scena è illuminata dalla torcia puntata sugli alberi e sul terreno nel corso di un’esposizione di circa 2 minuti. La nostra torcia è una potente luce LED per bicicletta, acquistata su eBay per poche decine di euro.

 

I trucchi. Brillanti esempi

Schermiamo la lampadina. Il punto di luce alta della lampadina non deve vedersi nello scatto, quindi schermiamola rispetto all’obiettivo, con la mano, il corpo o con un paraluce fai-da-te di cartone, come quello nell’immagine.

 


 Proviamo con le gelatine. Sperimentiamo con pennellate colorate. Nello scatto di esempio, la torcia nuda dava un impatto freddo agli alberi, così è stata modificata con una gelatina arancione. Possiamo anche mescolare più colori (qui, a metà sessione siamo passati al blu).  

 

 
Muoviamo la luce.  Se la scena è illuminata dalla posizione della fotocamera, appare piatta. Cerchiamo invece di dirigere la luce da un lato o dall’altro per enfatizzare forme e profondità. Indossiamo abiti scuri per muoverci senza apparire nello scatto.
 
 

Camminiamo sulla scena. Passeggiamo all’interno della scena, evitando di puntare la torcia verso l’obiettivo, per evidenziare alcuni punti. Ricordiamo che la luce si somma: più a lungo illuminiamo un oggetto e più apparirà chiaro nell’immagine finale.

Passo a passo. Uniamo più scatti.

Combiniamo più scatti. Apriamo le immagini in Adobe Photoshop, copiamole una sull’altra e sperimentiamo con i metodi di fusione. Schiarisci e Scherma sono particolarmente indicati. In alternativa, aggiungiamo una maschera di livello e pennelliamo in nero per nascondere e in bianco per rivelare parti della scena.
 
 

Bilanciamento. Non fidiamoci del bilanciamento automatico perché può essere ingannato dalla scarsa luce. Scattiamo in RAW e impostiamo il bilanciamento in fase di conversione in Camera Raw/ Lightroom. Possiamo introdurre viraggi creativi con i cursori di Tinta e Temperatura.
 
 

 
Scherma e brucia. Schiarire o scurire selettivamente parti dell’immagine può evidenziare o sfumare i dettagli più luminosi – ed è indispensabile, perché è difficile bilanciare bene la luce allo scatto. Usiamo strumenti locali come Pennello correttivo o Filtro radiale di Camera Raw/Lightroom.
 
 

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Summer Marketing: le strategie estive dei brand


Anche durante la bella stagione il marketing non va in vacanza: le persone viaggiano, passano più tempo con gli amici ma non per questo risultano irraggiungibili, è sufficiente cambiare i touchpoint  e, con un po’ di creatività, l’estate diventa un ottimo periodo per aumentare l’awareness del brand. Vediamo insieme come con il summer marketing cambiano le strategie!

Strategia di summer marketing: contest sui social

Le nostre abitudini in estate sono diverse rispetto al resto dell’anno e il fatto che tutti abbiano con sé uno smartphone rende questo periodo adatto ad azioni di marketing differenti dal solito: ed è qui che entra in gioco il summer marketing.

Una soluzione efficace, e ormai testata in diversi settori, sono i contest, concorsi a premi che, oltre a creare awareness, interazioni, sono anche utili per la successiva profilazione degli utenti.

Ci sono diversi tipi di contest online. Soffermiamoci sui più noti, senza dimenticare che in Italia questi rappresentano dei concorsi a premi regolamentati dalla legge.

Instant Win

Il format Instant Win prevede una possibile vincita immediata e per questo è tra le soluzioni più efficaci per chi organizza un contest online. Tra gli esempi più frequenti, i meccanismi “gratta e vinci”, “indovina il personaggio” o “rispondi al quiz” e attività come caricare una foto su una landing page e compilare un form per provare a vincere.

Social Photo Contest

Il format Social Photo Contest permette ai brand di sfruttare gli UGC (User Generated Content), gli utenti condividono foto e video su uno specifico tema di campagna deciso dal brand. Di solito viene richiesto agli utenti una mention del profilo brand in aggiunta all’hashtag del contest, con lo scopo di rendere virali questi contenuti (e il brand!) e di monitorarne la diffusione online.

Form & Win

Il format Form & Win è una variante dell’Instant Win, ma viene identificato come format a sé perché si presta molto bene al contesto del live (spettacolo, concerti, eventi di piazza). Questo perché tramite stand oppure personale addetto, il brand può invogliare i partecipanti a lasciare i propri dati personali per provare a vincere un premio. 

Pop up store nel summer marketing

Si tratta di Shop temporanei che interessano brand in ogni fascia di prezzo, da OVS ai brand di lusso come Prada, Louis Vuitton, Versace e così via.

Curati in ogni minimo dettaglio, i pop up store non sono certo una novità, ma lo è il numero di aperture in tutta Italia proprio durante la bella stagione. Vengono principalmente aperti nelle città turistiche, da Capri a Portofino, diventando delle vere e proprie attrazioni.

In questa estate post Covid, oltre che nel centro città, fioriscono pop up store anche all’interno di alberghi o resort di lusso. Tra cui il pop up store di Louis Vuitton al Forte Village oppure l’iniziativa #PradaOutdoor con i suoi pop-up store e installazioni in-store.

 



Il potere del product placement nel summer marketing

Il Product Placement è una tipologia di pubblicità indiretta che consiste nell’inserire prodotti o servizi all’interno di un contenuto (un film, una canzone, un videogioco) riuscendo perfettamente ad integrarsi con esso.

Per il secondo anno consecutivo il Product Placement avviene in una hit estiva. È il caso di Coca-Cola, brand nominato nel ritornello della nuova canzone “Mille” di Orietta Berti, Fedez e Achille Lauro. 

Il celebre marchio di bevande ha scelto proprio questi artisti per svelare in anteprima il restyling di uno dei loro prodotti di punta, in uscita nella metà di luglio e ben visibile all’interno del video musicale. 

Una strategia che permetterà al marchio di beneficiare della visibilità dei singoli artisti e della popolarità della canzone in uno dei periodi dove le vendite raggiungono il picco.

 


 

Campagne Out Of Home

Con l’arrivo dell’estate va da sé che il tempo passato fuori casa aumenta e uno strumento da sfruttare diventa l’OOH. Dai cartelloni pubblicitari al wrapping dei mezzi pubblici, aumenta radicalmente la possibilità di essere notati.

Guardando al settore OOH nell’estate del 2020, si è verificato un cambiamento interessante, in risposta alla pandemia, si è diffuso sempre più il Programmatic Digital Out of Home (DOOH). 

Grazie all’utilizzo di dati real time, il DOOH, permette di erogare contenuti specifici e interessanti a potenziali clienti basandosi ad esempio sul momento della giornata, sulla stagione, sul meteo, sui risultati di un evento sportivo e altro ancora attraverso formati dinamici e automatizzati. 

Ne è un esempio la campagna di McDonald’s weather reactive, che incorpora nei suoi display creatività dinamiche mostrando la sua gamma di Iced Frappé man mano che la temperatura esterna iniziava a salire. 

 


In estate, quindi, cambiano gli strumenti e anche il modo di comunicare con la propria audience ma è possibile fare marketing anche in questa stagione dove raggiungere il pubblico può essere più difficile.

Il successo sta nel comunicare in modo meno convenzionale, rendendo virale il nome del proprio brand (come in una hit estiva) o semplicemente aumentando i touchpoint con l’audience, facendosi trovare nel luogo giusto al momento giusto con un’experience impeccabile.


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Cos’è il brand naming e perché è importante


Come abbiamo già visto in un precedente articolo, l’attività di naming (letteralmente, “nominare, dare un nome”) è uno dei passi fondamentali che chiunque stia progettando il proprio brand si trova ad affrontare. Il nome non è una semplice parola, ma rappresenta l’identità del brand, ed è – insieme al logo – il suo biglietto da visita.

In altre parole, un nome efficace è un nome rappresentativo del brand, dei suoi valori e del suo messaggio. Contemporaneamente, è un fattore di differenziazione dai concorrenti e un modo per comunicare efficacemente con i consumatori.

È inoltre immutabile nel tempo: possono cambiare il logo, il target o il modo di comunicare, ma il brand name rimane lo stesso. È quindi un vero e proprio asset immateriale per il brand, che ha un proprio valore più o meno consistente a seconda del successo del brand.

Arrivati a questo punto verrebbe da chiedersi se c’è un metodo infallibile per scegliere il nome perfetto, garante di successo per il brand che ne è portatore. Purtroppo – o forse per fortuna – tale metodo non esiste. Nell'articolo precedente abbiamo già introdotto alcuni concetti chiave e spiegato che forma ha un nome aziendale, oggi riprendiamo quei concetti e li approfondiamo ulteriormente, con alcune semplici regole che posso facilitare il processo di naming. Scopriamole insieme.

Le fasi del brand naming


A meno di non avere illuminazioni improvvise e veder apparire a chiare lettere il nome perfetto, chiunque voglia trovare un nome efficace dovrebbe seguire un processo, esemplificato di seguito in queste fasi:

  • Analisi del mercato e della concorrenza: in questa fase è importante identificare i propri punti di forza, le caratteristiche distintive su cui puntare, capire dove si posizionano i competitor e dove vogliamo che si posizioni il nostro brand.
  • Brainstorming: in questa fase si da il va libera alle idee. Una volta individuato il contesto di riferimento sarà più facile imboccare la strada per arrivare al nome giusto.
  • Scrematura: questa è la fase convergente che segue quella divergente di raccolta delle idee ed è caratterizzata dalla scelta dell’idea migliore da portare avanti.

In questo caso è fondamentale tenere in conto anche l’aspetto legale: un nome già esistente non può ovviamente essere registrato. La registrazione è una forma di tutela sia per l’azienda che per il consumatore: per la prima protegge l’identità e la proprietà del nome, per il secondo è garanzia di qualità. Pensiamo ad esempio alle cause intentate contro l’uso improprio del nome Parmigiano Reggiano da parte di aziende straniere.

Ma una volta arrivati a questo punto, come si fa a capire qual è il nome giusto? Come abbiamo detto, non esiste una regola universale, ma alcuni semplici accorgimenti possono aiutare.

SMILE e SCRATCH

Come dovrebbe e non dovrebbe essere il brand name

Una dei maggiori esperti mondiali di brand name, la statunitense Alexandra Watkins, nel suo libro “Hello, My Name Is Awesome: How to Create Brand Names That Stick” elenca cinque caratteristiche che un buon nome dovrebbe possedere, riassumibili nell’acronimo SMILE.

  • Suggestive: essere evocativo del brand. Attenzione però: non si parla di riferimenti descrittivi, ma metaforici e allusivi all’universo semantico del brand e ai suoi valori;
  • Meaningful: essere significativo per il target di riferimento, al fine di comunicare in modo intuitivo cosa fa il brand;
  • Imagery: anche in questo caso, il nome deve essere evocativo, ma stavolta in senso visuale: deve richiamare un’immagine alla mente;
  • Legs: letteralmente, deve avere “le gambe”, ovvero dev’essere capace di oltrepassare le mode e durare nel tempo. Come abbiamo visto, infatti, il nome di un brand non cambia nel corso del tempo. Scegliere quindi un nome “di moda” non è una buona mossa;
  • Emotional: un buon nome deve emozionare, richiamando sensazioni positive.

Ci sono però al contempo alcune caratteristiche da evitare, che Watkins elenca come SCRATCH.
Eccole di seguito:

  • Spelling-challenged: il nome non dev’essere difficile da scrivere, nel caso in cui un potenziale consumatore voglia cercare il brand in rete, evitando confusione tra pronuncia e scrittura. Questo vale soprattutto per i nomi anglosassoni, per cui spesso il modo in cui si pronuncia una parola non equivale a come questa viene scritta, ma anche i brand italiani devono far attenzione nel caso in cui scelgano una parola inventata;
  • Copycat: vietato copiare. Il nome ideale è unico, e non richiama quello di altri brand.
  • Restrictive: un nome troppo specifico è limitante e impedisce al brand di espandersi.
  • Annoying: da evitare nomi forzati e poco comprensibili.
  • Tame: poiché il nome ideale deve suscitare emozioni (vedi la E dell’acronimo Smile, Emotional), non può essere piatto e poco comunicativo.
  • Curse of knowledge: tale espressione significa “la maledizione della conoscenza”; in questo caso indica che non si deve dare per scontato che tutti possano capire un determinato concetto o riferimento, quindi il nome non dev’essere “da addetti ai lavori”.
  • Hard to pronounce: ricollegandoci al primo punto (Spelling-challenged) il nome non dev’essere difficile da pronunciare, per evitare incomprensioni e difficoltà. Ricordate quando fu lanciata in Italia la piattaforma streaming Dazn? Inizialmente c’è stata confusione sulla corretta pronuncia, tanto che il brand ha realizzato un video chiarificatore con protagonisti Diletta Leotta e Bobo Vieri, in cui la prima insegnava al secondo come pronunciare il nome.

Esempi celebri: Amazon e Spotify

Vi siete mai chiesti perché alcuni noti brand si chiamano così? Ripercorriamo la nascita dei nomi di due colossi nel loro campo: Amazon e Spotify.

Forse non tutti sanno che quella che oggi noi chiamiamo Amazon inizialmente era nata con il nome Cadabra, derivante dalla parola “Abracadabra”, perché nell’idea del fondatore Jeff Bezos quella che allora era una semplice libreria online doveva funzionare in maniera veloce e semplice, come una magia.

Pare che il cambiamento fu dovuto ad un misunderstanding: l’avvocato del fondatore capì “Cadaver” – “cadavere” (ecco l’importanza della pronuncia!). Per evitare di incorrere in errori simili, fu necessario un cambio nome.

La scelta del nuovo nome fu ispirata dal Rio delle Amazzoni, il più grande fiume del mondo, come Bezos si augurava che diventasse la sua libreria. Ma tale decisione è dovuta anche ad un motivo più pratico: un nome che inizia per A risulterà tra i primi in un elenco.

Per Spotify la scelta del nome fu invece del tutto casuale: come racconta uno dei fondatori, Daniel Ek, lui e il socio Martin Lorentzon erano ognuno nella propria stanza, intenti a ragionare su un possibile nome per il loro business (ricordate la sopracitata fase di brainstorming?). Ad un certo punto Martin urlò una parola che Daniel interpretò come “Spotify”; una volta verificato che il dominio non fosse già registrato (mai tralasciare l’aspetto legale, come abbiamo visto), questo diventò il nome ufficiale del brand.

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Ritratto creativo con flash e… farina!

 


Volete realizzare un ritratto super creativo? Tutto quello che vi occorre sono tre flash portatili e un po di farina.

La finissima polvere sospesa nell’aria, infatti, segue le mosse del soggetto ritratto – un ballerino – consentendoci di catturarne l’azione ed esaltarne i movimenti.

Allestire il set e scattare ritratti simili a questo non è troppo difficile. Bisogna però imparare a disporre le luci, suggerire le pose al soggetto e servirci della polvere nella maniera più efficace. L’illuminazione ha un ruolo decisivo. Sebbene sembri un allestimento complicato, avremo bisogno soltanto di tre economici flash portatili e di un paio di ombrelli per “guidare” la luce.

Inoltre, non c’è bisogno di uno studio. Va bene qualunque spazio di medie dimensioni o persino un esterno di notte (ovviamente se temperatura e umidità lo consentono). Noi abbiamo scattato in un parcheggio sotterraneo e la location ha offerto l’indubbio vantaggio di semplificare le operazioni di pulizia dopo la sessione.

Ritratto creativo passo passo

1 – Troviamo la location più adatta

Ci serve un ambiente con poca luce e uno sfondo nero (noi abbiamo scattato in un parcheggio sotterraneo). Facciamo il possibile per arginare la diffusione della farina, disponendo opportunamente i fogli di polietilene e la tela cerata a protezione della scena.

2 – Disponiamo le luci

Nel nostro allestimento a tre flash (impostati in modalità Manuale), quello frontale era diretto verso il soggetto attraverso un ombrello bianco, quello dietro a sinistra era riflesso da un ombrello argentato e su quello dietro a destra è stato montato un beauty dish.

3 – Ritratto: usiamo l’esposizione manuale

Usiamo i flash separati dalla fotocamera impostando l’esposizione manuale. Partiamo da un tempo di posa di 1/200 di secondo. Poi regoliamo la potenza dei flash, il diaframma e la sensibilità fino a quando l’esposizione sarà corretta. Nel nostro caso abbiamo scelto f/6.3 e ISO 400.

4 – Setacciamo la farina

Per essere “scientifici”, abbiamo provato due tipi di farina ma non abbiamo notato grandi differenze tra quella normale e quella con il lievito dosato. Passate al setaccio, rimangono entrambe in aria più a lungo. Il nostro modello ne ha tenuta un po’ in mano per lasciarla andare ballando e saltando.

5 – Scegliamo un abile modello

Uno scatto come questo è possibile solo con un soggetto consapevole dei suoi movimenti. Potendosi fidare della capacità del modello di mettersi in pose interessanti, saremo inoltre più liberi di concentrarci sulla scelta del momento e sulla composizione.


6 – Ritratto creativo: divertiamoci con le luci

Luci di taglio e controluce danno questo contorno chiarissimo sui due lati del corpo. Il modello dovrebbe assumere posizioni che sfruttino al massimo questa illuminazione girando la testa da un lato o dall’altro. Una posizione frontale non funzionerebbe.

 

 

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Come creare il feed perfetto su Instagram: 4 passaggi fondamentali


Hai mai pensato all’importanza del feed di Instagram?

Il feed di Instagram è il biglietto da visita del tuo profilo. È un po’ come accogliere un ospite a casa tua: preferisci accoglierli in una casa ordinata, pulita, con uno stile ben definito oppure in una casa disordinata, con un’accozzaglia di stili e colori?

Ogni elemento di un feed deve avere un senso e dev’essere studiato strategicamente, perché trasmette i valori e la visione del tuo brand: creare un feed coeso e “tarato” sugli obiettivi del tuo business è fondamentale.

Ci vuole pazienza e studio strategico, lo so. Ma un feed con una personalità definita, ti assicuro, non è un’opzione: è una necessità.

Siccome sono qui per aiutarti, eccoti 4 suggerimenti su come creare il feed perfetto su Instagram. Cominciamo?

Consiglio #1: Scegli lo stile del tuo feed

Studiata la strategia di comunicazione, gli obiettivi da raggiungere e i KPI, devi scegliere il modo migliore di comunicare il tuo brand. Su Instagram, questo si traduce anche nella scelta dello stile del tuo feed.

Prenditi il tempo per capire per quale stile optare, se prediligere colori caldi o freddi, se usare pattern oppure no, e scegli la soluzione più consona a rappresentare il tuo brand. Valuta la creazione di una moodboard, che può guidarti nel realizzare un feed con una personalità accattivante e chiara e aiutarti a stimolare la creatività.

Puoi anche prendere spunto da altri, ma senza copiare: piuttosto, “ruba” i concetti che ci sono dietro, studia la coerenza visiva e cerca di dare un’interpretazione alla strategia che potrebbe esserci a monte.

Consiglio #2: scegli i contenuti adatti all’estetica del tuo feed

Hai scelto estetica e stile del tuo feed? Bene, il primo, fondamentale passo è fatto. Ora devi creare contenuti adatti al tuo feed e al tuo pubblico, che aumentino l’engagement arrivando alle persone giuste.

Se il tuo feed ha personalità e “risuona” con i gusti dei tuoi follower, hai fatto centro! Ti consiglio di studiare un po’ di graphic design e fotografia, magari specifica per smartphone: su Instagram conta l’autenticità e non la perfezione, ma conoscere le basi ti aiuterà a pubblicare foto e immagini più efficaci.

Nella tua content strategy dovresti includere anche gli UGC (User Generated Content), i contenuti creati dagli utenti, che hanno un valore elevato perché rappresentano il legame tra te e i tuoi follower e aiutano a rafforzare il rapporto con il tuo pubblico.

Piuttosto, evita le foto stock, quanto di più lontano da un feed con una personalità forte.

Consiglio #3: utilizza i filtri per dare coerenza visiva al tuo feed

Uno dei modi più semplici per dare coerenza visiva al tuo feed è utilizzare i filtri. Evita di cambiare filtro a ogni contenuto: ricordi la similitudine della casa disordinata? Scegli il filtro (o un set di filtri) che più si addice alla personalità del tuo brand e non cambiare.

Per trovare (o creare!) il filtro perfetto, puoi usare app come VSCO, InShot o Adobe Lightroom, che ti offrono, gratis e a pagamento, una miniera di possibilità.

Consiglio #4: Pianifica!

Hai scelto lo stile del tuo feed, il filtro ideale per comunicare il tuo messaggio e trasmettere correttamente la brand personality al pubblico. Non ti resta che pianificare la pubblicazione dei contenuti.

Fare una content strategy è un lavoro fatto di varie fasi: intanto, scegliere i contenuti da pubblicare in base al target (chi voglio raggiungere?), a ciò che vuoi esprimere (cosa voglio dire?) e come vuoi farlo (come voglio dirlo?). Fare un piano e un calendario editoriale a media-lunga scadenza è la giusta mossa per non ritrovarti a improvvisare.

Il tuo feed deve comunicare rapidamente ai follower, nuovi e “vecchi”, cosa vuoi dire e farlo con chiarezza, dando un’immagine chiara e forte del tuo brand.

Rendi il feed coerente, ma non ripetitivo, testa nuovi contenuti e composizioni inedite, pubblica solo contenuti di valore e non contenuti per riempire degli spazi. Per esempio, se vendi dei prodotti, puoi fare un mix tra ciò che offri e contenuti di tipo informativo o ludico, UGC compresi.