InsightAgency

Fisheye: conosciamo un po' meglio questo speciale obiettivo



Il fisheye è indubbiamente l’obiettivo fotografico più particolare e “trasgressivo” che esista, ma anche il più difficile da usare e il più ingannevole.

Il fatto che offra un angolo di campo enorme trae spesso in inganno il fotografo e lo porta a usarlo in maniera errata, dando origine a fotografie abnormi e sgraziate.

Non surreali e creative, ma veri e propri “mostri” visivi. Scopriamone le caratteristiche, ma soprattutto come e dove usarlo a nostro vantaggio.

 


 La parola fisheye (scritta anche fish-eye) è inglese e significa “occhio di pesce”.

Osservando la lente frontale di uno di questi obiettivi, tondeggiante come l’occhio di un pesce, si comprende subito l’origine del nome.

La sua peculiarità sta nell’essere dotato di un angolo di campo smisurato rispetto ai colleghi: 180 gradi.

Questo vuol dire che se non si fa attenzione si rischia di trovarsi dentro all’inquadratura anche i propri piedi e la punta del cappello che si indossa!

Scherzi a parte, un angolo di campo di 180 gradi significa che, se disponiamo la macchina in terra e con piano pellicola parallelo al piano orizzontale, essa riuscirà a includere nell’inquadratura tutto quello che si trova attorno a partire dalla linea dell’orizzonte.

Da un lato questo è un vantaggio, ma dall’altro espone a parecchi rischi, come appunto il vedersi comparire nell’inquadratura elementi di disturbo oppure flare luminosi.

 

 

Tipi di fisheye

In commercio esistono due tipi di obiettivo fisheye:

  • rettangolare
  • circolare

Queste denominazioni non derivano (ovviamente) dalla forma dell’obiettivo stesso, che è sempre cilindrica, ma da quella dell’immagine che essi producono sul sensore (prima sulla pellicola).

 

Nel primo caso è rettangolare, con rapporto 3:2, nel secondo circolare. L’immagine circolare è naturalmente inserita sempre nel rettangolo del fotogramma classico, per cui lo vedremo contornato da un fondo completamente nero

 



Esteriormente il fisheye circolare è sempre privo di paraluce, per l’ovvio motivo che “vede” tutt’attorno fino al bordo.

Quello rettangolare è dotato invece di un paraluce, seppur molto ridotto, che si rivela prezioso per evitare l’ingresso di luce parassita e quindi la generazione di flare sulla foto.

Va anche detto che questo tipo di obiettivo è molto meno sensibile al problema della luce parassita e delle riflessioni interne, tant’è che ci si può fotografare il sole senza troppa paura di veder apparire strani bagliori.

Lunghezza focale

Le lunghezze focali dei fisheye variano tra 16mm e 6mm; quelle più comuni sono 16mm e 15mm per i rettangolari, 8mm e 6mm per i circolari.

Solitamente capita che questo generi delle confusioni, soprattutto tra i neofiti e i fotoamatori che si avvicinano per la prima volta al mondo curvilineo di questi fantastici obiettivi.

La confusione nasce dal fatto che siamo abituati a ragionare per focali e con esse distinguiamo le tipologie di obiettivi.

Dunque, un 50mm è un normale, al di sotto si entra nei grandangolari, poi sotto i 20mm nei super-grandangolari, che arrivano anche al 14mm e persino al mitico 13mm Nikon.

Alcuni pensano che solo scendendo sotto questo valore si abbiano i fisheye e vengono dunque spiazzati dall’apprendere dell’esistenza dei 15mm e 16mm a “occhio di pesce”.

La distinzione, non sta infatti solo nell’ampiezza dell’angolo di campo, ma nel fatto che le linee vengono curvate e non mantenute diritte come nei grandangolari.

Deformazione e curvatura dell’immagine nei fisheye

Una delle caratteristiche tipiche e peculiari di questo genere di obiettivo è infatti quella di curvare le linee.

Si tratta di una deformazione estremamente evidente, che lo caratterizza fortemente e costituisce la sua vera identità, oltre naturalmente all’ampiezza dell’angolo di campo.

La differenza rispetto ai super grandangolari, che dispongono di focali simili, sta nel fatto che in essi le linee vengono invece mantenute diritte.

Esteriormente il fisheye circolare è sempre privo di paraluce, per l’ovvio motivo che “vede” tutt’attorno fino al bordo.

Quello rettangolare è dotato invece di un paraluce, seppur molto ridotto, che si rivela prezioso per evitare l’ingresso di luce parassita e quindi la generazione di flare sulla foto.

Va anche detto che questo tipo di obiettivo è molto meno sensibile al problema della luce parassita e delle riflessioni interne, tant’è che ci si può fotografare il sole senza troppa paura di veder apparire strani bagliori.



Non si pensi che la curvatura sia un difetto o un limite, così come il fatto di tenere diritte le linee rappresenti un vantaggio o un pregio, perché le cose non stanno esattamente così, anzi.

Rimandiamo alla lezione sui super grandangolari per quel che riguarda i loro pregi e difetti, e concentriamoci ora su quelli dei fisheye.

Come possiamo vedere dall’immagine, le uniche linee che restano perfettamente diritte nell’inquadratura sono la verticale e l’orizzontale che vanno a formare la croce centrale.

Tutte le altre tendono a curvarsi verso gli estremi della foto. La foto che segue è estremamente chiara per illustrare quanto appena detto.

Ritrae una recinzione di rete a maglie quadre e questo aiuta a evidenziare nettamente come solo il filo verticale e quello orizzontale che passano per la croce centrale della foto siano rimasti lineari e diritti.

Tutti gli altri tendono a curvare in maniera simmetrica (ossia in misura uguale in alto e in basso, per quelli verticali; a destra e sinistra, per quelli orizzontali), arcuandosi sempre più mano mano che si allontanano dalla croce centrale.

 

Come gestire la curvatura

Questa caratteristica è, come ripetiamo, il punto nodale degli obiettivi fisheye e va amministrata con grande attenzione per sfruttarla al meglio e non esserne penalizzati.

Nella lezione su “come e quando usare gli obiettivi fisheye” vedremo meglio in quale tipo di fotografia essi siano indicati e dove vadano invece evitati.

Mai in architettura o ritratto, ma…

Diciamo solo che, in linea di massima, sono sconsigliati in tutti quei casi in cui vi siano linee evidenti e dominanti nell’inquadratura, quindi in particolare architettura e interni, ma anche quando si debbano ritrarre persone, perchè la deformazione risulta evidente anche sui visi.

Al contrario sono indicati per paesaggi e ambienti all’aperto, privi appunti di linee, e per enfatizzare la circolarità di strutture, sia naturali che architettoniche.

Le due foto che seguono ci offrono due esempi su quando evitarne l’uso e quando invece è addirittura ideale impiegarlo.

La prima mostra una veduta di Venezia e delle sue architetture totalmente (e direi orrendamente) distorta; evidente che questa foto richiedeva un grandangolo e non un fisheye.

La seconda riguarda il Colosseo e mostra invece come la curvatura delle linee tipica di questo obiettivo valorizzi addirittura la circolarità del monumento ed enfatizzi la profondità dell’inquadratura, dando al lettore la sensazione di “cadere dentro” la foto.

 


Obiettivi fish-eye in commercio

La disponibilità di obiettivi fisheye sul mercato non è molto ampia, ma in definitiva più che sufficiente, dato che si tratta di una lente speciale e con applicazioni abbastanza ristrette.

Canon

  • 8-15mm Canon EF f4 L USM (per full frame e APS), permette di scegliere se usare la visione circolare o la rettangolare.
  • 15mm Canon EF F2.8 Fisheye (fuori produzione) (per full frame e APS)

Nikon

  • AF-S zoom Fisheye Nikkor 8-15mm f/3.5-4.5E ED (per full frame e APS)
  • AF DX Fisheye Nikkor 10.5mm f/2.8G ED (solo per formato APS)
  • AF 16mm f/2.8 D Fisheye (per full frame e APS)
  • vecchi 16mm serie AIS

Sony

  • 16mm f2.8 fisheye

Samyang 

alias Rokinon (con vari attacchi)

  • 12mm F2.8 ED AS NCS Fish-eye Lens
  • 8mm UMC F3.5 CS II Fish-eye (solo per APS)
  • 7.5mm F3.5 Fish-eye Lens (solo per micro 4/3)

Altri universali (con vari attacchi)

  • Laowa 7.5mm f2.0 Fisheye Lens (meccanico, solo per micro 4/3)
  • Tokina atx 10-17mm dx f / 3.5 – 4.5
  • 8mm Sigma f3.5 ex dg circolare per full format
  • 4.5mm Sigma f2.8 ex super circolare per APS-C (anche in attacco Sony Af)
  • 15mm Sigma f2.8 af ex dg rettangolare per full format (anche in attacco Pentax AF e Sony Af)
  • 10mm Sigma f2.8 ex dc hsm rettangolare per APS-C (anche in attacco Sony Af)

Zoom fisheye

Attualmente in commercio esistono anche degli obiettivi fisheye di tipo zoom, che permettono quindi di cambiare addirittura focale pur conservando l’effetto di curvatura. 

Non fatevi trarre in inganno dal fatto che arrivio a 15mm: non si tratta di super-grandangolari, ma sempre di “occhi di pesce”, quindi con evidente curvatura delle linee.

Canon ha in catalogo quello che, al momento del lancio nel 2010, fu in assoluto il suo primo obiettivo zoom fisheye: l’EF 8-15mm f/4 L USM. Questo prodotto ha preso il posto del “vecchio” EF 15mm F/2.8

Le lenti di questo zoom hanno un rivestimento Sub Wavelength Structure e quelle esposte all’aria, quindi l’anteriore e la posteriore, sono rese idrorepellenti da un rivestimento al fluoro.

Può lavorare sia sulle “pieno formato” che sulle APS.

Sulle prime si comporta come un fisheye rettangolare a 15mm e come un circolare a 8mm.

Mentre sulle fotocamere con sensore a dimensione ridotta, quindi APS-H e APS-C, è preferibile bloccare l’escursione di focale per evitare di scattare foto con evidente vignettatura, dato che su sensori più piccoli del full frame (24 per 36) non riesce a visualizzare un’immagine circolare completa.

Aggiuntivi ottici e lenti addizionali fisheye

Spesso troverete pubblicizzate su riviste e siti degli strani prodotti, suggeriti come l’alternativa economica e facile al fisheye.

In sostanza consistono in aggiuntivi ottici o lenti addizionali da montare su obiettivi normali per trasformarli in un improvvisato “occhio di pesce”.

Diffidate e state alla larga da queste vere e proprie “esche per principianti”.

Certamente si tratta di soluzioni economiche (neppure troppo a volte) che permettono di avere una immagine simile a quella di un vero fisheye.

Ma in termini di qualità ottica e quindi di resa fotografica siamo lontani anni luce da quel che otterremo con uno dei prodotti elencati poco sopra, ossia con un vero obiettivo fisheye.

Diverso il discorso per quegli aggiuntivi e quelle lenti addzionali che sono studiati per le compatte e altri tipi di fotocamere non reflex.

Qui è inevitabile che, se si vuole ottenere quel tipo di immagine, è necessario ricorrere a una di queste soluzioni “additive”.

In particolare questo tipo di prodotto viene utilizzato per creare le sequenze di scatti per le immagini a 360 gradi o VRML.

Lenti addizionali fish-eye per smartphone

Lo sviluppo degli smartphone in funzione di “macchine fotografiche” ha portato a modelli con fotocamera sempre piu sofisticata e potente in termini di prestazioni.

Questo ha portato allo sviluppo, in parallelo, di lenti addizionali o aggiuntivi ottici, tra cui quelli che trasformano il vostro “cellulare” in una macchina fotografica con fisheye.

InsightAgency

Marketing: percezione o realtà?

 


La realtà è la condizione di ciò che esiste effettivamente e concretamente, mentre la percezione è l'atto del percepire e prendere coscienza di una realtà esterna attraverso stimoli e sensazioni.

L'essere umano si interroga sin dall'antichità su cosa sia reale e cosa invece sia illusione, frutto di fantasia, percezione e sogno. E proprio per rispondere a questa ed altre domande, si è sviluppata la filosofia, come ricerca del sapere, della verità e della realtà.

Filosofi, sia antichi che moderni, hanno trattato la realtà come focus del proprio pensiero: una tematica che nonostante i secoli rimane quanto mai attuale.

Nella filosofia greca si pensava che la realtà fosse tale in rapporto al soggetto che riesce a percepire le cose, non mettendo in discussione l'esistenza o meno dell'oggetto in quanto visibile e quindi evidente.

Con Epicuro ed in seguito con Platone ed Aristotele si inizia a notare un cambiamento che sarà ripreso dalla filosofia moderna.

Per Platone la realtà è finzione, ossia una copia che si trova in un universo parallelo, di cui noi viviamo il riflesso, per Aristotele, invece, la realtà è unione di materia e forma: ciò che percepiamo equivale veramente a ciò che è.

Nell'era moderna, complici il Rinascimento e l'Illuminismo, che poneva la ragione al centro del pensiero, si andarono sempre più definendo teorie empiriche, come quelle di Spinoza, Leibniz, Cartesio e Kant.

Nella filosofia contemporanea, tra i cui maggiori esponenti annoveriamo Hegel, Freud e Nietzsche, la realtà è sinonimo di razionalità: sarà che il Novecento è stato un secolo complesso e senza fronzoli, ma la realtà è essenzialmente ciò che è tangibile e concreto.

Ma oggi cosa è reale e cosa è percezione?

Viviamo in un'epoca storica segnata da innovazione, cambiamento e contraddizioni.

Basti pensare al web oppure ai social media, per esempio.

Per molti internet è un potente mezzo di comunicazione, che accorcia tempi e distanze, un'invenzione che ha permesso di globalizzare il mondo, avviare nuovi business, creare nuove professioni e avere un nuovo stile di vita, per altri invece rappresenta un qualcosa di negativo.

I social media, se ben usati, rappresentano una cassa di risonanza sia per il personal branding che per aumentare la brand awareness aziendale, eppure per alcune persone sono soltanto mera apparenza.

Essere o non essere? Realtà od apparenza? Essenza o percezione?

Partiamo dal presupposto che un prodotto, un servizio o un brand che si reggono solamente sull'apparenza, hanno vita breve, perché l'utente, presto o tardi, se ne renderà conto.

Bisogna sempre ricordare che il target è costituito da persone, non solamente numeri a cui vendere.

Una persona, definita Buyer Personas, deve risolvere un problema, trovare una soluzione ai proprio bisogni ed avere fiducia nel brand.

È importante che la promessa del brand, detta Unique Value Proposition, sia reale e veritiera, altrimenti non ci sarà una seconda chance, della serie:"l'ho comprato questa volta, non lo compro più".

Ti sarà capitato di aver creduto in un prodotto, servizio o brand perché sembrava ciò che stavi cercando: in questo caso la percezione che avevi è stata una leva fondamentale per poi avviare la relazione col brand ed effettuare l'acquisto.

Se sei stato soddisfatto/a hai confermato come reale la tua percezione, e quindi ciò che sentivi corrispondeva a realtà, se invece non hai avuto un'esperienza positiva, la percezione era illusoria.

Come vedi anche nel marketing valgono questi diktat che da secoli accompagnano la filosofia: ma sai quali tipologie di marketing si basano proprio su questa dicotomia "realtà - percezione"?

Il marketing è una branca dell'economia che soddisfa la richiesta di prodotti e/o servizi per un determinato mercato di riferimento.

Marketing emozionale

Il marketing emozionale, detto anche emotional marketing è una branca del marketing che si basa sulle emozioni.

Le emozioni sono energia pura e rappresentano una leva fondamentale per instaurare una relazione tra brand ed utente.

L'essere umano è emozione e ragione, ma nel marketing emozionale prevale completamente la parte dell'inconscio e dell'istinto.

Sapevi che il 95% degli acquisti è ottenuto attraverso le emozioni, mentre solo il 5% è frutto di una decisione ponderata e razionale?

Siamo pur sempre animali ed agiamo per stimoli ed impulsi: basta un profumo che ci rievochi un ricordo, un colore che trasmetta serenità, un'immagine che ci comunichi fiducia o uno storytelling coinvolgente e le nostre barriere psicologiche sono annientate.

Ci riconosciamo istintivamente con quel brand e guidati dall'inconscio, vogliamo instaurare una relazione salda e duratura con esso.

Marketing percettivo

Il marketing percettivo si basa sui sensi e sulle sensazioni che evocano nella nostra mente: a seconda del senso interessato, avremo delle sensazioni diverse oppure un mix che ne esalti la percezione stessa.

Vuoi acquistare un profumo?

L'olfatto sarà senza alcun dubbio il senso principale nell'esperienza d'acquisto, ma saranno coinvolti anche vista, tatto e udito.

Vuoi gustare un piatto gourmet?

Il senso principale sarà il gusto, ma saranno coinvolti anche vista, olfatto e tatto.

Vuoi  provare un vestito?

Sicuramente il tatto giocherà un ruolo fondamentale durante l'esperienza, ma saranno importanti anche la vista e l'olfatto.

Creare un ricordo è importante, sia online che offline: ogni brand deve evocare un'emozione soddisfacente per l'utente, che lo renda felice di ripetere l'esperienza.

Neuromarketing

Il neuromarketing è una disciplina che applica le neuroscienze al marketing, interessando aree comportamentali dell'essere umano.

Infatti, secondo gli studi ogni volta che un utente compie un'azione verso un prodotto, servizio o brand ha determinate reazioni a livello cerebrale.

Il neuromarketing studia le risposte cognitive ed emozionali che si attivano nel momento in cui un potenziale cliente è esposto a determinati stimoli di marketing, come advertising, comunicazione, promozione e brand.

Ciò permette alle aziende di creare dei customer journey e delle esperienze di acquisto sempre più orientate alla soddisfazione dell'utente.

Sai quali sono i metodi più utilizzati per vendere di più un prodotto, servizio o brand facendo leva sulla percezione? 

Scopriamoli subito insieme!

All Inclusive

Ti è mai capitato di pagare un abbonamento, anche se poi non lo hai usato per intero, solo perché più conveniente rispetto il prezzo di una singola attività?

Si tratta di un bias cognitivo: il nostro cervello opta sempre per ciò che è meglio per noi, in termini di beneficio, infatti quando valutiamo un acquisto, si attiva l'area cerebrale della gestione del dolore, che opta per la soluzione migliore in termini di quantità e prezzo.

Effetto ancoraggio

Anche l'effetto ancoraggio è un bias cognitivo, in questo caso il nostro cervello ricorda un prezzo iniziale, detto in gergo ancora, che ha una cifra nettamente superiore rispetto al prezzo proposto per un determinato prodotto e/o servizio.

Emblematica è la strategia di Apple per il lancio del primo Ipad, in cui Steve Jobs propone prima il prezzo ancora di 999 dollari per poi rivelare il prezzo reale di 499 dollari: il risparmio percepito è stato di ben 500 dollari ed il resto, beh è storia!

Migliore qualità

Spesso si pensa che un prodotto più costoso abbia una qualità migliore, viceversa, un prodotto economico sia più scarso o pessimo rispetto prodotti di fascia più alta.

Lo stesso ragionamento, totalmente erroneo, vale per il peso di alcuni prodotti, come per esempio telefonia, tecnologia o strumenti, non necessariamente un prodotto più pesante è realizzato con materiali migliori.

Principio di scarsità

Quante volte stavi prenotando un volo oppure un hotel e si è materializzato l'avviso che altri utenti stavano effettuando l'acquisto proprio in quel momento e che se non avessi concluso subito l'ordine non avresti trovato più nulla?

Si tratta del principio di scarsità che fa leva proprio sulla potenziale perdita del nostro oggetto desiderato.

Prodotti esca

Un prodotto esca serve per promuovere altri prodotti della stessa gamma.

Se per esempio, si sta proponendo una borsa di dimensioni piccole a 25 euro e una borsa di grandi dimensioni a 40 euro, l'utente acquisterà maggiormente la borsa piccola, ma proponendo una terza borsa di medie dimensioni a 35 euro, il prodotto che venderà di più sarà la borsa grande.

Infatti, la nostra mente ragiona per fornirci il maggior beneficio e tra due prodotti della stessa gamma, con dimensione diversa ma prezzi simili, siamo portati a scegliere l'opzione più economica.

Mentre ponendo un terzo prodotto a metà tra i precedenti, sia per dimensione che costo, l'utente opterà maggiormente per l'opzione percepita con il miglior rapporto quantità, qualità, prezzo.

Realtà o percezione? Ciò che viene percepito è in continuo divenire, l'importante è tenere bene a mente gli obiettivi prefissati, pianificare la strategia necessaria per ottenere i risultati ed essere sempre leali verso gli utenti.

E tu cosa ne pensi? Eri a conoscenza di queste tecniche di marketing?

InsightAgency

Comunicare in modo efficace grazie agli archetipi

 


Una delle cose che mi viene chiesta più spesso è come fare per creare un piano editoriale interessante.

Partiamo da un presupposto: tu sei una persona interessante, quello che hai da dire è interessante e anche quello che fai ogni giorno è interessante.

Lo so: a te non sembra così e ti chiedi perché alla gente dovrebbe fregare qualcosa di quando vai a scegliere le cerniere per la prossima borsa che confezionerai o di come hai deciso di pianificare le tue attività di consulente questa settimana.

Beh, ti svelo un segreto: interessa a tutti i tuoi potenziali clienti perché vedere il dietro le quinte di un prodotto o di un servizio o della vita di qualcuno che seguiamo piace a tutti (sì, è vero, è anche perché siamo tutti dei piccoli impiccioni!).

Ovviamente il segreto è di prendere il tuo quotidiano e non sciorinarlo come la lista della spesa, ma facendo emergere la tua anima profonda, quello che tecnicamente è chiamato brand character ovvero il carattere del tuo business, insomma il modo profondo in cui fai le cose nel tuo lavoro, la missione che ti prefiggi nel mondo.

Per capire qual è il tuo brand character puoi usare i 12 archetipi junghiani che vediamo riassunti in questo schema:


Entriamo un po’ di più nel dettaglio e vediamoli uno a uno:

  • Il Mago: ha doni e virtù misteriose, usa la sua grande immaginazione per trasformare le idee in realtà. È un inventore, è carismatico, un leader, uno sciamano, un medico, un guaritore. Capisce le leggi dell’universo e rende l’impossibile possibile portando a cambiamenti meravigliosi.
  • Il Creatore: artisti, scrittori, sognatori, innovatori, musicisti. Vogliono creare valore che duri nel tempo. La loro guida è la visione o l’immaginazione. Espressione di sè e passione sono fondamentali.
  • L’Esploratore: Ã¨ indipendente, anticonformista, avventuroso, individualista, coraggioso. Va a scoprire il mondo e il suo incubo peggiore è essere ingabbiato dal sistema, conformarsi, non vivere secondo i suoi valori.
  • L’Innocente: ottimisti, puri, utopisti, tradizionalisti, mistici, romantici, sognatori, naïf. Cercano il meglio nelle persone e nelle situazioni, il bello e la felicità, invitando gli altri a fare lo stesso. Puri e genuini.
  • Il Giullare: vuole divertirsi, è originale e irriverente. Si gode la vita e le relazioni con gli altri perché questo gli dà piacere. Odia la noia e non vuole essere noioso.
  • Il Caregiver: incarna la sicurezza, la casa, la continuità, la tradizione. È altruista, ama gli altri come se stesso, prova compassione, generosità e desiderio di aiutare il prossimo.
  • L’Uomo Comune: Ã¨ una persona ordinaria nel senso più sereno del termine. Ama i piaceri semplici della vita, crede che tutti gli uomini siano creati uguali e che abbiano valore per quello che sono. Per lui le cose belle della vita sono un diritto di tutti.
  • Il Fuorilegge: Ã¨ il ribelle, l’anticonformista per eccellenza, sempre contro lo status quo e l’ordine costituito. Può anche avere un lato oscuro più o meno marcato. È guidato da motivazioni individualiste, dalla rivincita o dalla rivoluzione.
  • L’Amante: Ã¨ il partner, l’amico intimo. Affascinante, entusiasta. romantico, sensuale, cavalleresco, luminoso, appassionato e impegnato. Porta alla luce il lato romantico della vita, fatto di gioia, benessere ed estasi
  • Il Sovrano: il grande leader, il capo, colui o colei che detta le regole che gli altri seguiranno. Non ama il cambiamento se non lo controlla. Odia il caos. Positivo, vitale, sicuro di sè. Cercano il successo e il potere.
  • Il Saggio: le sue parole chiave sono ascetismo, saggezza, destino, verità. Vuole capire la realtà grazie al potere della mente. È esperto, studioso. consigliere, pensatore, filosofo, ricercatore, pianificatore, mentore, insegnante. Ha fiducia nella capacità degli uomini di costruire un mondo migliore.
  • L’Eroe: Ã¨ il guerriero, il supereroe, il crociato, quello che sconfigge il drago, il vincente. Ha coraggio e forza, crede che volere sia potere. Valori: potere, onore, vittoria.

Quali sono gli archetipi dominanti in te come persona e come professionista? Scegline due e inizia a caratterizzare i tuoi testi con le sfumature proprie di queste figure.

Se vuoi approfondire l'argomento puoi leggere questi libri:

Tutto questo va a inserirsi nell’ampio campo dello storytelling, colonna portante di un piano editoriale interessante ed efficace.

Quando avrai collocato nel tuo calendario di pubblicazione tutti i contenuti fissi, puoi iniziare a utilizzare gli spazi vuoti per creare una narrazione di te che faccia leva sulla tua personalità, su quelli che sono i tuoi obiettivi e la tua natura personale e professionale, su come aiuti i tuoi clienti con ciò che fai ogni giorno e su come porti avanti il tuo lavoro secondo i tuoi valori.

Questo dovrebbe trasparire anche dai contenuti promozionali, ma è in quelli liberi, puramente dedicati allo storytelling che riesci a far leva sull’interesse di chi ha i tuoi stessi valori e diventerà un cliente affezionato.


 

InsightAgency

Cos'è e a cosa serve il Business model


Un Business model è uno strumento concettuale utilizzato per descrivere il modo in cui un'impresa crea, distribuisce e cattura valore. In altre parole, può essere definito come l'insieme delle pratiche organizzative e delle soluzioni strategiche attraverso cui l'impresa acquisisce il proprio vantaggio competitivo sul mercato.

Quello di business model è un concetto relativamente giovane. Sebbene il termine apparve per la prima volta nel 1957 all’interno dell’articolo “On the construction of a multi-person, multi-stage business game“, è solo verso la fine degli anni ’90 che ha assunto la sua vera importanza registrando un interesse crescente da parte della comunità scientifica e non solo. Utilizzando le parole dello studioso svizzero Alexander Osterwalder, un modello di business può essere definito come lo strumento concettuale che descrive il modo in cui un’azienda crea, distribuisce e cattura valore.

Nonostante questa sia la definizione più famosa, ad oggi non ne esiste una universalmente accettata e condivisa. Ciò su cui la gran parte degli autori concorda è che, in generale, un business model dovrebbe essere composto dai seguenti elementi:

  1. la proposta di valore dell’impresa;
  2. i segmenti di mercato a cui si rivolge;
  3. la struttura della sua catena del valore;
  4. i meccanismi di acquisizione del valore che l’impresa implementa;
  5. i modi in cui questi elementi sono collegati in un’architettura specifica della singola azienda.

In estrema sintesi, quindi, il business model di un’impresa dovrebbe illustrare la sua proposta di valore identificando in modo chiaro il target a cui si vuole rivolgere, i principali fornitori da cui ottiene le materie necessarie per il ciclo produttivo, le caratteristiche del processo di produzione che vuole realizzare e così via. Tutto ciò in un’ottica flessibile ed estremamente dinamica. Sarebbe impensabile, infatti, credere che un modello di business per quanto di successo possa essere tale in eterno: affinché possa continuare a creare valore è necessario che esso cambi e si adatti al mutare dell’ambiente esterno ed interno.

Come rappresentare un modello di business: Il business model canvas

Nel corso del tempo sono nati diversi strumenti per aiutare imprenditori e startupper a rappresentare la propria value proposition. Tra i diversi strumenti e metodi di visualizzazione il più famoso è sicuramente il business model canvas di Osterwalder e Pigneur.Un Business model è uno strumento concettuale utilizzato per descrivere il modo in cui un'impresa crea, distribuisce e cattura valore. In altre parole, può essere definito come l'insieme delle pratiche organizzative e delle soluzioni strategiche attraverso cui la stessa acquisisce il proprio vantaggio competitivo sul mercato.


Si tratta di una rappresentazione grafica semplificata delle principali attività alla base del business model di un’impresa che consente di far emergere la logica attraverso cui la stessa riesce a creare, distribuire e catturare valore.

Particolarmente utile nell’ambito delle startup, il canvas si compone di nove blocchi, ciascuno dei quali rappresenta uno degli elementi costitutivi del business model. Grazie ad esso è possibile ottenere una rappresentazione complessiva della realtà aziendale intesa come un grande ecosistema di attività interdipendenti. Nella parte superiore del modello, intuitivo e di facile lettura, sono rappresentate informazioni non finanziarie come le risorse chiave, i partner, i canali distributivi e i segmenti di consumatori; la parte inferiore, invece, fa da cornice alle informazioni finanziarie come la struttura dei costi e dei ricavi.

Al centro del modello c’è la value proposition, intesa come la proposta di valore che un’azienda fa al mercato, espressa in termini di vantaggi, tangibili o intangibili, che i consumatori possono ottenere dall’acquisto di un determinato prodotto o servizio.

Come si classificano i modelli di business?

La classificazione è una delle principali sfide che manager ed esperti si trovano ad affrontare quando si parla di modelli di business. Gli studiosi Foss e Saebi, per esempio, riconducono i business model a tre dinamiche: evoluzione, adattamento e innovazione.

Nello specifico, quando si parla di evoluzione si intende far riferimento a replica, implementazione e manutenzione di un modello di business esistente.

L’adattamento è invece il processo attraverso cui un modello di business esistente viene appunto adattato alle opportunità e alle minacce dell’ambiente esterno (cambiamenti nelle preferenze dei clienti, potere contrattuale dei fornitori, cambiamenti tecnologici, nuove dinamiche concorrenziali e così via). Adattare un modello di business esistente spesso non è però un compito facile. La propensione delle imprese ad adattare i propri modelli di business, infatti, dipende da innumerevoli fattori: per esempio dal fatto che un evento nell’ambiente esterno sia percepito come una minaccia o come un’opportunità e dal tipo di orientamento strategico che l’impresa persegue.

Si parla invece di business model innovation in tutti quei casi in cui un’azienda crea un modello di business nuovo all’interno di un settore preesistente. Ciò significa ridefinire i prodotti e i servizi esistenti e le modalità con cui sono forniti ai consumatori a partire da risorse esistenti, ma non replicabili. In un ambiente dinamico e in costante cambiamento, la business model innovation deve essere una priorità per tutte quelle imprese che vogliono restare sul mercato. A fare scuola è il fallimento di Blockbuster e l’ingresso di Netflix nel mercato della distribuzione e del noleggio di film in DVD. Netflix ha innovato il modello di business su cui lo stesso Blockbuster aveva fondato il proprio successo determinando nel 2010 il fallimento del colosso del videonoleggio.

Sulla stessa linea, Massa e Tucci (2014) evidenziano la differenza tra la creazione di un nuovo modello di business (business model design), come nel caso di startup innovative o ad alta vocazione tecnologica, e la trasformazione di un modello di business già esistente (business model reconfiguration), come è accaduto alla stessa Netflix che è passata dal noleggio per corrispondenza alla sottoscrizione di un abbonamento per lo streaming di contenuti online, rientrando tra i servizi ott.

Esempi di business model

Nonostante in teoria sia difficile ricondurre un modello di business a categorizzazioni predefinite, nella pratica è possibile individuare degli schemi ricorrenti sulla base di alcune caratteristiche comuni, in particolare il modello di guadagno sottostante.

Può essere utile, così, ricorrere ad alcuni degli esempi più famosi.

  • Transazionale: è il modello di business più comune in quanto consiste nella classica vendita di beni e servizi in un negozio fisico o virtuale. I ricavi derivano dalla vendita diretta e quindi dalla transazione tra acquirente e venditore.
  • Marketplace: si basa sull’intermediazione tra due parti, generalmente un cliente e un fornitore. I ricavi in questo caso derivano dalla presenza di una fee su ogni transazione effettuata. Tra i modelli marketplace più celebri è possibile ricordare quello di Amazon, ma anche quelli di eBay, Booking o Airbnb.
  • Freemium: particolarmente utilizzato in caso di software e app, il modello si basa sull’offrire un servizio di base gratuito che diventa a pagamento quando si vuole usufruire di opzioni e funzionalità aggiuntive.
  • Software as a service (SaaS): è un modello distributivo, che sfrutta la tecnologia cloud, che prevede che un provider di servizi fornisca software e applicazioni di terze parti che gli utenti possono noleggiare senza dover acquistare una licenza. Tra gli esempi più famosi è possibile ricordare iCloud e Microsoft Office 365, ma anche tutte le app del mondo Google.
  • Pay as you go: è un modello di pagamento spesso utilizzato per i servizi SaaS, che consente ai clienti di pagare un servizio in base all’utilizzo che ne fa. 
  • franchising : è una formula di collaborazione tra due parti, franchisor e franchisee, in cui la prima concede l’utilizzo del proprio marchio e del modello di business al secondo dietro pagamento di una fee.
  • Leasing: si basa sul noleggio di un bene o di un immobile, solitamente per uso aziendale, dietro pagamento di un canone periodico.

A questi se ne aggiungono molti altri come l’affiliazione commerciale, la donazione, il modello community, il modello bricks and clicks o, ancora, il modello basato sulle inserzioni.

Modelli di business e opportunità imprenditoriali: una relazione complessa?

Spesso il concetto di business model è legato a quello di opportunità imprenditoriali. Questo perché il modello di business rappresenta lo strumento preferenziale attraverso cui le nuove opportunità vengono trasformate in proposte di valore per l’impresa e per tutti i suoi stakeholder .

Tuttavia, cogliere l’opportunità giusta al momento giusto non significa automaticamente avere successo. Affinché possa garantire all’impresa performance positive nel lungo periodo un buon business model deve innanzitutto essere coerente con la strategia e gli obiettivi aziendali, ma soprattutto deve essere in grado di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno. In quest’ottica, fondamentali sono le conoscenze e le competenze dei singoli soggetti coinvolti. Gli imprenditori e i manager devono essere inclini all’apprendimento, alla formazione continua, alla flessibilità e al cambiamento per favorire lo sviluppo di capacità dinamiche in grado di cogliere nuove opportunità a partire dai business model esistenti.

Questo spiega perché molti modelli di business di successo sono falliti: si pensi ad esempio al caso del fallimento dell’azienda canadese Blackberry. La stessa idea o tecnologia adottata sul mercato attraverso due diversi modelli di business, infatti, potrebbe produrre performance economiche completamente diverse, riconducibili in parte a fattori esogeni e in parte alla mancanza di risorse e capacità interne all’organizzazione.

Come sottolineano gli studiosi Chesbrough e Rosenbloom in un articolo del 2002, la soluzione è nella sperimentazione: un nuovo modello di business è sperimentato con successo solo dopo notevoli tentativi ed errori.

InsightAgency

10 suggerimenti per scattare ritratti con la luce naturale

 


Scattare ritratti con luce naturale ha il potere di evocare uno stile etereo e minimalista che toglie il fiato allo spettatore.

C'è qualcosa di molto semplice e stupefacente in un ritratto di luce naturale di impatto visivo. Che si tratti di una morbida ombra durante la perfetta luce del mattino, o di un qualcosa che sembra quasi sbiadito, catturare ritratti sognanti con luce naturale è un'abilità che molti fotografi cercano di padroneggiare.

Capire come manipolare la luce naturale per catturare un'immagine di una persona e come usare ombre e luci a proprio vantaggio, sono le abilità fondamentali che un fotografo ritrattista deve conoscere a fondo.

La luce morbida non è facile da gestire, ma la luce naturale può influenzare decisamente i toni della tua immagine, lo stile della tua fotografia e l'aspetto generale delle immagini che crei.

In questo articolo troverai 10 suggerimenti che devi conoscere prima del tuo prossimo shooting fotografico per catturare ritratti con la luce naturale.

Suggerimento n. 1: le lenti a focale fissa creano ritratti mozzafiato

Mentre gli obiettivi zoom costosi e di alta qualità sono assolutamente necessari per la maggior parte delle forme di fotografia, le lenti a focale fissa sono fondamentali per la fotografia di ritratti.

Avere una lunghezza focale definita consente di giocare veramente con il soggetto e ti costringe a muoverti intorno al soggetto per catturare composizioni diverse.

 


 

Un obiettivo 85mm f/1.8 o 50mm f/1.4 sono fantastici per iniziare quando si riprende la fotografia di ritratti.

L'ampia apertura ti consentirà di catturare l'effetto bokeh quando scatti ritratti con luce naturale e ammorbidire lo sfondo per creare quell'aspetto magico.

Suggerimento n. 2: l'ora magica è necessaria per evitare la luce intensa

Quando si acquisiscono ritratti con luce naturale, è necessario evitare la luce intensa quando possibile. La ritrattistica di luce naturale è pensata per essere sognante, con luce soffusa.

Questa luce si trova meglio durante l'ora "magica" o "dorata", generalmente il periodo che cade subito dopo l’alba e subito prima del tramonto.

 


 

Quando il sole è più basso, le ombre si estendono e le luci si ammorbidiscono. A sua volta, ciò consente all'immagine di essere morbida invece di essere contrastata in modo aspro. Cerca sempre le ore magiche quando catturi i ritratti con luce naturale.

Suggerimento n. 3: posiziona il tuo soggetto verso la luce

Usa la luce morbida a tuo vantaggio. Evidenzia le caratteristiche del tuo modello con la luce che stai utilizzando. Ciò minimizza anche i rischi di eventuali ombre indesiderate sul viso del modello.

Posizionando il viso del tuo modello verso la luce, permetti a quella luce di riempire quello spazio e creare un aspetto e una sensazione morbidi per la tua ritrattistica naturale. Poiché la luce è bassa (se segui i nostri consigli e scatti durante l'ora d'oro) non dovresti vedere alcuna ombra dura sulla faccia dei modelli e le ombre saranno morbide e meno definite.

Se non puoi scattare durante l’ora magica, posiziona il tuo soggetto all’ombra: eviterai ombre troppo dure e decise sul volto e che il tuo modello stringa gli occhi per il troppo sole.

Suggerimento 4: porta un riflettore su ogni ripresa

Un riflettore mobile è la chiave di tutti i servizi fotografici all'aperto in cui il tuo piano è di manipolare la luce. Anche se non hai un assistente, prova a portare un treppiede o un cavalletto per sostenere il riflettore, oppure prova un approccio fai da te appoggiandolo a un oggetto.

 


 

Un riflettore può essere fondamentale nel sollevare le ombre sul lato più scuro del viso dei modelli e rimbalzerà quella luce naturale per riempire lo spazio.

Se il riflettore ha un lato dorato, puoi usarlo se vuoi creare un tono più caldo per le tue immagini. Tutto ciò dipenderà ovviamente dal tuo stile di fotografia per scattare ritratti con luce naturale.

 Alcuni riflettori disponibili su Amazon



Neewer® 5 In 1 Portabile 24 X 36 "/ 60 X 90 cm Rotonda Pieghevole Multi Disc Fotografia Photo Studio Fotografico Fotocamera Luce Riflettore / Diffusore Con Valigetta, Ottimo per Servizi Fotografici e Scattare Foto inLuce naturale

COMPRALO SU AMAZON

 

 

 

 

Neewer 5 in 1 Riflettore di Luce 110cm Pieghevole Multi-disco con Borsa - Traslucido, Argento, Oro, Bianco e Nero per Illuminazione da Studio Fotografico e Illuminazione Esterna

 COMPRALO SU AMAZON

 

 

 

Suggerimento n. 5: mantenere la sensibilità ISO bassa per mantenere il ritratto nitido

L'ultima cosa che vuoi, quando scatti un'immagine mozzafiato, è avere un sacco di rumore inutile e grana indesiderata nella tua foto. Prova a utilizzare la sensibilità ISO più bassa possibile (compatibilmente con la tua macchina fotografica) per mantenere il tuo ritratto di luce naturale il più nitido possibile.

Prendi in considerazione la possibilità di regolare la velocità dell'otturatore o l'apertura per compensare il basso numero ISO.

Suggerimento n. 6: Scatta in RAW per ottenere la massima flessibilità con le tue immagini

Scatta sempre con impostazioni RAW quando possibile. Perché? Perché ti consente la massima flessibilità creativa per adattare l'immagine a tuo piacimento in post produzione. Nella fotografia di ritratti, questo è ancora più importante.

Quando si fotografano ritratti con luce naturale, è molto facile esporre per caso le ombre e quindi sovraesporre l'immagine. Ciò ti fa perdere informazioni sul tono della pelle del tuo modello, il che è incredibilmente importante quando stai fotografando ritratti di luce naturale.

 


 

Un file RAW ti offre la massima flessibilità per recuperare i dettagli in un'immagine.

Ricordati però che un file RAW occupa molto più spazio di un file JPEG e quindi considera una scheda di memoria abbastanza capiente.

Suggerimento n. 7: dove scattare? Ecco alcune idee!

Ecco quattro idee su dove è possibile scattare ritratti con luce naturale per creare le immagini più belle possibili.

Utilizzare gli edifici in modo strategico: l'utilizzo di edifici o muri è un ottimo modo per rompere la luce se non si ha il tempo di scattare durante l'alba o il tramonto. I muri creano ombre naturali, che possono essere utilizzate nella fotografia di ritratti.

Finestre: le finestre sono fantastiche per scattare ritratti con luce naturale poiché fungono da diffusore naturale. Questo creerà naturalmente una luce piacevole e morbida sul viso del tuo soggetto.

 


 

Alba o tramonto: scattare all'aperto durante l'alba o il tramonto è un ottimo modo per ottenere la luce migliore possibile per ritratti di luce naturale. Trova un parco o un paesaggio che ti ispiri e lavora al suo interno per catturare le immagini dei tuoi modelli.

Nessuna alba o tramonti? Le giornate nuvolose o piovose sono altri grandi diffusori naturali quando si fotografano ritratti con luce naturale. Il cielo agisce come un grande diffusore morbido, che diffonde naturalmente la luce per le tue immagini.

Suggerimento n. 8: gioca con le ombre

Non tutti possono organizzarsi per fotografare all’alba o al tramonto. Se hai bisogno di scattare in ore diurne, prova a giocare con le ombre.

Le ombre hanno la capacità di trasformare la tua fotografia di ritratto creando forme interessanti e dinamiche all'interno delle tue immagini. Trovare qualsiasi tipo di luce mista è l'ideale per catturare ritratti perfetti con luce naturale.

 


 

Inizia con la natura! Usa rami, fiori o alberi per creare ombre sulle funzionalità del tuo modello. Riprese in casa? Usa tende o cappelli per manipolare la luce per le tue immagini.

Suggerimento n. 9: retroilluminazione del soggetto

Quando si scatta una fotografia di ritratto, si vuole evitare di sovraesporre il modello. La retroilluminazione del modello è fondamentale per ridurre al minimo tale rischio. Posiziona il modello direttamente davanti a una fonte di luce.

La luce ammorbidisce la silhouette del modello e crea un aspetto generale morbido. Questa è una tecnica fantastica da utilizzare soprattutto quando si fotografano ritratti con luce naturale al chiuso.

Suggerimento n. 10: ritratti con poca luce 

Le tue riprese non devono finire solo perché la luce si sta abbassando. Abbiamo detto prima di non aumentare i tuoi ISO, ma questa è un'eccezione. Alza un po’ gli ISO e regola di conseguenza le altre impostazioni della fotocamera.

Questa impostazione potrebbe creare un po’ di grana, ma questo aggiungerà atmosfera alle tue foto, soprattutto se il tuo ritratto è in bianco e nero.

C'è un'incredibile bellezza nel catturare ritratti straordinari con la luce naturale e, come fotografo, hai davvero il potere di togliere il respiro a chi guarda con queste immagini.

Se vuoi approfondire e saperne di più su come scattare fotografie di ritratto ti consiglio  «Corso di fotografia: il ritratto» di Mark Jenkinson oppure «Educare lo sguardo. Introduzione pratica e teorica al ritratto fotografico» di Roswell Angler

 

InsightAgency

Come massimizzare il customer journey e fidelizzare i clienti fin da subito?

 

Una delle domande che tutti gli specialisti di marketing si pongono è come creare un rapporto duraturo con i propri clienti. Indipendentemente dal settore, un brand ha bisogno di clienti fedeli e coinvolti. Quindi come fidelizzare la clientela assicurandosi che continuerà a scegliere il proprio marchio tra le diverse proposte presenti sul mercato? Inutile negarlo, sono innumerevoli gli stimoli e i messaggi che riceviamo dai brand, ognuno con un’offerta sempre più accattivante e variegata.

Catturare l’attenzione e mantenere alto l’interesse è una vera sfida. Ecco perché è fondamentale, una volta conquistata la curiosità del consumatore, non trascurarla e cercare di tener viva il più possibile la relazione, per integrarlo in una dinamica di engagement a lungo termine. Come può un'attività coinvolgere i clienti in una dinamica di engagement duratura a partire dalla prima interazione con il marchio? Massimizzando l'esperienza in ogni fase del customer journey.

Che cos'è il customer journey e perché è importante per i brand

Possiamo definire il customer journey come un viaggio che un cliente compie quando entra in contatto con un'azienda. Questo percorso prevede diverse fasi fino ad arrivare alla decisione di acquistare o meno un prodotto o di usufruire di un servizio proposto dall'azienda. Il customer journey però non termina con l'eventuale acquisto del prodotto poiché prevede varie fasi che possono avvenire sia "online" che "offline".  Anche le recensioni di un prodotto, per esempio, rientrano tra le varie fasi del customer journey.

Le fasi del customer journey

E ora è arrivato il momento di svelarvi le diverse fasi di questo incredibile viaggio. Vi daremo degli spunti su come instaurare una relazione duratura con i vostri clienti per trasformarli in ambassador del brand. Potrete così trovare idee e ispirazione per raggiungere gli obiettivi delle vostre prossime campagne marketing con l’aiuto di alcune soluzioni martech (strumenti tecnologici a supporto del marketing) da prediligere per massimizzare i risultati.

1. L’acquisizione: il prospect diventa un contatto del database grazie a un'Ads sui social

Il primo passo del customer journey è costituto dall’acquisizione, ovvero il primo punto d'incontro con il potenziale cliente e la successiva integrazione del contatto nel database dell'azienda. Per acquisire nuovi contatti interessati al marchio, sono necessarie delle attività ad hoc di lead generation, che andranno a stimolare l’interesse del target.

Come facciamo a conquistare l’utente utilizzando i social network?

Proviamo a spiegarlo con un esempio pratico. La nuova collezione estiva del marchio viene lanciata su Instagram tramite un post sponsorizzato con uno sconto del 15% sul primo acquisto. 

L’Ads rimanderà a un form digitale da compilare con i propri dati per ottenere così un coupon da presentare in negozio o da utilizzare online.

Per gestire le nostre campagne pubblicitarie sui social e su Google possiamo utilizzare uno strumento come Adzooma che ci permette di creare e gestire campagne di digital marketing in pochi secondi, ma soprattutto di monitorarle costantemente e continuare così a migliorarle, grazie ai suggerimenti offerti dalla piattaforma. Adzooma nella sua versione essential, gratuita, permette di impostare, monitorare e gestire facilmente le proprie campagne pubblicitarie su Google, Facebook e Microsoft, anche con una serie di ottimizzazioni per migliorare i risultati e regole automatizzate che semplificano alcune attività. Optando, invece, per la versione Plus, oltre alle funzionalità della versione gratuita, ci sono più di 81 modelli di automazione e la possibilità di analizzare le landing page per migliorare l'offerta.

Per la creazione delle landing page e soprattutto per la raccolta e gestione dei lead, possiamo utilizzare Sendinblue (le landing pages sono disponibili nel piano Premium) oppure MailChimp.

2. L’attivazione: il contatto acquisito su Instagram diventa cliente


Ora che il prospect ha mostrato interesse per il marchio ed è stato integrato nel database, è fondamentale mantenere vivo il suo interesse. L’attivazione del contatto deve avvenire subito dopo la prima interazione. Con l’aiuto dei sistemi di marketing automation, è possibile targetizzare tutti i contatti acquisiti grazie alla campagna sui social.

Tutti coloro che hanno richiesto il coupon compilando il form sulla landing page, sono certamente interessati ai tuoi prodotti. Questo è il momento d'inviare loro un’e-mail di benvenuto e il lookbook con la nuova collezione, incoraggiando così il traffico sull’e-commerce e alimentando l’interesse. Contemporaneamente, potrete incuriosire i contatti ricordando loro la scadenza del coupon e lo store più vicino dove usufruire dell’offerta.

Puoi gestire scenari di marketing automation con l'invio di email transazionali ancora con Sendinblue o MailChimp.

I vantaggi di un coupon, sono innumerevoli, se poi opti per una soluzione QR Code, sarà ancora più efficiente perché con la semplice scansione del QR code in negozio il cliente usufruirà dello sconto in modo rapido e immediato. Una volta usufruito del coupon, potresti trasformarlo automaticamente in una carta fedeltà, magari associandola allo stesso QR code, con la quale il cliente potrà continuare ad essere informato delle ultime novità e dall'altra potrà beneficiare di ulteriori benefici e sconti.

Così, da una parte avrete acquisito un nuovo membro nel vostro programma fedeltà, dall’altra il cliente sarà soddisfatto dell’esperienza offerta, immediata e, soprattutto, semplice.

3. Fidelizzazione: il cliente si affeziona al marchio


 

Ora siamo a una fase chiave del customer journey per instaurare una relazione duratura: la fidelizzazione.

Un cliente fidelizzato acquista più frequentemente e tende a spendere di più rispetto a un nuovo cliente non-membro. Gli indicatori chiave di un programma fedeltà di successo parleranno chiaro: il carrello medio e la frequenza di acquisto saranno sempre superiori in chi è fidelizzato. Una volta che il cliente ha effettuato il primo acquisto, è il momento di puntare sulla relazione vera e propria per riuscire a mantenerlo nel tempo.

Un programma fedeltà flessibile che soddisfi le sue esigenze e i suoi desideri, vi assicurerà la customer retention. Una buona tattica consigliata da Splio è quella di riservare delle attenzioni speciali e personalizzate per dimostrare il proprio interesse e vicinanza al cliente. Per rinforzare il legame, si può optare per l’invio di un breve questionario via e-mail ai nuovi clienti per conoscerli meglio. Chiedendo i propri gusti e la data di nascita, sarà possibile inviare loro una sorpresa il giorno del compleanno, per esempio. Inoltre, a coloro che avranno compilato il questionario, si potranno accreditare ulteriori punti fedeltà sulla loro carta come ringraziamento del tempo prezioso dedicato al marchio.

Questi sono esempi di una serie di azioni e ricompense che porteranno i membri del programma a salire di volta in volta di livello. A questo punto possiamo poi decidere di premiare i clienti più fedeli per proporgli di entrare a far parte degli ambassador del marchio.

4. Engagement: il cliente fedele diventa ambassador del marchio


 

Un cliente fidelizzato diventerà ancora più coinvolto se stimolato con iniziative accattivanti, come un programma fedeltà soddisfacente che combini la fedeltà transazionale e relazionale. Un programma di engagement è un’iniziativa loyalty che premierà i membri per tutte le interazioni avvenute con il marchio, come per esempio:

  • l’apertura e i clic delle e-mail;
  • il follow sui social;
  • una ricca wishlist (lista dei desideri);
  • la recensione online;
  • la visita sul sito eCommerce.

L’obiettivo di un programma di questo tipo è incrementare la conoscenza del cliente per ultra-personalizzare le offerte e le comunicazioni e premiare l’engagement del cliente non solo in fase di acquisto. Un cliente fedele e ingaggiato è il target ideale per una campagna di referral marketing.

Il passaparola è il canale di comunicazione più efficace per la fiducia. Difatti il 94% dei consumatori prende decisioni di acquisto in base ai consigli del proprio network mentre il 72% è influenzato da ciò che ha visto sui social. Il passaparola digitale aiuta a ottimizzare drasticamente i costi di acquisizione.

Una volta identificati i clienti più affezionati e coinvolti, sarà possibile invitarli per e-mail a diventare ambassador del marchio in cambio di un coupon e punti fedeltà. Il cliente condividerà di certo volentieri con i suoi amici il link di referral sui social network, per e-mail o su WhatsApp. E i suoi amici a loro volta avranno la possibilità di ricevere un coupon di benvenuto

Queste attività possono essere semplificate anche utilizzando una piattaforma di loyality e referral marketing (come ad esempio yotpo.com, ma ce ne sono diverse anche italiane) con funzionalità native di social sharing, insieme ad un tool di marketing automation (come Sendinblue), che consentiranno di lanciare una campagna member-get-member.

In questo modo sarà possibile rispondere a molteplici obiettivi, tra cui:

  • reclutare nuovi clienti;
  • generare ricavi aggiuntivi;
  • aumentare la visibilità del brand online & offline.

Pronti a raccogliere la sfida?

Tutte le fasi del customer journey sono fondamentali ed estremamente connesse tra loro. Se la fidelizzazione influenza il riacquisto, l’engagement influenza la fidelizzazione. Attivare, fidelizzare e animare il proprio database è una strategia decisiva per accrescere il valore di ciascun cliente, fino a trasformarlo in un ambassador. La tecnologia gioca un ruolo fondamentale ed è il fedele alleato di ogni campagna marketing.

Una piattaforma di loyalty marketing e una strategia CRM ben definita e targetizzata possono aiutare a massimizzare le proprie campagne di lead generation e fidelizzazione, ma anche a trasformare i migliori clienti in ambassador del brand!

 


 

InsightAgency

Come raccontare una storia in modo efficace?

 


Prima che le persone imparassero a scrivere, si raccontavano storie. Raccontare una storia è come dipingere un quadro con le parole. Le storie connettono, ispirano, guidano, creano cambiamento e guariscono. Lo storytelling ha permesso alle persone di dare un senso al mondo e di trarre un significato più profondo dalle loro vite sin dall'inizio della storia dell'umanità. Cambiano le tecniche e i metodi di narrazione, così come i modi di comunicare e i soggetti, ma il potere dello storytelling di commuoverci e provocare un senso più profondo di connessione tra tutti noi non è mai cambiato.

Indipendentemente dai media, siamo tutti fruitori di storie e, in fondo, lo siamo sempre stati.

Perché raccontiamo storie?

La narrazione è una forma d'arte antica come il tempo e ha un posto in ogni cultura e società. Come mai? Perché le storie sono un linguaggio universale che tutti, indipendentemente dal dialetto, dalla città natale o dall'eredità, possono capire. Le storie stimolano l'immaginazione e la passione e creano un senso di comunità tra ascoltatori e narratori.

Le storie consolidano concetti astratti e semplificano messaggi complessi. In un mondo diviso da una moltitudine di cose, le storie uniscono le persone e creano un senso di comunità. Le storie ci rendono umani, e lo stesso vale per i brand. Ecco perché creare una narrativa specifica e pensata ad hoc sul proprio marchio o prodotto non solo lo umanizza, ma ci permette di farlo conoscere meglio ai clienti e potenziali clienti.

Sviluppare le proprie capacità di narrazione e imparare a trasformare le esperienze in una storia richiede pratica, ma ci sono metodi efficaci per migliorare l'arte dello storytelling. Proprio come l'arte, la narrazione richiede creatività, visione e abilità, ma è soprattutto disciplina. Chi crede che la scrittura sia solo genio o improvvisazione si sbaglia di grosso. Sapevate che Stephen King, uno degli autori più proliferi di sempre, scrive ininterrottamente quattro ore ogni mattina tutti i giorni?

La narrazione è uno strumento potente che i leader usano per motivare le masse, e gli scrittori si ingegnano per creare la propria letteratura. Attingere alle emozioni delle persone e mettere a nudo sia il bene che il male è il modo in cui le storie ispirano e motivano e, infine, guidano all'azione.

7 consigli di storytelling per storie indimenticabili

Se avete appena iniziato a scrivere e a raccontare storie, ecco 7 consigli di storytelling che possono aiutarvi a rafforzare le vostre narrazioni e a coinvolgere il pubblico. Non dimenticate che una storia implica un'interazione bidirezionale tra un narratore e uno o più ascoltatori. Le risposte degli ascoltatori influenzano il racconto della storia. Lo storytelling difatti emerge dall'interazione e dagli sforzi cooperativi e coordinati tra narratore e pubblico e di certo non crea una barriera immaginaria tra chi parla e chi ascolta

1. Scegliere un messaggio centrale ben definito

Una grande storia di solito progredisce verso una morale o un messaggio centrale. Quando create una storia, dovreste avere un'idea precisa di cosa state costruendo. Se la vostra storia ha una forte componente morale, vorrete di certo guidare gli ascoltatori o i lettori verso quel messaggio. Se state raccontando una storia avvincente, provate ad aumentare la tensione drammatica e la suspense fino al culmine della narrazione. Indipendentemente dal tipo di storia che state raccontando, è importante essere molto chiari sul tema centrale o sul punto della trama attorno al quale si sta costruendo la storia.

La storia serve per vendere un prodotto o raccogliere fondi, o per far conoscere un servizio? Qual è il punto della storia? Per aiutarvi a definirlo, provate a riassumere la vostra narrazione in massimo 10 parole. Se non ci riuscite, beh, non avete un messaggio centrale.

2. Il conflitto non è un male nello storytelling

Come narratore, non si può evitare il conflitto. I grandi narratori creano storie che hanno ogni sorta di ostacoli e difficoltà disseminati sul percorso dei loro protagonisti. Per essere soddisfatto di un lieto fine, il pubblico deve guardare i personaggi principali che lottano per raggiungere i loro obiettivi. Va bene essere crudeli con i personaggi principali, anzi, è necessario. Le trame avvincenti sono costruite sul conflitto ed è imperativo abbracciare il dramma e lo scontro per diventare un narratore migliore.

 


3. Avere una struttura chiara della storia

Ci sono molti modi diversi per strutturare una storia, ma i tre ingredienti che danno vita a un racconto sono:

  • un inizio
  • una parte centrale
  • una fine.

Nello specifico una storia di successo inizierà con un incidente d'incitamento che porterà a un'azione crescente, dopodiché raggiungerà un climax e alla fine si stabilirà in una soluzione soddisfacente. Ci sono molti libri e risorse online che possono aiutare a comprendere meglio questi termini, ma il modo migliore per capire come scrivere una storia e leggere tante storie.

Il mondo è pieno di grandi narratori della letteratura e del cinema da cui possiamo attingere per imparare come danno forma alla struttura di ogni storia.

4. Prendere spunto dalle proprie esperienze personali

Qualunque sia la storia che stiate raccontando, potete sempre prendere ispirazione dalla vostra vita o guardare le esperienze e le vicende di chi avete vicino per trovare cosa e come raccontare. Pensate agli eventi importanti della vostra vita e a come potreste essere in grado di trasformarli in narrazioni. A volte qualcosa che ci è accaduto all'apparenza banale può diventare un incipit emozionante di una storia avvincente.

5. Coinvolgere il pubblico per uno storytelling efficace

Una grande narrazione richiede che chi racconta sia connesso con chi ascolta. Attenzione però, gran parte del modo in cui si attirano gli ascoltatori dipende dalla modalità di narrazione scelta. Se state leggendo un racconto di fronte a un pubblico, potreste provare a distogliere lo sguardo dalla pagina ogni tanto per stabilire un contatto visivo con esso. Se state registrando un podcast narrativo, molto dipende dall'espressività della voce e dalla capacità di trasmettere emozioni con il proprio tono.

Comunque si scelga di raccontare la propria storia, bisogna stabilire una relazione con le persone che ascoltano.

 


6. Osservare i bravi narratori

Le nostre storie personali saranno sempre uniche e specifiche per noi, ma non c'è modo migliore per imparare a creare una grande storia che guardare come i narratori che tanto amiamo raccontano le loro storie.

La maggior parte di noi conosce persone che consideriamo narratrici eloquenti e coinvolgenti. Che si tratti di un familiare che intrattiene tutti a tavola con racconti d'infanzia o di un amico che eccelle nel parlare in pubblico, è probabile che abbiamo incontrato più di una manciata di narratori di talento nella nostra vita. Scoviamo i bravi narratori, ascoltiamoli e impariamo attraverso l'osservazione. Come fanno a creare una storia di successo?

7. Restringere la portata della tua storia

Se state raccontando una storia reale che vi riguarda, può essere difficile scegliere i punti principali importanti da includere. Molte persone hanno la tendenza a riportare ogni dettaglio e finiscono per inondare il pubblico di fatti che diluiscono l'arco narrativo centrale. Definite un inizio e una fine chiari per la vostra storia, quindi scrivete gli eventi chiave della trama come punti elenco tra di loro. Abbiate fiducia nel fatto che il vostro pubblico sarà in grado di seguire la storia senza sopraffarlo con inutili retroscena o punti di trama devianti.

 


 

InsightAgency

Buyer Persona: il profilo del tuo cliente potenziale.

 


Vuoi implementare una campagna di marketing e hai bisogno di creare il profilo del tuo cliente potenziale? Il primo passo da fare è quello di definire e sviluppare la tua buyer persona.

Non puoi passare al piano operativo senza aver definito la tua buyer persona, le sue caratteristiche, i suoi bisogni e i desideri che la spingono a scegliere il tuo prodotto/servizio. Questo è il motivo per cui, il primo passo da fare, è quello di creare e sviluppare l’identikit del tuo cliente potenziale.

La creazione della buyer persona rappresenta il punto focale di qualsiasi processo di segmentazione. Quando si parla di buyer persona ci si riferisce a una rappresentazione tipo del nostro cliente potenziale. Una rappresentazione fondamentale non solo per l’incremento delle vendite, ma per qualsiasi azione di investimento che si deciderà di attuare in futuro.

Questo processo, infatti, permette di definire un pubblico e un target ben preciso verso cui indirizzare un’apposita strategia di marketing.

Riusciresti ad indovinare il cibo preferito di qualcuno senza conoscerlo minimamente?
Difficile eh.

Quando non sappiamo a chi ci stiamo rivolgendo, quando non abbiamo abbastanza informazioni sul nostro target di riferimento rischiamo di compromettere la nostra strategia. La definizione della buyer persona permette di aumentare la qualità dei nostri lead e di potenziare l’esperienza del nostro potenziale acquirente.

3 step per definire la tua buyer persona

Per creare la tua target persona avrai bisogno di seguire alcuni step fondamentali. Dopo aver individuato il target di riferimento dovrai iniziare a reperire dei dati più specifici. In una prima fase di analisi, i dati quantitativi si dimostreranno estremamente utili e funzionali.

 


 

1. Definisci le caratteristiche principali della tua persona target

La prima cosa da fare è quella di comprendere le caratteristiche dell’ipotetico cliente ideale: interessi, gusti, modalità d’acquisto, hobby. Approfondisci i processi psicologici, il linguaggio utilizzato, le abitudini. Hai bisogno di identificare delle peculiarità che ti permettano di conoscere il tuo target a 360 gradi.

Questo può esserti d’aiuto per valutare non solo i punti di forza della tua strategia di marketing, ma soprattutto gli eventuali rischi e/o difficoltà che potresti incontrare. Non escludere l’idea di dover creare più buyer personas: two is better than one.

2. Sfrutta il digital per raccogliere dati

Analizza il tuo CRM o il tuo database clienti. Crea questionari mirati da inviare ai tuoi consumatori, in questo modo potrai raccogliere informazioni preziose sulla tua audience. Sfrutta l’online per inviarli mediante e-mail alle persone che hanno già acquistato il tuo prodotto/servizio.

Esistono numerosi strumenti con cui realizzare indagini: SurveyMonkey, Google Forms, Survio.
Hotjar è lo strumento ideale per analizzare il comportamento degli utenti sul tuo sito web.

Realizza interviste per parlare direttamente con i vari soggetti. Analizza gli insight dei social media e raccogli quanti più dati possibili su cui basare la tua strategia. Quest’operazione ti permetterà di acquisire una base più completa da cui partire.

3. Buyer persona e Google Analytics: ottieni il massimo rendimento

Google Analytics, grazie ai suoi report, ti permette di estrapolare importanti informazioni sulle caratteristiche dei tuoi clienti, comportamenti, dispositivi utilizzati.

In particolare, Google Analytics mette a disposizione quattro tipi di report:

  • Il report Pubblico ti permette di analizzare dati demografici, interessi, dati geografici, dispositivi utilizzati;
  • Il report Acquisizione ti consente di individuare quali sorgenti generano più traffico, quali fra le tue campagne di marketing si sta dimostrando più performante;
  • All’interno del report Comportamento potrai trovare varie informazioni riguardo la velocità del sito, la ricerca effettuata dagli utenti, quale delle tue pagine riceve più traffico;
  • Grazie al report Conversioni potrai avere una visione più chiara delle entrate, del rendimento dei tuoi prodotti, delle vendite.

 Guida pratica per la costruzione della tua audience

A seguito della raccolta dati potrai procedere con la costruzione della tua audience.

Proviamo con un esempio pratico.

Supponiamo che tu abbia un e-commerce di abbigliamento. Grazie ai dati raccolti potrai delineare uno schema generale del tuo potenziale cliente:

Sai che la percentuale di utenza femminile è maggiore di quella maschile, che l’età media è compresa tra i 20 e i 30 anni e che la maggior parte degli utenti vive a Roma. Il tuo target, per compiere le scelte d’acquisto, utilizza principalmente lo smartphone. Infatti, il maggior numero di conversioni avviene tramite telefono cellulare.

Gli interessi del tuo target si focalizzano maggiormente su sport e fitness, shopping, bellezza e benessere. 

I canali che generano più traffico sono quello organico, quello a pagamento e quello social.

Quale potrebbe essere una possibile buyer persona?

Anna, 25 anni vive a Roma ed è laureata in Scienze della Moda. Attualmente fashion stylist con un reddito annuo di circa €24.000. Appassionata di shopping, fitness, bellezza e benessere. Anna acquista principalmente online i suoi capi di abbigliamento consultando i social network, la ricerca su Google e le pubblicità dei numerosi brand che segue.

Fortemente interessata a blog di moda e costantemente aggiornata sulle ultime tendenze. Anna è attenta alla qualità dei capi che desidera comprare, infatti non ama gli acquisti d’impulso. Influenzata non solo dal passaparola, ma soprattutto dalle mode del momento.

Buyer persona template: risorse da utilizzare per la creazione della tua audience

Una volta ricavate tutte le informazioni necessarie potrai costruire il tuo buyer persona template. Puoi utilizzare dei modelli già creati, semi compilati o realizzare tu stesso uno schema base in cui inserire le informazioni di cui hai bisogno. Ci sono numerosi tool, software e piattaforme da poter utilizzare in questa fase.

 


 

Vediamone alcuni:

  • Utilizza il tool di Hubspot, MakeMyPersona, per rappresentare le tue buyer personas a livello visuale. Rispondi alle domande prestabilite e/o ampliale tu stesso per generare un documento PDF completo;
  • Mural, software utilizzato per il visual thinking aziendale, possiede numerosi template da poter utilizzare;
  • Miro, lavagna collaborativa online, viene utilizzata per creare mappe concettuali e schemi. La piattaforma possiede anche dei modelli da poter compilare per realizzare la tua buyer persona;
  • Xtensio è una piattaforma che ti permette di realizzare presentazioni e documenti creativi ed interattivi.

Grazie all’utilizzo di questi strumenti potrai realizzare un modello concreto e confrontarti con il tuo team di lavoro.

Considerazioni finali

Creare la tua buyer persona è fondamentale per indirizzare la tua strategia di marketing verso un target specifico. Avere un focus è essenziale per comprendere non solo a chi ci stiamo indirizzando, ma anche come dovremmo farlo e soprattutto perché.

Definire una buyer persona è indispensabile per comprendere a fondo il buyer’s journey. Come sappiamo, il processo d’acquisto di un soggetto non è affatto lineare, ma va compreso per proporre soluzioni efficaci.

Il processo di segmentazione prende in considerazione non solo aspetti demografici, ma soprattutto aspetti psicologici come le necessità del cliente, le barriere all’acquisto e i criteri decisionali.

Grazie al digitale puoi ricavare numerose informazioni e dati preziosi che ti permetteranno di conoscere il profilo del tuo potenziale cliente. Risorse, tool e piattaforme riusciranno a semplificarti il lavoro.