InsightAgency

Negoziazione strategica: le 5 competenze necessarie

 


La negoziazione è un processo decisionale che consente di raggiungere un compromesso o un accordo evitando discussioni e controversie. Accade spesso, in una discussione, che una persona cerchi di imporre il proprio punto di vista, dimenticando che il successo non è dato dalla vittoria sugli altri ma nel riuscire a ottenere i propri obiettivi prefissati. Ognuno di noi ha degli obiettivi di grande importanza, a cui non vuole fare a meno. Il buon mediatore sa identificarli, trattare e proporre la giusta intesa. Ascolta, media, mette in accordo tutte le parti. Chiunque di noi può diventare un buon negoziatore.

Esistono varie forme di negoziazione che vengono utilizzate in base a diversi contesti e situazioni: vendita, acquisti, contesti giuridici, controversie, accordi con dipendenti, con colleghi, con partner, ecc. Sono poche nel mondo le persone che hanno capacità negoziali innate, tutti gli altri riescono ad apprenderle leggendo e studiando dei libri oppure grazie a corsi di negoziazione.

Le 5 competenze necessarie

Vuoi essere un ottimo negoziatore ed utilizzare al meglio le diverse metodologie di contrattazione? Il primo passo, come detto, è acquistare dei libri, come questo «Negoziazione. Strategie, strumenti, best practice» di Roy Lewicki e Bruce Barry, oppure partecipare a dei negotiation workshop, corsi di specializzazione grazie ai quali acquisisci know-how professionale e metodologie di applicazione. Ti viene insegnato come affrontare i diversi tipi di trattativa, a sviluppare le tue capacità comunicative ed inizi a mettere in pratica il corretto schema mentale volto alla conciliazione.

Ogni processo di negoziazione prevede cinque fasi, che allo stesso tempo rappresentano anche cinque competenze che ogni buon negoziatore dovrebbe possedere:

  1. Preparazione – Capacità organizzativa
  2. Discussione – Capacità comunicativa e assertività
  3. Negoziare verso un risultato win-win – Capacità nella conduzione e nelle trattative
  4. Accordo – Capacità di conciliazione
  5. Linea d'azione – Capacità di pianificazione


 1. Preparazione

Prima di qualsiasi negoziato, è importante decidere quando e dove si terrà l’incontro, chi vi parteciperà, il tempo a disposizione, gli obiettivi prefissati. Come in una battaglia, il generale parte avvantaggiato se conosce già luogo, uomini, disposizioni, tempi e strategie d’azione. In questa fase devi assicurarti che tutti i fatti pertinenti siano condivisi e ricordare ai partecipanti le "regole di gioco". Ne risulta che, devi essere una persona ben organizzata.

2. Discussione

In questa fase, ogni persona deve avere tempo a disposizione per esporre il proprio punto di vista. L’obiettivo è comprendere ogni punto di vista. Le abilità chiave di questa fase sono: saper fare domande, saper ascoltare, essere chiari e concisi. È utile prendere appunti nel caso nascano incomprensioni o siano necessari chiarimenti nel proseguo. È estremamente importante ascoltare, evitando di interrompere.

Dalla discussione devono uscire ben chiari gli obiettivi di tutte le parti in causa. È utile elencare questi fattori in ordine di priorità identificando anche i dettagli, in modo che non si verifichino malintesi per accordi successivi.

3. Negoziare verso un risultato win-win

Questa fase è molto delicata, si concentra su ciò che viene definito “risultato win-win" (in cui vincono entrambe le parti). L’obiettivo è ricercare una soluzione d’intesa comune, un punto d’incontro che concede alcuni obiettivi principali all’una e all’altra parte. Possono essere utilizzate anche strategie alternative e compromessi. In questa fase devi essere un buon comunicatore, chiaro, abile nel condurre le trattative, devi saper individuare e proporre i giusti punti di incontro. Inoltre, devi avere abilità di problem solving (risoluzione di problemi).

4. Accordo

È più facile arrivare ad un accordo se le parti hanno un atteggiamento propositivo e sanno ascoltare l’altro. Ogni tipo di accordo deve essere chiaro, ben spiegato e condiviso tra le parti. In questa fase devi saper mediare, non devi rimanere imparziale fino in fondo. Devi far avvicinare e armonizzare due pensieri che nascono opposti. Devi essere un vero conciliatore.

5. Linea d'azione

Dall'accordo ne deriva una linea d'azione, un programma che le parti dovranno seguire, magari a step o secondo una linea temporale precisa. In questa fase devi essere pragmatico, avere l’abilità di pianificazione e coordinamento. Devi essere un buon project manager. 

In caso di mancato accordo

Se il processo di negoziazione si interrompe e non si arriva ad un accordo, è necessario rinegoziare subito un'ulteriore incontro. In questo modo si evitano inutili discussioni e perdite di tempo. Nella riunione successiva, le fasi di negoziazione possono essere ripetute una ad una. Le singole situazioni dovrebbero essere riesaminate prendendo in considerazione nuove idee e ovviamente nuovi punti di incontro.
InsightAgency

Still life in esterni, esploriamo gli spazi

 

Usciamo e riappropriamoci degli spazi, con le nostre fotocamere al collo o in mano, per dedicarci alla fotografia di still life… in esterna.

Che cosa è uno still life

In fotografia,  usiamo l’espressione inglese still life per indicare un particolare genere che ritrae soggetti inanimati,  quello cioè che in pittura si può tradurre con “natura morta”.

Solitamente si tende ad accostare questa particolare tecnica a studi fotografici, a set precostruiti e a complessi schemi di illuminazione, sottovalutando invece che anche gli spazi aperti offrono numerosissimi spunti per cimentarsi con la fotografia di still life.

Se vuoi saperne di più sulla fotografia di still life, puoi trovare molto qui:

The Beginner’s Still Life Photography Guide  di Li Aihong (in inglese)

Still Life in Photography  di Paul Martineau (in inglese) 

 


I vantaggi della fotografia di still life

I soggetti non si muovono!

Questo ci regala un enorme vantaggio: abbiamo tutto il tempo per scegliere con calma le regolazioni della nostra fotocamera, controllare com’è illuminata la scena, comporre con attenzione e produrre scatti di qualità.

Nessuna fretta, per cui. Abbiamo tutto il tempo che ci serve. Usiamolo bene!

 


 

Città e still life

La differenza tra scattare still life in studio e scattarli invece  in esterni è tutta nella necessità di sapersi adattare e di imparare a guardarsi in giro.

Tutto ciò che circonda, se inquadrato con una certa creatività,  può trasformarsi in un soggetto fotogenico.

Luce ambiente e still life esterni

Fuori, dobbiamo inesorabilmente fare i conti con la luce ambiente disponibile,  dobbiamo imparare a sfruttarla al meglio, in modo da esaltare i nostri soggetti.

Questo ci dice che dobbiamo conoscere la luce molto bene, capire se è adatta allo scopo che ci proponiamo e, in caso contrario, cambiare le nostre intenzioni di scatto.

Non potendo piegare la luce al nostro volere, dobbiamo imparare a piegare il nostro volere alla luce.

Keep It Simple

Manteniamo le cose semplici, affidandoci ad inquadrature asciutte e componendo con estrema attenzione. Ecco una buona ricetta da seguire per ottenere risultati soddisfacenti.

Spesso, un oggetto basta e avanza. Ancora più spesso, anche soltanto una parte di un oggetto.

Impariamo ad evocare ed evitiamo di descrivere.

 


 

Forme geometriche e still life

Impariamo a ragionare in astratto e lasciamoci guidare dalle forme geometriche. Dove, ad esempio, un tombino smette di essere un tombino e diventa semplicemento un cerchio, assumendo così un suo significato estetico a prescindere da ciò che è nella realtà contingente.

Cerchiamo di isolare gli oggetti, estrapolandoli il più possibile dal contesto e trattandoli come veri e propri soggetti fotografici degni di rilievo, che si tratti di un cassonetto o di una porta, nel nostro scatto sono forme geometriche, colore e materia.

 


 

Sfruttiamo la materia, ricordandoci che la luce radente ne esalta le texture, questo ci deve suggerire che è meglio preferire scattare quando il sole è molto basso sull’orizzonte o a picco sul nostro soggetto.

Affidiamoci ad una profondità di campo ridotta, saprà rendere gli oggetti più comuni quasi magici, onirici. È quello che vogliamo, strapparli dalla realtà quotidiana e consegnarli ad un mondo completamente nuovo.

Cerchiamo i profili e facciamoli stagliare su fondi omogenei, questo ci dice che spesso ci toccherà abbassare il punto di ripresa o alzarlo, in modo da inquadrare il soggetto, isolandolo.

Come impostare la fotocamera

Come sempre, non esiste una modalità di scatto migliore di altre, se non quella nella quale ci troviamo maggiormente a nostro agio a scattare.

 


 

 Le due modalità di scatto  che consiglio sono manuale (M) e priorità di diaframma (Av). Nella prima disponiamo di tutta la flessibilità che ci può servire, nella seconda, invece impostiamo il diaframma – e quindi la profondità di campo che vogliamo usare – e lasciamo alla nostra fotocamera il compito di consigliarci il tempo di scatto, potremo sempre intervenire sull’esposizione compensando in positivo o in negativo.


InsightAgency

15 Strategie di Lead Generation efficaci

 


Quando si parla di Lead Generation si intende l’insieme di azioni marketing che hanno come obiettivo l’acquisizione e la generazione di contatti interessati.

Il Lead, infatti, è un potenziale cliente interessato al prodotto/servizio che offri, che è entrato in contatto con te lasciandoti alcuni dati grazie ai quali potrai ricontattarlo. Si parla sia di Lead Generation Online che Offline ovviamente, perché fino all'avvento di internet si faceva Lead Generation raccogliendo dati di: interviste telefoniche, visitatori stand Fiera, raccolta biglietti da visita, acquisto di spazi pubblicitari in Radio e TV, ecc.

La comunicazione online, invece, è oggi uno dei più potenti mezzi di Lead Generation e di conversione alla vendita perché ha a disposizione un'infinita lista di strumenti da sfruttare. Vediamo i 15 più interessanti insieme.

Perché la Lead Generation è così importante?

L’acquisizione di un Lead rappresenta il primo passo del funnel di vendita in cui è fondamentale accompagnare il potenziale cliente, attraverso strumenti e messaggi specifici lungo il percorso che si completa nell’acquisto.

Il vantaggio che offre la Lead Generation è ottenere una lista profilata di contatti interessati su cui svolgere attività di vendita proficue.

1) Video Marketing / Video Tutorials

Sappiamo benissimo come i video siano oggi uno degli strumenti più forti ed efficaci per comunicare con utenti e clienti. In questo caso non sto parlando di Video pubblicitari ma di veri e propri Video Tutorials, utili a spiegare e/o risolvere un problema reale che i potenziali clienti è probabile che possano cercare sul web. Potrebbero atterrare sul tuo video anche per puro caso e trovando il tuo video interessante potrebbero iniziare a seguire la tua pagina YouTube oppure decidere di andare a scoprire l'azienda che sta dietro a quei video molto utili.

Video che spiegano l'utilizzo di un prodotto o di un servizio, ma anche video-tutorials di operazioni non direttamente dedicate al tuo prodotto ma ad attività simili o che possono portare successivamente all'utilizzo del tuo prodotto.

Se pensi che questo tipo di video siano possibili solo per prodotti del mondo del fai-da-te ti sbagli. Si possono inventare migliaia di video anche divertenti in cui si fa vedere come indossare un cappello, come giocare con un nuovo giocattolo, come degustare una tisana, ecc. La fantasia deve fare da padrona.

2) SEO delle recensioni dei clienti

Le piattaforme di recensioni hanno generalmente una forte presenza nella ricerca organica, il che le rende una grande opportunità per espandere la presenza del proprio marchio e farsi notare dalle persone giuste.

Quando incoraggi gli utenti a lasciare le recensioni su una piattaforma di terze parti con un forte SEO/molto conosciuta (basta pensare a TripAdvisor, Booking, TheFork, ecc. che sono a pagamento oppure a portali di settore o lo stesso Google Maps che sono invece gratuiti) aumenti le possibilità di essere trovato da potenziali clienti qualificati nella ricerca.

Queste piattaforme ti aiutano ad ottimizzare la tua presenza online e spingere le persone interessate a trovare il tuo prodotto/servizio. Ciò che devi fare è: trovare i portali e le piattaforme di recensione migliori del tuo settore che ti possono veramente aiutare a far convogliare contatti verso il tuo sito o a far acquistare i tuoi servizi.

Inoltre, in questo modo potresti eguagliare la concorrenza nelle ricerche di parole chiave di alto valore.

3) Landing Page

La Landing Page o pagina-di-atterraggio sta alla base delle strategie di Lead Generation online. E' tra gli strumenti più utilizzati. E' una pagina web creata ad hoc con uno o pochi contenuti molto interessanti che spingono il navigatore all'interazione. La pagina deve essere semplice, corta, veloce da leggere, magari con un video. Ciò che non può assolutamente mancare è la Call-to-Action, cioè un pulsante/link o un form che porti immediatamente l'utente a trasformarsi in Lead.

La pagina web non deve avere un navigatore con pagine da navigare, perché l'utente deve avere a sua disposizione solo un'azione, ovvero la la Call-to-Action.

Per massimizzare l'efficacia di una Landing Page è buona consuetudine utilizzare Google AdWords per incrementare l'atterraggio delle persone sulla pagina e in base ai feedback, migliorare la pagina di mese in mese. Altro metodo è quello di usare l'A/B Test, ossia creare due Landing Page leggermente diverse e dopo un periodo controllare quale delle due performa meglio.

4) Quiz o Tool interattivi

E' possibile offrire un quiz ai visitatori del tuo sito web, il quiz non deve essere intimidatorio, anzi per lo più deve essere accattivante, semplice, divertente e veramente utile. Un metodo creativo per conoscere meglio i tuoi visitatori, ottenendo informazioni. Alla pari del Quiz è possibile sviluppare un Tool di utilità per gli utenti. Gli esempi sono infiniti: meteo, telecamere in diretta che puntano su luoghi di interesse (spiagge, piste da sci, città, ecc.), strumento che consente di creare un percorso trekking personalizzato, tool di ricerca e confronto dei servizi delle scuole, tool che permette all'utente di creare il proprio prodotto personalizzato a step, tool-gioco che offre all'utente di vincere dei coupon, ecc. 

Strumenti interattivi che per funzionare veramente devono essere utili all'utente e non solo a te!

5) e-Book, e-Magazine, e-Catalogue

Do ut Des. Cosa c'è di meglio che donare per primi per poi ottenere qualcosa in cambio? Questa è una delle strategie più utilizzate sul web, soprattutto dai siti che offrono servizi: dare la possibilità di scaricare un e-Book gratuitamente, ma solo dopo aver compilato un form con i propri dati (in modo da rendere facile un ricontatto via email o telefonico).

Ma l'offerta non si ferma ad un semplice e-Book o White Paper, in altri settori si parla di e-Magazine ovvero il download di una vera e propria rivista (moda, design, cucina, ecc.), una rivista che inizialmente è uno strumento di Lead Generation ma che con il passare del tempo e l'aumento di notorietà può diventare strumento pubblicitario a pagamento, ovvero farsi pagare 

L'e-Catalogue è un mix tra l'e-book e l'e-Magazine, un catalogo di prodotti o servizi ma che può essere ideato come fosse un giornale con approfondimenti di settore, un catalogo con suggerimenti su come si indossano i capi, con ricette, con best practice per arredare la casa, ecc. Offrire un servizio a valore aggiunto ai lettori che vogliono tenersi aggiornati - in cambio della loro email o informazioni ricevono suggerimenti da fonti esperte.

6) Un Blog interessante

Quante volte hai sentito parlare dell'importanza strategica del Blog? E' vero, il Blog può diventare uno degli strumenti più importanti per la Lead Generation, ma deve essere: ben strutturato, nutrito costantemente con contenuti interessanti e gli articoli/post dovranno avere una strategia. Non tutti, ma i più importanti dovranno avere al loro interno una Call-to-Action (chiamata all'azione), in modo tale da trasformare il semplice navigatore in Lead.

Aprire un Blog è la cosa più semplice, lo puoi fare gratuitamente. Ma proprio per questo è lo strumento più abusato e con il tasso di insuccesso più alto. Attento alle tue scelte.

Se vuoi ottenere successo dovrai creare un team di lavoro, interno o esterno, che si occupa della comunicazione della tua azienda.

7) Influenzare il mercato con gli Influencer

Vuoi provare a spingere i tuoi prodotti velocemente su un nuovo mercato? Utilizza uno o più Influencer! Vengono pagati per pubblicizzare i tuoi prodotti (c'è chi lo fa in modo più occulto facendo pensare di aver scelto il tuo prodotto perché più bello o più utile e chi invece mette ben in chiaro che è pura pubblicità, una marchetta). Sta di fatto che i numeri parlano molto chiaro, gli Influencer sono un canale molto efficace, sia per rendere famoso un brand (brand building) che per fare vendite. L'Influencer riesce a mettere in contatto diretto, in poco tempo, la tua azienda con un preciso target di pubblico.

L'Influencer è efficace perchè: parla "la stessa lingua" dei suoi coetanei, è uno di loro, i suoi follower si fidano di lui/lei o lo/la prendono come punto di riferimento. 

8) Attirare con Testimonials ed Esperti di settore

Molto simili agli Influencer sono gli esperti di settore. Sono anch'essi Influencer, ma è l'uso che se ne fa che è diverso. Nel tuo progetto saranno dei veri e propri testimonials del tuo brand, ovvero persone che hanno sposato il tuo progetto in senso lato. Agli occhi dei tuoi clienti amano il tuo brand e tutti i tuoi prodotti, mettono la loro faccia testimoniando la qualità dei tuoi prodotti.

Sono testimonials le persone famose ingaggiate per fare pubblicità, ma per un progetto meno costoso potrebbero essere professionisti (giornalisti, blogger, architetti, designer, ecc.) che parlano della vostra azienda, scrivono articoli su di voi, rispondono in una rubrica online in cui danno suggerimenti agli utenti, indossano un cappellino o un t-shirt con sopra il vostro marchio, ecc. Anche qui gli esempi possono essere infiniti.

9) Corsi online

Le persone sono sempre alla ricerca di conoscenza, soprattutto se viene elargita gratuitamente o a basso costo. La creazione di corsi online o webinar con esperti che offrono il loro prezioso tempo per impartire lezioni, dare risposte o nozioni importanti su un preciso argomento è uno strumento enormemente fruttuoso per creare Lead. 

La cosa difficile? Organizzare l'intera struttura. Le lezioni, i webinar, creare contenuti e una pianificazione, trovare i giusti esperti che siano anche bravi a parlare in video-conferenza. Non è semplice, ma sicuramente... molto prestigioso.

10) Social Media

E' importante imparare a sfruttare i Social Media nella loro globalità. Utilizza Facebook, Instagram, Pinterest, Twitter e LinkedIn non solo per fare brand building/farti conoscere o per promuovere i tuoi prodotti con la pubblicità, sfruttali al meglio con azioni di ascolto e di analisi.

Impara ad ascoltare i tuoi utenti, raccogli i loro sentimenti, raccogli le loro idee, raccogli i loro dati e trasformali in Lead. Rispondi alle loro richieste, portali ad interessarsi ai tuoi servizi, devono lasciarti almeno la loro email, compilare un form o iscriversi alla tua Newsletter.

Fai interessare i tuoi utenti ad un tuo e-Book da scaricare, promuovi loro un webinar. Devi mantenere il loro interesse attivo fino ad avere fiducia in voi. Solo a quel momento si trasformeranno in Lead e poi in clienti.

Un altro metodo di ricerca e ascolto è seguire i Gruppi su Facebook e LinkedIn, all'interno dei quali avrai a disposizione migliaia di utenti e probabili futuri Lead. L'importante è sapere come interagire con loro.

11) Live Chat

Se possiedi un sito web che registra molte visite giornaliere e mensili, ti suggerisco di aggiungere un tool di Live Chat. Darai la possibilità agli utenti di chattare in tempo reale con un assistente della tua azienda. Questo tipo di supporto alla vendita ti offrirà due tipi di azione, faciliterà: le vendite online e la conoscenza dei tuoi utenti (che potrai trasformarli in Lead con successivi ricontatti).

Conosciamo bene chi fa ordini sul nostro sito (sono clienti di cui abbiamo tutti i dati), mentre non sappiamo niente o quasi niente degli utenti che navigano il nostro sito, soprattutto se lo fanno in modalità "incognito", quindi... ingloba subito una Live Chat e scopri chi visita il tuo sito.  

12) Facilita il passaparola

Lo strumento del passaparola è sicuramente la strategia più antica di pubblicità. Chi si trova bene con i nostri prodotti ne parlerà bene con i suoi conoscenti e via via così. Accade così anche sul web, quindi è importante trovare la strategia giusta per sfruttarlo al meglio.

Uno su tutti, il metodo web più utilizzato è: offrire un premio aggiuntivo al cliente che fa conoscere il prodotto ad un suo amico. Spesso l'azione è win-win, ovvero il premio viene offerto ad entrambi nel caso in cui il secondo amico decida di acquistare da suggerimento del primo.

13) Usa il Remarketing

Sei a conoscenza del Remarketing? Se non ne hai mai sentito parlare, ti suggerisco di cercare subito approfondimenti. In sintesi, sono quei banner pubblicitari che ti appaiono ovunque tu navighi online proponendoti prodotti che hai cercato pochi minuti prima. 

Il remarketing consente di connettersi con le persone che hanno precedentemente interagito con il tuo sito web o la tua app per dispositivi mobili. I tuoi annunci/banner vengono proposti a precisi segmenti di pubblico mentre navigano su Google o sui siti web dei suoi partner. Questo tipo di advertising si basa sui cookies.

Si tratta della tecnica del "ricordati di me". Più volte visualizzi i miei prodotti e più si rafforza il mio brand, diventando più familiare ed importante ai tuoi occhi. Così facendo è più probabile che tu scelga il mio prodotto rispetto a quello della concorrenza. 

Per sviluppare campagne di Remarketing è sufficiente avere un po' di esperienza ed utilizzare Google Ads Display.

14) Organizza Virtual Sales

Se la tua azienda utilizza già Assistenti alla vendita, pianificare un tool di "Vendite Virtuali" sarà molto più facile, ti sarà sufficiente organizzare la strategia e farti sviluppare un tool da inserire all'interno del tuo sito web.

Di cosa si tratta: avendo sul tuo sito una o più pagine web in cui gli utenti possono liberamente chiedere o prenotare una video-call con un Assistente alla Vendita, avrai la possibilità di ottenere decine di Lead ogni giorno. Queste persone saranno molto interessate a vedere con i loro occhi il prodotto da acquistare ed avere a loro personale disposizione un Assistente che risponde alle loro domande.

Le "Virtual Sales" sono l'evoluzione delle vendite all'interno di uno Showroom. Pensaci bene, la stessa cosa accade quando vai in un concessionario per scegliere una nuova auto. Un Assistente dedica il suo tempo a mostrarti auto, optional e rispondere a tutti i tuoi dubbi. Se è bravo, riuscirà a venderti l'auto dopo appena 20-30 minuti. Stessa cosa per le Virtual Sales: servono Assistenti, uno Showroom (o prodotti disponibili), un tool di prenotazione video-call e molta organizzazione.  

15) Marketing Automation

Una volta che la strategia ha portato traffico al sito e fornito visibilità al prodotto e/o servizio dell’azienda, non resta che iniziare a convertire i visitatori che vengono in contatto con l’attività in potenziali clienti. Lasciando i propri dati personali sono pronti per poter usufruire di attività di Lead Nurturing. In questa fase, possono sopraggiungere in aiuto dell’esperto di Lead Generation tutta una serie di tool per la Marketing Automation.

Innescando un sistema automatizzato di mail, con piattaforme come Sendinblue, Mailchimp (scrivici per usufruire dei vantaggi riservati ai nostri clienti), Magnews o Hubspot, sarà possibile curare il rapporto con i contatti creando dei veri e propri "processi di comunicazione personalizzata per ogni tipologia di cliente". Altri software molt interessanti sono Unbounce, Landingi o Instapage per la realizzazione di Landing Pages o Hotjar per le mappe di calore e l’analisi qualitativa del comportamento degli utenti online.

Senza una strategia pianificata di Lead Generation, magari multicanale non sarà possibile massimizzare gli investimenti fatti e convertire molti lead in clienti. Un suggerimento? Scegliete una persona che ha seriamente esperienza, sia esso un interno o un esterno all'azienda, ma serve un professionista che sa prendere le giuste scelte e utilizzare al meglio gli strumenti. 

Se pensate di avere bisogno di un piccolo aiuto in questo, noi della Insight Agency  ci occupiamo proprio di questo, e ideiamo soluzioni ad hoc per aziende di ogni dimensione e professionisti. Contattateci per una consulenza gratuita

 

InsightAgency

Ripulire la scrittura: sottraendo l’ovvio aggiungiamo significato

 


Il lavoro di riduzione va esercitato anche sui testi, per dire quanto serve e solo quello. Sottraendo l’ovvio aggiungiamo significato. Più sarà conciso il messaggio, più importanza avranno le parole che contiene.

(Yvonne Bindi, Language Design)

Scrivere per comunicare è impegnativo, scrivere per comunicare il tuo lavoro richiede un grande sforzo di elasticità: devi sapere quando allungare un testo perché serve tensione narrativa e quando rimpicciolirlo per aiutare il lettore a comprendere, imparare, apprezzare, scegliere.

Un buon testo, un testo che raggiunge i suoi obiettivi è un testo conciso. Il che non significa povero e per spiegarti la differenza chiarisco meglio il concetto così

breve ≠ semplice ≠ conciso

perché:

  • breve” ci parla solo della lunghezza (righe, battute, caratteri, parole, ecc…)
  • semplice” ci parla solo del registro (niente parole strane, niente complicazioni, niente inglesismi)
  • conciso” ci parla di efficacia, di un rapporto perfetto fra quante parole mettiamo in campo e quanto preciso e forte è il messaggio che trasmettono.

Yvonne Bindi, autrice del libro da cui ho preso la citazione di apertura, dedica un intero capitolo a questo tema e per accompagnarti nell’avventuroso viaggio verso la semplificazione parto dalla sua scaletta di regole:

  • Riduci: le parole devono essere centrate sul concetto che vuoi esprimere; non essere scontato e trasandato, scegli parole mirate che diano l’esatta percezione del concetto che vuoi esprimere, possibilmente con un solo vocabolo (ricordi? riduzione!)
  • Rimpicciolisci: sì, qui parliamo proprio di ridurre le parole; se per esprimere un concetto puoi usare 2 parole invece di 6…beh sai cosa scegliere (es: di una certa importanza ➡  importante – in data odierna ➡  oggi) 
  • Nascondi e organizza: questi due punti abbinano la chiarezza espressiva alla dinamicità grafica;
  • Tempo: devi avere rispetto del tempo di chi ti legge e puoi farlo semplificando i testi (punta su semplicità, chiarezza, linearità…insomma, niente frasi dentro frasi dentro frasi) e, di nuovo, misurando la quantità di parole che usi; mi spiego meglio: leggerai ovunque che un buon blogpost è fatto almeno di 1500 parole, bene, quello non è un blogpost ma un episodio di stalking! Meglio dividere un testo così lungo in più puntate senza prendere in ostaggio il tuo pubblico
  • Impara: come puoi spiegare in modo semplice un concetto complicato? Usando le metafore e cioè imparando a vedere i vari concetti con occhi diversi, attingendo ad analogie e similitudini
  • Differenzia: ricorda che anche la semplicità deve essere dosata per non diventare noiosa, quindi, dopo aver messo il lettore a suo agio introducendo il tema, alterna frasi brevi e lineari a strutture più complesse, gioca con la costruzione del testo e con la narrazione.


Quindi oggi ti lascio con questo esercizio: prendi gli ultimi contenuti che hai pubblicato sul tuo blog, la tua newsletter e il tuo social preferito e rivedili alla luce di questi consigli. Cosa ne esce?
 

InsightAgency

Brainstorming, cos'è e come trovare nuove idee.

 


Il Brainstorming è una tecnica creativa che consiste in un dibattito di gruppo per trovare delle idee e/o delle proposte. Questo metodo decisionale si è sviluppato nell'ambito delle agenzie pubblicitarie, è largamente utilizzato per il problem solving e si basa soprattutto sull'associazione di idee e sul confronto.

Che cos’è il brainstorming?

Il brainstorming è una pratica comune quando si cercano nuove idee e/o nuove soluzioni a dei problemi e consiste in un incontro di gruppo durante il quale i partecipanti si confrontano, procedendo per associazione di concetti.

La definizione di questa tecnica creativa si deve al pubblicitario statunitense Alex Faickney Osborn, «fondatore di un movimento importante per la creatività, e “guru” riconosciuto, nei primi anni del secondo dopoguerra, del pensiero creativo», come lo definiscono Claudio Bezzi e Ilaria Baldini nel libro “Il brainstorming: pratica e teoria“. Per Osborn – precisano i due autori – «il brainstorming è semplicemente uno dei modi possibili per produrre idee; l’accento è sull’ideazione, sul processo creativo, sull’importanza dell’immaginazione come forza generatrice anche per i problemi tecnici e aziendali, oltre che per l’arte e la scienza».

A cosa serve il brainstorming?

Il termine brainstorming è entrato nell’uso comune per indicare uno dei diversi modi per trovare idee creative, ma anche alternative possibili per risolvere un determinato problema, a partire, seguendo la traduzione solitamente adottata per la parola, da una “tempesta di cervelli“.

In merito a una possibile traduzione della parola, però, bisognerebbe anche considerare che è Osborn stesso a suggerirne una: «‘brainstorm’ significa» – come riportato ancora da Bezzi e Baldini – usare la testa [brain] per assaltare [to storm] un problema creativo».

La tecnica, inizialmente applicata solo al mondo pubblicitario, ormai è diffusa in ambiti molto diversi tra loro. I campi di applicazione, infatti, comprendono quello pubblicitario (per sviluppare, per esempio, il concept di campagne pubblicitarie o uno slogan ), quello artistico (per realizzare un’opera d’arte), quello scolastico (per lo sviluppo di un progetto di gruppo), quello del crisis management (per risolvere una crisi o un problema), quello giudiziario (per preparare un processo), ecc.

Nel marketing, comunque, si ricorre al brainstorming per svariate ragioni, tra le quali, solo per citarne alcune: attività di naming , realizzazione di un logotipo e ideazione della brand image , ricerca di un payoff , gestione di progetti e processi.

Come si fa brainstorming o come funziona?

Prima di avviare una sessione di brainstorming si definisce sempre un obiettivo, che solitamente è definito, insieme ad altre indicazioni relative al progetto da sviluppare, nel brief , e non di rado vengono preparate delle mappe concettuali per offrire degli spunti di riflessione di partenza.

All’attività partecipa sempre chi deve occuparsi direttamente del lavoro, ma può risultare utile coinvolgere anche altri colleghi o persone del tutto esterne all’ambiente lavorativo, che potrebbero fornire spunti inaspettati.

In ogni caso, è sicuramente più efficace quando fatto in gruppo, anche se spesso, specie nelle piccole realtà, questo metodo può essere sperimentato anche tra poche persone o addirittura tra sole due persone e secondo taluni da una singola persona. Quando il gruppo è troppo numeroso, però, sarebbe opportuno dividerlo in dei sottogruppi.

Per fare brainstorming, comunque, occorre sempre seguire alcune regole di base, rimaste sostanzialmente invariate nel tempo e che si possono riassumere come segue: 

  • escludere la critica (e l’autocritica), perché in fase di raccolta delle idee non è produttiva;
  • mantenere uno stile informale, cosa che potrebbe essere agevolata dedicando i primi minuti dell’incontro a una brevissima presentazione dei partecipanti;
  • puntare alla quantità: se le proposte sono numerose ci sono più probabilità di trovare l’idea o la soluzione giusta;
  • combinare le proposte già avanzate in delle nuove idee, puntando cioè sull’associazione di idee.

Inoltre, una sessione di brainstorming non dovrebbe essere troppo breve, per evitare di fermarsi solo sulle prime idee raccolte; allo stesso tempo, però, non dovrebbe essere eccessivamente lunga: se risulta particolarmente complicato trovare idee o soluzioni convincenti sarebbe preferibile preparare più incontri, della durata massima di un’ora, così da non affievolire o smorzare l’energia creativa e produttiva necessaria.

Importante è anche il luogo in cui si fa brainstorming, poiché dovrebbe favorire l’informalità e dare ai partecipanti al gruppo la possibilità di alzarsi e muovere qualche passo.

Sarebbe utile anche predisporre nell’ambiente scelto per fare brainstorming una lavagna sulla quale ogni partecipante possa appuntare le varie idee oppure dei cartoncini colorati da poter attaccare alle pareti.

La “tempesta di idee” per trovare un nome, ovvero cos’è il namestorming e come si fa

Il namestorming, come suggerisce il termine stesso, traducibile come “tempesta di nomi”, prende spunto dal brainstorming per adattare la tecnica creativa all’ideazione di un nome (per un brand, un sito, una pagina social, ecc.). 

Per una sessione di namestorming si seguono le stesse regole e gli stessi principi del brainstorming, che Linda Liguori, autrice del libro “Nome & Naming. Scegliere il nome giusto per ogni cosa” sintetizza in CSQM, ossia critica abolitaquantità prima di tuttostravaganza benvenutamoltiplicazione infinita.

Come per una sessione di brainstorming, la prima parte di quella di namestorming potrebbe essere dedicata allo spiegare velocemente in cosa consiste questa pratica creativa e fare qualche esercizio semplice, giocando magari con rime e associazioni di idee a partire da parole già date, soprattutto quando nel gruppo di partecipanti ci sono persone non avvezze a questa pratica creativa o estranee al gruppo di lavoro.

In una sessione di namestorming, inoltre, potrebbe risultare opportuna la presenza di un “facilitatore di naming“, ossia un mediatore/leader del gruppo esperto di naming – e che, come precisa Linda Liguori, dovrebbe conoscere bene brief e mappe mentali del progetto, oltre che essere sensibile alle dinamiche di gruppo – e può quindi guidare e mediare l’incontro. 

Cosa si fa dopo il brainstorming?

Finita la fase di raccolta delle proposte e delle idee creative, quando cioè la sessione o le diverse sessioni di brainstorming sono terminate, occorre però organizzare il tutto in maniera strutturata, correlando tra loro i concetti simili e creando delle mappe concettuali (a volte si possono modificare o integrare quelle preparate in precedenza). Di queste può essere inviata una copia a tutti i partecipanti per poi discuterne in un nuovo incontro con l’obiettivo di un confronto critico che porti all’idea o alla soluzione finale.

InsightAgency

Fisheye: conosciamo un po' meglio questo speciale obiettivo



Il fisheye è indubbiamente l’obiettivo fotografico più particolare e “trasgressivo” che esista, ma anche il più difficile da usare e il più ingannevole.

Il fatto che offra un angolo di campo enorme trae spesso in inganno il fotografo e lo porta a usarlo in maniera errata, dando origine a fotografie abnormi e sgraziate.

Non surreali e creative, ma veri e propri “mostri” visivi. Scopriamone le caratteristiche, ma soprattutto come e dove usarlo a nostro vantaggio.

 


 La parola fisheye (scritta anche fish-eye) è inglese e significa “occhio di pesce”.

Osservando la lente frontale di uno di questi obiettivi, tondeggiante come l’occhio di un pesce, si comprende subito l’origine del nome.

La sua peculiarità sta nell’essere dotato di un angolo di campo smisurato rispetto ai colleghi: 180 gradi.

Questo vuol dire che se non si fa attenzione si rischia di trovarsi dentro all’inquadratura anche i propri piedi e la punta del cappello che si indossa!

Scherzi a parte, un angolo di campo di 180 gradi significa che, se disponiamo la macchina in terra e con piano pellicola parallelo al piano orizzontale, essa riuscirà a includere nell’inquadratura tutto quello che si trova attorno a partire dalla linea dell’orizzonte.

Da un lato questo è un vantaggio, ma dall’altro espone a parecchi rischi, come appunto il vedersi comparire nell’inquadratura elementi di disturbo oppure flare luminosi.

 

 

Tipi di fisheye

In commercio esistono due tipi di obiettivo fisheye:

  • rettangolare
  • circolare

Queste denominazioni non derivano (ovviamente) dalla forma dell’obiettivo stesso, che è sempre cilindrica, ma da quella dell’immagine che essi producono sul sensore (prima sulla pellicola).

 

Nel primo caso è rettangolare, con rapporto 3:2, nel secondo circolare. L’immagine circolare è naturalmente inserita sempre nel rettangolo del fotogramma classico, per cui lo vedremo contornato da un fondo completamente nero

 



Esteriormente il fisheye circolare è sempre privo di paraluce, per l’ovvio motivo che “vede” tutt’attorno fino al bordo.

Quello rettangolare è dotato invece di un paraluce, seppur molto ridotto, che si rivela prezioso per evitare l’ingresso di luce parassita e quindi la generazione di flare sulla foto.

Va anche detto che questo tipo di obiettivo è molto meno sensibile al problema della luce parassita e delle riflessioni interne, tant’è che ci si può fotografare il sole senza troppa paura di veder apparire strani bagliori.

Lunghezza focale

Le lunghezze focali dei fisheye variano tra 16mm e 6mm; quelle più comuni sono 16mm e 15mm per i rettangolari, 8mm e 6mm per i circolari.

Solitamente capita che questo generi delle confusioni, soprattutto tra i neofiti e i fotoamatori che si avvicinano per la prima volta al mondo curvilineo di questi fantastici obiettivi.

La confusione nasce dal fatto che siamo abituati a ragionare per focali e con esse distinguiamo le tipologie di obiettivi.

Dunque, un 50mm è un normale, al di sotto si entra nei grandangolari, poi sotto i 20mm nei super-grandangolari, che arrivano anche al 14mm e persino al mitico 13mm Nikon.

Alcuni pensano che solo scendendo sotto questo valore si abbiano i fisheye e vengono dunque spiazzati dall’apprendere dell’esistenza dei 15mm e 16mm a “occhio di pesce”.

La distinzione, non sta infatti solo nell’ampiezza dell’angolo di campo, ma nel fatto che le linee vengono curvate e non mantenute diritte come nei grandangolari.

Deformazione e curvatura dell’immagine nei fisheye

Una delle caratteristiche tipiche e peculiari di questo genere di obiettivo è infatti quella di curvare le linee.

Si tratta di una deformazione estremamente evidente, che lo caratterizza fortemente e costituisce la sua vera identità, oltre naturalmente all’ampiezza dell’angolo di campo.

La differenza rispetto ai super grandangolari, che dispongono di focali simili, sta nel fatto che in essi le linee vengono invece mantenute diritte.

Esteriormente il fisheye circolare è sempre privo di paraluce, per l’ovvio motivo che “vede” tutt’attorno fino al bordo.

Quello rettangolare è dotato invece di un paraluce, seppur molto ridotto, che si rivela prezioso per evitare l’ingresso di luce parassita e quindi la generazione di flare sulla foto.

Va anche detto che questo tipo di obiettivo è molto meno sensibile al problema della luce parassita e delle riflessioni interne, tant’è che ci si può fotografare il sole senza troppa paura di veder apparire strani bagliori.



Non si pensi che la curvatura sia un difetto o un limite, così come il fatto di tenere diritte le linee rappresenti un vantaggio o un pregio, perché le cose non stanno esattamente così, anzi.

Rimandiamo alla lezione sui super grandangolari per quel che riguarda i loro pregi e difetti, e concentriamoci ora su quelli dei fisheye.

Come possiamo vedere dall’immagine, le uniche linee che restano perfettamente diritte nell’inquadratura sono la verticale e l’orizzontale che vanno a formare la croce centrale.

Tutte le altre tendono a curvarsi verso gli estremi della foto. La foto che segue è estremamente chiara per illustrare quanto appena detto.

Ritrae una recinzione di rete a maglie quadre e questo aiuta a evidenziare nettamente come solo il filo verticale e quello orizzontale che passano per la croce centrale della foto siano rimasti lineari e diritti.

Tutti gli altri tendono a curvare in maniera simmetrica (ossia in misura uguale in alto e in basso, per quelli verticali; a destra e sinistra, per quelli orizzontali), arcuandosi sempre più mano mano che si allontanano dalla croce centrale.

 

Come gestire la curvatura

Questa caratteristica è, come ripetiamo, il punto nodale degli obiettivi fisheye e va amministrata con grande attenzione per sfruttarla al meglio e non esserne penalizzati.

Nella lezione su “come e quando usare gli obiettivi fisheye” vedremo meglio in quale tipo di fotografia essi siano indicati e dove vadano invece evitati.

Mai in architettura o ritratto, ma…

Diciamo solo che, in linea di massima, sono sconsigliati in tutti quei casi in cui vi siano linee evidenti e dominanti nell’inquadratura, quindi in particolare architettura e interni, ma anche quando si debbano ritrarre persone, perchè la deformazione risulta evidente anche sui visi.

Al contrario sono indicati per paesaggi e ambienti all’aperto, privi appunti di linee, e per enfatizzare la circolarità di strutture, sia naturali che architettoniche.

Le due foto che seguono ci offrono due esempi su quando evitarne l’uso e quando invece è addirittura ideale impiegarlo.

La prima mostra una veduta di Venezia e delle sue architetture totalmente (e direi orrendamente) distorta; evidente che questa foto richiedeva un grandangolo e non un fisheye.

La seconda riguarda il Colosseo e mostra invece come la curvatura delle linee tipica di questo obiettivo valorizzi addirittura la circolarità del monumento ed enfatizzi la profondità dell’inquadratura, dando al lettore la sensazione di “cadere dentro” la foto.

 


Obiettivi fish-eye in commercio

La disponibilità di obiettivi fisheye sul mercato non è molto ampia, ma in definitiva più che sufficiente, dato che si tratta di una lente speciale e con applicazioni abbastanza ristrette.

Canon

  • 8-15mm Canon EF f4 L USM (per full frame e APS), permette di scegliere se usare la visione circolare o la rettangolare.
  • 15mm Canon EF F2.8 Fisheye (fuori produzione) (per full frame e APS)

Nikon

  • AF-S zoom Fisheye Nikkor 8-15mm f/3.5-4.5E ED (per full frame e APS)
  • AF DX Fisheye Nikkor 10.5mm f/2.8G ED (solo per formato APS)
  • AF 16mm f/2.8 D Fisheye (per full frame e APS)
  • vecchi 16mm serie AIS

Sony

  • 16mm f2.8 fisheye

Samyang 

alias Rokinon (con vari attacchi)

  • 12mm F2.8 ED AS NCS Fish-eye Lens
  • 8mm UMC F3.5 CS II Fish-eye (solo per APS)
  • 7.5mm F3.5 Fish-eye Lens (solo per micro 4/3)

Altri universali (con vari attacchi)

  • Laowa 7.5mm f2.0 Fisheye Lens (meccanico, solo per micro 4/3)
  • Tokina atx 10-17mm dx f / 3.5 – 4.5
  • 8mm Sigma f3.5 ex dg circolare per full format
  • 4.5mm Sigma f2.8 ex super circolare per APS-C (anche in attacco Sony Af)
  • 15mm Sigma f2.8 af ex dg rettangolare per full format (anche in attacco Pentax AF e Sony Af)
  • 10mm Sigma f2.8 ex dc hsm rettangolare per APS-C (anche in attacco Sony Af)

Zoom fisheye

Attualmente in commercio esistono anche degli obiettivi fisheye di tipo zoom, che permettono quindi di cambiare addirittura focale pur conservando l’effetto di curvatura. 

Non fatevi trarre in inganno dal fatto che arrivio a 15mm: non si tratta di super-grandangolari, ma sempre di “occhi di pesce”, quindi con evidente curvatura delle linee.

Canon ha in catalogo quello che, al momento del lancio nel 2010, fu in assoluto il suo primo obiettivo zoom fisheye: l’EF 8-15mm f/4 L USM. Questo prodotto ha preso il posto del “vecchio” EF 15mm F/2.8

Le lenti di questo zoom hanno un rivestimento Sub Wavelength Structure e quelle esposte all’aria, quindi l’anteriore e la posteriore, sono rese idrorepellenti da un rivestimento al fluoro.

Può lavorare sia sulle “pieno formato” che sulle APS.

Sulle prime si comporta come un fisheye rettangolare a 15mm e come un circolare a 8mm.

Mentre sulle fotocamere con sensore a dimensione ridotta, quindi APS-H e APS-C, è preferibile bloccare l’escursione di focale per evitare di scattare foto con evidente vignettatura, dato che su sensori più piccoli del full frame (24 per 36) non riesce a visualizzare un’immagine circolare completa.

Aggiuntivi ottici e lenti addizionali fisheye

Spesso troverete pubblicizzate su riviste e siti degli strani prodotti, suggeriti come l’alternativa economica e facile al fisheye.

In sostanza consistono in aggiuntivi ottici o lenti addizionali da montare su obiettivi normali per trasformarli in un improvvisato “occhio di pesce”.

Diffidate e state alla larga da queste vere e proprie “esche per principianti”.

Certamente si tratta di soluzioni economiche (neppure troppo a volte) che permettono di avere una immagine simile a quella di un vero fisheye.

Ma in termini di qualità ottica e quindi di resa fotografica siamo lontani anni luce da quel che otterremo con uno dei prodotti elencati poco sopra, ossia con un vero obiettivo fisheye.

Diverso il discorso per quegli aggiuntivi e quelle lenti addzionali che sono studiati per le compatte e altri tipi di fotocamere non reflex.

Qui è inevitabile che, se si vuole ottenere quel tipo di immagine, è necessario ricorrere a una di queste soluzioni “additive”.

In particolare questo tipo di prodotto viene utilizzato per creare le sequenze di scatti per le immagini a 360 gradi o VRML.

Lenti addizionali fish-eye per smartphone

Lo sviluppo degli smartphone in funzione di “macchine fotografiche” ha portato a modelli con fotocamera sempre piu sofisticata e potente in termini di prestazioni.

Questo ha portato allo sviluppo, in parallelo, di lenti addizionali o aggiuntivi ottici, tra cui quelli che trasformano il vostro “cellulare” in una macchina fotografica con fisheye.

InsightAgency

Marketing: percezione o realtà?

 


La realtà è la condizione di ciò che esiste effettivamente e concretamente, mentre la percezione è l'atto del percepire e prendere coscienza di una realtà esterna attraverso stimoli e sensazioni.

L'essere umano si interroga sin dall'antichità su cosa sia reale e cosa invece sia illusione, frutto di fantasia, percezione e sogno. E proprio per rispondere a questa ed altre domande, si è sviluppata la filosofia, come ricerca del sapere, della verità e della realtà.

Filosofi, sia antichi che moderni, hanno trattato la realtà come focus del proprio pensiero: una tematica che nonostante i secoli rimane quanto mai attuale.

Nella filosofia greca si pensava che la realtà fosse tale in rapporto al soggetto che riesce a percepire le cose, non mettendo in discussione l'esistenza o meno dell'oggetto in quanto visibile e quindi evidente.

Con Epicuro ed in seguito con Platone ed Aristotele si inizia a notare un cambiamento che sarà ripreso dalla filosofia moderna.

Per Platone la realtà è finzione, ossia una copia che si trova in un universo parallelo, di cui noi viviamo il riflesso, per Aristotele, invece, la realtà è unione di materia e forma: ciò che percepiamo equivale veramente a ciò che è.

Nell'era moderna, complici il Rinascimento e l'Illuminismo, che poneva la ragione al centro del pensiero, si andarono sempre più definendo teorie empiriche, come quelle di Spinoza, Leibniz, Cartesio e Kant.

Nella filosofia contemporanea, tra i cui maggiori esponenti annoveriamo Hegel, Freud e Nietzsche, la realtà è sinonimo di razionalità: sarà che il Novecento è stato un secolo complesso e senza fronzoli, ma la realtà è essenzialmente ciò che è tangibile e concreto.

Ma oggi cosa è reale e cosa è percezione?

Viviamo in un'epoca storica segnata da innovazione, cambiamento e contraddizioni.

Basti pensare al web oppure ai social media, per esempio.

Per molti internet è un potente mezzo di comunicazione, che accorcia tempi e distanze, un'invenzione che ha permesso di globalizzare il mondo, avviare nuovi business, creare nuove professioni e avere un nuovo stile di vita, per altri invece rappresenta un qualcosa di negativo.

I social media, se ben usati, rappresentano una cassa di risonanza sia per il personal branding che per aumentare la brand awareness aziendale, eppure per alcune persone sono soltanto mera apparenza.

Essere o non essere? Realtà od apparenza? Essenza o percezione?

Partiamo dal presupposto che un prodotto, un servizio o un brand che si reggono solamente sull'apparenza, hanno vita breve, perché l'utente, presto o tardi, se ne renderà conto.

Bisogna sempre ricordare che il target è costituito da persone, non solamente numeri a cui vendere.

Una persona, definita Buyer Personas, deve risolvere un problema, trovare una soluzione ai proprio bisogni ed avere fiducia nel brand.

È importante che la promessa del brand, detta Unique Value Proposition, sia reale e veritiera, altrimenti non ci sarà una seconda chance, della serie:"l'ho comprato questa volta, non lo compro più".

Ti sarà capitato di aver creduto in un prodotto, servizio o brand perché sembrava ciò che stavi cercando: in questo caso la percezione che avevi è stata una leva fondamentale per poi avviare la relazione col brand ed effettuare l'acquisto.

Se sei stato soddisfatto/a hai confermato come reale la tua percezione, e quindi ciò che sentivi corrispondeva a realtà, se invece non hai avuto un'esperienza positiva, la percezione era illusoria.

Come vedi anche nel marketing valgono questi diktat che da secoli accompagnano la filosofia: ma sai quali tipologie di marketing si basano proprio su questa dicotomia "realtà - percezione"?

Il marketing è una branca dell'economia che soddisfa la richiesta di prodotti e/o servizi per un determinato mercato di riferimento.

Marketing emozionale

Il marketing emozionale, detto anche emotional marketing è una branca del marketing che si basa sulle emozioni.

Le emozioni sono energia pura e rappresentano una leva fondamentale per instaurare una relazione tra brand ed utente.

L'essere umano è emozione e ragione, ma nel marketing emozionale prevale completamente la parte dell'inconscio e dell'istinto.

Sapevi che il 95% degli acquisti è ottenuto attraverso le emozioni, mentre solo il 5% è frutto di una decisione ponderata e razionale?

Siamo pur sempre animali ed agiamo per stimoli ed impulsi: basta un profumo che ci rievochi un ricordo, un colore che trasmetta serenità, un'immagine che ci comunichi fiducia o uno storytelling coinvolgente e le nostre barriere psicologiche sono annientate.

Ci riconosciamo istintivamente con quel brand e guidati dall'inconscio, vogliamo instaurare una relazione salda e duratura con esso.

Marketing percettivo

Il marketing percettivo si basa sui sensi e sulle sensazioni che evocano nella nostra mente: a seconda del senso interessato, avremo delle sensazioni diverse oppure un mix che ne esalti la percezione stessa.

Vuoi acquistare un profumo?

L'olfatto sarà senza alcun dubbio il senso principale nell'esperienza d'acquisto, ma saranno coinvolti anche vista, tatto e udito.

Vuoi gustare un piatto gourmet?

Il senso principale sarà il gusto, ma saranno coinvolti anche vista, olfatto e tatto.

Vuoi  provare un vestito?

Sicuramente il tatto giocherà un ruolo fondamentale durante l'esperienza, ma saranno importanti anche la vista e l'olfatto.

Creare un ricordo è importante, sia online che offline: ogni brand deve evocare un'emozione soddisfacente per l'utente, che lo renda felice di ripetere l'esperienza.

Neuromarketing

Il neuromarketing è una disciplina che applica le neuroscienze al marketing, interessando aree comportamentali dell'essere umano.

Infatti, secondo gli studi ogni volta che un utente compie un'azione verso un prodotto, servizio o brand ha determinate reazioni a livello cerebrale.

Il neuromarketing studia le risposte cognitive ed emozionali che si attivano nel momento in cui un potenziale cliente è esposto a determinati stimoli di marketing, come advertising, comunicazione, promozione e brand.

Ciò permette alle aziende di creare dei customer journey e delle esperienze di acquisto sempre più orientate alla soddisfazione dell'utente.

Sai quali sono i metodi più utilizzati per vendere di più un prodotto, servizio o brand facendo leva sulla percezione? 

Scopriamoli subito insieme!

All Inclusive

Ti è mai capitato di pagare un abbonamento, anche se poi non lo hai usato per intero, solo perché più conveniente rispetto il prezzo di una singola attività?

Si tratta di un bias cognitivo: il nostro cervello opta sempre per ciò che è meglio per noi, in termini di beneficio, infatti quando valutiamo un acquisto, si attiva l'area cerebrale della gestione del dolore, che opta per la soluzione migliore in termini di quantità e prezzo.

Effetto ancoraggio

Anche l'effetto ancoraggio è un bias cognitivo, in questo caso il nostro cervello ricorda un prezzo iniziale, detto in gergo ancora, che ha una cifra nettamente superiore rispetto al prezzo proposto per un determinato prodotto e/o servizio.

Emblematica è la strategia di Apple per il lancio del primo Ipad, in cui Steve Jobs propone prima il prezzo ancora di 999 dollari per poi rivelare il prezzo reale di 499 dollari: il risparmio percepito è stato di ben 500 dollari ed il resto, beh è storia!

Migliore qualità

Spesso si pensa che un prodotto più costoso abbia una qualità migliore, viceversa, un prodotto economico sia più scarso o pessimo rispetto prodotti di fascia più alta.

Lo stesso ragionamento, totalmente erroneo, vale per il peso di alcuni prodotti, come per esempio telefonia, tecnologia o strumenti, non necessariamente un prodotto più pesante è realizzato con materiali migliori.

Principio di scarsità

Quante volte stavi prenotando un volo oppure un hotel e si è materializzato l'avviso che altri utenti stavano effettuando l'acquisto proprio in quel momento e che se non avessi concluso subito l'ordine non avresti trovato più nulla?

Si tratta del principio di scarsità che fa leva proprio sulla potenziale perdita del nostro oggetto desiderato.

Prodotti esca

Un prodotto esca serve per promuovere altri prodotti della stessa gamma.

Se per esempio, si sta proponendo una borsa di dimensioni piccole a 25 euro e una borsa di grandi dimensioni a 40 euro, l'utente acquisterà maggiormente la borsa piccola, ma proponendo una terza borsa di medie dimensioni a 35 euro, il prodotto che venderà di più sarà la borsa grande.

Infatti, la nostra mente ragiona per fornirci il maggior beneficio e tra due prodotti della stessa gamma, con dimensione diversa ma prezzi simili, siamo portati a scegliere l'opzione più economica.

Mentre ponendo un terzo prodotto a metà tra i precedenti, sia per dimensione che costo, l'utente opterà maggiormente per l'opzione percepita con il miglior rapporto quantità, qualità, prezzo.

Realtà o percezione? Ciò che viene percepito è in continuo divenire, l'importante è tenere bene a mente gli obiettivi prefissati, pianificare la strategia necessaria per ottenere i risultati ed essere sempre leali verso gli utenti.

E tu cosa ne pensi? Eri a conoscenza di queste tecniche di marketing?

InsightAgency

Comunicare in modo efficace grazie agli archetipi

 


Una delle cose che mi viene chiesta più spesso è come fare per creare un piano editoriale interessante.

Partiamo da un presupposto: tu sei una persona interessante, quello che hai da dire è interessante e anche quello che fai ogni giorno è interessante.

Lo so: a te non sembra così e ti chiedi perché alla gente dovrebbe fregare qualcosa di quando vai a scegliere le cerniere per la prossima borsa che confezionerai o di come hai deciso di pianificare le tue attività di consulente questa settimana.

Beh, ti svelo un segreto: interessa a tutti i tuoi potenziali clienti perché vedere il dietro le quinte di un prodotto o di un servizio o della vita di qualcuno che seguiamo piace a tutti (sì, è vero, è anche perché siamo tutti dei piccoli impiccioni!).

Ovviamente il segreto è di prendere il tuo quotidiano e non sciorinarlo come la lista della spesa, ma facendo emergere la tua anima profonda, quello che tecnicamente è chiamato brand character ovvero il carattere del tuo business, insomma il modo profondo in cui fai le cose nel tuo lavoro, la missione che ti prefiggi nel mondo.

Per capire qual è il tuo brand character puoi usare i 12 archetipi junghiani che vediamo riassunti in questo schema:


Entriamo un po’ di più nel dettaglio e vediamoli uno a uno:

  • Il Mago: ha doni e virtù misteriose, usa la sua grande immaginazione per trasformare le idee in realtà. È un inventore, è carismatico, un leader, uno sciamano, un medico, un guaritore. Capisce le leggi dell’universo e rende l’impossibile possibile portando a cambiamenti meravigliosi.
  • Il Creatore: artisti, scrittori, sognatori, innovatori, musicisti. Vogliono creare valore che duri nel tempo. La loro guida è la visione o l’immaginazione. Espressione di sè e passione sono fondamentali.
  • L’Esploratore: Ã¨ indipendente, anticonformista, avventuroso, individualista, coraggioso. Va a scoprire il mondo e il suo incubo peggiore è essere ingabbiato dal sistema, conformarsi, non vivere secondo i suoi valori.
  • L’Innocente: ottimisti, puri, utopisti, tradizionalisti, mistici, romantici, sognatori, naïf. Cercano il meglio nelle persone e nelle situazioni, il bello e la felicità, invitando gli altri a fare lo stesso. Puri e genuini.
  • Il Giullare: vuole divertirsi, è originale e irriverente. Si gode la vita e le relazioni con gli altri perché questo gli dà piacere. Odia la noia e non vuole essere noioso.
  • Il Caregiver: incarna la sicurezza, la casa, la continuità, la tradizione. È altruista, ama gli altri come se stesso, prova compassione, generosità e desiderio di aiutare il prossimo.
  • L’Uomo Comune: Ã¨ una persona ordinaria nel senso più sereno del termine. Ama i piaceri semplici della vita, crede che tutti gli uomini siano creati uguali e che abbiano valore per quello che sono. Per lui le cose belle della vita sono un diritto di tutti.
  • Il Fuorilegge: Ã¨ il ribelle, l’anticonformista per eccellenza, sempre contro lo status quo e l’ordine costituito. Può anche avere un lato oscuro più o meno marcato. È guidato da motivazioni individualiste, dalla rivincita o dalla rivoluzione.
  • L’Amante: Ã¨ il partner, l’amico intimo. Affascinante, entusiasta. romantico, sensuale, cavalleresco, luminoso, appassionato e impegnato. Porta alla luce il lato romantico della vita, fatto di gioia, benessere ed estasi
  • Il Sovrano: il grande leader, il capo, colui o colei che detta le regole che gli altri seguiranno. Non ama il cambiamento se non lo controlla. Odia il caos. Positivo, vitale, sicuro di sè. Cercano il successo e il potere.
  • Il Saggio: le sue parole chiave sono ascetismo, saggezza, destino, verità. Vuole capire la realtà grazie al potere della mente. È esperto, studioso. consigliere, pensatore, filosofo, ricercatore, pianificatore, mentore, insegnante. Ha fiducia nella capacità degli uomini di costruire un mondo migliore.
  • L’Eroe: Ã¨ il guerriero, il supereroe, il crociato, quello che sconfigge il drago, il vincente. Ha coraggio e forza, crede che volere sia potere. Valori: potere, onore, vittoria.

Quali sono gli archetipi dominanti in te come persona e come professionista? Scegline due e inizia a caratterizzare i tuoi testi con le sfumature proprie di queste figure.

Se vuoi approfondire l'argomento puoi leggere questi libri:

Tutto questo va a inserirsi nell’ampio campo dello storytelling, colonna portante di un piano editoriale interessante ed efficace.

Quando avrai collocato nel tuo calendario di pubblicazione tutti i contenuti fissi, puoi iniziare a utilizzare gli spazi vuoti per creare una narrazione di te che faccia leva sulla tua personalità, su quelli che sono i tuoi obiettivi e la tua natura personale e professionale, su come aiuti i tuoi clienti con ciò che fai ogni giorno e su come porti avanti il tuo lavoro secondo i tuoi valori.

Questo dovrebbe trasparire anche dai contenuti promozionali, ma è in quelli liberi, puramente dedicati allo storytelling che riesci a far leva sull’interesse di chi ha i tuoi stessi valori e diventerà un cliente affezionato.


 

InsightAgency

Cos'è e a cosa serve il Business model


Un Business model è uno strumento concettuale utilizzato per descrivere il modo in cui un'impresa crea, distribuisce e cattura valore. In altre parole, può essere definito come l'insieme delle pratiche organizzative e delle soluzioni strategiche attraverso cui l'impresa acquisisce il proprio vantaggio competitivo sul mercato.

Quello di business model è un concetto relativamente giovane. Sebbene il termine apparve per la prima volta nel 1957 all’interno dell’articolo “On the construction of a multi-person, multi-stage business game“, è solo verso la fine degli anni ’90 che ha assunto la sua vera importanza registrando un interesse crescente da parte della comunità scientifica e non solo. Utilizzando le parole dello studioso svizzero Alexander Osterwalder, un modello di business può essere definito come lo strumento concettuale che descrive il modo in cui un’azienda crea, distribuisce e cattura valore.

Nonostante questa sia la definizione più famosa, ad oggi non ne esiste una universalmente accettata e condivisa. Ciò su cui la gran parte degli autori concorda è che, in generale, un business model dovrebbe essere composto dai seguenti elementi:

  1. la proposta di valore dell’impresa;
  2. i segmenti di mercato a cui si rivolge;
  3. la struttura della sua catena del valore;
  4. i meccanismi di acquisizione del valore che l’impresa implementa;
  5. i modi in cui questi elementi sono collegati in un’architettura specifica della singola azienda.

In estrema sintesi, quindi, il business model di un’impresa dovrebbe illustrare la sua proposta di valore identificando in modo chiaro il target a cui si vuole rivolgere, i principali fornitori da cui ottiene le materie necessarie per il ciclo produttivo, le caratteristiche del processo di produzione che vuole realizzare e così via. Tutto ciò in un’ottica flessibile ed estremamente dinamica. Sarebbe impensabile, infatti, credere che un modello di business per quanto di successo possa essere tale in eterno: affinché possa continuare a creare valore è necessario che esso cambi e si adatti al mutare dell’ambiente esterno ed interno.

Come rappresentare un modello di business: Il business model canvas

Nel corso del tempo sono nati diversi strumenti per aiutare imprenditori e startupper a rappresentare la propria value proposition. Tra i diversi strumenti e metodi di visualizzazione il più famoso è sicuramente il business model canvas di Osterwalder e Pigneur.Un Business model è uno strumento concettuale utilizzato per descrivere il modo in cui un'impresa crea, distribuisce e cattura valore. In altre parole, può essere definito come l'insieme delle pratiche organizzative e delle soluzioni strategiche attraverso cui la stessa acquisisce il proprio vantaggio competitivo sul mercato.


Si tratta di una rappresentazione grafica semplificata delle principali attività alla base del business model di un’impresa che consente di far emergere la logica attraverso cui la stessa riesce a creare, distribuire e catturare valore.

Particolarmente utile nell’ambito delle startup, il canvas si compone di nove blocchi, ciascuno dei quali rappresenta uno degli elementi costitutivi del business model. Grazie ad esso è possibile ottenere una rappresentazione complessiva della realtà aziendale intesa come un grande ecosistema di attività interdipendenti. Nella parte superiore del modello, intuitivo e di facile lettura, sono rappresentate informazioni non finanziarie come le risorse chiave, i partner, i canali distributivi e i segmenti di consumatori; la parte inferiore, invece, fa da cornice alle informazioni finanziarie come la struttura dei costi e dei ricavi.

Al centro del modello c’è la value proposition, intesa come la proposta di valore che un’azienda fa al mercato, espressa in termini di vantaggi, tangibili o intangibili, che i consumatori possono ottenere dall’acquisto di un determinato prodotto o servizio.

Come si classificano i modelli di business?

La classificazione è una delle principali sfide che manager ed esperti si trovano ad affrontare quando si parla di modelli di business. Gli studiosi Foss e Saebi, per esempio, riconducono i business model a tre dinamiche: evoluzione, adattamento e innovazione.

Nello specifico, quando si parla di evoluzione si intende far riferimento a replica, implementazione e manutenzione di un modello di business esistente.

L’adattamento è invece il processo attraverso cui un modello di business esistente viene appunto adattato alle opportunità e alle minacce dell’ambiente esterno (cambiamenti nelle preferenze dei clienti, potere contrattuale dei fornitori, cambiamenti tecnologici, nuove dinamiche concorrenziali e così via). Adattare un modello di business esistente spesso non è però un compito facile. La propensione delle imprese ad adattare i propri modelli di business, infatti, dipende da innumerevoli fattori: per esempio dal fatto che un evento nell’ambiente esterno sia percepito come una minaccia o come un’opportunità e dal tipo di orientamento strategico che l’impresa persegue.

Si parla invece di business model innovation in tutti quei casi in cui un’azienda crea un modello di business nuovo all’interno di un settore preesistente. Ciò significa ridefinire i prodotti e i servizi esistenti e le modalità con cui sono forniti ai consumatori a partire da risorse esistenti, ma non replicabili. In un ambiente dinamico e in costante cambiamento, la business model innovation deve essere una priorità per tutte quelle imprese che vogliono restare sul mercato. A fare scuola è il fallimento di Blockbuster e l’ingresso di Netflix nel mercato della distribuzione e del noleggio di film in DVD. Netflix ha innovato il modello di business su cui lo stesso Blockbuster aveva fondato il proprio successo determinando nel 2010 il fallimento del colosso del videonoleggio.

Sulla stessa linea, Massa e Tucci (2014) evidenziano la differenza tra la creazione di un nuovo modello di business (business model design), come nel caso di startup innovative o ad alta vocazione tecnologica, e la trasformazione di un modello di business già esistente (business model reconfiguration), come è accaduto alla stessa Netflix che è passata dal noleggio per corrispondenza alla sottoscrizione di un abbonamento per lo streaming di contenuti online, rientrando tra i servizi ott.

Esempi di business model

Nonostante in teoria sia difficile ricondurre un modello di business a categorizzazioni predefinite, nella pratica è possibile individuare degli schemi ricorrenti sulla base di alcune caratteristiche comuni, in particolare il modello di guadagno sottostante.

Può essere utile, così, ricorrere ad alcuni degli esempi più famosi.

  • Transazionale: è il modello di business più comune in quanto consiste nella classica vendita di beni e servizi in un negozio fisico o virtuale. I ricavi derivano dalla vendita diretta e quindi dalla transazione tra acquirente e venditore.
  • Marketplace: si basa sull’intermediazione tra due parti, generalmente un cliente e un fornitore. I ricavi in questo caso derivano dalla presenza di una fee su ogni transazione effettuata. Tra i modelli marketplace più celebri è possibile ricordare quello di Amazon, ma anche quelli di eBay, Booking o Airbnb.
  • Freemium: particolarmente utilizzato in caso di software e app, il modello si basa sull’offrire un servizio di base gratuito che diventa a pagamento quando si vuole usufruire di opzioni e funzionalità aggiuntive.
  • Software as a service (SaaS): è un modello distributivo, che sfrutta la tecnologia cloud, che prevede che un provider di servizi fornisca software e applicazioni di terze parti che gli utenti possono noleggiare senza dover acquistare una licenza. Tra gli esempi più famosi è possibile ricordare iCloud e Microsoft Office 365, ma anche tutte le app del mondo Google.
  • Pay as you go: è un modello di pagamento spesso utilizzato per i servizi SaaS, che consente ai clienti di pagare un servizio in base all’utilizzo che ne fa. 
  • franchising : è una formula di collaborazione tra due parti, franchisor e franchisee, in cui la prima concede l’utilizzo del proprio marchio e del modello di business al secondo dietro pagamento di una fee.
  • Leasing: si basa sul noleggio di un bene o di un immobile, solitamente per uso aziendale, dietro pagamento di un canone periodico.

A questi se ne aggiungono molti altri come l’affiliazione commerciale, la donazione, il modello community, il modello bricks and clicks o, ancora, il modello basato sulle inserzioni.

Modelli di business e opportunità imprenditoriali: una relazione complessa?

Spesso il concetto di business model è legato a quello di opportunità imprenditoriali. Questo perché il modello di business rappresenta lo strumento preferenziale attraverso cui le nuove opportunità vengono trasformate in proposte di valore per l’impresa e per tutti i suoi stakeholder .

Tuttavia, cogliere l’opportunità giusta al momento giusto non significa automaticamente avere successo. Affinché possa garantire all’impresa performance positive nel lungo periodo un buon business model deve innanzitutto essere coerente con la strategia e gli obiettivi aziendali, ma soprattutto deve essere in grado di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno. In quest’ottica, fondamentali sono le conoscenze e le competenze dei singoli soggetti coinvolti. Gli imprenditori e i manager devono essere inclini all’apprendimento, alla formazione continua, alla flessibilità e al cambiamento per favorire lo sviluppo di capacità dinamiche in grado di cogliere nuove opportunità a partire dai business model esistenti.

Questo spiega perché molti modelli di business di successo sono falliti: si pensi ad esempio al caso del fallimento dell’azienda canadese Blackberry. La stessa idea o tecnologia adottata sul mercato attraverso due diversi modelli di business, infatti, potrebbe produrre performance economiche completamente diverse, riconducibili in parte a fattori esogeni e in parte alla mancanza di risorse e capacità interne all’organizzazione.

Come sottolineano gli studiosi Chesbrough e Rosenbloom in un articolo del 2002, la soluzione è nella sperimentazione: un nuovo modello di business è sperimentato con successo solo dopo notevoli tentativi ed errori.