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InsightAgency

ZMOT: Le sette regole d'oro per catturare il cliente

 

ZMOT? Sì, hai letto bene. ZMOT. Ma tranquillo non una parolacca, neanche in klingon lo è.

Lo ZMOT (Zero Moment of Truth), ovvero il momento zero di verità, è la giusta chiave per ingaggiare il nostro cliente nel processo di acquisto del prodotto.

Oggi il processo decisionale del consumatore è cambiato radicalmente. Quello su cui si deve puntare per essere un buon marketer è il percorso che porta alla decisione di acquisto.

Ecco perché conquistare il cliente nel Momento Zero della Verità (ZMOT) è un requisito necessario per vendere il tuo prodotto con successo.

In questo articolo troverai le 7 regole d’oro che Google ci insegna per conquistare il consumatore!

I Momenti di Verità: cosa sono?

I cosiddetti “Momenti di Verità” sono definiti come le possibilità di interazione tra cliente e prodotto-azienda che portano all’acquisto.

Si parla per la prima volta di Momento di Verità nel 1981 quando l’amministratore delegato di Scandinavian Airlines suggerisce al suo team di customer care di costruire il rapporto con i clienti in base ai loro effettivi bisogni fornendo loro tutte le informazioni richieste.

Nel 2021 ovviamente non esiste più un unico momento di verità, ma l’attenzione che dobbiamo rivolgere a questi punti di contatto rimane altissima.

Il processo di acquisto tradizionale

Il primo modello del processo di acquisto si basa su tre momenti:

  • STIMOLO
  • FMOT- FIRST MOMENT OF TRUTH
  • SMOT- SECONDO MOMENT OF TRUTH

Stimolo

Lo stimolo sostanzialmente si verifica quando il consumatore riceve lo stimolo da una campagna di marketing facendo emergere un bisogno che può essere di tipo informativo emotivo ecc.

FMOT – Scaffale

Il primo momento di verità indica il lasso di tempo compreso dai 3 ai 7 secondi quando il consumatore si trova davanti lo scaffale e prende la decisione d’acquisto.

Il concetto fu introdotto per la prima volta nel 2005 dalla società Procter & Gambel.

Oggi il First Moment of Truth non si basa più solo sull’osservazione dello scaffale ma può verificarsi in altri casi:

  • Un cliente visualizza i prodotti attraverso lo shop on line
  • Un potenziale cliente visita il sito web di un’azienda o i suoi social per la prima volta
  • Un cliente confronta i prezzi del prodotto

È essenzialmente un momento di crisi per il consumatore che, non sapendo scegliere, cercherà aiuto dagli altri utenti della rete.

SMOT – Esperienza

Dopo l’acquisto il consumatore vive il secondo momento di verità che avviene attraverso il consumo del bene.

È il momento dell’esperienza del prodotto, che determinerà se il consumatore è soddisfatto o meno dell’acquisto e se (e come!) vuole condividere la sua esperienza.

Il nuovo processo di acquisto: cosa cambia con lo ZMOT?

Il nuovo processo decisionale di acquisto è articolato nelle seguenti fasi:

  • STIMOLO 
  • ZMOT 
  • FMOT 
  • SMOT

In sostanza si aggiunge il momento zero di verità.

ZMOT- Zero Moment of Truth : definiamolo

ZMOT, come abbiamo detto, è l’acronimo di Zero Moment Of Truth termine usato per la prima volta da Google nel 2011.

Ti consiglio di guardare il video qui sotto:

 


 

Lo Zero Moment of  Truth è il momento in cui il consumatore successivamente allo stimolo accede ad Internet per cercare informazioni e pareri sul prodotto che gli interessa.

In questo momento il cliente costruisce le sue convinzioni ed opinioni riguardo ad un prodotto e inizia il processo d’acquisto.

Per assicurarsi la vittoria nello Zero Moment Of Truth è fondamentale assicurare una buona user experience al cliente.

Dove nasce il Momento Zero di Verità?

Lo zmot lo incontriamo ON LINE. Solitamente ha inizio con la ricerca su un motore (Google ecc) o attraverso i social media.

Il consumatore si interessa a tutte le interazioni che gli altri utenti hanno fatto riguardo al prodotto di interesse ( blog, recensioni commenti, condivisioni, like , stelline ecc).

Quando nasce il Momento Zero di Verità?

Lo ZMOT è sempre presente nel processo di acquisto.

Oggi giorno siamo costantemente collegati e il processo di informazione che il consumatore vive avviene costantemente in tempo reale. 

Stiamo addirittura assistendo ad una sovrapposizione dei vari momenti della verità: nella stessa manciata di minuti un consumatore che si trova in un negozio, quindi ‘fisicamente’ proiettato nel primo momento della verità, può comunque passare per il momento Zero grazie alla consultazione del web tramite il suo smartphone.

I Momenti Della Verità si stanno quindi incontrando.

Come nasce lo ZMOT?

Lo ZMOT è un processo di tipo relazionale ed emozionale, è molto di più che un confronto fra informazioni. I consumatori sono attenti a capire come il prodotto possa migliorare le proprie vite una volta acquistato e consumato.

Per questo motivo nello ZMOT la conversazione non è mai unidirezionale ma si trovano a concorrere sullo stesso piano amici estranei siti ed esperti.

Le 7 Regole D’Oro di Google per conquistare il consumatore durante lo ZMOT

A questo punto, è fondamentale per un marketer monitorare il momento zero della verità. Osservando i comportamenti dei consumatori online per fornire loro contenuti interessanti, pianificare una strategia mirata, attrarre i potenziali clienti: è la sfida dell’Inbound Marketing.

Di seguito le 7 regole d’oro stilate da GOOGLE per conquistare il consumatore durante lo ZMOT:

  • Scegli una persona dedicata allo studio dello ZMOT: incarica una persona della tua azienda di occuparsi della fase zero del processo di vendita.
  • Scopri i tuoi momenti zero: studia come i consumatori cercano il tuo prodotto, il loro vero interesse e come parlano di te. Quando inizi a digitare il nome di un tuo prodotto nei motori di ricerca, cosa ti suggerisce l’auto-completamento? Il tuo sito web o i tuoi annunci compaiono nelle prime tre posizioni della SERP per queste ricerche? La tua azienda compare nelle recensioni e nei i commenti dei siti dedicati alle realtà del tuo settore?
  • Rispondi alle domande che i potenziali clienti ti pongono, fornisci informazioni esaustive.
  • Rendi on line friendly lo ZMOT: proponi il contenuto giusto al momento giusto, nel posto giusto.
  • Sii veloce nell’analisi dei dati.
  • Usa i video: ricordati che un’immagine vale più di mille parole.
  • Non aver paura dei commenti negativi, agisci. Un commento negativo può dare autenticità, e aiutare a migliorare l’esperienza del nostro cliente. Se provochi un’emozione nei consumatori, succederà sicuramente qualcosa: non trattarli come meri indicatori da manipolare.

Il tempismo Ã¨ tutto. È importante che la tua azienda sia rapida a fornire le giuste risposte a chi è in cerca di informazioni. Diversamente, il rischio di essere superati dai propri concorrenti e perdere potenziali clienti Ã¨ veramente concreto, oggi più che mai.

L’idea base è semplice: devi esserci al momento giusto. Ma sarà facile da applicare?

 

InsightAgency

Cos'è il link building e come si fa per la SEO off-page.

 


La link building rappresenta il cuore della SEO off-page, l’attività di ottimizzazione per i motori di ricerca che punta a ottenere collegamenti ipertestuali da siti web con dominio differente dal tuo. Questo è utile per migliorare il ranking del sito.

Facciamo link building perché ci permette di posizionare un sito web. Lo puoi fare scrivendo articoli interessanti, lavorando sul content marketing e puntando sul rapporto tra digital PR e SEO. Come guadagnare link senza nofollow? È così difficile ottenere delle menzioni? Ecco la guida della Insight Agency alla link building SEO.

Cos’è la link building, una definizione

La link building è un insieme di tecniche, guidate da una strategia, per ottenere link in ingresso. Ovvero backlink. L’obiettivo è quello di aumentare il posizionamento nella serp dei motori di ricerca. Tutto questo è alla base della SEO off-page.

Costruire una rete di collegamenti ipertestuali è importante. Il motivo è semplice: i link in ingresso (inbound) sono un segnale utile per influenzare la visibilità su Google. Rappresentano un fattore di posizionamento SEO molto importante.

Avere una buona strategia di link building Ã¨ importante soprattutto per i progetti in contesti molto competitivi. Ma deve essere accompagnata da una buona attività di content marketing e SEO on-page con keyword research e gestione della struttura.

Perché è importante fare link building?

I link per Google sono un segnale di qualità. Se un sito web riceve tanti link da parte di portali attinenti, a tema e di qualità vuol dire che le pagine che hanno ricevuto queste menzioni – e quindi il dominio che le ospita – sono utili per l’utente.

La link building è importante perché i collegamenti in ingresso consentono di posizionare meglio il tuo sito web. I link sono un fattore di ranking, ma non basta ottenere menzioni di qualche tipo per avere un buon risultato. Devi valutare con grande attenzione la qualità delle menzioni se vuoi realmente fare la differenza.

Relazione tra link building e Pagerank

La link building influenza un elemento che porta il nome di Pagerank (dal fondatore di Google, Larry Page) che è, in sintesi, il valore numerico da 0 a 10 che indica il valore di una pagina in base alla qualità e alla quantità dei link che riceve.

 


Il calcolo del PageRank non è un mistero, c’è una formula che consente di avere il valore di ogni sito web e pagina. C’è da dire, però, che non è così agevole.

Soprattutto per chi ne sa poco di matematica. Un tempo il PageRank veniva misurato dalla linea verde del browser, poi questo sistema è stato abolito ma non il valore in sé che può essere recuperato da uno dei tanti PageRank checker online.

Differenze tra earning e building

Uno dei punti essenziali da chiarire: c’è una distanza fondamentale tra link building ed earning. Spesso questi passaggi vengono trattati come sinonimi, in realtà c’è una differenza soprattutto ideologica. La link earning lavora soprattutto sul contenuto.

 


 

Quindi permette di ottenere link grazie alla pubblicazione di elementi utili a chi inserisce il collegamento. Il concetto di building, invece, si lega inesorabilmente a qualcosa di meccanico e automatizzato. Che non riguarda le pubblicazioni.

Ad esempio nelle strategie di link building trovi il lavoro di PBN (private blog network) e di acquisto domini scaduti per creare siti che linkeranno al tuo. La mia idea personale? Stai camminando su un campo minato che devi saper gestire.

Questo a causa delle possibili azioni penalizzanti da parte di Google. Oggi, parere personale, lavorando sulla sintesi tra strategie di content marketing e digital PR puoi fare un buon lavoro di link building. Ma bisogna fare attenzione agli effetti.

Link building SEO secondo Google

Un argomento importante per chi inizia a lavorare in questo settore: come fare link building secondo Mountain View? Molto semplice: non la puoi fare.

O meglio, secondo Google devi guadagnarti i link in modo naturale. In più riprese e su guide differenti il motore di ricerca sottolinea due punti: i link sono importanti per il posizionamento ma non è una buona idea. Ecco cosa dice nella pagina dedicata:

Tutti i link creati per manipolare il PageRank o il ranking di un sito nei risultati di ricerca di Google potrebbero essere considerati parte di uno schema di link e quindi una violazione delle Istruzioni per i webmaster di Google.

Ciò che fa veramente la differenza è l’acquisto di link: chi paga per ricevere menzioni rischia grosso. Ma non solo, chiunque manipoli i collegamenti in ingresso per un lavoro artificiale di SEO off-page punta verso la punizione di Big G.

Penalizzazione manuale del sito

Nel momento in cui viene individuato un pattern di irregolarità puoi ricevere un’email nella Search Console nella quale ti avvisano di aver rilevato un’irregolarità.

A quel punto hai la possibilità di far rientrare il problema eliminando i link incriminati e segnalando il lavoro svolto. Che deve essere accettato, altrimenti la segnalazione viene rimandata al mittente. Questo avviene se compri o vendi link.

Penalizzazione algoritmica (Google Penguin)

Google può tagliare le gambe al tuo sito anche in modo diverso, ad esempio con l’applicazione delle regole a livello di algoritmo. Che sono molto più restrittive dopo l’applicazione di Google Penguin, aggiornamento che ha imposto ai SEO di lavorare sui link di qualità. Evitando sovraottimizzazioni soprattutto lato anchor text.

Come funziona il tool di Google per disconoscere i link.

Uscire da una penalizzazione Google Penguin non è facile, hai bisogno del contributo di un esperto SEO per analizzare il profilo link, individuare quelli malevoli e procedere con un’eliminazione forzata. Anche con l’aiuto del Disavow Tool di Google.

Vale a dire uno strumento nella search console per rinnegare i link legati ad azioni di negative SEO o di siti web con webmaster che non rispondono alle tue esigenze.

Pianificare la link building per la SEO

Uno degli errori: iniziare a fare link building senza avere una buona base di partenza. In primo luogo hai bisogno di un sito web strutturato in modo da far scorrere il link juice, il risultato del lavoro ottenuto grazie ai backlink, in tutto il sito web. 


 

Quindi devi creare una struttura piramidale in modo da poter fare in modo che i risultati siano ben distribuiti. Al tempo stesso questo lavoro sulla struttura del portale ti consente di individuare delle pagine obiettivo – quelle che monetizzano, di solito – che dovrebbero giovare del lavoro impostato dalla link building.

Tutto questo va di pari passo con la definizione di un buon profilo link: quando organizzo le tecniche da mettere in gioco nella campagna di link building devo valutare dove far atterrare i link e che tipo di collegamento ottenere.

Ottenere link va bene, ma non devono essere tutti dofollow. Servono anche link nofollow di qualità e che portano traffico. Magari alcuni con attributo UGC (user generated content). In buona sintesi bisogna organizzare:

  • Pagine di atterraggio (home, articoli, categorie, landing).
  • Attributo (con o senza nofollow, UGC, sponsored).
  • Anchor text (brandizzato, assoluto, chiave specifica, chiave generica).
  • Fonte del link (testuale, immagine, bottone).
  • Tempi di crescita della link building.
  • Fonte di riferimento e pagine dalla quale si linka.

Google riconosce dei pattern, scenari simili nel corso del tempo. E tende a penalizzare chi fa una link building artificiale, schematica, con tempi rapidi e da siti web non a tema. Magari sempre senza nofollow e basata su anchor text commerciali. Quindi su exact match query, chiavi di ricerca che coincidono con il testo di ancoraggio del link.

Google non ama ciò che si presenta in modo innaturale, non vuole che usi siti per comprare link e tende a penalizzare chi lavora con una link building fai da te troppo aggressiva.

I link nofollow sono utili alla link building?

Di base no, l’attributo nofollow non fa passare segnali utili alla SEO. Questa è la regola base ma una buona strategia di link building non disdegna l’acquisizione di backlink di qualità con questa caratteristica. In parte perché un profilo link naturale è caratterizzato da diversi link nofollow. Ma poi un collegamento ipertestuale di qualità, con menzione brand e alto volume di traffico referral è sempre utile.

In quanto tempo devo acquisire link?

Il processo di acquisizione dei backlink deve essere spalmato nel tempo in modo da sembrare naturale. C’è da dire però che Google riconosce il fatto che determinati business, tipo le aziende che organizzano eventi, possono avere delle condizioni in cui si ritrovano ad avere tanti link in momenti rapidi.

Chi deve fare la link building?

Di solito deve occuparsi di quest’attività una figura specializzata o meglio ancora una link building agency. Vale a dire un team di persone in grado di analizzare il profilo link già ottenuto, pulire da eventuali link spam e impostare una strategia per ottenere menzioni, citazioni e collegamenti ipertestuali di qualità.

Esiste anche una link building interna

Sì, i SEO expert fanno un buon lavoro di costruzione della struttura link interna. In questo modo è possibile dare dei segnali importanti a Google per far capire quali sono le pagine più importanti per il proprio progetto editoriale. In questo caso però mancano una serie di errori della link building come quelli legati all’anchor text.

Quanto costa la link building?

Una buona campagna di link building può costare anche 1.000 euro al mese, molto dipende dal settore e dalla competitività. L’importante è non puntare al risparmio: una link building di scarsa qualità può portare a pesanti penalizzazioni.

Come fare link building: le tecniche

Con collegamenti editoriali, menzioni spontanee, all’interno delle pagine e non nelle aree come footer e sidebar. O nelle pagine partner. Ma non bisogna improvvisare: l’errore più grande è quello di lavorare solo nella direzione della quantità.

 


Come puoi vedere nell’immagine in alto c’è una grande relazione tra autorevolezza del dominio di chi ti linka e posizione su Google. La serp è di chi riesce a fare link building SEO di qualità. Ma è anche vero che il numero di referral è importante.

Nel senso, se ti linka 1.000 volte lo stesso dominio è irrilevante: devi avere link da siti differenti. E di qualità. Ma soprattutto contestualizzati, legati al tuo mondo. 

 


Non basta ottenere tanti link per avere dei risultati. Ecco alcune tecniche che puoi sfruttare per attivare la tua campagna di link building in chiave SEO.

Pubblica notizie

Un buon modo per ottenere link in ingresso senza pagare, quindi rispettando il concetto espresso da Google rispetto alla naturalità dei collegamenti, riguarda la capacità di essere fonte della notizia. E informare il tuo pubblico di riferimento.

Quindi devi essere una fonte. Per farlo è necessario riportare qualcosa di nuovo, utile e interessante. Una delle tecniche più efficaci: la campagna di digital PR per pubblicizzare un evento. Puoi organizzare anche un’attività local, sul territorio.

Tipo un ciclo di seminari in un coworking o un workshop gratuito. Poi scrivi un comunicato stampa e lo mandi a giornalisti, blogger ed esperti del settore. Lo pubblicheranno tutti? No, però devi curare i rapporti: i link in questo modo arrivano.

Regala qualcosa

Non esiste un regalo gratuito, tutto contempla una contropartita e un sentirsi in obbligo. Questa è la teoria del dono di Marcel Mauss, etnografo francese. E ti assicuro che vale anche per fare link building gratis. Questa è la procedura da seguire:

  • Studia le esigenze del pubblico.
  • Studia una landing page.
  • Crea qualcosa di speciale tipo:
    • Ebook.
    • Tool.
    • Documenti.
    • Ricerche.
    • Dati.

La pagina di atterraggio è importante perché servirà a ottenere i collegamenti. Ma la strategia di link building non è tutto: con la landing page puoi organizzare anche advertising su Facebook e altre attività gestite dal social media manager.

Pubblica infografiche

Scrivere una buona headline Ã¨ importante per il tuo articolo ma non sufficiente: per creare un post di qualità hai bisogno, spesso e volentieri, di infografiche.

Che sono anche un’ottima fonte per fare link building gratis. Perché c’è chi mette i collegamenti in modo spontaneo e altri che hanno bisogno di un aiutino. Magari hanno usato il lavoro e non hanno linkato: come scovare queste persone?

Basta fare un lavoro di reverse search con Google Immagini. Una volta inserita l’infografica sul motore di ricerca trovi le persone che hanno usato il tuo lavoro senza permesso: ora devi scrivere l’email e ricevere backlink gratis in quantità.

Crea discussione

Per ottenere un post di successo e fare link earning devi invogliare le persone a continuare il discorso. Per esempio puoi chiudere l’articolo con una call to action che inviti le persone a implementare i contenuti attraverso i commenti.

Non è sufficiente. Il vero lavoro di link building si manifesta quando crei un articolo che divide il pubblico con posizioni forti. Il post democristiano, quello che dà ragione a tutti e a nessuno, non fa rumore. Se cerchi backlink devi fare rumore.

Ciò significa prendere posizioni scomode, ma significative. Forti. Il rischio è quello di essere criticato da chi non la pensa come te. Ma puoi anche guadagnare il rispetto e l’ammirazione di una parte di pubblico. Che parlerà di te, citerà il tuo lavoro.

Guest blogging

Uno dei modi più semplici per ottenere link in ingresso senza aspettare che arrivi dal cielo: pubblica un guest post su un sito del tuo settore. Per farlo basta fare una ricerca su Google e individuare blog che affrontano il tuo argomento base.

Li contatti e chiedi se è possibile lavorare in questa direzione. In realtà dietro ci sarebbe una strategia da affrontare: devi capire come scegliere il blog che pubblicherà il contenuto e in che modo scrivere un guest post di qualità..

Ma, soprattutto, ricorda che guest blogging rientra tra le possibili tecniche penalizzanti secondo Matt Cutts: non vuol dire nascondere l’acquisto di link.

Google è molto attento a questo punto e tende a penalizzare i siti che fanno grandi campagne di guest blogging con testi di scarsa qualità e anchor text commerciali. Insomma, si può fare ma con moderazione e attenzione alla qualità.

Crea un blog

Ci sono mille modi per fare link building SEO ma il più efficace se si tratta di contenuti riguarda la capacità di scrivere articoli capaci di dare definizioni base.

Questo vuol dire capire come le persone usano le keyword per cui volete essere trovati. Scardina gli archivi dei vari SEO tool, come il sempre utile Answer The Public, per farti un’idea e per ottimizzare il tuo articolo in chiave SEO copywriting. E magari variare nelle pubblicazioni del blog.

Se vuoi ottenere buoni link in ingresso pubblica articoli capaci di farsi trovare, rispondere alle domande degli utenti e risolvere problemi comuni. Insomma, devi lavorare sui contenuti di qualità.

Avere un ritmo di pubblicazione alto non vuol dire avere successo su questo punto di vista. Come puoi vedere da questa grafica di Backlinko, non sono i post casuali a prendere grandi quantità di link ma soluzioni come le liste puntate e i tutorial.

 


Quanti articoli pubblicare a settimana? Dipende, se vuoi fare un lavoro di link earning (guadagnare collegamenti grazie alla qualità dei contenuti) io direi di abbassare il ritmo e puntare sulla qualità di ciò che scrivi. Per poi fare altri lavori.

Blogger outreach e digital PR

Questo è il miglior incontro tra content marketing e link building. I puristi diranno che questa non è un’attività di costruzione della rete di collegamenti, ma io credo che si debba pur lavorare in modo da evitare le penalizzazioni e i controlli di Google.

Quindi, come procedere? Ovviamente dalla creazione di un contenuto esclusivo. Qualcosa che valga la pena linkare, come una guida molto approfondita o una ricerca con dati proprietari. O magari un ebook o un tool gratuito. Poi bisogna:

  • Individuare i siti e i blog che potrebbero far comodo al tuo progetto.
  • Contattarli con un’email per suggerire il possibile contenuto da linkare.
  • Sviluppare relazione con il blogger per capire come ottenere i vantaggi.
  • Monitorare i risultati e registrare i link in entrata.

Un’alternativa può essere quella di suggerire di linkare la tua risorsa in una pagina precisa. Ad esempio, puoi individuare i link rotti con Screaming Frog e suggerire di aggiustarli con qualcosa che ti appartiene. Oppure puoi seguire il mio esempio.

Link rotti

Una delle migliori strategie per fare link building in SEO: fare un’analisi dei link rotti nei portali che ti interessano per ottenere informazioni sui collegamenti ipertestuali che puoi suggerire per eventuale sostituzione.

Programmi come Broken Link Sleut consentono di analizzare i siti web che ti interessano e individuare le pagine con link rotti. Fai un’analisi di eventuali risorse che hai a disposizione e che puoi usare per sostituire, poi contatta il proprietario con un’email

Ciao, ho visto che in questa pagina [link] c’è un collegamento rotto [qui metti il link non funzionante]. Se vuoi, puoi sostituirlo con questa risorsa che ho preparato un po’ di tempo fa [link al tuo articolo]. Se non lo ritieni opportuno nessun problema, fammi sapere in ogni caso. A presto.

Si tratta di un’email semplice e amichevole, senza forzature. Puoi usare questa tecnica di link building in qualsiasi momento, non è molto veloce nella sua attuazione ma può dare buoni risultati se valuti con attenzione le pagine web.

Migliori software per trovare link

Chiaro, tutto questo non si può fare a mani nude. C’è bisogno dell’aiuto di uno o più SEO tool Google per scoprire quali sono i siti da intercettare e contattare per una buona attività di link building. Vale la pena ricevere un collegamento da quel sito?

Può darti dei vantaggi? Ha dei buoni segnali lato SEO? Lo puoi scoprire grazie all’aiuto di alcuni strumenti pensati proprio per la tua strategia di link building.

Open Site Explorer

Il primo nome che ti suggerisco: Moz, uno dei migliori SEO tool per individuare i link che ti hanno menzionato, comprendendo anche Page e Domain Authority.

Vale a dire una scala da 1 a 100 sviluppata per valutare la possibilità di posizionamento contemplando una serie di fattori. Come i link in ingresso.

Majestic e Ahrefs

Due tool che hanno fatto la storia nel settore link building, per quanto riguarda la possibilità di trovare siti utili al tuo universo e per valutare la tua SEO off-page.

Tra gli strumenti di Ahrefs, oltre a quelli di keyword research, trovi quelli di site explorer e SEO audit con analisi del backlink profile così scopri quali siti web hanno inserito collegamenti al tuo progetto e a quello dei competitor su internet.

 


Questo per valutare la qualità del profilo link. Una soluzione simile si presenta con Majestic che può contare su strumenti altrettanto avanzati come Site Explorer, verifica IP di provenienza dei link, Trust Flow, Historic Index e report personalizzati.

Tool gratis: Uberdsuggest

Questo tool ben noto a chi fa SEO copywriting consente anche di analizzare il profilo link dei siti analizzati. Con Ubersuggest puoi avere informazioni importanti sulla pertinenza e la validità di un eventuali portale dal quale ricevere un collegamento.

Semrush e SEOzoom

Semrush, uno strumento a pagamento che consente di avere informazioni avanzate soprattutto rispetto ai competitor e ai blog che si posizionano meglio rispetto alle parole chiave che ti interessano. Grazie a questo tool puoi valutare parametri importanti:

  • Zoom Authority.
  • Tust del dominio.
  • Numero di link.
  • Autorevolezza dei link.
  • Link tossici

In questo modo è facile organizzare il lavoro di Digital PR/SEO per individuare, scoprire e contattare eventuali siti per la tua strategia di link building.


 In questo settore suggerisco anche Seozoom, soluzione alternativa a Semrush e utile se lavori soprattutto nel settore italiano. Gli strumenti a disposizione sono simili.

Tecniche di link building fai da te dannose

Oggi, lavorare sulla costruzione di un profilo di collegamenti adeguati è importante. I link di qualità funzionano. Ma ci sono ancora idee errate su questo lavoro. Quali sono le tecniche di link building da evitare e, potenzialmente, dannose?

  • Usare commenti per inserire link con anchor text commerciale.
  • Scambio di link massimo: io linko te e tu linki me, meglio di no.
  • Evita e rinnega qualsiasi link da siti spam e con contenuti borderline.
  • Acquisire link velocemente e con lo stesso anchor text commerciale.
  • Ignorare l’importanza dei link nofollow nel profilo dei collegamenti.
  • Ottenere link da sidebar e footer (side-wide).
  • Non sovra-ottimizzare gli anchor text dei link che inserisci.
  • Non fare guest blogging di massa su siti off-topic e con contenuti scarsi.
  • Pubblica comunicati stampa e contenuti riciclati su altri siti.
  • Fare link building da directory e article marketing di bassa qualità.
  • Pensare di poter creare un Blog Private Network (PBN) (in realtà è molto difficile).
  • Comprare link: questo è l’errore base da evitare.

Ovviamente quest’ultimo punto verrà sempre contestato e rivalutato. Si può acquisire un link, nel 2021 in Italia, senza comprarlo? Posso rinunciare ai siti di link building?

Esempio di link building concreta

Ho un ebook gratis e delle immagini free da distribuire, e con una buona ricerca online scopro che ci sono tante persone che pubblicano liste dedicate a questi elementi: 10 ebook gratuiti che devi leggere, 20 siti per scaricare immagini gratis.

Crea un Google Alert dedicato a una determinata chiave. Una query specifica che deve essere cercata e utilizzata dalle persone per creare nuovi articoli.

Hai un ebook gratis? Segna questa keyword e resta in ascolto. Un’email ti avviserà quando verrà pubblicato un articolo con queste parole. Manda un’email a chi ha scritto il contenuto per avvisare: c’è una risorsa che può essere aggiunta alla lista.

Non sempre questo metodo funziona, ovviamente devi creare un’email personalizzata e ben strutturata per evitare che venga cestinata immediatamente. Soprattutto, non devi aspettarti niente. E non devi pretendere.

La tua campagna di link building

Hai ancora dubbi sulla tua attività per ottenere menzioni e collegamenti ipertestuali in ingresso? Come deve essere un link per darti vantaggi concreti? Hai già avuto riscontri dalla tua strategia SEO off-page? Lascia la tua opinione nei commenti.

 

InsightAgency

Le basi del tuo personal branding: punti di forza e debolezza

 

Non è la prima volta che su queste pagine parliamo di personal branding, oggi vogliamo sottolineare quanto è importante, prima ancora di mettersi al lavoro sul proprio sito web, sui propri social, sul proprio abbigliamento e via dicendo, concentrarsi innanzitutto sul proprio focus (ne parleremo nei prossimi giorni) e subito dopo sui propri punti di forza. E va da sé, anche sulle proprie debolezze.

Sembra facile, ma non lo è per niente. Perché investiamo un sacco di tempo nel pensare a cosa mangiare stasera, a cosa avremmo potuto rispondere a questo o quel quel cliente saccente, al perché ordiniamo una determinata pizza invece che un'altra... Nonostante tutto questo tempo sprecato in pensieri leggeri se non del tutto superflui, non perdiamo nemmeno un minuto a pensare seriamente ai nostri punti di forza, quelli veri ed effettivamente spendibili.

È una cosa generalizzata: non è un caso se i recruiter, durante i colloqui di lavoro, si trovano sempre nella situazione paradossale di mettere in imbarazzo i candidati con le domande – di per sé – più semplici del mondo, ovvero – per l’appunto – «quali sono i tuoi punti di forza?» e «quali sono le tue debolezze?».

Insomma, i recruiter non stanno spiazzando il candidato con una domanda assurda sull’idrografia del Myanmar o sulla vecchia teoria dei quanti. Sono al contrario dei quesiti facilissimi, che si concentrano sulla persona che il candidato dovrebbe conoscere di più al mondo: sé stesso. Un alieno non riuscirebbe in alcun modo a comprendere la difficoltà del candidato, i secondi di silenzio, lo spasmodico giocherellare con i polsini della camicia nel trovare una risposta idonea. Eppure è proprio così: queste domande, nella maggior parte dei casi, aprono una mezza crisi durante il colloquio di lavoro. O non si sa rispondere, o si risponde sempre con le solite frasi fatte, che i recruiter ascoltano uguali di giorno in giorno.

Conoscere i propri punti forti e i propri punti deboli, come anticipato, non è però importante solamente per chi è alla ricerca di un nuovo lavoro, ma anche per chi si appresta a costruire il proprio personal branding in modo efficace. Il perché è subito spiegato: sviluppare un brand personale significa individuare le proprie unicità e comunicarle agli altri in modo coerente, così da convincere il proprio pubblico delle proprie capacità, svettando sopra ai propri concorrenti. E, ovviamente, i propri punti di forza sono i principali aspetti su cui fare leva.

Individua i tuoi punti di forza.

Ma cosa sono i punti di forza? Ebbene, si può affermare che questi sono un mix di abilità, di talento e di conoscenza, sono delle doti che ci permettono di svolgere al meglio determinate attività e di affrontare efficacemente specifiche sfide, in modo da poter raggiungere i nostri obiettivi professionali e personali. Essere in grado di individuare in cosa si eccelle, quali sono le attività in cui riusciamo a fare meglio degli altri senza particolari sforzi, ci può aiutare a capire su cosa puntare nella nostra professione: lo studente che per anni, durante le scuole superiori, ha preso ottimi voti in matematica e valutazioni mediocri in lettere, non dovrebbe pensarci due volte a optare per un corso di laurea in ingegneria o in statistica piuttosto che per un corso in filologia romanza o in letterature comparate. Fin qui non ci sono dubbi, no?

Così dovrebbe funzionare anche nella vita reale. Il problema è che, nella nostra normale vita personale e professionale, non abbiamo un board di professori intenti a valutare le nostre diverse capacità e i risultati raggiunti. No: non c’è nessuno pronto a individuare in modo preciso i nostri punti di forza, dobbiamo farlo noi, attraverso quello che potremmo definire come un breve percorso di consapevolezza. Al termine di questo percorso – che non prevede meditazioni, incensi o sedute di yoga, sia chiaro – avrai ben chiari quali sono gli strumenti principali nella tua borsa degli attrezzi. E sì, potresti guadagnare – laddove mancanti – un pò di punticini per quanto riguarda l’autostima.

Ecco quindi che, per trovare i tuoi punti di forza, dovresti fare un po’ come quel team di marketing che si mette seduto a un tavolo, intorno all’oggetto da promuovere, in cerca dei suoi aspetti migliori, da stampare in bella vista sul packaging e negli spot televisivi. Devi cercare, insomma, di guardarti dall’esterno, partendo magari dal tuo passato, professionale e accademico. Qual è stato il tuo maggior successo? In quali situazioni ti sei distinto tra tutti, portando a casa un risultato superiore a quello degli altri? Ecco, concentrati su questi momenti, e cerca di capire cosa ti ha spinto, in quelle occasioni, verso il successo. E prendi nota!

Ora pensa a come ti vedono le altre persone con cui lavori o hai lavorato. Pensa quando e perché queste persone si affidano a te, e pensa in particolare a quale ruolo hai o hai avuto all’interno dei vari team di lavoro. Perché sei stato scelto proprio tu per assolvere a quei compiti? E ci sei riuscito? Di nuovo, prendi nota.

Pensa adesso alle avversità. E qui intendo a qualsiasi avversità, a tutti gli ostacoli che ti si sono messi di fronte negli ultimi anni, nella vita personale come in quella professionale, per arrivare fino al sentiero interrotto da una frana durante quella gita in montagna con gli amici, o magari a quella volta in cui, entrando nell’azienda del nuovo cliente per un meeting, ti sei accorto di aver lasciato le chiavetta usb con le slide in ufficio. Ecco, pensaci un po’: come hai reagito di fronte a queste situazioni? Quali abilità hai messo in campo per provare a superare quegli ostacoli? Ci sei riuscito? Ci sei andato minimamente vicino? A questo punto, bada bene, conta sì il fatto che tu sia stato o meno in grado di avere la meglio su un problema, ma contano soprattutto le scelte che hai fatto, a prescindere dal successo o dal fallimento.

Ora dovresti avere già qualche idea sui tuoi principali punti di forza. Ma puoi fare di più, per selezionare i tuoi punti di forza principali. Pensa per esempio a quali sono le capacità sulle quali tendi a fare affidamento in modo frequente durante le tue attività quotidiane. Non darti limiti. Quando lavi i piatti sei veloce o lento (e preciso)? Quando guidi in mezzo al traffico, tendi a perdere le staffe a ogni incrocio, o sfrutti la situazione per ascoltare un podcast? Quando arriva il tuo turno al gate all’aeroporto, ti fai trovare con biglietto stampato, passaporto aperto e valigia perfetta, oppure blocchi la fila perché non trovi il documento di identità, perché il biglietto è spiegazzato e perché la tua valigia è troppo grande? Insomma, pensa alla tua vita normale, ai fatti di ogni giorno, ed elenca tutti i punti di forza che vengono alla luce più di frequente.

Per tutto il resto… beh, quelli potrebbero essere proprio i tuoi principali punti deboli. Ma a questi ci arriviamo tra poco: per ora prendi un foglio, e scrivi nero su bianco quelli che sono i tuoi principali punti di forza. Scrivine 5, né troppi, né pochi, e nei prossimi giorni sforzati per capire se sono davvero quelli i tuoi punti forti, interrogando eventualmente a riguardo partner, amici, parenti e colleghi.

Individua le tue debolezze

Ora che abbiamo visto come individuare i nostri punti di forza, vediamo come scoprire quali sono le nostre debolezze. Perché mai dovresti perdere tempo a individuare i tuoi punti deboli? Perché, diciamolo, è senz’altro bello pensare alle cose che ci vengono bene, e che anzi, sappiamo fare meglio degli altri. Non è altrettanto piacevole, invece, pensare alle cose che non sappiamo fare, alle situazioni che non sappiamo gestire, ai piccoli e grandi fallimenti che abbiamo conosciuto in passato.

Eppure nella nostra vita quotidiana, di tanto in tanto, richiamiamo alla mente quelli che sono i nostri limiti. Ma non lo facciamo certo con un fine costruttivo, anzi: quando citiamo le nostre carenze lo facciamo tendenzialmente per criticare il nostro operato, o ancora, e soprattutto, per rimuginare su errori passati, per qualcosa che può sembrare puro autolesionismo.

Io ti propongo invece di pensare ai tuoi punti deboli in modo costruttivo, per capire qual è il tuo focus e quindi per costruire in modo davvero efficace e coerente il tuo personal branding.

Prima di iniziare a capire come individuare le tue carenze, va sottolineato che ci possono essere tantissimi punti deboli di cui non ci deve interessare più di tanto. Pensa per esempio a una persona che non ha un minimo orecchio per la musica, ed è intonata quanto una padella che cade per le scale. Quella debolezza potrebbe certamente essere un limite se quella persona volesse intraprendere una carriera nella musica, se volesse entrare in un gruppo rock o se frequentasse delle persone che, come interesse principale, hanno proprio la musica. Ma se quella persona non fosse affatto interessata alla musica, se svolgesse un lavoro che nulla ha a che fare con il mondo delle note, e se nel suo gruppo di conoscenze si pensasse a tutt’altro (allo sport, alla cucina, ai viaggi) beh, quel difetto non avrebbe alcuna rilevanza concreta. 

Insomma, ci sono punti deboli importanti e punti deboli meno importanti, anche a prescindere da quella che è la specifica carenza. Su alcuni è necessario lavorare. Altri, invece, possono essere lasciati così come sono: l’importante è sapere che esistono, per non incasinarsi da soli. Meglio sapere, insomma, di soffrire di vertigini prima di affrontare la scalata di una parete rocciosa strapiombante. Si può sempre migliorare, certo, ma non è nemmeno male conoscere le proprie attitudini per intraprendere prioritariamente le strade che ci possono portare risultati positivi. Come dicono gli specialisti della selezione del personale, infatti, “i tacchini possono imparare ad arrampicarsi sugli alberi, ma se si prende uno scoiattolo avrà sicuramente molto più successo”.

Detto questo, cerchiamo di capire quali sono le tue debolezze. Il primo passo è piuttosto scontato: dovresti semplicemente pensare a quelle che sono le tue debolezze ‘note’. Sicuramente ne hai una bella manciata, senza scervellarti troppo: questo perché di fatto tendiamo a essere più consapevoli rispetto alle nostre carenze rispetto a quando lo siamo in merito ai nostri punti di forza. I nostri limiti, da un certo punto di vista, si delineano in modo più netto rispetto ai nostri punti di forza. Hai pensato a quali sono le tue debolezze più esplicite, quelle di cui sei già assolutamente consapevole? Bene, prendi nota: il nostro obiettivo, da qui in poi, sarà quello di ingrossare un po’ le fila di quel gruppetto più o meno sparuto.

Pensa ora alle occasioni in cui ti è capitato di lavorare in squadra. Non limitarti alle sole ultime occasioni: pensa a tutte le volte in cui ti sei ritrovato in un team, cercando di raggiungere un obiettivo condiviso. Che ruolo ti sei ritagliato in quelle squadre? E quale tipo di ruolo hai invece sempre evitato in questi casi?

Andiamo avanti, e andiamo un po’ più in profondità. Pensa a un ostacolo, a un qualcosa che si pone tra te e il tuo obiettivo personale o professionale. Quale fattore potrebbe portarti a una probabile resa? Cosa, insomma, ti convincerebbe a mollare le armi e a ritirarti, uscendone sconfitto? Un carico troppo pesante di lavoro? L’ipotesi di dover parlare in pubblico? La possibilità di dover fare un investimento economico senza la certezza di un ritorno?

Ecco, ora torniamo alla realtà. Non immaginare un ostacolo astratto: pensa invece a qualcosa che ti ha già ostacolato in passato. Meglio ancora: pensa a quello che è stato il tuo più grande fallimento, e pensa a quale è stato il fattore che ti ha portato alla sconfitta. Quella determinata cosa potrebbe portarti nuovamente, anche oggi, al medesimo nefasto risultato?

Infine, dovresti chiedere ad altre persone quali sono, a loro avviso, i tuoi punti deboli. Non è sempre facilissimo trovare un buon numero di persone che potranno aiutarti in questo senso: hai bisogno di persone che ti conoscano bene, che siano assolutamente sincere – senza temere di ferirti – ma non eccessivamente brutali. Insomma, non chiederlo al collega di lavoro con cui non sei mai stato in sintonia e con cui hai avuto spesso da ridire: spinto da una certa acrimonia nei tuoi confronti potrebbe calcare troppo la mano, individuando dei punti deboli che in realtà non hai affatto. Ma non chiederlo nemmeno alla tua nonnina, che molto probabilmente sarà convinta di avere un nipote perfetto, pronto per essere eletto Presidente della Repubblica.

Dopo che avrai ‘intervistato’ i tuoi conoscenti – amici, colleghi, parenti – potrai aggiungere anche i punti deboli da loro proposti. Molto probabilmente ripeteranno alcune delle debolezze che hai già individuato, ma quasi sicuramente ti diranno anche qualcosa di nuovo.

Bene: ora hai due liste, una dei tuoi punti di forza e un’altra dei tuoi punti deboli. Questa è la base di partenza per individuare il tuo focus, e quindi per costruire il tuo personal branding: non ti resta che pensare alle tue passioni e, ovviamente, alle tue competenze!


InsightAgency

Cos'è l'inbound marketing B2B e come si fa.

 


L’inbound marketing per B2B (ovvero business to business) è una strategia fondamentale per ottenere dei risultati concreti. Le aziende hanno bisogno di tecniche chiare per intercettare nuovi potenziali clienti. Che non sono mossi da emozioni.

O meglio, chi si occupa degli acquisti per un ufficio aziendale non può ignorare le soluzioni utili per intercettare nuovi lead da trasformare in prospect e infine in clienti. Quali sono i principi di questo processo?

La definizione di inbound marketing B2B: tecniche di gestione dei contenuti per intercettare potenziali clienti interessati a un prodotto aziendale. Mentre il mercato B2C si riferisce al settore dei consumatori finali, il B2B punta ai clienti aziendali.

B2B inbound marketing funnel

La differenza sostanziale tra inbound marketing B2B e B2C: quest’ultimo ha dei processi diretti, più semplici. Mentre il business to business è più articolato. Complesso. Però le fasi sono simili. Ecco quali sono le fasi inbound B2B marketing:

  • Estraneo.
  • Visitatore.
  • Lead.
  • Cliente.
  • Ambassador.

È il processo tipico dell’inbound marketing: la persona che non ti conosce visita il sito, poi una sales page, infine c’è un contatto. La differenza con il B2C? Spesso si instaura un workflow di email marketing in grado di trasformare il lead in prospect.

 

 

Conclusa la vendita il cliente diventa promoter, un individuo capace di parlare bene del tuo prodotto e della tua attività. Questo risultato si ottiene investendo sui contenuti, mantenendo un rapporto di engagement attraverso social e newsletter.

Strategie di inbound marketing B2B

La ricerca del Content Marketing Institute esalta dei punti interessanti. Il contenuto è a capo di ogni attività di inbound marketing e se vuoi lavorare nel circuito business to business ci sono delle scelte da fare per intercettare i possibili clienti aziendali.


 

Ad esempio le tattiche utilizzate nelle B2B content marketing vedono il blog al quarto posto. L’infografica registra uno slancio significativo: dal 51% dell’ultimo anno all’attuale 62%. Poi ci sono soluzioni minori per creare contenuti di qualità:

  • Branded Content Tool (38%)
  • eBook (37%)
  • Magazine stampati (32%)
  • Libri (30%)
  • Mobile App (30%)
  • Digital Magazine (27%)
  • Podcast (22%)
  • Gamification (12%).

Questo per darti un assaggio delle strade per articolare una strategia di inbound marketing B2B. Ma una volta definito il percorso, quali sono gli obiettivi utili?

Come fare inbound marketing per B2B

Quali sono le tecniche utili per ottenere buoni risultati in termini di inbound marketing per il B2B? Ecco i passaggi chiave da prendere come riferimento oggi.

Analisi del brand

Il primo passo della tua content strategy per blog riguarda il lavoro su ciò che sei e come hai deciso di affrontare il mercato. Per capire quale tone of voice dare ai miei contenuti devo prima capire chi sono, quali sono i miei punti di forza e le competenze.

L’analisi SWOT mi consente di accedere a questo gruppo di notizie. Il lavoro si divide in quattro blocchi dedicati a informazioni interne ed esterne. Quali sono? Eccoli:

  • Punti di forza.
  • Debolezze.
  • Opportunità.
  • Minacce.

Per scrivere contenuti online, in generale per lavorare a qualsiasi attività o strategia di web marketing, bisogna avere un’idea chiara del brand da far emergere.

 

Ecco perché io preferisco partire da questi dati per sviluppare, successivamente, tone of voice dei contenuti. Come scoprire le esigenze del target? Continua a leggere.

Analisi del target

Questo passaggio è indispensabile per organizzare i contenuti da pubblicare sul blog. Vuoi creare una buona attività editoriale e capire come fare content marketing con il blog? Perfetto, devi scoprire cosa cercano le persone che vuoi raggiungere.

La keyword research ti aiuta a capire cosa vogliono le persone che vuoi raggiungere con i contenuti. In questa fase può essere utile ipotizzare delle reader personas, idealtipi che sintetizzano caratteristiche e necessità di gruppi interessati.

Perché è importante la ricerca keyword? Così puoi iniziare a verificare con la ricerca delle parole chiave che faranno da riferimento all’attività di scrittura.

Le query descrivono necessità, esigenze, sogni, paure e bisogni del pubblico. Tu devi capire l’intento di ricerca e organizzare le parole chiave per capire se sviluppare:

  • Cornerstone content (definisce ciò per cui si desidera che la tua attività sia conosciuta).
  • Pillar article (lunghi articoli di approfondimento che insegnano qualcosa).
  • Long tail post (post che sfruttano le parole chiave a coda lunga).

Questo vale per le query informative. Le ricerche transazionali, quelle che nascondono un intento di ricerca votato alla conversione, devono essere presidiate dalle landing page. Vale a dire le pubblicazioni pensate per far fare qualcosa.

Obiettivo? Trasportare il lettore nel funnel per seguire una customer journey votata all’acquisto del bene o servizio. Fino a raggiungere la fidelizzazione verso il brand.

Definisci gli obiettivi

Secondo la ricerca, l’aumento delle vendite è una delle principali voci rispetto a quelli che sono gli obiettivi da raggiungere. Ma non è l’unica e, soprattutto, non è la più importante. Gli esperti del settore mettono al primo posto la brand awareness.

 


Fare brand awareness, la capacità del pubblico di riconoscere una marca, è il primo obiettivo di chi crea contenuti. Poi vengono lead generation ed engagement. Al quarto posto trovi le vendite, è la naturale evoluzione della creazione dei contenuti.

Continuare a pubblicare per spingere direttamente le vendite vuol dire sfruttare solo in parte la forza dei contenuti. E, soprattutto, vuol dire ignorare il consumatore come soggetto che può acquistare una seconda o una terza volta.

Organizza le tecniche

Questi sono gli obiettivi. Ma come si raggiungono? Nel punto precedente ho dato spazio alle alternative al blogging, ma creare una buona varietà di contenuti non è l’unico modo per ottenere risultati dalla tua B2B content strategy:

 


Creare nuovi contenuti di qualità è la scelta immediata, ma i prossimi investimenti puntano anche verso un sito web in grado di creare maggiori conversioni e uno studio dell’efficienza. Un modo alternativo per sottolineare l’importanza dei contenuti.

Gestisci il calendario editoriale blog

A questo punto devi arrivare alla soluzione tanto attesa: la definizione dei titoli per arricchire il blog con i tuoi contenuti. Per fare questo devi avere a disposizione un file o un documento che ti permetta di organizzare i post da pubblicare.

In questo caso io consiglio PostPickr per creare e gestire il calendario editoriale. In questo modo organizzo le pubblicazioni nel tempo. Qualche dettaglio utile:

  • Mantieni un ritmo di pubblicazione costante.
  • Aggiorna i vecchi articoli e migliorali.
  • Non dimenticare di investire in promozione.
  • Affronta post da inserire in tutte le categorie.

Ricorda che molti contenuti fanno la differenza quando vengono aggiornati nel tempo. Il rapporto tra freshness e SEO diventa decisivo quando riesci a dare realmente qualcosa in più all’aggiornamento. Hai bisogno di un contributo per questo lavoro? Contattaci.


InsightAgency

10 attenti consigli per una Opt-in Page acchiappa contatti

 


L’Opt-in Page è uno strumento essenziale per una strategia di Lead Generation che ha l’obiettivo di reperire contatti qualificati (lead) da trasformare in clienti. Vuoi capire cos’è una Opt-In page nel dettaglio e come progettarne una davvero in grado di convertire? Qui trovi le risposte che cerchi.

Cos’è una Opt-in Page?

Una Opt-in Page è una pagina di atterraggio che ha l’obiettivo di convertire gli utenti in contatti utili per l’azienda. Può essere una pagina apposita del sito web oppure può essere una pagina indipendente e può essere sponsorizzata con Social ADS e/o Google ADS, al fine di intercettare traffico di qualità e persone davvero interessate al contenuto.

 L’Opt-in Page è uno strumento fondamentale di Digital Marketing perché ti permette di avvicinare le persone al tuo brand e di guidarle lungo il percorso di conversione che hai pianificato per loro. Perché – prima di cominciare a scrivere, inviare, pubblicare campagne – lo hai pianificato, giusto?

I vantaggi di una Opt-in Page [ovvero perché crearla]

I vantaggi della Opt-in Page sono fondamentali per il processo di conversione. Il primo di questi è che si concentra su un singolo prodotto o servizio, lo racconta, lo descrive, rassicura e lo fa senza distrazioni esterne. L’attenzione delle persone è viva ed esclusiva solo per quel contenuto e sarà indirizzata verso il compimento di una e specifica azione. E questo è il secondo importante vantaggio della Opt-in Page.

Tutto è focalizzato su quel contenuto, sullo specifico obiettivo e su quella determinata azione.

Cerchiamo ora di capire come creare e scrivere una Opt-in Page capace di convertire.

10 consigli per creare una Opt-In Page acchiappa contatti

Progettare e realizzare una Opt-in Page che riesce a convertire è un lavoro che necessita di analisi, test e competenze che si integrano. Di seguito ti appunto 10 suggerimenti che ho raccolto in questi anni di lavoro in cui ho integrato la mia professionalità con quella di molti altri esperti di User Experience, Ingegneri, Designer e progettisti web.

1. Chi è che vuoi acchiappare?

La prima cosa che devi avere ben chiaro quando pianifichi e scrivi una Opt-in Page è la persona che vuoi raggiungere. A chi stai parlando? Devi condurre ricerche, analisi, interviste e test. Devi analizzare nel dettaglio non solo il bisogno che la tua target persona vuole soddisfare, ma anche le ragioni intime che sottendono a tale realizzazione, le motivazioni e le emozioni che la spingono ad agire. E quali sono i suoi gusti? Quali le sue abitudini? Quale vocabolario utilizza? Questo lavoro ti sarà utile per trovare gli angoli di comunicazione giusti e per parlare il suo stesso linguaggio, coinvolgendola con empatia.

2. Concentra tutto il contenuto dell’Opt-in Page sul prodotto e/o servizio di interesse

Qual è l’obiettivo della tua Opt-in Page? Reperire contatti offrendo loro un e-book? O offrire una demo gratuita? Oppure invitarli a giocare con te a un quiz e avere in cambio la loro email? Tutta la comunicazione della tua Opt-in page deve concentrarsi sul prodotto/servizio che offri, sui vantaggi che garantisci all’utente, sui benefici e su quanto sia importante per lui.

Focalizza il contenuto su questi aspetti e non introdurre distrazioni che possano sviare l’attenzione e l’interesse dell’utente.

3. Concentrati sul beneficio e sull’incentivo, dettagliali bene e mettili in evidenza

Quale beneficio concreto e reale offri all’utente? Quali incentivi puoi mettere sul tavolo al fine di convincerlo definitivamente ad agire? Benefici e incentivi sono un aspetto fondamentale nella strategia di costruzione e copywriting di una Opt-In Page.

Il segreto è far percepire alle persone che stanno ottenendo molto più di quanto stanno dando. Metti ben in evidenza benefici e incentivi sia con le parole sia con il design.

4. Mai scordare un ottimo titolo e sottotitolo

Titolo e sottotitolo sono due elementi fondamentali per una Opt-in Page acchiappa contatti e un buon Copywriter questo lo sa bene. Il titolo attrae l’attenzione e il sottotitolo lo arricchisce e persuade a continuare la lettura.

Il titolo deve riassumere in maniera chiara, coincisa, empatica e attraente tutto il contenuto della pagina e il sottotitolo deve dettagliarne benefici e vantaggi e includere le leve della persuasione. Di queste ti parlerò più giù. Ricorda che l’obiettivo di titolo e sottotitolo è far percepire con convinzione il vantaggio che le persone otterranno, il beneficio che ne ricaveranno.

5. Scrivi la Call To Action giusta

Ma qual è la Call To Action giusta? Potrei dirti che dipende dal tuo target di riferimento, da quello che offri e da chi sei (la tua Brand Identity). Ma, in linea generale, la Call To Action giusta ha 3 caratteristiche principali:

  • è parlante
  • illustra chiaramente e brevemente il beneficio
  • rassicura l’utente su quello che riceverà e sul miglioramento che otterrà nel futuro, eseguendo quella specifica azione.

Consiglio per te. Il mio suggerimento è quello di far precedere la Call To Action da un resoconto dei benefici che le persone otterranno e da un invito ad agire che funga da introduzione alla chiamata all’azione vera e propria.

6. Dove posizionare la Call To Action nell’Opt-in Page?

Ci sono diverse scuole di pensiero in merito. C’è chi sostiene che la Call To Action debba essere collocata subito, in alto (Above the Fold), c’è chi dice che deve essere inserita a conclusione di un percorso di navigazione che persuade l’utente e lo induce a completare l’azione.

Posto che nel digitale tutto dipende – ed è per questo che devi sempre testare – solitamente io opto per l’inserimento della Call To Action al primo momento opportuno, nella parte alta della pagina, e poi alla fine. In questo momento l’utente ha davvero ben chiaro vantaggi, opportunità, miglioramenti e benefici che ricaverà. Deve solo agire.

Se la Opt-in Page richiede un certo approfondimento e quindi risulta lunga, valuto la possibilità di inserirne una terza a metà percorso, ma anche in questo caso occorre capire se è il caso oppure no di introdurre un elemento che in quel dato momento potrebbe creare una frizione nel percorso di navigazione e di persuasione dell’utente. E che potrebbe dissuaderlo più che convincerlo. La regola è una: prediligi la fluidità e la naturalezza e rimanda l’azione al momento conclusivo.

Consiglio per te. Ricorda sempre che il pulsante in cui collochi la CTA deve essere di un colore che risalta rispetto all’intero contesto (pagina) in cui è inserita e deve essere posta in una posizione comoda, rilevante e distanziata rispetto agli altri elementi, così da essere subito evidente.

7. Usa le leve della persuasione

Le leve della persuasione sono un manuale da maneggiare con cura se vuoi che la tua comunicazione sia davvero persuasiva. Se non lo hai ancora fatto, devi leggere il bel libro di Robert Cialdini, Le armi della persuasione: ti spiega come e perché giungiamo a dire sì.

Queste le leve persuasive individuate da Cialdini che devi saper sfruttare adeguatamente nella tua comunicazione:

  • reciprocità. Se tu mi dai qualcosa – mettiamo un e-book, un tutorial, uno sconto speciale – io mi sento in dovere di ricambiare il tuo dono (magari lasciandoti proprio i miei contatti)
  • Impegno e coerenza. Quando assumiamo un impegno o facciamo una scelta, la necessità di essere coerenti con noi stessi e di dimostrarci anche agli altri coerenti e sicuri, ci induce a confermare l’impegno preso
  • Riprova Sociale. Viviamo in tribù perché l’uomo non è un animale solitario. Abbiamo bisogno di sentirci simili e accettati, ecco perché tendiamo a replicare le scelte dei nostri simili. Per sentirci uguali e inclusi
  • Simpatia. Siamo più propensi ad assecondare una persona che ci piace, per cui proviamo simpatia, che sentiamo essere affine a noi
  • Autorità. La nostra cultura e la nostra educazione ci spingono ad avere rispetto per le persone che percepiamo come autorevoli. Ecco perché testimonial e influencer funzionano
  • Scarsità. Può essere di tempo, di denaro, di quantità. Il principio è che più una cosa è scarsa e più ne aumenta il valore percepito, quindi tanto più finiamo per volerla
  • Contrasto. Nota anche come ripiegamento dopo il rifiuto, si verifica quando agiamo dopo aver comparato due elementi vicini e tale comparazione fa risaltare le qualità e la convenienza di uno dei due.

8. Content Usability: (anche) la forma è contenuto

Un buon Content Manager lo sa: la forma del contenuto è essa stessa contenuto. La forma parla, comunica, dice e fa. Ecco perché quando realizzi una Opt–in Page non devi lasciare nulla al caso, a partire dal design della pagina, che deve essere curato da un Designer esperto in User Experience (esperienza di navigazione). Altrettanto fondamentale è come presenti le parole che scrivi, le immagini, i video, i form e tutti i contenuti (si parla di Content Usability). Che forma decidi di dare loro?

In particolare, è fondamentale che:

  • la struttura delle informazioni e dei contenuti sia chiara, immediata e facilmente comprensibile e fruibile
  • le parole scritte possano essere scansionate in maniera veloce e che anche in questa operazione preliminare l’utente riesca a comprendere immediatamente i vantaggi che otterrà
  • i contenuti devono essere distribuiti in paragrafi, ognuno dei quali deve contenere una specifica informazione
  • devi utilizzare sapientemente titoli e sottotitoli per attrare l’attenzione, comunicare l’informazione principale del paragrafo e organizzare il contenuto
  • cura le interlinee e i colori del testo
  • gli spazi bianchi al momento giusto sono fondamentali sia per creare un momento di pausa sia per dare rilievo a specifiche informazioni o elementi
  • servono anche grassetti e corsivi, ma senza mai abbondare.

9. Testa

La miglior strategia per ottimizzare posizioni, colori, immagini e/o video, testi e Call to Action e favorire la conversione è testare. Puoi condure degli A/B Test che ti permettono di mettere a confronto due versioni di una Opt-in Page in cui modifichi un solo elemento, quello che vuoi testare. In questo modo puoi valutare e definire cosa performa meglio e ottimizzare conversioni, costi e budget.

10. Rispetta la normativa sul GDPR

Un aspetto ancora sottovalutato ma che ti permette di fare la differenza anche in termini reputazionali è il rispetto della normativa GDPR. Ogni contatto che si iscrive alla mailing list deve acconsentire due volte all’invio della tua newsletter: la prima volta nel momento in cui compila il modulo di contatto presente sulla Opt-in Page e la seconda volta tramite l’apposita e-mail che invierai.

InsightAgency

Marketing esperienziale: vivere il brand in un'esperienza immersiva

 


Oggigiorno, non si fa che parlare di esperienza. Il marketing esperienziale (o experiential marketing) si configura, ormai, come una tecnica imprescindibile nel campo del marketing e della comunicazione.Tuttavia, siamo consapevoli di quanto la pandemia abbia scardinato i suoi principi fondanti, orientando l’economia dell’esperienza verso una prospettiva sempre più virtuale.

Eppure, in questo contesto, teniamo particolarmente a ricordare ed enfatizzare la sua importanza, con un pizzico di nostalgia, ma con la forte speranza di tornare a vivere le emozioni e il coinvolgimento che solo determinate interazioni fisiche possono regalare.

Cos’è il marketing esperienziale?

Come molti di voi già sapranno, il marketing esperienziale (che sia incentrato sull’intrattenimento, sull’educazione, sull’estetica o sull’evasione), è un approccio che prende seriamente in considerazione il cliente finale, non solo durante la vendita del prodotto, ma anche lungo tutte le fasi che precedono e seguono la transazione.

Ciò contribuisce a creare un vantaggio competitivo per l’impresa ma, soprattutto, un valore aggiunto per i clienti, potendo, infatti, dare vita a un legame duraturo tra i consumatori e un brand.

 


 Anche definito engagement marketing, il marketing esperienziale è una strategia di marketing che permette alle persone di vivere un’esperienza immersiva correlata al brand. Viene tralasciato l’esclusivo entusiasmo per le caratteristiche funzionali e fisiche dei prodotti.

Ciò che si esalta sono i valori sensoriali, comportamentali ed emotivi, intesi come elementi distintivi dell’esperienza nel processo d’acquisto. Il tutto con l’obiettivo di costruire una customer experience fondata su cinque dimensioni: think (esperienze che coinvolgono i processi cognitivi di apprendimento), feel (esperienze che suscitano emozioni), sense (esperienze legate alla percezione sensoriale), act (esperienze che spronano il consumatore ad assumere determinati comportamenti), relate (esperienze derivanti da interazioni sociali).

I brand che utilizzano il marketing esperienziale, quindi, mirano a far vivere un’esperienza memorabile ai consumatori con l’obiettivo di incrementare la brand awareness, il purchase behaviour e, infine, la loyalty.

Perché il marketing esperienziale ottiene sempre maggior successo?

Numerosi sono i fattori che spingono i brand verso un approccio sempre più incentrato sul cliente e che influiscono sulla popolarità dell’esperienza come strategia di marketing. Innanzitutto, i consumatori stessi hanno un’opinione maggiormente positiva di un brand dopo aver partecipato ad un evento o aver vissuto un’esperienza ad esso correlata.

Inoltre, la saturazione delle attività digitali continua ad aumentare la curiosità verso le esperienze fisiche nel mondo reale. La stessa proliferazione dei canali media aumenta, però, l’impatto che i social media possono offrire alle esperienze live.

Non vanno dimenticate, infine, le tecnologie quali la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR), che possono essere utilizzate per migliorare le esperienze della vita reale, riducendo il confine tra fisico e digitale.

I rischi del marketing esperienziale e le sue metriche

Non è tutto oro quel che luccica, naturalmente. Uno dei limiti più rilevanti legati alle campagne esperienziali consiste nella difficoltà di individuare gli strumenti atti a valutare correttamente l’efficacia della campagna. In effetti, ogni esperienza è unica e, di conseguenza, irripetibile. Inoltre, ognuno di noi la vive in modo diverso, in relazione alle proprie sensazioni ed emozioni. Certamente, però, un’ottima tecnica è quella di studiare, reinventarsi, offrendo esperienze sempre variegate, per poter replicare il successo delle campagne più acclamate.

Risulta, dunque, rilevante misurare l’esperienza del consumatore attraverso determinate metriche, sia qualitativamente che quantitativamente. L’impresa, così, potrebbe capire gli stimoli più efficaci da proporre al consumatore, in termini di soddisfazione, lealtà e propensione all’acquisto.

Tra le metriche principali vi sono: la modalità di approccio (il desiderio dell’individuo di esplorare l’ambiente e ciò che è relativo a quella determinata esperienza), il grado di evitamento (la situazione opposta), il grado di soddisfazione, il volume di acquisti individuale, il tempo trascorso all’interno del punto vendita, il grado di conversione tempo/acquisti, la propensione all’acquisto, il grado di ritorno, l’intensità delle emozioni suscitate nel consumatore (oggi la tecnologia permette, attraverso mappe di calore, di comprendere se un individuo durante un contatto con un prodotto di un punto vendita prova emozioni e con quale intensità), il numero di contenuti generati online e non, la memoria dell’esperienza (la precisione con cui un individuo ricorda le caratteristiche dell’esperienza), e così via.

Casi studio di marketing esperienziale vincenti

L’obiettivo di questo articolo, però, è quello di farvi “immergere” (virtualmente, per sfortuna, e si spera ancora per poco) in alcune delle campagne di marketing esperienziale che hanno destato maggiore attenzione e hanno appassionato di più negli ultimi anni…

Quindi, cominciamo!

 HBO WESTWORLD EXPERIENCE

2018, Austin. L’agenzia Giant Spoon ricrea il famoso set della serie televisiva di successo Westworld all’interno di una cittadina fantasma, nel Texas, durante il celebre festival musicale e cinematografico, South by Southwest (SXSW). Il set presenta caratteristiche particolari e dettagliate.

Innanzitutto, vi è la possibilità di un partecipare a un incontro pre-esperienza che include elementi del programma televisivo, nello stesso paese in cui è situata l’istallazione, Austin. Successivamente, in una sorta di “esperienza di inizializzazione”, le persone vengono invitate ad attraversare un portale per entrare ufficialmente nella realtà di Westworld.

Vi è, dunque, la possibilità di passeggiare attraverso scene familiari della serie TV, tra cui The Mariposa Saloon; il tutto, ovviamente, contornato da cibo, bevande e intrattenimento in stile western. Infatti, dozzine di attori popolano la zona, interpretando degli androidi che interagiscono con gli “ospiti”.

Vi è, inoltre, la possibilità per tutti i visitatori di prendere parte ad alcune storylines, alla continua ricerca di easter eggs per aver accesso a esperienze aggiuntive. Centinaia di persone creano contenuti sull’evento in diretta: gli influencer, in particolare, filmano e intervistano gli hosts. Infine, il giorno dopo l’evento, ai partecipanti viene inviata una email con del materiale personalizzato (foto, video), per far sì che l’evento possa essere raccontato nel dettaglio.  

Attraverso questa activation, HBO ha un obiettivo chiaro in mente: creare hype intorno allo show in maniera alternativa, facendo leva sul passaparola. Difatti, con centinaia di migliaia di impressions, stories e persino la copertura dei media mainstream, ci è riuscita di certo.

 

 
 
 

COCA COLA WORLD CUP 2018

2018, Zurigo. In occasione dell’inizio della World Cup 2018, Coca Cola lancia un’iniziativa incentrata sulla realtà aumentata al di fuori della stazione ferroviaria della città. In questo modo, i partecipanti sono in grado di mostrare le loro abilità calcistiche sullo schermo interagendo con il calciatore svizzero Xherdan Shaqiri. Successivamente, possono scattare una foto e prendere parte a una competizione per vincere il pallone ufficiale della Fifa World Cup. Tale iniziativa riesce, in poco tempo, a coinvolgere i tifosi di calcio (e non solo), regalando loro un ricordo che colleghi il brand all’evento sportivo più famoso del mondo.

 


 

TD BANK: AUTOMATED THANKING MACHINE

2014, Canada. La TD Bank, con l’obiettivo di premiare la fedeltà dei propri clienti, distribuisce $20 a ogni cliente in più di 1.100 filiali, mentre migliaia di altre persone che utilizzano il servizio di online banking vengono informate del fatto che avrebbero ricevuto un deposito direttamente sui loro conti. In particolare, coloro che sono presenti fisicamente in alcune delle filiali, sono i protagonisti di un’esperienza suggestiva. Come si nota nel video #TDThanksYou, quattro sedi di TD in tutto il Canada sorprendono clienti selezionati con regali mirati come parte della loro customer appreciation day e filmano le loro inestimabili reazioni. Le persone sono convinte di partecipare a un focus group per un nuovo sportello automatico; invece, si trovano davanti a una “Automatic Thanking Machine” che, ringraziandole, distribuisce loro diversi regali, tra cui biglietti per viaggi.

Di seguito, l’emozionante video che è diventato virale in soli pochi giorni.

 


 

IL MARKETING ESPERIENZIALE DI GUINNESS

2019, Cina, nel cuore del vivace quartiere di Jing’An a Shanghai. Il brand Guinness introduce un’esperienza di marca del tutto innovativa: il Guinness Gatehouse, che rappresenta il primo adattamento del noto concetto di Guinness Storehouse, il fenomenale successo “Home of Guinness” in Dublino. Esso propone, infatti, agli abitanti di Shanghai e ai suoi visitatori, la birra scura più iconica del mondo e una vasta gamma di birre Guinness, all’interno di uno spazio di 1000 metri quadrati interamente dedicati al marchio.

L’esperienza include cinque diversi elementi:

  • Brewing Vat: una proiezione a 280º che mostra l’eredità della Guinness, l’arte della sua produzione e la sua inconfondibile pubblicità.
  • Sala da pranzo dei birrai: celebra il meglio dell’azienda e degli abbinamenti gastronomici, tra cui il “Guinness & Oysters bar”.
  • Surge & Settle bar: all’interno del quale i consumatori possono gustare un’ampia scelta di birre Guinness e cocktail. Inoltre, hanno la possibilità di versare la propria pinta e stampare una “STOUTie” sulla loro birra (ossia, il proprio selfie stampato sulla sommità della schiuma).
  • Back bar: una sala da pranzo privata per godere di un’eccezionale esperienza Flavor by Fire, circondata da murales, disegnati da un giovane artista ed esposti all’Asian Illustration Festival, presso il Powerlong Museum di Shanghai.
  • Guinness Shop: completerà l’esperienza invitando i visitatori a scoprire una vasta gamma di prodotti e merchandising Guinness.

 


 

MISEREOR: BENEFICENZA ALTERNATIVA

Uno dei tanti ostacoli per le organizzazioni di beneficenza che cercano di raccogliere donazioni per la causa che perseguono è che il loro pubblico di destinazione spesso non comprende quanto un piccolo contributo possa fare realmente la differenza. La mancanza di trasparenza nel processo di donazione spesso fa sì che le persone decidano di non impegnarsi in questo senso.

Misereor, l’organizzazione benefica tedesca per lo sviluppo internazionale, affronta questo problema in modo brillante. L’iniziativa consiste nel creare il primo display interattivo al mondo in grado di accettare donazioni con carta di credito e nel posizionarlo in molteplici aeroporti.

Ad esempio, come è possibile osservare nel video sottostante, sul billboard viene visualizzato un filone di pane: nel momento in cui una persona inserisce la propria carta di credito per una donazione, l’immagine si muove come se la carta stia effettivamente tagliando una fetta di pane. In seguito, un messaggio di ringraziamento da parte di Misereor appare sullo schermo, affiancato da un link che invita a donare la stessa cifra ogni mese.

La campagna, di elevato impatto, riscontra successo nella popolazione, grazie alla possibilità che chiunque ha di verificare la destinazione dei soldi devoluti in beneficenza.

 


 

L’ESCAPE ROOM DI HBO A SXSW 

2017, Austin. Ognuno di noi sa cosa sia una Escape Room: il celebre gioco in cui un gruppo di persone, rinchiuso in una stanza particolare, deve risolvere una serie di enigmi per poter uscire. Cavalcando l’onda di popolarità che negli ultimi anni tale gioco ha ottenuto, HBO crea una mega esperienza al festival South by Southwest del 2017, combinando tre stanze separate in un enorme mistero.

Ogni stanza rappresenta un set ricreato di uno show popolare della HBO. Nello specifico, i tre show sono Veep, Silicon Valley e Game of Thrones. Ogni sfida è collegata alla trama dello spettacolo. I visitatori entrano, innanzitutto, in quella che è una ricreazione dello Studio Ovale di VEEP, e hanno 5 minuti a disposizione per poter risolvere i misteri e proseguire con la prossima stanza, ossia la casa degli hacker della Silicon Valley. Una volta risolta la sfida degli hacker, i partecipanti entrano nella stanza dedicata a Game of Thrones e, risolvendo la sfida su una mappa 3D, si apre una porta per l’ultima stanza con l’iconico Trono di Spade.

Nei tre giorni dell’activation, oltre 1500 persone attraversano le Escape Rooms della HBO, generando molta copertura da parte della stampa. Tra i partecipanti, vi è perfino il cast originale di VEEP e di Game of Thrones.

 https://fb.watch/4mqzEdL2mY/

 

IL CASO ASTON MARTIN

2014, Colorado. La Aston Martin è stata un’auto iconica per lungo tempo, soprattutto grazie alle leggendarie scene di inseguimento in auto in molti film di James Bond. Nel 2014, sulle Montagne Rocciose del Colorado, diversi proprietari di Aston Martin hanno l’opportunità di guidare le loro auto su di una pista innevata in montagna, spingendo le vetture al limite, proprio come se fossero in una scena di 007. Il test drive include un circuito di frenata, un percorso di slalom, uno skidpad e un circuito di gara completo. Tutte le parti dell’esperienza vengono supervisionate da autisti professionisti.

Sebbene solo alcuni proprietari di Aston Martin selezionati siano in grado di guidare sul ghiaccio, l’esperienza è condivisa su diversi canali social e contribuisce notevolmente ad incrementare la visibilità del marchio Aston Martin. La campagna si dimostra così efficace che l’azienda continua a perseguire questa strategia esperienziale ogni anno a partire dal 2014.

 

 

DELTA’S STILLNESS IN MOTION

2015, Vancouver, conferenza TED. Spesso è fin troppo facile lasciarsi prendere dalla frenesia della vita quotidiana, soprattutto per chi è in viaggio costante; e questo Delta lo sa bene. D’altro canto, è facile pensare che essere attivi e muoversi a un ritmo più veloce si traduca in una maggiore produttività. Al contrario. L’azienda, infatti, ha l’obiettivo di sottolineare l’importanza di rallentare, e dimostrare che, a volte, prendersi un momento di pausa durante la giornata, e semplicemente rimanere fermi, può essere un ottimo modo per migliorare la produttività.

Delta ingegna, dunque, un metodo originale per contrastare nettamente la velocità a cui le compagnie aeree sono spesso associate. Crea, infatti, un’esperienza coinvolgente che incoraggia le persone a praticare attivamente la calma. I partecipanti ricevono una piccola sfera e, dopo essere entrati in una stanza di vetro, la posizionano su di un piccolo piedistallo davanti al loro posto. Si siederebbero, quindi, e metterebbero le mani sopra i sensori biometrici che sincronizzerebbero le luci con la frequenza cardiaca dell’individuo. La sfera sul piedistallo catturerebbe quindi la frequenza cardiaca più bassa registrata, pulsando come una luce calmante.

Dopo l’esperienza rilassante, ai partecipanti viene data la sfera come regalo che serve loro come promemoria per rallentare quando si sentono stressati. I partecipanti sono incoraggiati a condividere la loro esperienza sui social media e vengono fornite loro diverse foto per farlo. La campagna Stillness In Motion in tutto genera 9,3 milioni di impressions su Twitter per Delta; infatti, l’esperienza immersiva è in grado di creare un ricordo indelebile per chi è entrato in quella stanza.

 

 

SENSODYNE: GREAT SENSITIVITY TEST

2014, Londra. Con l’obiettivo di lanciare uno dei suoi ultimi prodotti in maniera alternativa e memorabile, Sensodyne entra in collaborazione con l’agenzia di marketing inglese Hotcow, per creare un’iniziativa di marketing esperienziale all’interno del Potters Field Park di Londra. L’esperienza consiste nella distribuzione di campioni, nell’organizzazione di giochi all’aperto e perfino in una lezione pubblica sull’igiene orale. Più nello specifico, l’allestimento a Potters Field consiste in tre zone separate in cui gli individui possono prendere parte a diverse esperienze.

  • La zona 1, ovvero la zona di sensibilità, offre un controllo della sensibilità dentale di dieci minuti da parte di dentisti professionisti. I partecipanti possono anche vincere dei premi giocando a “How Sensitive Are You?”, come campioni di prodotti gratuiti, consigli e dimostrazioni da parte dei principali rappresentanti del marchio.
  • La zona 2 presenta un molare gigante alto quattro metri con l’iconico Tower Bridge come sfondo. I brand ambassador invitano i partecipanti a scattare selfies con il molare e condividerli sui social media, oppure a farsi scattare una foto professionale per poi recuperarla online dopo l’evento.
  • Infine, la zona 3 rappresenta un tentativo di battere il record mondiale per la più grande lezione di igiene orale del mondo (circa 230 persone hanno partecipato alla lezione pubblica quel pomeriggio).

La strategia esperienziale ha ottenuto una reach di oltre 4 milioni di persone. Sono stati distribuiti oltre 6.000 campioni Sensodyne e sono stati condotti 200 controlli di sensibilità dentale. La strategia si è rivelata una campagna di successo che ha aumentato significativamente la brand awareness e il brand engagement, informando, allo stesso tempo, i consumatori sull’importanza della sensibilità dei denti.

 


OREO: TRENDING VENDING MACHINE

2014, Austin. Durante il festival SXSW, Oreo implementa un’iniziativa denominata Trending Vending, che sfrutta la tecnologia di stampa 3D, con l’obiettivo di consentire agli utenti di creare, mescolare e remixare gli elementi costitutivi essenziali di un Oreo – aromi di crema, biscotti, forme e colori – per creare prodotti altamente personalizzati e mai visti prima in una questione di secondi. Il risultato: in poco più di un minuto, gli utenti possono progettare innumerevoli cookie personalizzati basati sulle tendenze di Twitter, stamparli su richiesta e gustarli sul momento. Ogni macchina può creare oltre 10.000 cookie diversi. Per la creazione della stampa 3D, MondelÄ“z (parent company di Oreo) ha collaborato con lo studio di design MAYA Design e Twitter.

Attraverso la combinazione tra i propri cookies e le tendenze social, Oreo punta a garantire ai consumatori esperienze uniche e innovative. D’altronde, Oreo è nota per le sue strategie di social media marketing. In questo caso, sta combinando l’attenzione dei media che la stampa 3D riceve ultimamente, con la crescente popolarità di Twitter, per diventare una tendenza sui social media stessi.

L’obiettivo del progetto Trending Vending è quello di prototipare rapidamente una nuova esperienza che allarghi i confini del modo in cui i consumatori interagiscono con i marchi e, quindi, testarla su un palcoscenico globale.